BELTALE di Beltale
Nacque a Faenza nei primi decenni del secolo XIII. Il padre, Beltale, prese attiva parte alla vita pubblica del Comune faentino: il suo nome appare infatti ricordato ripetutamente tra quelli dei membri del Consiglio generale della città tra la fine del sec. XII e l'inizio del XIII. Anche B. assunse cariche pubbliche e alla politica dedicò gran parte della sua vita. Egli è sempre indicato nei documenti come "iudex": questa carica nella Faenza del '200 conferiva non solo poteri giurisdizionali, ma implicava anche funzioni amministrative in quanto i giudici coadiuvavano il podestà e i consoli nella direzione della città. Ma l'attività pubblica più importante di B. è certamente quella svolta quale membro del partito guelfo dei Manfredi in continua lotta con quello ghibellino degli Accarisi per il dominio del Comune. Nell'anno 1256 le due fazioni in lotta decisero di porre termine alle discordie armate e arrivarono a un accordo, in base al quale si impegnavano a risolvere le future controversie non con le armi, ma ricorrendo al giudizio del capitano del popolo di Bologna, Bonaccorso di Suriscina. B. fu in tale occasione nominato rappresentante della fazione guelfa presso il giudice bolognese. Ciò dimostra non solo che egli era uno dei più importanti membri della fazione dei Marifredi, ma anche che le sue capacità di giurista erano ben conosciute già nel 1256. In veste di delegato del partito guelfo, B. firmò il 14 aprile dello stesso anno l'atto di compromesso delle due fazioni faentine.
Scarse sono le notizie sulla sua vita privata: sappiamo solo che sposò una certa Cignanesia figlia di Rainero di Tomais. Anche se è ignoto l'anno esatto del matrimonio, si può pensare a ragione che esso sia stato celebrato negli ultimi anni di vita di B., dato che alla sua morte Cignanesia aveva soltanto venti anni. Più copiose le notizie sulla sua tragica fine.
In seguito alla lotta scoppiata nel 1273 tra la guelfa città di Bologna e quella ghibellina di Forlì, si erano accese in Faenza nuove discordie interne. Pertanto, quando nel 1274 i Forlivesi, in marcia verso Bologna, si avvicinarono a Faenza, gli Accarisi si unirono ad essi e cacciarono i guelfi dalla città. I Manfredi ripararono nel castello di Solarolo: ma qui furono attaccati dai ghibellini forlivesi e faentini. Nella battaglia, che si svolse il 25 apr. 1274, B. fu ucciso, decapitato e la sua testa fu infitta dai nemici sulla sommità di una lancia e portata in trionfo. La sua morte dovette suscitare una profonda commozione nel campo guelfo per la fama di cui egli era circondato: il podestà di Bologna la descrive con parole sentitamente addolorate al pontefice Gregorio X in una lettera del luglio 1274.
Nessuna notizia è a noi giunta sull'attività di B. come giurista. Egli è spesso lodato quale giureconsulto insigne e come tale è cantato da Tommaso da Faenza in un sonetto: "Beltalem decorant ius, leges, copia morum, / quem timuit, timet et chorus omnis causidicorum, / sed quoniam strepitus nunc iuris et arma veretur, / egregius miles ut Scevola noster habetur".
Di sue opere giuridiche nessuna notizia è giunta; è probabile che egli non fosse un profondo studioso, ma solo un abile e competente giudice e avvocato.
Fonti e Bibl.: P. Cantinelli, Chronicon (aa. 1228-1306), a cura di F. Torraca, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XXVIII, 2, pp. 13, 17; Chronicon Faventinum magistri Tolosani (aa. 20 a. C.-1236), a cura di G. Rossini, ibid., XXVIII, 1, Appendice, pp. 206, 209, 213; B. Mittarelli, De literatura Faventinorum sive de viris docris et scriptor, urbis Faventiae…, Venetiis 1775, col. 19; L. Savioli, Annali bolognesi, Bassano 1795, III, 1, pp. 479 s.; III, 2, pp. 329, 332, 470; A. Messeri-A. Calzi, Faenza nella storia e nell'arte, Faenza 1909, p. 68; F. Torraca, Studi di storia letteraria, Firenze 1923, p. 50; P. Zama, I Manfredi Signori di Faenza, Faenza 1954, p. 47.