BENCIVENNE da Siena
Il nome di B. è a noi noto solo in quanto il SeckeI e il Genzmer hanno a lui attribuito la paternità di una summa di diritto processuale, l'Ordo invocato Christi nomine, composta negli ultimi anni dei sec. XII.
L'Ordo è stato tramandato dai contemporanei come opera del glossatore Pillio da Medicina; e di Pillio è stato considerato dalla storiografia moderna fino al Walirmund il quale, nel pubblicarne un'edizione critica, a questo lo attribuiva, rifiutandosi di accogliere l'opinione espressa dal Seckel in un lavoro che allora era ancora manoscritto. Le carte del Seckel venivano nel frattempo elaborate e edite dal Genzmer: alla critica che in questo scritto si faceva della paternità pilliana dell'Ordo e alla conseguente attribuzione a B. aderirono gli storici successivi.
Il Seckel e il Genzmer negavano che Pillio fosse l'autore dell'Ordo sulla base di due ordini di motivi, da un lato, una tale attribuzione risultava inaccettabile da un confronto tra i passi dell'Ordo e passi di opere sicuramente pilliane sugli stessi argomenti; dall'altro, il continuo rifarsi a Giovanni Bassiano e l'appellativo di "magister noster", dato questo giurista dall'autore, convincevano non identificare quest'ultimo con Pillio, il quale nei propri lavori solamente due volte cita Giovanni e sicuramente non fu suo scolaro.
Più difficile si presentava l'attribuzione dell'opera a Bencivenne. Questo nome appare dai manoscritti dell'Ordo con una notevole frequenza per indicare, nel formulario processualistico, a volte la persona dell'attore, a volte quella del giudice. L'uso di utilizzare il proprio nome nei formulari, per personalizzare una delle parti in causa o il magistrato giudicante, era ampiamente diffuso tra i civilisti del sec. XII. In particolare Giovanni Bassiano tale uso aveva seguito nella sua Summa de ordine iudiciorum (par. 12), nella Summa quicunque vult (parr. 124, 127, 128) e nella Summa de accusationibus (par. 216). Era quindi naturale che un allievo di Giovanni, come certamente fu l'autore dell'Ordo, ricalcasse anche sotto questo aspetto il modello offerto dal suo maestro.
Inoltre, gli accenni a Siena rinvenibili di continuo nell'opera fanno pensare che l'autore fosse originario di questa città; ipotesi, questa, che può essere avvalorata da quelle caratteristiche di finezza formale e intellettuale, tipiche dell'ambiente toscano.
Se, dunque, con una certa sicurezza può ritenersi che B. abbia scritto questo lavoro (probabilmente nel 1198 o negli anni immediatamente successivi, dato che papa Celestino III vi è indicato come morto, ma nessuna decretale di Innocenzo III viene citata), difficile è trovare nelle fonti altre notizie su di lui. Possibile è l'identificazione di B. con quel Bencivenne di Rinaldo che il Chronicon Senense indica tra i consoli della città per l'anno 1179. Il Seckel e il Genzmer avanzano questa ipotesi senza molta convinzione: ma una tale idea potrebbe trovare una conferma nel fatto che qualche anno prima lo stesso Chronicon indica tra i consoli un Marescotto, da identificarsi con quello "Scotus" che compare a volte nell'Ordo e nel quale il Seckel e il Genzmer vedono l'amico - valde carissimus" che indusse l'autore a stendere la Summa. Più arduo appare valutare l'ipotesi del Wahrmund secondo cui B. potrebbe essere quel "presbiter Benteve(g)na", la cui morte a Bologna nel 1219 dal Sarti.
Scarsi sono anche i dati biografici rinvenibili nell'Ordo: l'autore non ama parlare di sé e dà solo la notizia del suo studio a Bologna sotto l'insegnamento di Giovanni. Si può ritenere che il silenzio sulle proprie opere stia a indicare che B. abbia scritto solo l'Ordo.
L'Ordo ha un fine non tanto scientifico, quanto pratico. Divisa in tre parti - la prima sulla promozione dell'azione, la seconda sulla litis contestatio, la terza sui mezzi di prova - l'opera si propone non di elaborare una dottrina processualistica, bensì di presentare una serie di norme utili a chi inizia un giudizio. Le fonti di B. sono da un lato il diritto romano e la scienza civilistica, dall'altro il diritto canonico e i canonisti; non manca, tuttavia, un riferimento alla Lombarda. Ma più che ai diritti romano, canonico e longobardo, B. si ispira nel suo lavoro alle norme della prassi processualistica e del diritto consuetudinario. Nella duplice testimonianza che offre - da un lato delle tesi più accreditate tra quelle espresse dalla dottrina lungo tutto il sec. XII, e dall'altro delle regole seguite nella quotidiana pratica del foro - l'opera trova perciò i motivi della sua validità. E B., pur essendo inferiore ai giuristi contemporanei, occupa ugualmente un posto tra i giuristi del sec. XII, poiché il suo scritto costituisce una testimonianza altamente interessante per la ricostruzione dei diritto processuale.
Le edizioni più note dell'Ordo (ma sotto la paternità di Pillio) sono quella di F. Bergrmann, Pilli, Tancredi, Gratiae libri de iudiciorum ordine, Gottingae 1842, pp. 3-86, e quella di L. Wahrmund, Der Ordo "Invocato Christi nomine", pp. 1-140.
Fonti e Bibl.: Chronicon Senense, in Rerum Italic. Script., XV, Mediolani 1729, col. 14; M. Sarti-M. Fattorini, De claris archigymnasii Bononiensis professoribus, II, Bononiae 1888-1896, p. 289; L. Wahrmund, Der Ordo "Invocato Christi nomine", in Quellen zur Geschichte des römisch-kanonischen Prozesses im Mittelalter, V, 1, Heidelberg 1931, pp. XIX s., XXXVII n. 5; F. Seckel-E. Genzmer, Ueber die dem Pillius zugeschriebene Summa de ordine iudiciorum "Invocato Christi nomine". ..., Berlin 1931 (estr. da Sitzungesberichte der Preussisch. Akad. der Wissenschaften, Phil.-Hist. Klasse, XVII [1931], pp. 327); H. Kantorowicz, recens. a Seckel-Genzmer, in Zeitschrift der Savigny Stifiung f. Rechtsgeschichte, LII (1932), pp. 438-441; Id., Studies in the clossators of the Roman law, Cambridge 1938, p. 72; F. Calasso, Medioevo del diritto, I, Le Fonti, Milano 19-54, p. 541.