ACCOLTI, Benedetto
Figlio del cardinale Benedetto, "litterato molto et il quale fa professione d'astrologo" (F. Priorato al duca di Ferrara, cfr. Pastor, VII, p. 648), fu a capo di una congiura contro Pio IV, cui parteciparono, tra gli altri, il conte Antonio di Canossa, Taddeo Manfredi, Giangiacomo Pelliccione, Prospero de' Pittori e il nipote Pietro Accolti.
Fallito l'attentato e denunziata la congiura da uno dei suoi stessi membri, il Pelliccione, l'A., con i compagni, venne rinchiuso nel carcere di Tor di Nona e poi in Castel Sant'Angelo, sotto istruttoria, dal 14 dic. 1564 al 15 genn. 1565. Condannato a morte insieme con il Canossa e il Manfredi, fu giustiziato in Campidoglio il 27 gennaio di quell'anno.
Il carattere della congiura rimase oscuro: corse voce allora - e vi prestò fede Pio IV - di un complotto ordito dai calvinisti, e, più tardi, di una vendetta napoletana per l'esecuzione dei Carafa. La confessione, resa dall'A. durante gli interrogatori, permette, però, di individuare altri motivi ispiratori del gesto. Antipapismo, alimentato probabilmente da un breve soggiorno dell'A. a Ginevra nel 1544 o '45, durante un viaggio verso la Francia, dalla permanenza a Venezia, dove egli ebbe rapporti con B. Altieri, prima del 1547, poi a Padova, Bologna, Ferrara, Modena, dove si dedicò a letture di opere di riformatori e di eretici italiani; tarda risonanza di cospirazioni rinascimentali, esemplata sul racconto del Platina della congiura di Stefano Porcari contro Niccolò V; soprattutto suggestioni e temi caratteristici del profetismo astrologico cinquecentesco (attesa del "papa angelico", sotto la cui monarchia universale si sarebbero realizzate l'unione delle Chiese, l'estirpazione dell'eresia e la conversione degli infedeli) configurano lo sfondo dell'attentato più della supposizione del Pastor, che volle riferirlo ad ambizione e vanagloria dell'Accolti.
Bibl.: L. v. Pastor, Storia dei Papi,VII, Roma 1928, pp. 534-539 e 638-649 (docc.).