ANTELAMI, Benedetto.
Scultore e architetto attivo a cavallo fra i secc. 12° e 13° nell'Italia settentrionale.Assai complessi i problemi, diverse le risposte critiche finora offerte dagli storici dell'arte sul problema antelamico e delle officine comunque collegabili nella cultura al Settentrione italiano; complessi anche i temi legati alla individuazione di una sicura cronologia entro cui chiudere l'opera dell'artefice. Converrà così ripercorrere il dibattito critico puntato sui temi-guida, sui problemi emergenti: Benedetto A. è attivo solo al battistero di Parma e a Borgo San Donnino (od. Fidenza), come sosteneva la ricerca storico-artistica da Venturi (1904) fino a Toesca (1927), oppure anche altrove, al S. Andrea di Vercelli come ha ipotizzato de Francovich (1952) e ancora a Genova come suggerito da Ragghianti (1969)? È solo scultore oppure architetto, visto che si firma sculptor sulla lastra della Deposizione datata 1178? E, ancora, dove e quando si forma Benedetto A., dato che Jullian (1945) avanza l'ipotesi di una sua esperienza provenzale, del resto già accennata da Venturi, da Vöge (1902) e da Toesca, ipotesi sviluppata da de Francovich (1952) fino a sostenere la presenza dell'artefice nel chiostro di Saint-Trophime ad Arles? A quella tesi si contrapponeva un'altra ipotesi critica, quella della formazione di Benedetto in Ile-de-France (Quintavalle, 1969; 1974; 1989; 1990b), pur senza escludere una conoscenza dei monumenti provenzali. Altro problema è quello del rapporto con l'antico di Benedetto, da molti individuato ma non ricondotto a motivazioni storiche precise. Importante anche il dibattito sulla originaria disposizione dei pezzi facenti parte di insiemi scomposti: per alcuni, per la cattedrale di Parma A. aveva pensato un pulpito (Affò, 1793; Quintavalle, 1974; 1990a), per altri, e fra questi de Francovich (1952), un pontile. Sempre per la cattedrale parmense è stato restituito un portale dei Mesi (Quintavalle, 1969; 1989; 1990a) composto da pezzi di fatto murati dentro e fuori il battistero, un portale che avrebbe avuto larga eco al Settentrione; solo di recente è stato archeologicamente possibile dimostrare l'estraneità dei pezzi provenienti da quell'insieme rispetto al progetto originario del battistero. Le recenti indagini (Di Fabio, 1984) sulla cultura a Genova fra il sec. 12° e il 14° hanno fatto ben intendere come in questa città intere generazioni di magistri Antelami si siano succedute per circa due secoli a partire almeno dal 1150 e che questi magistri necessariamente siano altri artefici, con ogni probabilità appartenenti a officine diverse rispetto a quella del magister attivo a Parma nel 1175-1178 anche se un'opera importantissima, ancora conservata a Genova, è stata giustamente attribuita ad A. da Ragghianti (1969). Si tratta di due leoni stilofori ora reimpiegati sulla fronte del S. Lorenzo, leoni le cui coincidenze di stile e di esperienze con quelli del pulpito della cattedrale di Parma sono evidenti.Per cercare di ricostruire la figura di Benedetto e le sue origini converrà partire dalla lettura dell'iscrizione sulla lastra con la Deposizione conservata alla cattedrale di Parma, iscrizione che suona: "Anno milleno centeno septuageno octavo scultor pat(ra)vit m(en)se secu(n)do Antelami dictus sculptor fuit hic Benedictus". La forma verbale tradizionalmente letta come patuit, e dunque 'apparve', è stata correttamente interpretata da Bognetti (1959) come patravit 'concluse', per cui l'iscrizione non allude all'opera di uno scultore o di un architetto che per la prima volta scolpisce ma, più semplicemente, a un complesso che nel 1178 è concluso da Benedetto, detto Antelami. Quanto al significato di quest'ultimo termine vengono in aiuto i molti documenti genovesi dove Antelami equivale ad architetto per cui, nell'insieme, il testo dell'iscrizione parmense si può così tradurre: "Nell'anno 1178 nel mese secondo (aprile) lo scultore compì (l'opera) questo scultore fu Benedetto detto Antelami"; dunque è chiaro che l'autore, Benedetto, è architetto e insieme scultore.Un'altra lastra superstite (Parma, Gall. Naz.), con le figure quasi del tutto scalpellate per un riutilizzo tombale, rappresenta la Maiestas Domini del Giudizio finale con l'Eterno nella mandorla fra i quattro simboli evangelici, i quattro Dottori della Chiesa e due angeli (quello di destra oggi scomparso) e appare da collegare alla Deposizione come parte frontale di un insieme che è stato variamente ricostruito. L'ipotesi di un pulpito risulta la sola archeologicamente praticabile per il rinvenimento (Quintavalle, 1974) dei resti della scalinata medievale mediana sotto quella del 1566 edificata da Gerolamo Mazzola Bedoli, scalinata che modifica l'antico arredo di età nicolesca (Quintavalle, 1984; 1990b; Zanichelli, 1990). Anche i documenti quattro e cinquecenteschi indicano la forma di un pulpito per la sistemazione prerinascimentale della zona presbiteriale del duomo di Parma. Il pulpito era composto da almeno tre grandi lastre che ne formavano la capsa, divise da pilastri e sovrastate da una cornice - una delle quali perduta ma la cui iconografia appare ricostruibile -, da quattro leoni, tutti conservati nella cattedrale di Parma, uno di marmo antico e gli altri di bianco e rosso di Verona, da tre capitelli (uno oggi perduto ma nel sec. 19° ancora documentato) con storie della Genesi e del Libro dei Re, ora conservati alla Gall. Naz. di Parma. Di questo complesso doveva fare parte un'altra lastra, con ogni probabilità una Ultima Cena, secondo una iconografia diffusa nell'area c.d. campionese.Fin da questo pulpito l'esperienza di A. appare direttamente collegarsi alla cultura della fronte occidentale della cattedrale di Chartres. È dunque plausibile ipotizzare una adeguata permanenza nell'Ile-de-France dell'artefice, che dai grandiosi portali della nuova enciclopedia dell'immagine promossa dai sovrani di Francia dovette trarre grande frutto. Benedetto conosce e riprende monumenti diversi, da Chartres (1145), ovviamente, a Notre-Dame a Parigi (porta Sainte-Anne, 1160), da Le Mans (1158) a Bourges (1160). A. infatti, anche in opere ulteriori, come le sculture per il battistero di Parma, mostra di riprendere solo da modelli assai arcaici rispetto alla cronologia del monumento iniziato nel 1196: così, nel battistero cita dal portale occidentale di Chartres il motivo della Presentazione al Tempio della lunetta interna, mentre la Madonna del portale nord muove da quella di Chartres ma anche dall'altra della porta Sainte-Anne di Notre-Dame a Parigi. D'altro canto, persino la Maiestas Domini con i simboli apocalittici che A. scolpisce nella lastra frontale del suo pulpito per la cattedrale parmense appare ripresa direttamente dalla lunetta mediana del tripartito portale della cattedrale di Chartres. Si può fissare agli inizi degli anni settanta, non oltre il 1172-1173, il viaggio in Ile-de-France di Benedetto, prima del pulpito di Genova, dunque, e prima di quello di Parma, che può essere stato cominciato intorno al 1175 e concluso nel 1178.Dunque A. nella Deposizione e negli altri pezzi che compongono il suo pulpito propone, all'interno della cattedrale di Parma, come del resto al S. Lorenzo di Genova, un nuovo stile, diverso da quello aulico, ma insieme espressivo, che emerge a Saint-Gilles, con cui pure si trovano coincidenze iconografiche, riscontrabili anche nei resti della recinzione presbiteriale di Beaucaire (Doberer, 1978) e ancora in altre opere provenzali. A. mostra subito di volere raccontare in modo non certo diretto, immediato, ma con uno stile più raffinatamente sublimato, ritmato secondo assoluti rapporti geometrici, e vuole fare percepire lo spazio come sistema proporzionato e ordinato.Tale esperienza non deve farci dimenticare l'importanza ai fini della formazione di A. della Provenza e del romanizzato Meridione di Francia dove l'artefice non punta tanto sulle sculture di età romanica e subito ulteriori (Vöge, 1902; de Francovich, 1952), ma su modelli antichi, plastici e più ancora architettonici, sopra tutto di età primoimperiale, da Narbonne a Pont-du-Gard, da Orange ad Arles, da Nîmes a gli Alyscamps, senza dimenticare Verona e i grandi monumenti antichi di Milano.Per comprendere le ragioni della scelta di uno stile tanto diverso e innovatore e di una iconografia del tutto differente rispetto alla tradizione wiligelmica e nicolesca conviene rifarsi alla situazione complessa delle eresie e in particolare di quella catara che si diffonde in Francia al Sud e in Italia al Settentrione: agli inizi del sec. 13° in Francia tre erano le chiese catare ma ben dodici erano quelle nel Settentrione italiano. Il problema della Chiesa di Roma era dunque quello di controbattere l'eresia e le sue dirompenti tesi: la negazione della divinità del Cristo - considerato un semplice angelo che ha perso la propria battaglia con il demonio -, la negazione della croce che è simbolo di questa sconfitta, la fine del valore delle opere, il rifiuto della Chiesa e dei suoi ministri, il rifiuto dell'Eucaristia, la predestinazione dei pochi eletti che sono i soli destinati a salvarsi, i catari, appunto i 'puri'. Ecco spiegata, dunque, in relazione al diffondersi dell'eresia catara, la 'invenzione' delle nuova iconografia dei pulpiti: l'Ultima Cena sottolinea il valore dell'Eucaristia, la Maestà con i simboli evangelici mette in evidenza il valore delle opere in terra e la loro importanza per la salvezza finale, la Deposizione, con in grande evidenza proprio il legno della croce, ricorda il sacrificio del Dio fatto uomo.Alla cattedrale di Parma, mentre si conclude il pulpito antelamico, si mette in opera anche l'arca di Abdon e Sennen, altare istoriato opera di un solo altissimo magister: dunque si viene ripensando l'intera zona presbiteriale e la sua iconografia. In questo stesso giro di anni (Quintavalle, 1969; 1974; 1990a) l'edificio subisce una trasformazione sostanziale e profonda: la chiesa infatti da coperta a capriate, copertura sotto la quale forse era sospeso un velarium dipinto, viene trasformata a volte costolonate con sostegni nei sottotetti, che appaiono da assegnare al tempo antelamico; tali trasformazioni sono da attribuire alla stessa officina che prende in mano la sistemazione della zona presbiteriale della cattedrale e decide, fra l'altro, di collegare e integrare l'antica e bellissima decorazione antelamica con quella di Nicolò.Gli anni fra 1178 e 1196, data iscritta sull'architrave del battistero parmense, non offrono documenti su Benedetto, anche se probabilmente in questo periodo deve collocarsi la ristrutturazione dell'importante complesso di Borgo San Donnino.Su un edificio in cotto, costruito secondo modelli legati alla cultura di Wiligelmo, Lanfranco e Nicolò, a tre navate e tre absidi, con la navata centrale coperta certamente a capriate, interviene l'officina di Benedetto con una drastica trasformazione i cui caratteri andranno attentamente valutati. Prima di tutto viene riprogettato l'intero insieme della facciata: il disassamento della fronte rispetto alle navate, l'uso della pietra di contro al cotto, la pianta trapezoidale delle volte e altri particolari provano che la parte occidentale non è nata con il resto dell'edificio (Porter, 1915-1917; Quintavalle, 1969; 1990a).Benedetto e la sua officina progettano la facciata concepita come un sistema complesso che prende alcuni elementi dall'officina nicolesca e altri da nuovi modelli. Dalla tradizione costruttiva degli inizi del sec. 12° viene l'idea delle tre porte in facciata ma nuovo appare il reimpiego dei pezzi della scuola di Nicolò alla base dei portali minori, la coppia di telamoni e la coppia di arieti. Nuovo risulta anche l'insieme della facciata con i due grandi campanili ai lati che, allungati oggi e con guglie gotico-lombarde, sono comunque assegnabili al progetto originario e per la gran parte eseguiti in epoca antelamica; questa idea dei campanili doppi collega Benedetto alle fronti settentrionali del Gotico di Francia. Altri elementi si possono riferire alla cultura di Provenza: il fregio continuo che unifica il triplice portale ai due campanili, o meglio che all'origine avrebbe dovuto unire l'intero sistema, visto che esso è stato manomesso e scomposto e che sul campanile nord oggi è scomparso; l'invenzione di due grandi nicchie per le sculture di Davide ed Ezechiele. Arcaica appare invece l'idea di grandi emicolonne salienti, lasciate peraltro incompiute dato che solo la zona inferiore della fronte è stata terminata. Dunque esiste un rapporto con la cultura provenzale e con il fronte del Saint-Gilles a cui riconducono anche le riprese del tralcio all'antica e sopra tutto l'attenzione ai sarcofagi tardoantichi per la invenzione del racconto del fregio. Comunque la novità del portale centrale, con i grandi leoni sporgenti rispetto alla fronte e con l'arcone con gli apostoli e i profeti, la tematica stessa dei profeti entro nicchia, tutto riconduce a modelli settentrionali ma coniugati alla forma antica, tradizionale appunto, del portale arcaico che ancora una volta l'officina di Benedetto mostra di prediligere rispetto a formule più innovatrici.I temi narrativi affrontati dall'officina antelamica in facciata permettono di intendere le possibili ragioni del rifacimento dell'edificio a un paio di generazioni di distanza dalla sua antecedente fase 'nicolesca'. Ecco dunque le storie di Donnino nel portale mediano; sulla torre sud le vicende del viaggio e quelle del peccato; entro nicchie grandi statue di Davide ed Ezechiele; ancora i profeti nell'archivolto del portale mediano che sono segno del tempo finale e apocalittico; nella lunetta del portale minore nord la Madonna mediatrice fra terra e cielo; in quella del portale sud l'Arcangelo che trafigge il drago. Nei frammenti del fregio e della decorazione sparsamente rimontati in facciata si trova il Volo di Alessandro, i Magi, Elia e il carro di fuoco, insomma i temi della divinità del Cristo, della salvezza, della salita al cielo. La decorazione della fronte di Borgo, pur manomessa e scomposta, sembra dunque suggerire un discorso assai simile a quello dell'invenzione narrativa del pulpito antelamico della cattedrale di Parma, nato con precise funzioni antiereticali. A Borgo si esalta l'immagine della Vergine, la sua funzione di mediatrice, il Giudizio finale con gli apostoli, i profeti e l'Eterno, il castigo con l'Arcangelo che trafigge il demonio, la salvezza prefigurata appunto dalla salita al cielo (Elia), la divinità del Cristo sottolineata dai Magi.All'origine, a Borgo San Donnino non doveva mancare neppure il portale con l'Eterno fra i simboli evangelici, il portale la cui iconografia viene elaborata in Ile-de-France e che, dalla fronte occidentale di Chartres, si diffonde in Occidente diventando una immagine-guida proprio della lotta contro l'eresia catara. Infatti, fra i costoloni del catino absidale di Borgo, è murato oggi quello che è stato restituito come un pulpito scomposto (Quintavalle, 1969; ma diversamente Quintavalle, 1990a) e che invece appare, a una analisi archeologica ravvicinata, un insieme di frammenti provenienti da un portale che aveva al centro l'Eterno con il libro nella sinistra e tre dita della destra benedicente spiegate, allusive alla Trinità, e dunque anch'esso immagine programmaticamente anticatara, con ai lati angeli e simboli evangelici. I pezzi elencati sono tutti in collocazione spuria e il Cristo, scolpito in una bianca pietra di sezione trapezoidale, conferma la destinazione originaria a un portale che doveva collocarsi probabilmente sul lato sud della cattedrale, manomesso da interventi successivi, e doveva avere, dunque, una precisa funzione nel contesto della lotta antiereticale del vescovado di Borgo.Il magister che domina nel cantiere è quello della lunetta ricostruita del portale apocalittico, il Maestro dell'arca di Abdon e Sennen al duomo di Parma e dunque lo scultore più vicino proprio a Benedetto. La mano di questo maestro, e quella dell'autore di Davide ed Ezechiele, nonché dell'archivolto del portale centrale, dell'Eterno in lunetta ora murato all'interno su un pilastro e di diversi altri pezzi, appaiono nettamente prevalere. Eppure esiste un pezzo di Benedetto a Borgo, la Madonna, di qualità altissima, che è oggi nella cripta ma che all'origine poteva figurare sull'altare della chiesa.L'iscrizione sull'architrave della porta settentrionale del battistero di Parma è, con quella della Deposizione, il solo dato certo nella vicenda di Benedetto: "Bis binis demptis / annis de mille ducentis / incepit dictus / opus hoc sculptor / Benedictus" ("Quattro anni prima del 1200 iniziò questa opera lo scultore chiamato Benedetto").Le somiglianze di stile fra pezzi scolpiti nel 1178 e altri del battistero hanno indotto la critica a riconoscere nel Benedictus che compare nell'iscrizione della Deposizione il medesimo artefice menzionato in quella dell'architrave del battistero, mentre uno dei problemi su cui si è discusso maggiormente è se il significato di opus hoc debba essere riferito alla scultura delle lunette o alle strutture architettoniche del battistero.La critica più recente si è attestata sulla posizione (de Francovich, 1952) che vede Benedetto autore di tutto l'edificio, dalle fondamenta al culmine, sculture e architetture. Ma la questione è assai più complessa perché l'edificio ha subìto manomissioni notevoli e in un periodo assai arcaico, due generazioni soltanto dopo una prima interruzione dei lavori, archeologicamente oggi ben verificabile (Quintavalle, 1989; 1990b).Nel 1196 A. firma l'architrave del portale nord fornendo così la data di inizio della struttura; nel 1216 l'edificio è officiato per cui la data funge da terminus ante per una prima conclusione dei lavori. La Cronica di fra' Salimbene de Adam, testimone contemporaneo, è una fonte di eccezionale interesse: il cronista scrive che la famiglia de Adam, fra cui suo padre, cede le proprie case perché l'edificio possa essere fondato e ancora che in occasione del terremoto del 1221 Salimbene stesso, da bambino, lasciato indietro dalla madre in fuga, aveva temuto, come molti dei suoi, che l'edificio crollasse sulle case di famiglia che ancora esistevano sul filo della strada di fronte al muro sud del vescovado (Salimbene de Adam, Cronica, a cura di G. Scalia, Bari 1966, I, p. 48; II, pp. 849-850). Questo testimonia non certo che il battistero era concluso ma che i muri d'ambito, non incatenati da alcun tipo di volta, erano particolarmente instabili e quindi ritenuti pericolosi durante il sisma. La Cronica dice ancora che nel lungo periodo della lotta fra Parma guelfa e l'imperatore Federico II e ben oltre, fino alla morte nel 1259 dell'alleato dell'imperatore, Ezzelino da Romano, è interrotta l'impresa del rivestimento marmoreo in bianco e rosso di Verona, proveniente dalle cave sotto il dominio del signore della marca trevigiana.L'edificio, all'analisi delle strutture, mostra di essere stato realizzato in tre tempi: entro il 1216 giunge alla prima galleria architravata all'esterno e all'interno a livello della cornice alla base della cupola (a questa altezza allora si situava un tetto con sottostante probabile copertura piana leggera); nel 1270 è terminata la cupola costolonata all'interno e le altre tre gallerie architravate esterne; agli inizi del Trecento infine l'edificio viene completato con l'aggiunta della quinta galleria cieca, viene rifatto il tetto e in seguito si aggiungono anche le edicole fra cui una mediana poi distrutta. Dall'analisi archeologica (Quintavalle, 1989) risulta inoltre che il sistema dei salienti gotici all'interno dell'edificio è stato aggiunto a una struttura all'origine pensata altrimenti e che i portali previsti da Benedetto, certo strombati, erano con minore numero di colonne anche se pensati come rivestiti in bianco e rosso di Verona.L'aspetto odierno del battistero di Cremona, affrescato all'origine, permette di capire il progetto antelamico nelle sue linee essenziali e di leggere quindi il peso delle modifiche apportate all'insieme dopo la campagna costruttiva durata dal 1196 al 1215 circa. Tra 1260 e 1270, quando i lavori riprendono nell'edificio parmense, i magistri Campionesi intervengono modernizzando la struttura secondo la nuova cultura gotica diffusa non solo ormai in Ile-de-France ma anche al nostro Settentrione.Liberato dunque di una cupola gotica che non è la sua e di una sistemazione interna chiaramente aggregata a una antecedente struttura, il progetto antelamico appare da ogni punto di vista assai coerente. Il battistero doveva essere molto più simile ai modelli paleocristiani, con le sue nicchie che intervallavano le tre porte di accesso, e doveva sopra tutto evocare le porte urbiche con le gallerie architravate e insieme apparire allusivo anche alla tradizione simbolica delle rotonde imperiali da Aquisgrana fino a Mantova (Calzona, 1990) e dunque assumere un significato civile oltreché religioso.Una ravvicinata analisi dei pezzi scolpiti inseriti al centro dei catini absidali, che sono gli Angeli, l'Annunziante e l'Annunziata, ha permesso di concludere che queste sculture sono state murate in rottura e che dunque esse non erano previste nel sistema originario della fase antelamica; le sole sculture programmate erano le sei lunette dei portali (interno ed esterno) mentre la quarta sopra l'altare, con il Pantocratore fra i quattro simboli evangelici e due angeli opera del Maestro dell'arca di Abdon e Sennen - appare essere stata qui collocata (Quintavalle, 1969; 1989; 1990a) provenendo da altra destinazione. Anche i frammenti separati dai Mesi antelamici, murati appena sotto il livello del piano di calpestio della prima galleria interna e che rappresentano i segni zodiacali, appaiono inseriti in epoca ulteriore. Ma anche altri pezzi non sono in collocazione originaria e sono i due Profeti, i due Angeli e Salomone e la regina di Saba: erano tutti parte di un altro insieme e sono stati riadattati nella sede attuale nella campagna campionese degli anni 1260-1270 (Quintavalle, 1990a). A evidenza le sculture non sono nate per la collocazione all'esterno del battistero: Salomone e la regina di Saba prefigurano l'Annunciazione e si adattano come iconografia alla cattedrale dedicata alla Vergine non a un battistero intitolato al Battista; i basamenti dei due angeli e di Salomone mostrano tagli funzionali a una visione scorciata dal basso e le coppie di sculture appaiono pensate per visioni diverse: Salomone e la regina di Saba e i due profeti erano infatti collocati più in basso rispetto all'allungata coppia di angeli.Nei pezzi scolpiti certamente per il battistero e dunque nei grandiosi portali Benedetto è lo scultore che realizza la gran parte dell'opera servendosi di pochi aiuti. La lunetta interna con la Presentazione al Tempio riprende direttamente dal portale occidentale di Chartres il tema compositivo, ma è anche molto vicina alla Deposizione del 1178 per la citazione, nel movimento delle figure, dei ritmi delle statue-colonna dei portali gotici dell'Ile-de-France che si ritrovano spesso in Antelami. Altri evidenti riferimenti alla cultura di Francia, e in particolare alla porta Sainte-Anne di Notre-Dame a Parigi (Toesca, 1927), li vediamo nella Madonna con il Bambino e nei Magi del portale settentrionale. Il portale ovest, con il Cristo del Giudizio finale e nell'architrave la Resurrezione dei morti (i cui stipiti, come quelli del portale nord, appaiono, dopo i restauri, gravemente abrasi), ha naturalmente rapporti con la cultura dopo Chartres, quella che giunge fino a Etampes, Saint-Loup-de-Naud, Bourges, Le Mans, ma appare sopra tutto ritmarsi secondo modi diversi, quasi a unire la grafica, aulica compostezza di Chartres, la plastica tensione di Bourges, la reinvenzione del movimento di Mantes. Le memorie insomma della cultura plastica in Ile-de-France fra quinto e settimo decennio ritornano e Benedetto le utilizza per una resa profondamente innovatrice dell'immagine.Se infatti si analizza la lunetta con Barlaam del portale sud, pure assai abrasa, si scopre nella grafia tesa, nella composizione organizzata secondo modelli proporzionali del cerchio, una consapevole evocazione dell'antico, delle fronti dei sarcofagi o degli archi di trionfo dove i carri degli dei si inseguono dentro simbolici clipei. Nelle lunette all'interno, e in quella con Davide che suona l'arpicordo piuttosto che nella Fuga in Egitto dove molto del colore appare da attribuire a rifacimenti ulteriori e al restauro, si legge meglio la qualità antelamica e la sublime raffinatezza dello stile del magister, uno stile legato all'evocazione del mondo classico.Benedetto architetto e scultore sembra trovare finalmente logiche rispondenze: l'invenzione all'esterno del grande arcone di modulo quadrato con le emicolonne addossate, dalla scansione tipica degli archi di trionfo, l'idea delle logge architravate, come nelle porte delle mura urbiche o nelle scene del teatro, trova riscontro nelle sculture che tante volte assumono spunti dal mondo antico, anche se all'interno di una narrazione simbolica derivata da modelli dell'Ile-de-France. La scelta iconografica attuata nel battistero appare coerente con il programma anticataro sviluppato nel pulpito della cattedrale di Parma: nel portale settentrionale, la Madonna e l'Adorazione dei Magi, l'Annuncio della venuta e la Nascita del Cristo, del Figlio di Dio; il segno del peccato nella rappresentazione del portale sud; in quello occidentale la lunetta del Giudizio con la remissione dei peccati attraverso le opere di misericordia e la dannazione di coloro che non si pentono, una lunetta dove, fra l'altro, appare in grande evidenza la croce aborrita dai catari. All'interno vi sono la Presentazione al Tempio, Davide che suona l'arpicordo e la Fuga in Egitto, dunque ecco in Davide la prefigurazione del Cristo, nella Circoncisione la simbologia della purificazione e dunque del battesimo, nella Fuga in Egitto la promessa della salvezza. L'impianto narrativo del battistero, cui sarà da aggiungere la genealogia di Giacobbe nel portale nord e l'insieme delle opere di misericordia e quindi il valore delle opere stesse nello stipite del portale ovest, ha una sola possibile spiegazione: si tratta di un programma costruito seguendo modelli derivati dai portali dell'Ile-de-France, ma pensato tenendo conto di una dura lotta in corso, quella appunto contro la eresia dei catari.La ragione della scelta che si evidenzia nell'officina antelamica per uno stile ricco di riferimenti al mondo antico, non a quello ellenistico ma all'altro, tanto diverso, che va da Augusto fino a Claudio e che viene rievocato in età adrianea, si può rintracciare nell'intenzione di costruire un racconto non partecipato ma sublimato e aulico, di presentare e non di rappresentare, di esporre insomma la gloria di una immagine non legata alle passioni della terra. E questo spiega, nel battistero, l'aulica diversità di tante figure, da quelle della Presentazione al Tempio al Davide, dalla Madonna del portale nord al Cristo di quello ovest, che appaiono davvero figure immote, evocatrici di una dignità imperiale dei gesti e delle distaccate tensioni emotive.Benedetto realizza a Parma un'altra opera grandiosa che egli deve avere pensato in perfetta relazione con il battistero e la cui conclusione si può fissare intorno al secondo decennio del 13° secolo. Quest'opera, un grandioso portale dei Mesi e delle Stagioni e del Giudizio finale, è stata però smontata e scomposta dai Campionesi che ne hanno abilmente reimpiegato molte parti nel battistero. La ricostruzione già proposta (Quintavalle, 1969) potrà anche essere modificata ma si fonda su un dato archeologicamente inoppugnabile, l'impossibilità che i pezzi dell'insieme siano stati pensati per le collocazioni tradizionali, che sono rimaste nei secoli immutate fino ai più recenti interventi di recupero critico o restauro: Mesi sul primo matroneo, Zodiaco alla sua base, Profeti, Angeli e Salomone e regina di Saba all'esterno, Angeli e Annunziante e Annunziata nelle nicchie interne del battistero. Inoltre per la presenza di una imponente serie di derivazioni, di portali dei Mesi culturalmente collegati, conviene accettare la restituzione di un insieme che si definisce appunto portale dei Mesi programmato da Benedetto ma non finito da lui. Il portale pensato per la fronte della cattedrale e inserito in un progetto che prevedeva (Quintavalle, 1969; 1974) una doppia torre, una sola delle quali venne edificata, un progetto, insomma, non distante da quello di Borgo San Donnino, venne smontato e i frammenti reimpiegati dentro e fuori il battistero.Benedetto conclude a Parma la sua attività intorno al 1215 ca., un'attività che era cominciata intorno al 1170 con l'ipotizzato viaggio in Francia e che prende le mosse dal pulpito per il S. Lorenzo di Genova da situare appena prima di quello per il duomo parmense (1178). Se A. era nato nel 1150 ca., doveva avere non meno di sessantacinque anni nel 1215 e la cronologia del S. Andrea a Vercelli fissata intorno al 1239 sposterebbe davvero troppo in avanti il percorso dell'artefice. D'altro canto l'esperienza architettonica a monte delle strutture del duomo di Vercelli da una parte è da ricondursi a modelli renani, dall'altra alla tradizione del Gotico lombardo (Romanini, 1964), tradizioni estranee alla ricerca di Benedetto quale finora è stata delineata: certo parentele si ritrovano fra Vercelli e la grande volta campionese aggiunta fra 1260 e 1270 alle strutture anticheggianti del battistero di Parma, ma questo è discorso che riguarda gli intrecci di cultura e le relazioni di artefici venuti ben dopo Benedetto.A., fra tutti gli artefici dell'officina sua e anche di quella attiva a Modena e Bologna, è profondamente legato all'antico e la sua capacità di rendere evidente questo rapporto culmina nel battistero di Parma. Restituito il progetto antelamico originario, esso appare come un monumento che riprende all'interno lo schema dei battisteri paleocristiani (ma anche la tradizione delle esedre termali romane) ed esalta all'esterno il rapporto con gli archi di trionfo della classicità augustea, sia nello splendido partito delle emicolonne addossate e degli archi a pieno centro sia nella reinvenzione dello strombo gotico entro i ritmi di quel cogente modello antico. La grandiosa idea architettonica delle gallerie architravate e il ritmo alterno delle lunette e delle nicchie resta a caratterizzare lo spazio dal sapore profondamente antiquisant.La scelta di A. da parte della committenza a Parma e a Genova prima, e a Borgo San Donnino poi, fu determinata dalla sua sensibilità per una lingua ritenuta in grado di evocare il rapporto stretto fra la Chiesa di Roma e l'Impero. Scegliendo la lingua antica, citando il tempo di Augusto sotto il cui dominio nasce il Cristo, si allude alla preordinata funzione del dominio di Roma, predestinato secondo Agostino a essere il bacino di diffusione del cristianesimo. L'immagine dell'arco di trionfo ripetuta sul fianco del battistero e la narrazione scolpita che nei portali si distribuisce parlano appunto del rapporto fra Chiesa e Impero. Questo classicismo nuovissimo, consapevole, di Benedetto A., che nell'artista nasce dall'esperienza sui cantieri della prima fase della scultura in Ile-de-France dopo Chartres, da quella scuola stessa di Chartres allora tanto attenta alla cultura degli antichi, questo classicismo che certo si alimenta di lunghi studi sulla statuaria imperiale sopra tutto del sec. 1° al Settentrione italiano e nel Sud della Francia, viene esaltato dalla committenza religiosa perché assume, per la Chiesa e per il Comune, una valenza politica precisa: di contro all'Impero è la Chiesa che detiene la lingua dell'antico e dunque il potere di consegnare a chi la meriti la corona imperiale.Restituito il percorso dell'artefice, si può fissare intorno al 1170-1172 la sua esperienza in Ile-de-France, ma non si è in grado certo di affermare che il pulpito di Genova sia la sua prima opera. Abbiamo dimostrato che il portale dei Mesi di Parma per quel che concerne Benedetto resta incompiuto ma possiamo affermare che lo stile dei Mesi e delle altre collegate sculture va assai vicino alla ricerca del portale sud del battistero e della lunetta con Davide che suona l'arpicordo del portale interno ovest, sempre del battistero. Anche per questo le sculture da Salomone e la regina di Saba ai Mesi, alle Stagioni, ai Profeti, agli Angeli appaiono cronologicamente da porre entro il 1216 che è anche il terminus ante per la conclusione della fase antelamica dei lavori nel battistero. Dunque Benedetto a questa data o è morto oppure è migrato altrove lasciando al suo sodale, il Maestro dell'arca di Abdon e Sennen, il compito di concludere la sua impresa.Se A. muore intorno al 1215, appare probabile una data di nascita intorno al 1150, salvo il ritrovamento di altre opere antecedenti al 1170. La sua figura di magister esperto delle artes resta, in prospettiva occidentale, fra le poche in grado di proporre una sintesi, dal profondo significato politico e religioso, come abbiamo veduto, di lingua classica e di lingua gotica moderna, sintesi altissima che si coglie nelle restituite, originarie strutture architettoniche del battistero come nei complessi, ora smembrati ma ricostruibili, del pulpito e del portale dei Mesi per la cattedrale di Parma.
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