BARZI, Benedetto
Nacque, probabilmente intorno alla metà del sec. XIV, da un ser Arrigo (od Enrico) a Piombino; poiché la città era allora sotto il dominio di Pisa, il B. venne talora ricordato come pisano. Non si conosce la data precisa della sua nascita: le prime notizie a lui relative si riferiscono infatti all'anno 1380, quando venne inviato ambasciatore del Comune di Pisa a Firenze. A questa sua prima legazione altre seguirono: fu, tra l'altro, a Genova, dove ricoprì la carica di giudice alle tutele. In questi anni il B. doveva già esser noto per la sua dottrina se, non ancora laureato, leggeva l'Infortiatum presso l'università di Bologna per il biennio 1395-1397.
La notizia, riportata dal Mazzetti, secondo la quale il B. tra il 1395 ed il 1397avrebbe insegnato a Bologna, è in parte provata dall'explicit di una quaestio disputata dal B. a Bologna il 20 dic. 1395, quaestio il cui testo è stato recentemente reperito nel ms. Vat. lat.8069, conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana. In esso vien detto chiaramente che in quell'anno 1395 ilPiombinese leggeva l'Infortiatum presso lo Studio di Bologna.
Da due documenti riportati nel Codice diplomatico dell'Università di Pavia si apprende che il B. (ricordato però in entrambi come "Benedictus magistri Iacobi de Plumbino de Pisis") conseguì la licenza in diritto civile presso l'Ateneo patavino il 7 sett. 1398 e che, presentato da Baldo degli Ubaldi, ottenne, il 15 novembre successivo, la laurea di dottore in diritto civile da quella stessa commissione presso la quale, due mesi prima, si era licenziato. Da questo momento iniziarono le peregrinazioni del B. attraverso l'Italia, chiamato successivamente a legger diritto civile in diverse città italiane, tanto che non solo in senso metaforico si possono intendere le parole scritte sul suo sepolcro a Padova: "omnibus Italiae studiis tua lectio fulsit".
Difficile - e non sempre possibile - tuttavia è individuare gli spostamenti del giurista piombinese e determinare i luoghi dove egli ebbe a insegnare. Tutte le notizie relative al B. sono infatti frammentarie (a causa dei suoi continui spostamenti) o dubbie, perché spesso i biografi hanno equivocato, confondendo il B. col suo omonimo e quasi contemporaneo giurista perugino. Sappiamo che egli insegnava diritto civile nel 1398 presso l'università di Perugia, nel 1407 presso quella di Pisa; nel 1408 leggeva diritto civile a Padova, dove sarebbe rimasto sino alla morte, mentre per gli Studi di Firenze e di Siena, dove alcuni autori sostengono che egli abbia insegnato, mancano notizie più precise relative al periodo in cui egli vi avrebbe tenuto il suo magistero.
Si racconta che il B., negli ultimi anni della sua vita, quando si trovava a Pisa, si facesse preparare il sepolcro nella chiesa degli eremitani, volendo, forse stanco di tante peregrinazioni, lasciare memoria di sé in quella che poteva considerare la sua città. Eppure non avrebbe più rivisto Pisa: chiamato a Padova nel 1408, il 14 marzo 1410 si spense in quella città, dove venne sepolto nella chiesa degli agostiniani. Qui una lapide marmorea ricorda il suo nome e molti dei luoghi del suo insegnamento.
Come per la sua vita, anche per le opere del B. spesso i biografi equivocarono, confondendole con quelle del più famoso suo omonimo perugino. Autore di non pochi commenti, il B. scrisse un trattato De discussionibus, pubblicato nei Tractatus Universi Iuris, III, 2, p. 141-142 v, in cui vengono vagliati brevemente i casi ed i limiti della escussione del debitore insolvente in un procedimento di esecuzione; di lui ci restano, inoltre, due disputationes, edite in appendice ad una opera del giurista bolognese Girolamo Zanettini, stampata a Bologna, per Iustinianum de Hiriberia, il 13 sett. 1499.
Una quaestio del B. viene citata dal Fabricius, il quale, pur ammettendo di non sapere se e quando ne fosse stato stampato il testo (sappiamo però che esso venne pubblicato nel 1495a Siena, per i tipi di Erich von Haarlem, cfr. Deutsche Allgemeine Katalog, III, n. 3668), afferma che il giurista piombinese la discusse a Bologna nel 1396. Ora, poiché l'argomento di tale quaestio, che viene riportato sommariamente dal Fabricius, coincide con l'argomento dell'altra quaestio che noi conosciamo attraverso la redazione contenuta nel già ricordato ms. Vat. lat.8069, siamo di necessità indotti ad identificare le due quaestiones ed a ritenere che il Fabricius abbia sbagliato di un anno nel riportarne la data di discussione. Il titolo della rubrica sotto cui appare la quaestio del B. nel ms. Vat. lat.8069(f. 102) è il seguente: "Utrum confessio mariti de dote recepta constante matrimonio per publicum instrumentum facta obliget heredes mariti ad restitutionem dotis vel ne [sic]. Et an dicta mulier sit repellenda a creditoribus mariti". La materia in essa trattata verte sulla trasferibilità dell'obbligazione scaturente da uno strumento dotale confessionato a carico degli eredi, e sulla eventuale responsabilità patrimoniale della moglie nei confronti dei creditori del defunto marito, punti questi che il B. esamina con ampiezza e sistematicità.
Fonti e Bibl.: S. Fabrucci, Monumenta historica Pisani Gymnasii (ab anno 1478 usque ad annum 1481), in A. Calogerà, Raccolta di opuscoli scientifici e filologíci, XXV, Venezia 1750, p. 111; T. Cuturi, Ruolo dei professori della università di Perugia, Perugia 1892, p. 102; Codice diplomatico della università di Pavia, I, Pavia 1905, pp. 388, 398; A. Campitelli-F. Liotta, Notizia del ms. Vat. lat. 8069, in Annali di storia del diritto, V-VI (1961-62), pp. 387-412; G. Panciroli, De claris legum interpretibus, Lipsiae 1721, p. 175; Io. A. Fabricii Bibliotheca Latina mediae et infimae aetatis, II, Patavii 1754, p. 207; G. Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini, Patavii 1757, p. 27; S. Mazzetti, Repertorio dei professori dell'università di Bologna, Bologna 1782, p. 47; A. Fabroni, Historia Academiae Pisanae, I, Pisa 1792, p. 73; V. Bini, Memorie istoriche della perugina università, I, 1, Perugia 1816, p. 143; E. Besta, Fonti, in Storia del diritto italiano, a cura di P. Del Giudice, I, 2, Milano 1925, p. 864; G. B. Picotti, Lo Studio di Pisa dalle origini a Cosimo duca, Pisa 1943, p. 20.