BIFFOLI, Benedetto
Poeta e notaio fiorentino, come si dichiara egli stesso in un sonetto di risposta a Domenico di Tomaso Fagioli, visse nel sec. XV. Suo padre si chiamava Antonio; la sua famiglia, non ricca né nobile ma onorata, per lunga tradizione esercitava la professione notarile: si ha infatti notizia di un Filippo Biffoli, notaio a Montecchi nel Quattrocento; e nell'Archivio di Stato fiorentino si conservano atti rogati dal B. negli anni dal 1448 al 1474 (Notarile antico, B. 1807-1809). Fu vicino alla casa Medici (si hanno di lui tre lettere nel carteggio mediceo - filza 21, nn. 190, 203, 233 -, datate da Ferrara nel 1470: v. Archivio Mediceo avanti il Principato,Inventario, II, Roma 1955, p. 7). Qualche, seppur vaga, notizia su di lui forniscono le sue rime (conservate dal codice Magliabechiano 1026 VII classe, della Biblioteca Nazionale di Firenze), costituite da 39 sonetti caudati, due ballate e sei stanze per strambotti; così, per esempio, in un sonetto si rivolge alla moglie per darle consigli sul modo di comportarsi durante la sua assenza. Nel 1460 raccolse in un codice (Riccardiano 1091) una silloge di poeti del Trecento e del Quattrocento (v. S. Morpurgo, I manoscritti della R. Biblioteca Riccardiana, I, Roma 1900, pp. 89 ss.).
Le sue rime appaiono mediocri: la forma è per di più spesso stentata e addirittura scorretta, in una lingua fitta di anomalie e di solecismi; di qui la loro nessuna rilevanza artistica e la loro scarsa rappresentatività storica, che si riduce a quella di una ulteriore testimonianza sulla fortuna quattrocentesca delle forme petrarchesche. L'amore è il tema più frequente: compaiono i nomi di diverse donne (alcuni certamente simbolici): una Tita Arrachionea, una Margherita, una Leonarda, una Cassandra, una Pulisena.
Il B. componeva questi sonetti anche per conto d'altri: così quello dedicato a una Mea di Barbarino, scritto per Niccolò di Pietro de' Gerardini. Anche negli strambotti, che al pari delle ballate presentano spesso una forma più corretta e sciolta (si veda la composizione 9,Partito s'è da me ogni dolore, e la 11,Or se n'andrà il suggecto allj martiri), il B. svolge generalmente una esaltazione della donna di tipo petrarchesco.
Parecchie composizioni sono dedicate a diversi personaggi maschili; oltre a Domenico Fagioli e a Niccolò Gerardini di cui s'è detto, sono ricordati un notaio di Pistoia, Mariano, un Pietro di Nicolò Benintendi e lo stesso Lorenzo de' Medici. In tutta questa produzione solo raramente il B. esce dal suo contorto e fiacco fraseggiare intorno a concetti abusati o perfino puerili: così avviene soprattutto quando riesce a dare una rapida tratteggiatura di paesaggi campestri, come nel sonetto 12, che inizia appunto con la rievocazione di uno sfondo campestre,Sotto una nugolecta in un bel prato, su cui fa la sua apparizione una sua donna di rara bellezza. Intorno a questa tematica paesaggistica, su cui s'innesta il tema dell'apparizione di una bella donna, per concludersi con una professione d'amore e la dichiarazione d'esserne servitore, si svolge anche il sonetto 31,Sopra d'un rivo cristallino e bello, che presenta qualche maggior franchezza di mezzi e freschezza di toni.
Ha giustamente osservato il Flamini che la produzione del B. segue due vie: una semipopolare, che risulta generalmente fredda e monotona, una aulica, di ripresa petrarchesca, che ha qualche maggior vivacità, almeno quando la tematica amorosa viene illeggiadrita da qualche rapidissima visione di paesaggio e da qualche, anche più rara, nuova modulazione musicale.
Bibl.: F. Flamini,La lirica toscana del Rinascimento anteriore ai tempi del Magnifico, Pisa1891, pp. 292, 410-12, 472; Id.,Ballate e strambotti di poeti aulici toscani del quattrocento, in Nozze D'Ancona e Orvieto, Padova, 7 apr. 1897 (dove sono riprodotte alcune composizioni del B.); A. Cinquini,Rime edite ed inedite di ser B. de' B., in Classici e neolatini, IV(1908), 2-3, pp. 265-292.