BORDON (Bordone), Benedetto
Nato a Padova intorno al 1450 da modestissima famiglia - sarto il nonno, barbieri il padre Baldassarre e un fratello -, fu uomo di varia cultura e multiforme attività: miniatore, disegnatore, geografo, editore di classici, forse pittore (G. Dalla Corte, nella Istoriadella città di Verona, Verona [1594] 1596, p. 192, ricorda "le molte sue tavole, che ancora ci sono" e il B. stesso nel suo primo testamento [Billanovich, 1968, p. 251] menziona suoi quadri). Dimorò press'a poco fino alla fine del secolo nella sua città: e dunque la sua arte si formò sotto l'influsso del grande conterraneo Mantegna. Passò poi a Venezia e qui rimase per tutto il resto della vita, pur mantenendo sempre legami affettivi e di lavoro con Padova, dove vivevano numerosi suoi parenti e dove egli chiuse la vita in casa di un nipote, il "chirugico" Baldassarre, figlio del fratello Niccolò (febbraio 1530, 1529 moreveneto).Ebbe tre figlie e due figli: le ricerche più recenti fanno ritenere che uno di essi fosse il grande filologo Giulio Cesare Scaligero.
Se si prende in esame il corpus delle miniature attribuite al B., sorge subito un problema. Esistono alla Landesbibliothek di Gotha due incunaboli miniati, Digestum novum glossatum e Gregorii IX Decretales cum glossa, ambedue stampati da Niccolò Jenson nel 1477 e 1479, che recano in una pagina miniata una firma: "Benedit. Pata." il primo, "Op. Be. Pa." il secondo. Si è discusso in passato e ancor oggi si discute (Wescher; Habicht; Levi d'Ancona, 1967; Billanovich, pp. 206-208; Alexander de la Mare; Mariani Canova) se questo Benedetto Padovano sia da identificare con Benedetto Bordon pure padovano, che vive nella stessa epoca e mostra una certa affinità di stile. Le opinioni sono ancora divise; ma pare più convincente farne una sola persona, perché gli storici padovani antichi ricordano solo il nome del B. e ignorano completamente quello di Benedetto Padovano (Scardeone; Cavacio). Si aggiunga che sono stati ritrovati anche vari documenti d'archivio, tutti concernenti il B. (Billanovich, pp. 192-196, 214-216, 249-253), il quale, trasferitosi, come abbiamo visto, a Venezia e raggiunta già una certa fama, continuava a definirsi "Benedetto Bordon, miniador, citadino padoano" (cfr. Fulin, 1882).
Le miniature di Gotha sono dunque le prime testimonianze sicure dell'arte del B.; e prima di incontrarne altre ugualmente certe bisogna giungere alla vecchiaia dell'artista: al 1523, quando l'abate del monastero benedettino di S. Giustina di Padova, Andrea da Venezia, incarica miniatore di adornare le pagine di un evangeliario e di un epistolario (Cavacio; Billanovich, pp. 212-15 e 249 s.). Di questi due libri l'evangeliario è sicuramente identificabile, perché due miniature, rappresentanti una la Natività e l'altra la Morte di S. Giustina, recano la firma del loro autore. Il manoscritto, che un tempo apparteneva alla collezione di Sir George Holford, si trova ora nella collezione Chester Beatty di Dublino, con la segnatura W 107. L'epistolario, nonostante l'errata indicazione di P. Brandolese (Pitture,sculture ed architetture... di Padova, Padova 1795, p. 97; cfr. Billanovich, p. 214), dovrebbe essere l'attuale Add. 15815 del British Museum, che, per una stretta affinità di stile e una identità tipologica delle figure, si rivela della stessa mano dell'evangeliario di Dublino (Mariani Canova, p. 127).
Tra questi due poli - gli incunaboli di Gotha e i due libri liturgici appena nominati - s'inserisce come opera quasi certa del B. l'ornamentazione di un incunabolo coi Dialoghi di Luciano tradotti in latino, che il miniatore stesso aveva raccolto e fatto stampare a sue spese nel 1494 a Venezia da Simone Bevilacqua di Pavia. Questo volume, oggi alla Nationalbibliothek di Vienna (Inc. 4 G 27, descritto in Hermann), arricchito di vignette dai colori vivacissimi, è stato preparato per un personaggio della famiglia veneziana dei Mocenigo; perciò Apostolo Zeno, che per primo ne parla (G. Fontanini, Biblioteca dell'eloquenza italiana, con le annotazioni di A. Zeno, II, Venezia 1753, p. 267), ha dedotto - del resto con attendibilità - che editore e decoratore del libro siano una sola persona. La critica d'arte poi, basandosi sui dati stilistici, ha avallato la proposta, cosicché oggi la decorazione del Luciano è accettata pacificamente tra le opere sicure del Bordon. Tra le sue miniature si potrà mettere anche, benché di scarsa importanza, l'ornamentazione del diploma di laurea del figlio Giulio, che reca in basso lo stemma della famiglia: due bastoni da pellegrino (bordoni) incrociati, di colore azzurro violaceo su fondo giallo (Venezia, Bibl. Correr, P.D. 828, 21). Da Marcantonio Michiel sappiamo ancora che in casa di Andrea Odoni a Venezia vi era un officiolo di cui il B. aveva miniato la pagina iniziale. E nella sua lettera da Padova del gennaio del 1515 a Giovanni Battista Ramusio, Andrea Navagero accenna a un Virgilio miniato dal B. (Cicogna). A lui si attribuisce pure la decorazione di altri libri e quella di numerose promissioni dogali; altri lavori invece, che gli erano tradizionalmente assegnati, come i due volumi di un antifonario del Museo Civico di Padova, sono attribuiti dalla critica più recente con maggior verosimiglianza a un artista diverso (Cionini Visani).
Come si è appena accennato, il B. tentò anche l'editoria, stampando in traduzione latina alcuni Dialoghi di Luciano. Che il libro uscisse a sue spese si apprende da due distici posti alla fine - "Haec lege plena iocis, immistaque seria ludo, / Quando relaxandi cura tibi est animi. / Luciano ex graeco plures fecere latina; / Collecta hinc illinc pressaque Bordo dedit" - e dalla supplica rivolta al doge per il permesso di stampa. La raccolta godette subito di larga fortuna, perché ben presto fu reimpressa: ancora a Venezia nel 1500, a Milano nel 1497 e 1504, a Bologna nel 1502 e di nuovo a Venezia nel 1517 (Bertalot). La pagina d'inizio della stampa originale è adorna di una bellissima inquadratura xilografica di gusto classicheggiante, che si pensa preparata sicuramente dal B. per questa sua edizione infatti compare qui per la prima volta con un procedimento allora poco comune. Nel blocco di legno l'incisore ha scavato il disegno ornamentale anziché lo spazio di fondo, così da ottenere sulla carta l'effetto di un negativo: decorazione in bianco su fondo nero. Secondo l'opinione di parecchi studiosi, il fregio è da accostare a quello molto più elaborato e ricco, ma eseguito con la stessa tecnica, che inquadra un'edizione di Erodoto uscita dall'officina dei fratelli De Gregori nel medesimo anno 1494. Se, come è probabile, questi due fregi sono di mano del B., essi lo pongono in una posizione di primo piano rispetto ad altri disegnatori veneziani dell'epoca e ci offrono una testimonianza del suo gusto e della sua inventiva. Per di più, sarebbero gli unici esempi rimasti del suo lavoro di disegnatore, perduto il Triumpho di Cesaro del 1504. È pure andata perduta Tuta la provincia de Italia, una serie di tavole fornite di graduazione, per la quale, insieme a un mappamondo "in forma rotonda de balla", aveva chiesto licenza di stampa nel settembre del 1508 (Fulin, pp. 154 s., 168). I due fregi sono considerati, da studiosi di arte tipografica, della stessa mano che ha intagliato le figure del più bel libro illustrato del Rinascimento italiano: l'Hypnerotomachia Poliphili (Masséna 1892 e 1908; Poppelreuter; Sander). All'inizio di questo secolo anche G. Biadego, partendo da altri, esili, dati, avanzava l'ipotesi che l'illustratore potesse essere il Bordon. Il suo gusto antiquario infatti, e la sua conoscenza degli autori classici, facilmente rilevabili dalle miniature e dalle opere a stampa, potrebbero rendere accettabile la proposta, ma da allora essa è rimasta semplicemente tale: nessuno finora è riuscito a trovare dati sicuri che potessero far avanzare, anche solo di pochi passi, la difficile questione della paternità delle incisioni dell'Hypnerotomachia. (cfr. F. Colonna, Hypnerotomachia Poliphili, ed. critica e commento a cura di G. Pozzi e L. A. Ciapponi, Padova 1964).Verso la fine della sua vita il miniatore attendeva a un'opera geografica e di erudizione insieme, che pubblicava a Venezia nel 1528 col titolo di Libro di Benedetto Bordone nel qual siragionade tutte le isole del mondo; eradedicata al nipote Baldassarre, che - apprendiamo dal proemio - aveva visitato molti dei luoghi descritti quando, probabilmente come medico militare, aveva navigato per tutto il Mediterraneo "sopra le potenti armate de segnori Venetiani e del chatolico re". Le illustrazioni che accompagnano il testo sono tutte piuttosto schematiche e non permettono assolutamente, proprio per questo loro aspetto, neppure il tentativo di un confronto con le elaborate figure del Polifilo. Con il titolo d'Isolario, assunto nelle successive edizioni, l'opera ebbe abbastanza rapida diffusione (fu ristampata a Venezia nel 1534 "con la Gionta del Monte del Oro novamente ritrovato", nel 1547 e ancora una volta, senza data, presso Francesco di Leno, di cui è nota l'attività di tipografo tra il 1559 e il 1570). Il suo autore, però, non poté vederne il successo; due anni dopo la prima impressione del libro egli moriva.
Precede il testo un proemio di 9 carte non numer.: vi sono disegnati un mappamondo con i soli circoli di riferimento, una bussola antica, una bussola moderna, una carta dell'Europa occidentale con le coste settentrionali dell'Africa, una del Mediterraneo orientale e un mappamondo ovale, proiezione, questa, che è stata usata per la prima volta dal B., dal quale prese nome. Le carte sono di puro tipo nautico, eccettuate una carta tolemaica della Gran Bretagna e una della Sicilia, le piante prospettiche di Venezia e della laguna, di Murano, di Mazzorbo e di Chioggia, e una pianta della grande città di Temistitan da poco conquistata dagli Spagnoli. I precedenti isolari, specie quello di Bartolomeo de li Sonetti, offrirono modelli alle delineazioni del B., che si giovò anche, per l'Atlantico settentrionale, delle "tabulae novae" annesse ad alcune edizioni di Tolomeo. Per Temistitan, secondo H. Harisse il B. poté servirsi di una relazione di Fernando Cortés, apparsa in versione italiana a Venezia nel 1524.
Due testamenti, rogati il primo a Venezia il 10 apr. 1529 e il secondo a Padova il 9 febbr. 1530, forniscono gli ultimidati sicuri della biografia del B., che morì povero, come forse era vissuto, nel febbraio 1530 (Billanovich, pp. 215-17 e 250-53). Il suo corpo trovò sepoltura nella chiesa di San Daniele in Padova (Scardeone).
Fonti e Bibl.: Per documenti e bibl. cfr. M. Billanovich, B. B.e Giulio Cesare Scaligero, in Italia medioevale e umanistica, XI (1968), pp. 187-217, 249-253; vedi anche: B. Scardeonii De antiquitate urbis Patavii, Basileae 1560, p. 254; J. Cavacii Historiarum coenobii D. Iustinae Patavinae libri sex [1606], Patavii 1696, p. 267; E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane, VI, Venezia 1853, p. 323; R. Fulin, Documenti per servire alla storia della tipogr. venez., in Arch. veneto, XXIII (1882), pp. 113, 154 s., 168, 206; [M. A. Michiel], Notizia d'opere di disegno ... pubbl. e ill. da D. J. Morelli, a cura di G. Frizzoni, Bologna 1884, pp. 158 s.; H. Harisse, The discovery of North America, London-Paris 1889, pp. 447, 559-561; Duc de Rivoli [V. Masséna], Bibliographie des livres à figures vénitiens..., Paris 1892, pp. XI s.; G. Biadego, Intorno al sogno di Polifilo, in Atti del R. Istituto veneto di scienze lettere ed arti, LX (1900-1901), pp. 711-714; J. Poppelreuter, Der anonyme Meister des Poliphilo, Strassburg 1904; Prince d'Essling [V. Masséna], Les livres à figures vénitiens de la fin du XVe siècle et du commencement du XVIe, II, 1, Florence-Paris 1908, p. 211; R. Almagià, Padova e l'Ateneo Padovano nella storia della scienza geografica, in Riv. geogr. ital.. XIX(1912), pp. 471 s., 502-505; P. Wescher, Eine Miniaturhandschrift des Benedetto Padovano im Berliner Kupferstichkabinett, in Der Cicerone, XXI (1929), pp. 345-347; R. Almagià, Monumenta Italiae cartographica, Firenze 1929, pp. 15, 21, 22; H. J. Hermann, Beschreibendes Verzeichnis der illuminierten Handschriften in Oesterreich, VIII, 6, Die Handschriften und Inkunabeln der Ital. Renaissance, Leipzig 1931, pp. 130-40, 220-25; V. C. Habicht, Miniaturen von B. B. …, in Zeitschrift für Bücherfreunde, XXXVI(1932), pp. 263-271; R. Almagià, Intorno alle carte e figurazioni annesse all'Isolario di B. B., in Maso Finiguerra, II (1937), pp. 170-186; S. Crinò, Lo schizzo originario ined. del mappamondo di B. B., in Comptes rendus du Congrès international de géographie, Amsterdam 1938, II, p. 124; M. Sander, Le livre à figures ital. depuis 1467 jusqu'à1530, II, Milano 1942, p. 696; L. Bertalot, L'antologia di epigrammi di Lorenzo Abstemio..., in Miscellanea G. Mercati, IV, Città del Vaticano 1946, p. 231; M. Harrsen-G. K. Boyce, Italian manuscripts in the P. Morgan Library, New York 1953, n. 95; M. Levi D'Ancona, Benedetto Padovano e B. B.…, in Commentari, XVIII (1967), pp. 21-42; M. Cionini Visani, Di alcuni codici quattrocenteschi della Biblioteca capitolare di Padova..., in Arte veneta, XXI (1967), pp. 52, 55; M. Levi D'Ancona, Precisazioni sulla miniatura veneta, in Commentari, XIX (1968), pp. 268-272; J. J. G. Alexander-A. C. de la Mare, The ital. manuscriptsin the Library ofMajor J.R. Abbey, London 1969, pp. 157 s.; G. Mariani Canova, La miniatura veneta del Rinascimento, Venezia 1969, pp. 6874, 122-30, cat. 78-82; Id., Profilo di B. B. miniatore padovano, in Atti d. Ist. veneto di sc.,lettere ed arti, CXXVII(1968-69), pp. 99-121; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IV, pp. 346 s. (sub voce Bordone).