BUONVISI, Benedetto
Primogenito di Martino di Benedetto e di Caterina di Stefano Spada, nacque a Lucca nel settembre del 1520 e morì nel gennaio del 1587.
Dodicenne al momento della repressione del moto degli Straccioni e diciottenne alla morte del padre, quando ereditò, nel 1550, il compito di guida politica della famiglia, aveva appena toccato i trent'anni ed era stato già ammesso al Consiglio della Repubblica. In seguito bruciò rapidamente le tappe: fu degli Anziani nel 1554 e gonfaloniere nel 1558, e poi ancora degli Anziani nel 1561, 1567, 1571, 1579 e 1585 e gonfaloniere nel 1564, 1570, 1574 e 1582; tenendo conto dell'elezione a gonfaloniere del novembre-dicembre 1588, quando era già morto, il B. fu estratto gonfaloniere tante volte, quante anziano: poiché per ogni bimestre si avevano 9 anziani per gonfaloniere, si ha già da questi dati un'indicazione eloquente del rilievo politico del Buonvisi.
Nel 1555 il B. fu ambasciatore d'obbedienza a Paolo IV; l'anno successivo fu mandato a Firenze per congratularsi per l'acquisto di Siena; nel 1572 fu ambasciatore a don Giovanni d'Austria; nel 1574 al granduca di Toscana. Nel 1559 egli ebbe occasione di dare ospitalità nella sua casa di Lucca a Cosimo de' Medici.
Al peso della sua influenza politica - oltre che alla potenza economica dei Buonvisi - va attribuita la rapidità della carriera ecclesiastica di suo figlio Buonviso, nato a Lucca nel 1561 dal primo matrimonio del B. con Chiara di Stefano Burlamacchi; nel 1587 prevalse, a Roma (dove i Buonvisi, rappresentati dagli Olgiatti, avevano riacquistato notevole peso sia come banchieri, sia come mercanti, specie di grano) su un Fugger e su un Sauli nell'acquisto d'un ufficio di chierico di camera: suo padre, morto all'inizio dello stesso anno, aveva dichiarato nel testamento di aver già speso 4.000 scudi per acquistargli uffici di Curia e manifestava l'intenzione di continuare nell'"investimento". Eletto papa Clemente VIII, nel 1592, Buonviso fu vice legato della provincia del Patrimonio, governatore di Viterbo e commissario dell'esercito pontificio in Ungheria. Creato cardinale col titolo dei SS. Vito e Modesto nel 1599 e arcivescovo di Bari nel 1602, morì prematuramente nella sua sede il 1º sett. 1603. Fu Buonviso - che ripeteva il nome dell'ipotetico capostipite della famiglia giunto a Lucca con Ottone I - a commissionare nel 1591 al francescano Francesco da Lugnano la Vita del beato Giovanni Buonvisi, che vide poi la luce a Lione nel 1610.
Sebbene consapevolmente avviati ad affermare il prestigio della famiglia anche al di fuori dell'ambito mercantile, i Buonvisi, sotto la guida del B. e assecondati dalla loro fortissima posizione politica in Lucca, erano ancora ben lungi dal rinunciare ai traffici internazionali.
Il B. dette il suo nome - dopo quello degli eredi di Ludovico Buonvisi - alla compagnia dei banco di Lucca del 1º marzo 1555-28 febbr. 1559; ne era anche amministratore e notificò la costituzione della compagnia alla Corte dei mercanti di Lucca il 20 ott. 1557. Fu poi socio delle successive compagnie del banco del 1560-64, 1564-69, 1570-74, 1575-80, 1580-85 e di quella aperta il 1º genn. 1586 sotto la ragione sociale "Eredi di Ludovico, Benedetto Buonvisi, Alessandro di Michele Diodati e C.". A Lucca il B. fu anche socio della "Alessandro Buonvisi, Alessandro di Michele Diodati e C. dell'arte della seta" del 1559-64 e delle "Alessandro Buonvisi, Giuseppe e Lorenzo Buonvisi e C. dell'arte della seta" del 1565-69, 1570-72 e 1573-77; della "Paolo Buonvisi, Alessandro di Michele Diodati e C. dell'arte della seta" del 1565-69 e delle "Bernardino Buonvisi e C. dell'arte della seta" del 1575-78 e del 1579-83. In seguito il B. partecipò alle compagnie di arte della seta di Lucca non più personalmente, ma attraverso la sua compagnia di Lione.
Il B. ebbe la firma, nel caso si fosse trovato in Francia, della "Antonio, eredi di Ludovico Buonvisi e C. di Lione" del 1554-59; fu poi socio della ditta lionese del 1559-64 e divenne "nominatus", a partire dal 1564 ("Eredi di Ludovico, Benedetto Buonvisi e C."), nella compagnia che durò fino, al 1569 e in quelle del 1569-74 e 1575-80. Prima ancora della scadenza di quest'ultima ditta il B. denunciava a Lucca il 20 sett. 1578 la costituzione di una "compagnia da esercitarsi in Lione in negotii e traffichi mercantili" sotto nome di "Benedetto, Bernardino Buonvisi e C.", destinata a durare dalla fiera di Pasqua del 1578 alla fiera di Apparizione del 1581: se la costituzione della nuova compagnia non coincise con l'interruzione della precedente, nei due anni intercorsi fra le fiere di Pasqua del 1578 e del 1580 esistettero a Lione due compagnie Buonvisi, quella del banco, la più antica, e quella di "negotii e traffichi mercantili": si trattò probabilmente di un tentativo di ripetere a Lione la struttura propria delle aziende Buonvisi di Lucca (una compagnia del banco affiancata a una o più compagnie "di bottega"). Alessandro e Girolamo di Ludovico Buonvisi rimasero estranei alla compagnia aperta dal B. che, oltre ai due "nominati", ebbe fra i soci Lorenzo e Paolo di Martino Buonvisi, Michele Diodati e suo figlio Alessandro; direttori della compagnia furono Alessandro Diodati e Bernardino Buonvisi. La compagnia lionese del 1578-81 fu socia della "Bernardino Buonvisi e C. dell'arte della seta di Lucca" del 1578-83, della "Giuseppe e Lorenzo Buonvisi e C. dell'arte della seta di Lucca" degli stessi anni, della "Benedetto, Bernardino Buonvisi e C. di Genova" del 1579-84; fu infine socia in accomandita, con una "missa" di 1.500 ducati di Sicilia (pari al 37,5% del capitale sociale), della "Piero, Paolino Santini e C. di Messina" cominciata nel 1580. La ditta di Lione operava anche a Besançon e Chambéry, mentre a Parigi i Buonvisi erano rappresentati nel 1577 da Fabio de' Nobili (che era stato preceduto nel 1570 da Benedetto de' Nobili) e da Iacopo Sardini. In Spagna il loro rappresentante era Francesco Lamberti che risiedeva a Burgos almeno dal 1569; dieci anni dopo Simon Ruiz consigliava di spostarlo a Siviglia.
Forse già dal 1581, e certamente dal 1584, la compagnia lionese dei Buonvisi, poi chiusasi nel 1586, prese a chiamarsi "Benedetto, Bernardino, Stefano, Antonio Buonvisi e C.". Essa fu socia della "Giuseppe e Lorenzo Buonvisi e C. dell'arte della seta di Lucca" del 1583-87, della "Alessandro, Nicolao Diodati, Damiano Bernardini e C. dell'arte della seta di Lucca" del 1582-85, poi prorogata fino a tutto il 1586, della "Paolo, Bernardino Buonvisi e C. dell'arte della seta di Lucca" del 1582-86. Partecipò in accomandita alla "Ippolito, Scipione Buiamonti e C. di Londra" del 1581-81 con una "missa" di 150 libbre di sterline, alla "Benedetto, Bernardino Buonvisi e C. di Genova" del 1584-86 con una "missa" di 3.200 scudi (10,66%), alla "Paolino Santini e C. di Messina e Paolino Santini, Marcantonio Franciotti e C. di Palermo" del 1585-88 con una "missa" in accomandita di 1.500 once (21,4%). Nel 1586 rappresentavano i Buonvisi a Tours Giovanmattia e Giovanni Salmatori.
Anche ad Anversa, ma otto anni prima che a Lione, il B. raccolse l'eredità dei cugini figli di Ludovico. Era stato socio della "Alessandro Buonvisi e C." del 1565-70, ma nella fiera di Pentecoste del 1570 la compagnia che si costituì "per essercitarsi in Anversa o altri luoghi di Fiandra o Brabante dove fosse il concorso de' mercanti" prese il nome di "Benedetto, Bernardino Buonvisi e C.": ne erano soci, oltre ai "nominati", Lorenzo e Paolo di Martino Buonvisi, Alessandro e Girolamo di Ludovico Buonvisi, Michele Diodati, suo figlio Alessandro e Paolo Burlamacchi; i due ultimi erano i governatori della compagnia, che avrebbe dovuto chiudersi nel 1574 e che, attraverso un successivo rinnovo, giunse forse fino al 1579. Il mutamento della ragione sociale venne comunicato a Simon Ruiz il 4 sett. 1570: "Hubiendo havido su fin los negocios continuados asta aquí de Alexandro Buonvisi y C. se an renovado debaxo de los nombres que berá en fin desta".
La corrispondenza con i Ruiz e i relativi scambi commerciali con la Spagna (e il Portogallo) divennero da questo momento intensi; nell'edizione procuratane dal Vazquez de Prada contiamo altre tre lettere da Anversa della ditta Buonvisi per il 1570, 10 per il 1571, 8 per il 1572, 7 per il 1573, 11 per il 1574, 20 per il 157, 18 per il 1576 e altrettante per il 1577, 8 nel primo semestre del 1578. Il 18 giugno 1578 il lucchese Lamberto Lamberti inviava ai Ruiz copia d'una lettera dei suoi "señores" Benedito y Bernardino Bonvisy, los quales se an rresolvidos salir desta tierra por los trabayos desta guerra y ir a Colonia", lasciando ad Anversa il solo Lamberti. Dopo il sacco del 1576 anche i Buonvisi avevano dunque preferito spostarsi a Colonia, come numerosi altri mercanti; durante il viaggio Paolo Burlamacchi fu addirittura arrestato, ma ben presto fu rimesso in libertà. Il Lamberti, forse un mercante in conto proprio, era il corrispondente (o il rappresentante) dei Buonvisi piuttosto che un loro fattore. La sua firma, e non quella della compagnia Buonvisi, compare infatti nelle 16 lettere che inviò ai Ruiz nel secondo semestre del 1578, nelle 32 del 1579, nelle 16 del 1580, nelle 8 del 1581, nelle 7 del 1582, nelle 3 del 1583 e nelle 2 del 1584. Fin dal 28 sett. 1579 il Lamberti aveva scritto: "...los quales mis señores [i Buonvisi], biendo que las platicas de la pas andan tan a la larga sin conluiyr cosa alguna, se an rresolbido de sallir de Colonia y acabar los negocios asta mezior occasión": l'assenza di qualsiasi notifica ufficiale alla Corte dei mercanti di Lucca di un rinnovo della compagnia fa ritenere che essa fosse stata definitivamente chiusa nel 1579, anche se attraverso il Lamberti (trasferitosi poi in Olanda nel 1584) i Buonvisi poterono continuare ancora per qualche anno le loro attività sulla piazza di Anversa.
L'asserzione del Goris che nel 1579 i Buonvisi erano i mercanti più solvibili di Anversa va probabilmente riferita a qualche anno prima e se è vero che in una lettera del 25 apr. 1576, diretta a Simon Ruiz, i Buonvisi di Anversa affettavano di essere soprattutto dei mercanti, la realtà era che grazie all'appoggio della ditta di Lione essi disponevano anche ad Anversa di notevolissimi capitali liquidi con cui speculare sui cambi e sui prestiti. Nel 1574 i Buonvisi insieme con i Micheli avevano contribuito a limitare i danni del fallimento dei lucchesi Giovanni, Ferrante e Vincenzo Guinigi e nel gennaio del 1576, insieme con gli spagnoli Maluenda, conclusero con Filippo II un asiento di ben 150.000 scudi.
Alla pausa nei traffici di Anversa e alla grave crisi del 1575, determinata dai mancati rimborsi di Filippo II ai suoi finanziatori, Alessandro e Girolamo di Ludovico Buonvisi avevano reagito ritirandosi da qualsiasi impegno diretto nelle aziende Buonvisi. Il B. e i suoi fratelli ritennero invece di poter rispondere agli incipienti segni della crisi - che toccava fra l'altro anche l'industria lucchese della seta - moltiplicando i centri di presenza e le attività della famiglia. Pur compiendo frequenti viaggi all'estero il B., come già suo nonno, dirigeva da Lucca le compagnie della famiglia e fra il 1578 e il 1579 ne creò altre due, entrambe intitolate al suo nome.
La prima fu la "Benedetto, Lorenzo, Bernardino Buonvisi e C. di Venezia" "di traffichi et negotii mercantili" inaugurata il 1º ott. 1578; ne erano soci, oltre ai "nominati", Paolo Buonvisi, Stefano Balbani e Baldassarre Suarez, "mercante spagnolo in Firenze". Governatori della compagnia furono Lorenzo Buonvisi e il Balbani, affiancati da un emissario di Baldassarre Suarez. La compagnia - che era un organismo ben distinto da tutte le altre ditte Buonvisi, a riprova del fatto che il sistema di aziende della casata lucchese era formalmente quanto di più decentrato si potesse costruire - ereditava a Venezia le attività dei Balbani (il B. insieme con i fratelli già era stato socio in accomandita negli anni 1565-68 d'una azienda adriatica dei Balbani, quella di Biagio, di Ancona, con 1.000 scudi, pari al 20% del capitale sociale), ma puntava soprattutto ad accaparrarsi i traffici dei mercanti portoghesi (e iberici in genere): da Lisbona il 30 dic. 1578 Manuel Gomes assicurava a Simon Ruiz (legatissimo ai Buonvisi di Anversa e di Lione) che i Portoghesi si sarebbero serviti a Venezia della compagnia Buonvisi; la casata lucchese sembra partecipare a un gioco di alleanze e di scontri fra le grandi compagnie internazionali del secondo Cinquecento che le più recenti ricerche vengono gradualmente mettendo in luce. L'apertura della compagnia di Venezia non ebbe tuttavia grande successo e le ultime testimonianze che se ne possiedono sono dell'aprile e dell'agosto del 1582, data di alcune lettere di cambio presentate alle fiere di Lanciano.
Miglior fortuna sembra aver arriso alla "Benedetto, Bernardino Buonvisi e C. di Genova", inaugurata nella fiera di Ognissanti del 1579 per "essercitarsi in Genova et in le fiere di Bizanzone o dove si faranno"; la compagnia doveva cessare dopo due anni "o prima, a beneplacito di Alessandro Diodati", che della ditta era governatore. Ne erano soci la compagnia Buonvisi di Lione, i quattro fratelli Buonvisi figli di Martino, Michele di Alessandro Diodati e suo figlio Alessandro. La compagnia venne prorogata a più riprese fino alla fiera di Apparizione del 1584. Il primo agosto dello stesso anno la ditta, "di negotii mercantili per essercitarsi tanto nella città di Genova, quanto nelle fiere di Bizanzone", venne rinnovata per due anni sotto il governo di Ottaviano di Michele Diodati. Essa aveva un capitale di 30.000 scudi, dei quali 3.200 (10,66%) versati dalla compagnia Buonvisi di Lione, 2.000 (6,66%) e altri 3.000 per un conto, a parte (10%) del B., 5.000 (16,66%) e altri 10.800 per un conto a parte (36%) da Bernardino Buonvisi, 2.000 (6,66%) e altri 1.000 (3,33%) per un conto a parte da Alessandro Diodati e 3.000 (10%) da Ottaviano Diodati. La compagnia di Genova del 1584-86 fu socia in accomandita, con una "missa" di 400 once (5,7%) della "Paolino Santini e C. di Messina e Paolino Santini, Marcantonio Franciotti e C. di Palermo" del 1585-88.
La partecipazione dei Buonvisi alle fiere di Genova con una loro ditta locale, contrariamente a quanto ritenne l'Ehrenberg, fu una novità, senza dubbio determinata dalle difficoltà incontrate dalle banche genovesi dopo la crisi del 1575; anche l'affermazione del Lapeyre secondo cui i Buonvisi, dopo aver aperto a Genova un'"agenzia" (ma si trattava in realtà d'una autonoma compagnia) lasciarono ai Diodati la prosecuzione della ditta, va corretta nel senso che la precedente unica compagnia si scisse in una azienda (dei Diodati e di Genova) interessata ai traffici mercantili e in un'altra (intitolata dopo la morte del B. a Bernardino e ai suoi nipoti Buonvisi e con sede a Piacenza "o dove si facesse la fiera di Bizanzone") interessata ai servizi bancari. I Diodati - che soltanto negli anni novanta si staccarono dai Buonvisi - erano strettamente legati non solo agli eredi di Ludovico (che aveva sposato Caterina di Alessandro) ma anche agli eredi di Martino, le cui figlie Anna e Filippa (ancora in vita quando la madre Caterina Spada le ricordava nel testamento del 1574) avevano sposato rispettivamente Michele e Vincenzo di Alessandro Diodati. Ottaviano e Alessandro Diodati e i numerosi fratelli erano pertanto nipoti del B. e del fratello Bernardino.
Venendo a morte all'inizio del 1587, il B. scomparve in un momento estremamente delicato per le aziende della famiglia, ma l'unità della direzione delle compagnie fu assicurata dalla successione di suo fratello Bernardino che si associò i due figli del B., Stefano e Antonio, destinati a raccogliere l'eredità mercantile del padre. Questi, nel testamento del 6 genn. 1587 li aveva lasciati eredi in parti eguali con gli altri due figli, il futuro cardinale Buonviso e Martino; tutti erano nati dal matrimonio con Chiara Burlamacchi (seconda moglie del B. fu poi Caterina di Martino Bernardini, già vedova di Martino Gigli, sposata nel 1567).
Ai quattro "figlioli dilettissimi", tutti assenti da Lucca, il B. indirizzò, poco prima della morte, una lettera per dar loro "quei ricordi che mi sovengono per beneficio vostro et satisfattione mia". Oltre a fornire precisazioni sul disposto testamentario il B. raccomandava ai figli di mantenersi uniti, di "continuare nell'osservanza... a' miei fratelli, vostri amorevolissimi zii", e soprattutto a Bernardino, di curare i possessi fondiari, di completare la villa di Monte San Quirico, al cui abbellimento il B. si era dedicato. Ma in particolar modo, oltre all'"unione" e al "benefisio della nostra carissima patria" (è singolare l'assenza di qualsiasi istruzione circa la condotta degli affari mercantili), il B. ricordava ai suoi figli "il timor di Iddio, dal quale procedono tutti i buoni progressi" e li incoraggiava "ad haver a cuore, come hanno fatto i nostri progenitori, sempre la Religione, imitando le vestigia particolarmente del nostro messer Antonio Buonvisi", l'amico di Thomas More.
Martino di Benedetto, che sappiamo emancipato a vent'anni nel 1574 e del quale non si conosce discendenza (aveva sposato Chiara Guinigi), ebbe modesta parte nella direzione delle aziende Buonvisi: può esserne indice anche il fatto che nel 1606 ilsuo patrimonio venne valutato 146.000 scudi contro i 230.000 e i 200.000, dei suoi fratelli Stefano e Antonio. Nessuna compagnia Buonvisi si intitolò mai a Martino che tuttavia fu socio delle compagnie di Lucca del 1599-1605 e 1605-1609; di Lione del 1587-95, 1595-99, 1599-1605, 1605-1608; di Genova del 1592-98, 1599-1605, 1605-1608; di Piacenza del 1587-91, 1592-98, 1599-1605, 1605-1609; di Venezia del 1601-1605, 1605-1608; e infine della "Ferrante Diodati, Simo Simi e C. dell'arte della seta di Lucca" del 1601-1604.Dopo il 1609Martino rimase estraneo alle attività mercantili, mentre continuava la carriera politica: estratto tra gli Anziani otto volte fra il 1580 e il 1616, conseguì il gonfalonierato una sola volta nel 1607, cioè a più di cinquant'anni. Fu inoltre ambasciatore a Paolo V nell'estate del 1605.
Figlie del B. furono Angela, Giulia, Ortensia (sposata a Niccolò di Martino Gigli) e Luisa, moglie di Vincenzo di Niccolò Montecatini (che assunse poi il cognome Malpigli), tesoriere di Alfonso II d'Este e interessato alle bonifiche del Ferrarese in cui si avvalse anche di finanziamenti dei Buonvisi e dei Diodati. Da Luisa e da Vincenzo Malpigli nacque Lucrezia, poi moglie del nipote di Benedetto, Lelio di Paolo Buonvisi, coinvolta alla fine del Cinquecento e agli inizi del Seicento in tutta una serie di scandalose vicende.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Lucca, Anziani al tempo della libertà, n. 766, pp. 195 s. (anzianati e gonfalonierati); Ibid., Comune,Corte dei mercanti, n. 87 (Libro delle date), cc.5, 55, 85v, 122v, 166 (banco di Lucca); cc. 45v-46v, 92, 95v, 120 v, 148, 163, 179v-180 (compagnie "di bottega" di Lucca); pp. 29v-30, 48-49, 91, 123v-124, 166v-167, 181 (Lione); c. 99 (Ancona); cc. 184v-185 (Venezia); cc. 97v, 122, 131v (Anversa); n. 88 (id.), pp. 22-23, 49v-50 (banco di Lucca); cc. 1rv, 20v, 23-24, 28v-29v (compagnie "di bottega" di Lucca); cc. 6v-7, 31rv, 47v (Genova); c. 2 (Messina); pp. 8rv (Londra); pp. 467-47 (Messina-Palermo); per Martino B.: n. 88, cc. 59v-60, 141v-142 (Lione); 62-63, 98rv, 103rv (Piacenza); 104rv (Genova); 199rv (banco di Lucca); n. 89, cc. 1rv, 74v-75 (Lione); 2, 73-74 (Piacenza); 3, 71v-72 (Genova); 76rv (banco di Lucca); 25, 83v (Venezia); 26 (arte della seta di Lucca); Ibid., Archivio Buonvisi, I, n. 64, ins. 2 (Cosimo de' Medici ospite del B.); ins. 7 (testamento di Caterina Spada); ins. 8 (testamento del B.); ins. 18 (notizie varie sulla famiglia Buonvisi); ins. 22 (lettera ai figli del B.); II, n. 68 ([Francesco da Lugnano] Vita del beato Giovanni Buonvisi, ms. fine sec. XVI); Ibid., Archivio de' Nobili, n. 15, ins. 5(Martino di Benedetto Buonvisi curatore di Paolo Sardini, 1611); Lucca, Biblioteca governativa, ms. 1108: G. V. Baroni, Notizie genealogiche delle famiglie lucchesi, (sec. XVIII), subvoce;[Francesco da Lugnano], Vita et costumi del beato Gio. Buonvisi da Lucca dell'Ordine de' frati minori osservanti della provincia di San Francesco, Lione 1610; S. Bongi, Storia di Lucrezia Buonvisi, Lucca 1864, pp. 2 (per Vincenzo Malpigli), 153 (patrimonio dei Buonvisi nel 1606); C. Sardi, Dei mecenati lucchesi nel secolo XVI, in Atti della Regia Accademia lucchese di scienze,lettere e arti, XXI (1882), pp. 505 s. (per Vincenzo Malpigli); A. Pellegrini, Relazioni inedite di ambasciatori lucchesi alla corte di Roma (secc. XVI-XVII), estratto da Studi e documenti di storia e diritto, XXII (1901), p. 9 (ambasceria di Martino di Benedetto Buonvisi); J. A. Goris, Etude sur les colonies marchandes méridionales à Anvers de 1488 à 1567, Louvain 1925, p. 396; A. Pascal, Da Lucca a Ginevra..., in Riv. stor. ital., XLIX (1932), p. 289; Inventario del R. Archivio di Stato in Lucca, V, Pescia 1946, p. 98 (per Buonviso); H. Lapeyre, Simon Ruiz et les "asientos" de Philippe II, Paris 1953, pp. 22-24, 30; Id., Une famillede marchands: les Ruiz…, Paris 1955, pp. 70, 143-45, 147, 152; R. Ehrenberg, Le siècle des Fugger, Paris 1955, p. 315; I. Delumeau, Vie économique et sociale de Rome dans la seconde moitié du XVIe siècle, I, Paris 1957, p. 61; II, ibid. 1959, pp. 597, 647, 873-74; J. Gentil Da Silva, Marchandises et finances Lettres de Lisbonne (1563-1578), II, Paris 1959; III, ibid. 1961, passim; V. Vazquez de Prada, Lettres marchandes d'Anvers, Paris 1960, I, pp. 19, 31, 169, 199 s. e passim; II, passim; C. Marcioni, Lettres de change aux foires de Lanciano au XVIe siècle, Paris 1962, nn. 114, 126, 138; F. Ruiz Martin, Lettres de Florence, Paris1964, p. XV; F. Casali, L'azienda domestico-patrimoniale di Ludovico Buonvisi e la sua partec. alle compagnie del casato (con trascrizione del libro personale suo e degli eredi degli anni 1549-69), tesi dilaurea, università di Pisa, facoltà di economia e commercio, s. d. (ma 1964), passim [cfr. Arch. Buonvisi, I, n. 72]; M. Berengo, Nobili e mercanti nella Lucca del Cinquecento, Torino 1965, p. 247; R. Mazzei, Ricerca sulla vita politica ed economica della Repubblica di Lucca agli inizi del sec. XVII, tesi di laurea, università di Firenze, facoltà di magistero, 1969-70, p. 201 e passim.