CODA (Codi), Benedetto
Sono incerte le origini della famiglia di questo pittore, che, documentato a Rimini, fu a capo di una bottega attiva nella regione e nelle vicine Marche nella prima meta del Cinquecento e oltre.
I più antichi documenti che lo ricordano risalgono agli anni 1495-96 (Grigioni, 1912, p. 5). In essi viene indicato come abitante a Rimini e figlio "quondam magistri Bartolomei de Veneciis"; mentre, in documenti del 1508, 1514, 1518 il padre è detto da Treviso, e in altri del 1512, 1516 (Tonini, 1888, pp. 228, 232), e 1524, è detto di Ferrara. Il Vasari lo ricorda alla scuola di Giovanni Bellini; e sulla base della citazione vasariana alcuni storici locali (M. A. Guarini, Compendio historico..., Ferrara 1621, p. 358; Baruffaldi, sec. XVIII; F. Borsetti, Historia almi Ferrariae Gymnasii, Ferrariac 1735, II, p. 432) sostengono che fosse di origine ferrarese giungendo a supporre l'esistenza di un Giovanni Bellini ferrarese. Il C. a Rimini aveva raggiunto una notevole posizione di prestigio e di stima, come dimostrano per esempio due documenti: il 27 febbr. 1516 fu chiamato a stimare una pittura di Girolamo Marchesi da Cotignola per la cappella maggiore della cattedrale, e il 30 genn. 1523 (Tonini, 1888, p. 232) intervenne al Consiglio generale, che doveva professare sottomissione al pontefice, dopo la nuova espulsione dei Malatesta.
Si ignora l'anno della morte: era ancora vivo nel 1533 (Costa, 1766, p. 9); nel 1544 era, invece, sicuramente morto (Tonini, 1888, p. 234).
Quattro sono le opere certe che ci rimangono del C.: la Madonna col Bambino fra i ss. Domenico e Francesco, firmata e datata 1513, oggi nel Museo civico di Rimini; lo Sposalizio della Vergine, firmato e datato 1515, dipinto per la cattedrale, passato poi nella sacrestia del Tempio Malatestiano, ed oggi conservato anch'esso nel Museo civico di Rimini (vedi per entrambi Pasini, in Marcheselli, 1754, pp. 86, 47/19; 107, 60/13), la pala, un tempo nella chiesa della Misericordia a Pennabilli, firmata e datata 1520, rappresentante la Assunzione della Madonna con i ss. Cristoforo e Francesco, e l'Annunciazione in alto (già nella raccolta Battaglini di Rimini, ed ora in altra collezione privata); e la pala della chiesa di S. Domenico a Ravenna, firmata, rappresentante la Madonna col Bambino fra i ss. Domenico e Girolamo,Francesco e Giuseppe.
Di altre opere invece abbiamo solo ricordo documentario: nel 1514 riceve la commissione di dipingere le ante dell'organo di S. Domenico a Rimini con i SS. Tommaso d'Aquino,Girolamo,Antonio da Padova e Pietro Martire, e i SS. Cataldo e Domenico sulle facce esterne (Pasini, cit., p. 255); nel 1522 l'artista riceve il pagamento per una pala, non identificata e forse perduta, per la basilica della Madonna del Monte di Cesena e nell'anno 1531 stipula un contratto, insieme con il figlio Bartolomeo, per una pala rappresentante la Madonna in trono fra i ss. Giacomo,Cristoforo e Caterina con Dio Padre e angeli, per la cappella della famiglia Bettini nella chiesa di S. Domenico, a Cesena (A. Novelli, Prime linee di una storia della Badia di S. Maria del Monte-Cesena, tesi di laurea, univ. degli studi di Bologna, fac. di lettere, anno acc. 1950-51, pp. 204-207).
Il rapporto del C. con i diversi momenti pittorici della regione risulta mediato e di seconda mano, come dimostrano i referenti culturali sempre in ritardo rispetto al momento del più vivo dibattito. Il rapporto con la pittura veneziana, documentato dal riferimento vasariano, è da vedere piuttosto mediato da Niccolò Rondinelli, tramite, nelle Romagne, della pittura non solo del Bellini, ma anche di Carpaccio e di Cima. Almeno in un caso (la Madonna del 1513), il C. si pone in rapporto con i movimenti più attuali della cultura contemporanea; mentre lo Sposalizio della Vergine del 1515 attesta una conoscenza forse più puntuale dell'arte bolognese nei nomi del Francia e del Costa. La conoscenza della cultura ferrarese del primo decennio informa, invece, la pala di Ravenna che, in questa prospettiva, sembra successiva allo Sposalizio, e non giovanile, come la riteneva il Buscaroli (1931). Un notevole scadimento qualitativo si riscontra, infine, nella pala di Pennabilli del 1520, che al momento rappresenta l'estrema testimonianza dell'attività del Coda. È tuttavia possibile, proprio dopo il ritrovamento di quest'opera, spostare piuttosto sul suo nome una rovinatissima e frammentaria pala, rappresentante la Discesa dello Spirito Santo, proveniente dalla sacrestia dei canonici di S. Francesco di Rimini (Bologna, Pinacoteca, Depositi), tradizionalmente attribuita al figlio Bartolomeo, all'influenza del quale si può tuttavia far risalire l'impianto ampio e magniloquente.
Alle opere sicure sono state aggiunte dalla critica, anche se non sempre in modo del tutto convincente, alcune attribuzioni: "le sei tavolette con figure di Santi che decoravano il pulpito della chiesa di S. Francesco di Rimini (Museo civico), che rappresentano un momento tardo della sua attività (Pasini, in Marcheselli, 1754, pp. 61, 30/29); la Madonna col Bambino della parrocchiale di Codrea (Ferrara), che, secondo Corbara (1975), sarebbe opera giovanile e in relazione con Venezia, mentre l'impianto compositivo e l'ampliamento delle forme sono in rapporto ai moduli più maturi della sua attività; l'Incoronazione della Vergine affrescata nell'abside di S. Maria delle Grazie a Ferrara, riferita al C. da Zamboni (1975), che ripropone il problema dei rapporti con il primo Cinquecento ferrarese; una Madonna con il Bambino fra i ss. Sebastiano e Rocco, firmata "B... Ariminensis, MDXX..." (ubicazione ignota: Zamboni, 1975); lo Sposalizio della Vergine della chiesa di S. Cristoforo a Longiano (Forlì) riferita ad un momento giovanile del C. (Corbara, 1975); l'affresco con la Madonna delle Grazie nella chiesa arcipretale di Mordano (Bologna), che, secondo Buscaroli (1931), sarebbe vicina alla Madonna del 1513; l'Assunzione della Vergine del Museo civico di Pesaro, attribuitagli dal Cavalcaselle (1864-65); l'affresco absidale della pieve di S. Stefano a Pisignano con la Madonna con il Bambino fra santi e il Padre Eterno sulle nubi (Buscaroli, 1931).
Dei figli di Benedetto, oltre a Bartolomeo, furono pittori: Francesco, ricordato dal Costa (1766) insieme con Bartolomeo, come pittore "non volgare" e imitatore del padre "in guisa che a fatica potrebbono li professori distinguere le opere di ciascuno se non vi avessero posti in esse il loro norne". Sempre il Costa ricorda, di Francesco, una pala nella chiesa di S. Agostino di Pennabilli rappresentante S. Sireno protettore della città e altri santi, firmata "opus Francisci filii Benedicti Ariminen.", e datata 1533, che il Tonini (1888) dice perduta in un incendio. In una convenzione del 4 genn. 1547 (Tonini, 1888, p. 237) fra il sindaco dei monaci di S. Maria Annunziata degli olivetani di Scolca e maestro Francesco per un quadro non identificato, Francesco si impegnò a dipingere la chiesa e il coro insieme con un altro fratello "Don Innocentio". Un altro documento riportato dal Tonini (1888, pp. 238 s.), del 7 sett. 1555, ricorda un altro figlio del C., Raffaele: è il contratto per una "cona" in legno e tela rappresentante la Madonna con il Bambino fra i ss. Agostino,Giovanni Battista,Nicola da Tolentino e Monica, con il ritratto del priore della chiesa, per la chiesa di S. Agostino a Bevagna, che doveva essere inquadrata in una prospettiva con figure.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le Vite..., a cura di G. Milanesi, III, Firenze 1878, p. 172; V, ibid. 1880, p. 183; G. Baruffaldi, Vite de' pittori e scultori ferraresi, I, Ferrara 1844, pp. 162-64; II, ibid. 1846, p. 524; C. F. Marcheselli, Pitture delle chiese di Rimini [1754], ristampa anastatica a cura di P. G. Pasini, Bologna 1972, ad Indicem (in app. M. Oretti, Pitture nella città di Rimini [1777], ad Indicem); G. B. Costa, Notizie de' pittori riminesi..., in Miscellanea di varia letteratura, VII, Lucca 1766, pp. 7-10 (anche per Francesco); L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, a cura di M. Capucci, III, Firenze 1974, pp. 21 s.; P. Zani, Enciclopedia metodica... delle Belle Arti, I, 6, Parma 1820, pp. 261 s., 345 (anche per Francesco); V. Marchese, Mem. dei più insigni pittori,scultori e architetti... domenicani, Bologna 1846, II, pp. 317-21; G. B. Cavalcaselle-J. A. Crowe, A History of Painting in North Italy [1864-65], a cura di T. Borenius, London 1912, II, pp. 307 s.; G. C. Battaglini: Una tavola in Ravenna dipinta da B. C. riminese, in Arte e storia, VI (1887), p. 85; C. Tonini, in Storia civile e sacra riminese, VI, 2, Rimini 1888, pp. 227-40 (pp. 237-239 per Francesco); C. Grigioni, Un maestro ignorato..., in Rassegna bibliografica dell'arte italiana, 1912, pp. 1-5; C. Ricci, Il Tempio malatestiano, Milano-Roma 1924, pp. 189, 248, 251, 598; G. C. Mengozzi, Le vicende di un quadro, in Valdilamone, XI (1931), pp. 25-30 (la Madonna dell'anno 1513); R. Buscaroli, La pittura romagnola del Quattrocento, Faenza 1931, pp. 437-442; C. Gnudi-L. Becherucci, Mostra di Melozzo e del Quattrocento romagnolo (catal.), Forlì 1938, pp. 141-43 (rec. di R. Buscaroli, in Melozzo da Forlì, 1938, p. 206); Rimini, Biblioteca civica Gambalunga, ms. sc-Ms-1003: C. Ravaioli, Opere d'arte di Rimini... (schede manoscritte), 1957; C. Mazzotti-A. Corbara, S. Maria dei Servi di Faenza, Faenza 1975, pp. 123, 126-28; S. Zamboni Pittori di Ercole I d'Este, Ferrara 1975, pp. 31 s.: 36; D. Scaglietti Kelescian, in Pittura a Rimini fra gotico e manierismo (catal.), Rimini 1979, pp. 74-87; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, pp. 154 s. (con bibliografia).