Benedetto Cotrugli
Benedetto Cotrugli fu un uomo d’affari, un diplomatico, un personaggio dotato di alta cultura. L’abbinamento di queste caratteristiche gli fece avvertire naturale l’esigenza di mettere per iscritto le proprie esperienze di intraprenditore che operava in contesti in cui l’attività economica richiedeva capacità diplomatiche. Il suo Della mercatura et del mercante perfetto (1458) è un’opera che non può essere letta disgiunta da molte altre dell’Umanesimo italiano e deve essere valutata nell’ambito della storiografia sull’interpretazione di quel lungo periodo durante il quale dalla figura dell’operatore economico eteronomo si scivola, in Italia e in Europa, verso quella dell’homo oeconomicus.
Figlio di Giacomo – sembra originario di Cattaro o forse di origine serba o ebraica – e di Nicoletta Illich, nacque a Ragusa (Dubrovnik), intorno al 1410, terzogenito di otto figli. Il padre fu inviato nel 1429 come ambasciatore a Napoli dove ottenne dalla regina Giovanna II la concessione di aprire la sede del consolato raguseo. Qui esercitò la mercatura, acquisendo il privilegio per la tratta di alcuni prodotti. Nelle fonti si ha notizia di altri Cotrugli (probabilmente figli dello stesso Giacomo) ben inseriti nel mondo del commercio (sale, salnitro, orzo, panni di lana) e dei noli navali. Proprio per la numerosità dei componenti della famiglia e degli affari trattati in diversi luoghi del bacino mediterraneo da ogni familiare, nelle fonti il nome di famiglia compare sì come Cotrugli, ma anche come Contrugli, Cotrulli, Kotrulja, Kotruljević, Kotrulj, Kotruljić. Il nome Benedetto anche come Benko.
Tra gli studi più importanti sulla vita di Cotrugli, basati su fonti contemporanee, si ricordano quelli di Michele Luzzati (1984) e Oscar Nuccio (1991). Di lui sappiamo che iniziò e interruppe gli studi giuridici a Bologna, che presto sposò una benestante di Ragusa da cui ebbe dieci figli e che una sua figlia sposò un ricco signore dell’Aquila dove si stabilì.
Cotrugli esercitò attività commerciali, anche per conto di terzi, con la Catalogna (mercato della lana), con i porti delle coste meridionali della penisola italiana e di quelle adriatiche. Nel 1451 lasciò definitivamente Ragusa per stabilirsi a Napoli alla corte di re Alfonso d’Aragona, senza funzioni ufficiali affidategli dalla città di Ragusa; l’anno seguente, per speculazioni tentate a danno di Ragusa stessa, fu mandato in esilio. Ciò comportò il suo inserimento definitivo nella corte napoletana con ruoli di rilievo, tra cui importanti missioni diplomatiche sia per re Alfonso sia per re Ferdinando (1460) e la direzione della Zecca di Napoli (1468) e dell’Aquila (1469). Suo fedele collaboratore fu il fratello Michele, che teneva il collegamento con il mercato dei grani di Puglia e Calabria. Quando nel 1469 Cotrugli morì, il figlio Giacomo lo sostituì nell’incarico alla Zecca dell’Aquila (Grierson, Travaini 1998, p. 344).
I biografi riconoscono a Cotrugli una disposizione spiccata verso il sapere in generale: era un «colto uomo d’affari» (Nuccio 1991, p. 281), caratteristica che risulta evidente nell’unico suo libro che si conosce, Della mercatura et del mercante perfetto, scritto nel 1458 e rimasto in forma manoscritta per oltre un secolo. Prima di questo egli scrisse De uxore ducenda, non pervenutoci, ma il cui contenuto è ripreso nell’opera maggiore. Altri lavori riportati dalla letteratura sono: Della natura dei fiori e De navigatione, scritto tra il 1464 e il 1465.
Fu un mercante di Ragusa che portò il manoscritto Della mercatura et del mercante perfetto a Venezia e lo fece pubblicare nel 1573 dallo stampatore Francesco Patrizi di Cherso; dieci anni dopo fu pubblicata a Lione l’edizione in francese e nel 1602 una nuova edizione italiana a Brescia. Questo ritardo nella diffusione influì molto sull’apprezzamento del suo contenuto. Sono stati gli storici della ragioneria a dare rilievo al Della mercatura in quanto si configura come il primo documento conosciuto contenente la descrizione della partita doppia. Sicuramente importante è la presenza di questo elemento ragionieristico, tanto che la fortuna dell’opera è stata legata, fino alla letteratura recente, al fatto di essere riconosciuta come un manuale di mercatura (Montrone, Chirieleison 2009). In realtà questo non è il tratto di maggior rilievo di Della mercatura, il quale non consiste solo in una raccolta d’informazioni di utilità pratica per i commercianti, che erano soliti utilizzare strumenti del genere come prontuari.
La differenza tra un manuale e l’opera di Cotrugli va ricondotta al fatto che l’autore fu sì un commerciante, ma non uno tra i tanti piccoli mercatores, un modesto trafficante: fu prima di tutto un umanista, per di più residente a Napoli dove l’Accademia era uno dei più importanti centri di produzione e di diffusione di cultura della penisola. Gli umanisti furono protagonisti di quel cambiamento culturale che in Italia iniziò nel corso del Medioevo, aprendo le porte, anche con nuovi strumenti economici, allo scambio internazionale di beni e di cultura. Si pensi ai ragionamenti sul profitto elaborati da Poggio Bracciolini, ma anche alla ‘cassetta degli attrezzi’ – banche, assicurazioni, scritture contabili, lettere di credito – con cui i mercanti italiani del tempo facilitavano gli scambi e concatenavano nel tempo le attività economiche, rendendo chiaro che ogni scambio non finiva in se stesso ma era parte di un’impresa, architettata nel presente e proiettata verso il futuro. Ognuno di questi umanisti contribuì alla complessa definizione dei caratteri di una società che lentamente transitava verso la modernità.
Il contributo dato da Cotrugli – in quel periodo, la metà del Quattrocento, in cui la nuova mentalità economica del ceto mercantile si andava affermando – consiste nell’aver ammonito che il mercante non può essere un incolto, un illetterato: egli deve essere contemporaneamente un buon scrittore, abbachista, quadernista, letterato e retorico, perché sono proprio questo sapere e queste pratiche congiunte a fare dell’uomo un operatore intelligente. È su tali virtuosi che poggia la solidità della città, come aveva affermato anche Matteo Palmieri.
Parte della storiografia sostiene che Cotrugli, mercante e scrittore del primo Quattrocento, è un valido esempio di homo novus capace di costruire una scienza del commercio originale, con metodo d’indagine sistematica che ha al proprio centro l’attività commerciale esercitata con «fede mercatoria». Cotrugli pare rivelare un mondo di valori proprio di una religione, quella della mercatura, «arte nobilissima» da esercitarsi con «fides» (Nuccio 1991).
Non si può affermare però che questa sia una scienza. Infatti, perché le importantissime intuizioni degli umanisti italiani sull’attività di mercatura diventino scienza manca da parte degli umanisti del Quattrocento la costruzione di un metodo per sistematizzare un complesso di idee e renderle valide sul piano teorico.
Della mercatura è diviso in quattro libri. Il libro I tratta della definizione della mercatura, delle caratteristiche del mercante, del «vendere» e delle altre attività congiunte a quest’ultima – i cambi, il pegno, le scritture, le assicurazioni. Il libro II tratta delle opere di carattere spirituale che appartengono alla vita quotidiana del mercante, e si conclude con un capitolo su De casi di conscienza leciti & illeciti, anche se Cotrugli specifica che non sarebbe bastato un libro intero per trattare di questo argomento: per es., l’usura può essere domandata come interesse, ma ci sono molti casi in cui è inammissibile. Il libro III tratta delle molteplici caratteristiche del profilo del mercante: la prudenza, la scienza, la ‘confidanza’, la ‘fortuna’, l’integrità, la diligenza, la ‘facilita’, l’astuzia, l’urbanità, la costanza, l’autorità, la liberalità, la tranquillità, la modestia, la ‘laudevole conditione’, la temperanza. Il libro IV tratta della casa, della villa del mercante, delle vesti e gli ornamenti, della ‘massaria’ e suppellettili, della moglie, della cura e del governo dei figli, del ‘peculio’, del ‘fine’.
Il discorso economico di Cotrugli è senza dubbio di derivazione aristotelica: si confronti la sua iniziale trattazione con le pagine della Politica di Aristotele sull’inevitabilità del passaggio dal baratto allo scambio e sull’uso della moneta. È nella natura, nella necessità delle cose che, allargandosi il tessuto sociale, i beni utili non siano più immediatamente disponibili nel contesto familiare e che ciò che si ha in sovrappiù vada a costituire l’offerta, la contropartita per la domanda di beni indisponibili o scarsi; si amplifica così la rete degli scambi, e di necessità deriva che questa venga codificata. Ma ciò che è indispensabile, aggiunge Cotrugli, è che chi pratica le ‘arti’ pertinenti la mercanzia, esercitate con speranza di guadagno e di ricchezza, sia guidato da un codice di comportamento assorbito attraverso l’educazione.
Cotrugli passa così a delineare i tratti della ‘persona’ – insieme di anima e corpo – del mercante. Egli deve avere per la mercatura un’attitudine naturale, poi maturata dall’istruzione e dall’esperienza; deve occuparsi con diligenza, prudenza (la più importante delle virtù laiche dell’Umanesimo civile: è la virtù di chi agisce con equilibrio e tiene il conto di ogni movimento), sollecitudine di tutto ciò che può favorire la propria arte. Deve essere robusto nel corpo per sostenere le fatiche che di giorno e di notte, a piedi, per mare, a cavallo saranno inevitabili quando compra, usa e vende le mercanzie; deve sapersi nutrire, ma anche sapere digiunare quando è necessario; tollerare il non bere, il non dormire e tutto ciò che è contrario alla ‘quiete’ del corpo. Tutto questo è indispensabile in quanto il corpo è considerato uno strumento per ottenere profitto.
Il mercante deve accuratamente studiare dove localizzare la propria impresa: giova alla vita umana e al profitto della propria attività l’aria salubre e che il luogo prescelto sia ben frequentato da mercanti e da uomini di valore e di spicco. La scelta del luogo dove stabilire la base dei propri traffici è delicata perché si può essere ingannati dalle apparenze, attratti dal ‘grasso’: scegliendo un luogo solo apparentemente adatto al commercio non si ascende e si finisce con il perdere ricchezza (cit. in O. Nuccio, Benedetto Cotrugli, in Id., Il pensiero economico italiano, 2° vol., 1991, pp. 363-65). Infine il mercante deve conoscere e rispettare il diritto mercantile. Questo è il contesto proprio della vita del mercante che egli contribuisce a formare e a sviluppare.
La trattazione di Cotrugli rimanda sempre al fatto che l’obiettivo dell’attività mercantile è il guadagno e che questo è lecito se raggiunto con mezzi leciti, cioè che non danneggino altri: «il guadagno è giusto» se non è illecito nella sostanza, cioè nel modo in cui viene realizzato. Il comportamento moralmente più «disapprovevole» consiste nella coalizione tra mercanti per vendere a un prezzo tra loro pattuito.
Le operazioni mercantili che Cotrugli esamina vanno dal baratto, attività in cui difficile è stabilire confronti di valore, alla compravendita con moneta contante, sino al legittimo, utile e necessario contratto a termine. È ovvia la difficoltà che implica accettare il credito senza che vi siano garanzie date dalla merce (buona, non guasta), dalle persone, dal tempo (che deve essere il più breve possibile) e dalla quantità, utilità (la difficoltà della misurazione del rapporto tra due merci deve far considerare anche che caricando troppo il prezzo si corre il rischio di perdere il capitale e il guadagno) e modo del pagamento (la cautela raccomanda un accordo notarile a riguardo). Solo l’azione continuativamente leale del mercante produce profitto, perché in ogni operazione è indispensabile che egli abbia credito, che sia un buon pagatore, che goda di buona fama e che conceda fiducia ai creditori. Infine, per il mercante il tempo è denaro: perdere tempo è infatti perdere denaro.
Tutta l’attività del mercante deve essere annotata in un libro che deve sempre essere ordinatamente aggiornato secondo procedure contabili standardizzate e non deve mai diventare vecchio, nel senso che i debiti vanno sollecitati anche rinnovandone le modalità di pagamento, e i pagamenti vanno eseguiti con puntualità ed esattezza. L’ordine negli affari riflette anche l’ordine nella vita personale del mercante che non deve giocare con le carte o con i dadi, così come non deve bere troppo vino: egli compare in pubblico e certe abitudini possono nuocergli perché possono condurlo a fare scelte sbagliate; non deve darsi all’alchimia, fare contrabbando, stare in compagnia di balordi, commettere falsità nei pesi e nelle misure, avere troppi amici ‘vani e poveri’ e non deve essere prodigo, essendo la prodigalità il peggior vizio del mercante perché è contraria al suo fine: la prodigalità distrugge le ricchezze. Non è lecito, inoltre, pigliar denari a usura se non con alcune deroghe; è invece lecito richiedere un interesse per il denaro prestato. Ciò riporta Cotrugli al tema iniziale della vendita a termine, che dipende da esigenze imprescindibili del commercio e che trova un limite solo nel danno nei confronti di altri.
Per quanto riguarda gli investimenti, il mercante molto ricco deve distribuire il proprio denaro in «traffichi» che siano di diverso tipo e abbiano luogo su diversi mercati; il mercante «mezanamente» ricco deve frazionare il capitale con maggior cautela; chi è meno ricco ancora deve sostenere con la propria persona il proprio modesto capitale; chi non possiede nulla deve lavorare a servizio altrui per realizzare un reddito perché solo se ben serve può poi ben comandare.
Un argomento di cui Cotrugli sottolinea l’importanza più dei suoi contemporanei è quello dei cambi, attività indispensabile per chi vuole commerciare tra Paesi con monete diverse.
Date tutte le caratteristiche dell’attività economica e di chi la svolge su cui si dilunga nel suo trattato, egli pone la realtà individuale in relazione al contesto della città, dello Stato, del bene comune: chi traffica ha come obiettivo il proprio profitto personale ma il suo operare è benefico per la società che da esso viene attivata. Infatti:
L’utilità, il comodo, & la salute delle repubbliche, procede grandissima dal mercante, parlando però sempre de mercanti non plebei & volgari, ma del mercante glorioso, il quale instituimo, comendato in questa nostra opera, et questo per rispetto delle faccende & essercizio, mercantile; mediante ’l quale ornamento & utilità della mercantia, si muniscono le patrie sterili del vitto & munitioni, accomodandosi etiandio di molte cose peregrine, facendo venire da luochi dove mancano le merci. Fanno ancora abbondare di pecunia, di gioie, d’oro, d’argento, & d’ogni sorte di metallo. Fanno abondare l’arti di diversi mestieri. Indi le città, & patrie fanno coltivar le terre, abbondar gl’armenti, valer l’entrate, & le rendite; & fanno campar li poveri, mediante il loro essercitio. Fanno essercitar li massari mediante l’industria delli loro arendamenti. Fanno valer le doane, & le gabelle de Signori & delle Repubbliche, mediante l’estrationi, & commissioni delle loro mercantie, e conseguentemente accrescono l’erario pubblico, & comune (cit. in O. Nuccio, Benedetto Cotrugli, cit., p. 335).
Succede esattamente il contrario laddove non vi è l’homo rationale, non vi è questa industriosità e l’operatore economico non sa discernere tra il bene e il male, l’utile e il dannoso, le lusinghe e le verità, tra passato e presente per provvedere al futuro.
Cotrugli è immerso in quel lungo periodo di transizione tra sistema feudale e società connotata appieno dai tratti capitalistici, è intriso di riferimenti a ciò che è razionale e ciò che è morale.
Si deve pensare che Cotrugli e i suoi colleghi umanisti del Quattrocento sono contemporanei di san Bernardino da Siena, le cui prediche di argomento economico e spesso contro l’attività economica erano ascoltate e avevano molto seguito.
Proprio per questo anche l’operatore economico di cui egli tratta sfuma tra queste realtà ispirate da principi diversi ed è più simile al massaro che al commerciante moderno: il massaro è il capo famiglia, il padre solerte del benessere materiale della famiglia, ben descritto da Leonardo Bruni. Cosicché la città non può che essere considerata come un insieme di case e di famiglie dal profilo reticolare e in cui la vita di ognuno è inevitabilmente interconnessa a quella di ogni altro.
Della mercatura et del mercante perfetto (1458), Venezia 1573 (Roma 1597; trad. francese Lione 1583; Brescia 1602; Titograd 1963; Dubrovnik 1989); rist. Il libro dell’arte di mercatura, a cura di U. Tucci, Venezia 1990. Parti dell’opera sono riportate in O. Nuccio, Benedetto Cotrugli. Etica e profitto del nobilitato uomo d’affari, in Id., Il pensiero economico italiano, 2° vol., Le fonti (1450-1750). Dall’umanesimo economico all’economia galileiana, t. 1, Sassari 1991, pp. 277-430, con bibl. prec.
Il trattato “De navigatione” di Benedetto Cotrugli (1464-1465). Edizione commentata del ms. Schoenberg 473 con il testo del ms. 557 di Yale, a cura di P. Falchetta, «Studi veneziani», n. s., 2009, 62, pp. 15-334.
M. Luzzati, Benedetto (Benko) Cotrugli, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 30° vol., Roma 1984, ad vocem (con il primo elenco delle fonti e della bibliografia su Cotrugli dal 19° sec. al 1980).
O. Nuccio, La civiltà italiana nella formazione della scienza economica, Milano 1995, pp. 145-50.
Ph. Grierson, L. Travaini, Medieval European coinage, 14° vol., (Italy III) South Italy, Sicily, Sardinia, Cambridge 1998.
O. Nuccio, La storia del pensiero economico italiano come storia della genesi dello spirito capitalistico, Roma 2008, pp. 574-87.
A. Montrone, C. Chirieleison, I prodromi della partita doppia in una corporazione monastica: la contabilità dell’Abbazia di San Pietro in Perugia dal 1461 al 1464, «De computis. Revista española de historia de la contabilidat», 2009, 10, pp. 239-63.
M. Koyama, Evading the ‘taint of usury’. Complex contracts and segmented capital markets, «Department of economics discussion paper series», Oxford, November 2008 (March 2010, 481).