D'ACQUISTO, Benedetto (al secolo Raffaele)
Nacque a Monreale (Palermo) il 1° febbr. 1790 da Niccolò, calzolaio, e da Maria Di Meo. Manifestò sin da giovanissimo grande passione per lo studio e per questo fu iscritto alla scuola del seminario locale. Qui notò il suo ingegno il sacerdote Benedetto Signorelli, da cui assunse in segno di riconoscenza il nome, il quale gli fornì i mezzi che gli consentirono di continuare a studiare. All'età di sedici anni, nel 1806, entrò a Palermo nell'Ordine dei frati minori riformati, dove prima compì gli studi superiori, di filosofia e teologia e poi, divenne insegnante nello stesso convento. Si laureò in filosofia nell'università di Palermo ed insegnò quindi tale disciplina nel collegio S. Rocco.
Nel 1831 concorrendo per la cattedra di filosofia nella medesima università di Palermo. con Salvatore Mancino e Vincenzo Tedeschi Paternò Castello, pubblicò la prima parte degli Elementi di filosofia fondamentale (Palermo 1833), contenente l'esposizione della psicologia come "analisi dello spirito umano". La scelta della commissione esaminatrice cadde sul Mancino ed egli andò allora ad insegnare filosofia nel seminario arcivescovile di Palermo. Nel 1843 il D. vinse il concorso per la cattedra di etica e diritto naturale nell'università di Palermo e fino al 1858, anno in cui venne eletto arcivescovo, vi dedicò le sue energie intellettuali migliori che gli valsero anche di essere chiamato alla vicepresidenza dell'Accademia di scienze, lettere e arti di Palermo dal 1850 al 1858. È durante i diciassette anni del suo insegnamento universitario che il D. elaborò le sue opere filosofiche principali che dovevano diffondere la sua fama anche all'estero, come il Sistema della scienza universale (Palermo 1850). la Genesi e natura del diritto di proprietà (ibid. 1858), tradotto in francese e lodato da Napoleone III, la terza ed ultima parte degli Elementi di filosofia fondamentale, intitolata Trattato delle idee o Ideologia (ibid. 1857), con cui dava compimento alla costruzione della propria filosofia teoretica, lo studio sulla Necessità dell'autorità e della legge (ibid. 1861), con cui lasciò un'orma profonda nel campo del diritto.
Oltre agli scritti teologici, il D. lasciò inediti, tra le altre cose filosofiche un trattato di logica (postumo, Palermo 1871), intitolato Organo dello scibile umano e un manoscritto conservato nella Biblioteca comunale palermitana che è un tentativo di sintesi armonica tra teologia e filosofia.
Il 23 dic. 1858 il pontefice Pio IX nominò il D. arcivescovo di Monreale: il 20 marzo dell'anno successivo assunse solennemente la carica arcivescovile, non disdegnando nel contempo di insegnare filosofia e teologia nella stessa scuola di quel seminario dove da giovane era stato istruito e dove cercò di restituire alla scuola il prestigio e la rinomanza di quando vi avevano insegnato filosofi illustri come Miceli, Spedalieri e Fleres. Appena entrato nella diocesi, il D. dovette affrontare un periodo di rivolgimenti politici, prima la rivolta di Monreale del 4 aprile 1860, quindi l'arrivo delle truppe garibaldine e la fine del regime borbonico. Costituito il Regno d'Italia, egli mostrò un prudenziale riserbo, ma nel dicembre 1861 compì un significativo passo versando un cospicuo contributo in denaro per l'equipaggiamento della neoistituita guardia civica: questo gesto gli meritò da Vittorio Emanuele II, in occasione della sua visita al duomo di Monreale, la commenda dell'Ordine mauriziano motivata per essersi il D. distinto nel campo degli studi filosofici. Nel 1864-65 effettuò la visita pastorale della diocesi. Scoppiata nel settembre 1866 la rivolta che investì tutto il territorio di Palermo, il D. accettò la designazione a presidente del Comitato insurrezionale di Monreale, sembra perché - in assenza di ogni altro potere legale - sperava di poter contribuire con la sua presenza al mantenimento dell'ordine pubblico. Domata dalle truppe l'insurrezione, il D. venne arrestato.
Il generale Raffaele Cadorna, inviato dal governo come regio commissario con il compito di reprimere la rivolta siciliana, nella sua relazione al Consiglio dei ministri del 12 ott. 1866 accusò il D. di avere incoraggiato il moto rivoluzionario e lo qualificò come "notissimo e pericoloso reazionario". Trascorse circa un mese di prigione prima a Monreale e poi nell'ex monastero di Montevergini con una schiera di uomini illustri tra cui emergeva la figura di Giuseppe De Spuches, noto latinista e grecista. Scampato fortunosamente alla giustizia sommaria del tribunale militare, grazie ad un'eccezione di incompetenza giurisdizionale che egli aveva opposto su suggerimento dell'avvocato G. M. Puglia, già difensore di G. Garibaldi dopo Aspromonte, il D. fu deferito all'autorità giudiziaria e rimesso in libertà provvisoria il 7 dic. 1866. Nel febbraio 1867 la Corte di appello di Palermo decise di includerlo tra i beneficiari del provvedimento di amnistia.
Uscito dal carcere fiaccato nel corpo, il D. continuò ad esercitare il suo ministero sacerdotale. Ed essendosi diffuso il colera si prodigò per portare assistenza ai malati e, colpito da quel male, morì a Palermo il 7 ag. 1867. Fu seppellito nella chiesa di campagna di S. Rosalia in una tomba provvisoria donde poi le sue ceneri vennero traslate, nel 1900, nel duomo di Monreale con solenni onoranze.
Il suo pensiero filosofico s'inquadra nel sistema platonico-agostiniano e di s. Bonaventura per ciò che concerne l'ambito teoretico e delle relazioni logiche e dialettiche, laddove nella sfera delle verità ontologiche si rifà al sistema della creazione elaborato dalla scuola metafisica di Monreale, che ha come più significativo rappresentante Vincenzo Miceli e di cui il D. è un acuto e originale interprete e continuatore.
Il punto di partenza speculativo da cui prese le mosse il D. è di carattere psicologico anche se l'obiettivo cui mirava era l'identificazione del problema psicologico col problema ontologico. Nel Trattato delle idee o Ideologia egli ha svolto una sua concezione che si caratterizza filosoficamente in una posizione a carattere prettamente ontologistico. Egli pone nella coscienza il fondamento teoretico della conoscenza scientifica e per quanto riguarda l'origine delle idee esse si dividono in "sensibili", concernenti il mondo materiale, "intellettuali", relative al proprio essere, e le "necessarie" che riguardano Dio, pur essendo però sempre coesistenti simultaneamente nello spirito umano. A queste il D. aggiunge le idee di rapporto che forniscono la possibilità di formulare giudizi e ragionamenti.
Egli considera dunque il processo conoscitivo, in cui la coscienza riconosce la propria esistenza, nella sua concretezza dell'atto unitario della percezione sensibile e nell'universalità dell'unità consapevole dell'atto cosciente approdando in ultima analisi ad una concezione speculativa qualificabile come "onnicentrismo" in base alla quale tutta la nostra conoscenza vive nella coscienza per la circolarità dell'intelligenza, che comprende tutta l'esperienza sensibile nell'atto cosciente in equilibrio tra i due poli dell'individualità e della universalità. In questa impostazione onnicentrista del problema gnoseologico il D. attribuisce un significato legittimo e cioè ontologico all'identità dell'io individuale Con l'io trascendentale con la conseguente unità reale di intuizione sensibile e di intelletto. Questo intuito intelligente contempla per il D. la creazione divina presente in atto nella sensazione anche la più elementare che contiene in un nesso ontologico indissolubile "tutta l'umana vitalità e tutte le verità in gernie" unite nell'individuo senziente coll'intuito dell'azione creatrice dell'Essere assoluto. In ciò il D. accoglie in buona sostanza i principi ispiratori delle filosofie spiritualistiche di A. Rosmini e di V. Gioberti. Risulta evidente l'influenza dell'insegnamento del Rosmini del Nuovo saggio anche per quanto riguarda la teoria del "sentimento fondamentale", elemento essenziale della personalità umana capace di consentirle di trascendere la sensibilità per le modificazioni apportate dai sentimenti particolari. Trattando dei rapporti tra diritto e morale il D. sostiene che l'atto morale è costituito unicamente dalla intelligenza e dalla volontà senza l'elemento sensibile che da morale lo rende giuridico. In altri termini l'azione determinata dall'attività intelligente dello spirito può restare dentro di essa senza una esterna manifestazione e diventare con ciò atto imperato e giuridico. Le relazioni tra il pensiero e la volontà sono reciproche e continue e si risolvono in ultima analisi in una sola attività libera. Nell'autocoscienza della ragione la legge morale per il D. assume la forma di "comando supremo", assoluto, che impone alla libertà umana di conformarsi alla natura, alla ragione e all'azione divina in cui si ha la sintesi del dover essere naturale o "imperativo producente" con il dover essere spirituale o "imperativo dirigente".
Nell'opera Corso di diritto naturale il D. si occupa della proprietà della quale riconosce il fondamento nei bisogni dell'uomo affermando che il diritto di proprietà esiste in ogni persona la quale tenta di procurarsi tutti i mezzi necessari per conseguire il suo scopo naturale.
Il soggetto del diritto reca in sé tre elementi costitutivi della sua natura nell'unità della persona umana: l'elemento "corporale", "intelligente" e "volitivo". Il diritto dunque nella vita dell'individuo tende essenzialmente alla conservazione, allo sviluppo e al perfezionamento della natura umana. Il diritto positivo ha per il D. come principio originario quello di mettere l'uomo nella condizione di essere pienamente e totalmente cosciente dei propri atti con la consapevolezza intuitiva di essere partecipe del bene assoluto in una sintesi armonica di diritto e moralità. L'onnipresenza e l'onnipotenza di Dio erano per il D. l'unica via feconda che gli consentiva di inoltrarsi nel mistero della creazione pervenendo ad una certezza scientifica in cui si identificavano ragione e fede.
Fra gli scritti principali pubblicati oltre a quelli già citati, si ricordano: Saggio sulla legge fondamentale del commercio fra l'anima ed il corpo e su di altre verità che vi hanno rapporto, Palermo 1837; Prolusione alle lezioni di diritto naturale nell'Università di Palermo, ibid. 1843; Discorso preliminare alle lezioni di diritto naturale ed etica, ibid. 1844; Memoria estemporanea sul diritto e dovere del proprio perfezionamento, ibid. 1844; Corso di filosofia morale, ibid. 1851; Corso di diritto naturale e filosofia del diritto, ibid. 1852; Teologia dogmatica e razionale, ibid. 1862; Ragionamento sulla resurrezione dei corpi, ibid. 1862; Logica ovvero Organo dello scibile umano, ibid. 1871. Lasciò inediti a Palermo: Trattato dei sacrament della legge evangelica; Idea sul progresso umanitario; De artificio linguarum et doctrinae; Miscellanee e pensieri grezzi.
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