BENEDETTO (Tiezzi) da Foiano
Nacque a Foiano in Val di Chiana sullo scorcio del sec. XV. Attratto dalla vita religiosa, vestì giovanissimo l'abito domenicano nel convento dei suo paese e compì il noviziato probabilmente in quello domenicano di Arezzo. Ordinato sacerdote. Si segnalò tra i confratelli per la sua attitudine agli studi teologici e le particolari capacità oratorie, ottenendo ben presto il grado di "maestro". Tra il 1499 e il 1500 fu chiamato a Firenze dal provinciale del suo Ordine e venne destinato al convento di S. Maria Novella. Durante il suo soggiorno fiorentino la fama di predicatore di B. si affermò soprattutto negli ambienti piagnoni; ed è probabile che fin da questo periodo egli si avvicinasse a quel gruppo di domenicani che manteneva, anche dopo la morte del Savonarola., la fedeltà ai suoi ideali ed attendeva il realizzarsi delle sue profezie. Non possediamo notizie precise sull'attività predicatoria di B. durante il primo decennio del secolo né dei suoi probabili viaggi in altre città dell'Italia e d'Europa; sappiamo, però, da un passo della Vita di Giovanni da Empoli, che nel 1512 egli si trovava a Lisbona, al seguito del prelato fiorentino Antonio di Alessandro Pucci, nunzio papale presso il re del Portogallo. L'anno seguente B. era di nuovo a Firenze, nel medesimo convento di S. Maria Novella; anzi nel maggio i confratelli lo elevarono alla carica di priore che egli tenne per un anno. Il solo fatto rilevante del suo priorato fu l'offerta di due ampolle d'argento al nuovo arcivescovo fiorentino Giulio de' Medici, il futuro Clemente VII; il che sembrerebbe indicare che B. non aveva ancora assunto a quel tempo la tenace e irriducibile posizione antimedicea che tenne invece durante gli anni dell'ultima Repubblica e dell'assedio. Scaduto il termine del suo priorato, B. restò nel convento di S. Maria Novella, ove fu eletto più volte a offici e incarichi (come sindaco ed "operaio" del convento), senza che il suo atteggiamento desse luogo a contrasti e polemiche.
Tuttavia, agli inizi del 1520, le simpatie savonaroliane di B., unite probabilmente ad altri suoi atteggiamenti di critica della rilassatezza dell'Ordine e a severe polemiche contro i frati "tiepidi", provocarono un intervento delle gerarchie domenicane. Il 26 maggio dello stesso anno il generale dell'Ordine, M. Garcia di Loaysa, giungeva in visita al convento di S. Maria Novella, e il 10 giugno faceva adunare i frati del convento, sollecitando da loro e ottenendo la condanna di Benedetto. Questi fu così costretto ad abbandonare S. Maria Novella e a rifugiarsi a Venezia, dove sembra che sia vissuto per tutto il periodo del suo esilio. La caduta del dominio mediceo a Firenze, nell'aprile 1527, e la rinascita della Repubblica riaprirono al frate "piagnone" le porte della capitale toscana. Richiamato dai primi Dieci di libertà, B. tornò subito a Firenze dove iniziò un'ardente predicazione antimedicea e riprese a diffondere tra il clero e i popolani le dottrine e le profezie del Savonarola. Ospite del convento di S. Marco, il centro della rinascita piagnona, egli divenne, insieme con Bartolomeo da Faenza e Bernardo da Castiglione, uno tra i più tenaci e decisi sostenitori di un programma di riforma politica e spirituale assai lontano, però, dalle idee che la Riforma aveva già largamente diffuso in Europa. Anzi, proprio B. fu uno dei più violenti oppositori di Antonio Brucioli e della sua propaganda filoluterana; e le sue prediche contribuirono non poco a far promuovere il procedimento contro l'umanista che si concluse con la condanna all'esilio (5 giugno 1529). D'altra parte, B. fu un ardente ispiratore della resistenza fiorentina alle minacce papali e imperiali e ai disegni aperti o larvati di restaurazione medicea, contro i quali egli combatté continuamente con le sue prediche infiammate che sembravano rinnovare i tempi di frate Girolamo.
È soprattutto ricordata dagli storici e cronisti contemporanei la predica tenuta in occasione dell'incontro di Bologna tra Carlo V e Clemente VII (24 nov. 1529), particolarmente dura nelle accuse al pontefice mediceo e pervasa dallo stesso spirito profetico della predicazione savonaroliana. Parlando nella sala grande del Consiglio, il domenicano citò passi e testi profetici della Scrittura per dimostrare il prossimo trionfo della libertas fiorentina e la liberazione della città da tutti i pericoli che le incombevano. E un'altra predica di tenore non diverso B. tenne il 24 luglio 1530, quando la notizia che Carlo V aveva restituito al re di Francia i figli fino ad allora tenuti in ostaggio, sembrò rafforzare la speranza che la Repubblica potesse presto godere di forti aiuti francesi o che la pacificazione generale risparmiasse a Firenze una seconda restaurazione medicea. Pochi giorni dopo, però, la morte del Ferrucci, il tradimento del Baglioni e la schiacciante superiorità delle forze imperiali che assediavano la città, toglievano ai Fiorentini ogni ulteriore possibilità di difesa: il 12 agosto la Repubblica capitolava. B., che aveva sostenuto e predicato la necessità di una resistenza ad oltranza, si ritirò nel convento di S. Marco, mentre le truppe spagnole e imperiali occupavano Firenze.
Il 18 agosto 1530 un confratello, Alessio Strozzi, denunciò B. alle soldatesche perugine del Baglioni che avevano invaso il convento; consegnato da Malatesta a Clemente VII, B. fu tradotto a Roma. Per ordine del pontefice venne chiuso nella più profonda segreta di Castel S. Angelo, ove morì di fame e di sete l'8 sett. 1531, nonostante si fosse offerto di confutare le dottrine luterane.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Ricordanze e scritture antiche del convento di S. Maria Novella dal 1507 al 1527, pp. 34 ss., 88; Giovanni da Empoli, Lettera a Leonardo suo padre intorno al viaggio da lui fatto a Malacca..., a cura di J. Gräberg, in Arch. stor. ital., app. III (1846), p. 31; B. Varchi, Istorie fiorentine, a cura di C. Milanesi, Firenze 1858, p. 376; L. Neretti, Fra, B. da Foiano, Firenze 1894; P. Villari, La storia di G. Savonarola e de' suoi tempi, Firenze 1898, I, p. 394; L. von Pastor, Storia dei Papi, IV, 2, Roma 1912. pp. 349, 369; A. Amati, Cosimo I e i frati di S. Marco, in Arch. stor. ital.. LXXXI (1923), pp. 238-240; C. Roth, L'ultima Repubblica fiorentina, Firenze 1929, pp. 296, 422, 472; G. Schnitzer, Savonarola, Milano 1931, II, pp. 446; G. Sforza, La Controriforma a Venezia. IV. Monsignor Della Casa contro l'eresia luterana, in Arch. stor. ital., XCIII (1935), p. 204; G. Spini, Tra Rinascimento e Riforma. Antonio Brucioli, Firenze 1940. p. 62; R. Ridolfi, Vita di G. Savonarola, Roma 1952, II, pp. 44, 46.