DA LEZZE, Benedetto
Nacque a Venezia il 16 giugno 1578, secondogenito del procuratore Giovanni di Andrea e di Marietta Priuli di Gerolamo.
La famiglia, allora, era all'apice della ricchezza e del prestigio politico: procuratori di S. Marco da tre generazioni, assiduamente presenti nel Consiglio dei dieci - conti di Santa Croce, nel Trevisano, dove possedevano una vasta gastaldia -, quasi a sancire pubblicamente la solidità della posizione acquisita, i Da Lezze ponevano mano proprio in quegli anni alla costruzione di uno splendido palazzo a Cannaregio, che sarebbe stato ultimato dal Longhena.
Come per la maggior parte dei patrizi, la vita del D. si identificò con la carriera politica. Gli esordi, però, non furono brillanti: a ventott'anni divenne titolare di un ufficio finanziario che aveva soprattutto il compito di iniziare alla conoscenza del complesso apparato amministrativo dello Stato; dal 12 genn. 1606 all'11 maggio 1607 fu provveditore alla Camera d'imprestidi, quindi patron all'Arsenale per tre anni, dal 24 febbr. 1608 al 1611; mancò, per pochi voti, il 24 marzo di quello stesso 1611, la nomina a provveditore generale della Camera nel regno di Candia, che gli avrebbe consentito di valorizzare le precedenti esperienze. Dovette quindi ripiegare sul più modesto incarico di provveditore sopra i Canevi, al quale fu eletto il 4 ag. 1612, per esser poi provveditore sopra le Camere dal 20 ott. 1613 al marzo 1614. L'occasione per affermarsi giunse Solo il 3 sett. 1615, allorché venne nominato provveditore nell'Istria, con il compito precipuo di contribuire a liquidare l'annosa questione uscocca.
Concluso il secondo trattato di Asti, il 22 giugno 1615, la Repubblica poteva infatti disporre delle truppe stanziate al confine lombardo, ed intendeva approfittarne per venire a capo della logorante guerra di corsa con la quale i pirati di Segna taglieggiavano i traffici dell'Adriatico. Dopo l'assassinio di Cristoforo Venier, si intensificarono le scorrerie e le devastazioni, sinché, inevitabilmente, alle ragioni della guerra si sommarono rancori privati. Le dimensioni del conflitto si ampliarono: il D. ricevette l'appoggio dei generale Fabio Gallo, mentre il triestino Petazzo veniva affiancato dal capitano Daniele Francol e dal vicegenerale di Croazia, Volfango Frangipane, conte di Tersatz (Tersatto). Alla metà di novembre, giunse da Venezia l'ordine di distruggere le saline di Zaule: con l'appoggio di una galera, che ne affiancava l'azione del mare, le truppe del D. (800 secondo le fonti venete, 3.800 secondo quelle arciducali) mossero all'attacco il 24 novembre, ma furono messe in fuga dal Tersatz. Il D. poté assicurarsi la ritirata solo tagliando i ponti sopra i canali delle saline di Muggia, e sacrificando molti dei suoi, affogati o uccisi dalle moschettate. Così, mentre il D. riparava a Capodistria, gli Arciducali ponevano a ferro e fuoco Ospo, Habrovizza, Bettovizza, Lonchi e numerosi altri villaggi dell'entroterra istriano. Il bilancio dello scontro risultò disastroso: i Veneziani dovettero subire per diversi mesi l'iniziativa degli avversari, che ne approfittarono per assicurarsi il controllo di numerose località. Il D., però, non fu esonerato dall'incarico: semplicemente, sin dall'8 dicembre, gli si pose accanto un'autorità superiore, il provveditore generale Marco Loredan, che in breve tempo seppe riparare l'"onta di Zoale", tanto da poter rassicurare il Senato circa la condotta del D.; più severo, nella sua relazione del 1618, si dimostrò il capitano di Raspo Bernardo Tiepolo, ancora più esplicito l'anonimo verseggiatore al soldo della Spagna, che nel 1616 ricordava con pesante ironia la fuga del Da Lezze.
La guerra, intanto, si era spostata nel Friuli, sotto Gradisca, e il D. poté rientrare in patria. Non fu sottoposto a processo, non subì condanne, ma fu circondato dal silenzio e dall'indifferenza. Soltanto sette anni dopo, il 6 giugno 1623, il suo nome ricomparve nel Segretario alle Voci, allorché venne eletto provveditore a Peschiera: un incarico gravoso, ma che avrebbe potuto conferirgli nuova credibilità. Non fece in tempo ad assumerlo, perché morì a Venezia nel dicembre di quello stesso anno.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Avogaria di Comun. Libro d'oro nascite, reg. 55, c. 135r; per la carriera politica, Ibid., Segretario alle Voci. Elez. Magg. Cons.; reg. 13; Ibid., Segretario alle Voci. Elez. Pregadi, reg. 9; Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. It., cl. VII, cod. 151 (= 8036): Magistrature di Venezia e reggimenti dall'anno 1597 al 1630, cc. 17r, 19r, 172r; sui versi del poeta antiveneziano, Ibid., Mss. It., cl. XI, cod. 173 (= 6282), c. 259r; Relaz. di Provveditori veneti in Istria al tempo della guerra di Gradisca, in Atti e mem. della Soc. istriana di archeol. e st. patria, II (1886), 3-4, pp. 57, 60, 107 s.; sulfatto di Zaule, Calendar of State Papers... relatingtoEnglish Affairs, existing in the Archives... of Venice..., a cura di A. B. Hinds, London 1908, XIV, p. 68; Supplimento dell'historia degli Uscocchi di Minuccio Minucci, arcivescovo di Zara, s. n. t., pp. 46 s.; ora in P. Sarpi, La Repubblica di Venezia, la Casa d'Austria e gli Uscocchi, a cura di L. e G. Cozzi, Bari 1965, pp. 124 ss.; F. Moisesso, Historia della ultima guerra nel Friuli, Venezia 1622, I, pp. 14, 25; B. Rith di Colemberg, Commentari della guerra moderna passata nel Friuli, et ne' confini dell'Istria, et di Dalmatia, Trieste 1629, pp. 50-53, 55; V. Siri, Mem. recondite. Parigi 1677, III, p. 383; G. Rua, Poeti della corte di Carlo Emanuele I di Savoia, Torino 1899, p. 208; A. Medin, La storia della Repubblica di Venezia nella Poesia, Milano 1904. p. 411; R. Quazza, Preponderanze straniere, in Storia Politica d'Italia, Milano 1938. VIII, p. 133