DELISI, Benedetto
Figlio di Stefano e di Rosalia Romano, nacque a Palermo il 31 genn. 1831. Formatosi alla scuola di Valerio Villareale, e successivamente di Nunzio Morello, scultori palermitani d'impronta neoclassica, rivelò giovanissimo buone doti di disegnatore e di modellatore, tanto che il municipio di Palermo gli fece avere un "pensionato" a Napoli e a Roma. Qui, secondo i suoi biografi, ebbe modo di studiare la statuaria classica e di aggiornarsi sulle più moderne tendenze artistiche, assimilando modelli e soluzioni stilistiche in seguito largamente utilizzati.
In mancanza di altre notizie sugli anni trascorsi dal D. a Napoli e a Roma, "ove fece molti progressi sotto gli insegnamenti d'illustri maestri" (Abbatecola, 1877) e considerando le prime opere note, possiamo solo ipotizzare un suo preciso interesse per la scultura accademica allora imperante, sulla scia di P. Tenerani, con qualche apertura al cosiddetto "realismo romantico".
Tornato a Palermo nel 1859, nel giro di pochi anni riuscì ad affermarsi procurandosi numerose commissioni, soprattutto per ritratti, busti e monumenti funerari di nobili siciliani, partecipando nello stesso tempo a diverse mostre locali e nazionali. Nel 1861 infatti il D. presentò all'Esposizione italiana di Firenze due statue in marmo, il Generale Garibaldi (attualmente nel giardino di Piazza Marina a Palermo) e l'Ingenuità (dispersa, per un'incisione con relativa descrizione vedi E. Floritta, in L'Esposizione italiana del 1861 [Firenze], 2 sett. 1861, n. 4, pp. 31 s.).
Fra i tanti monumenti funerari eseguiti in questi anni vanno ricordati, nella chiesa di S. Domenico di Palermo, quelli di Emanuele Bellia (1861), di Narciso Cozzo (1861), di Franco Maccagnone principe di Granatelli (1862), del pittore Giovanni Patricolo (1862) e di Domenico Lo Faso duca di Serradifalco (1864). Nel 1865, per incarico del Comune di Palermo, il D. realizzò il monumento al patriota siciliano Ruggiero Settimo, in piazza Castelnuovo "nella quale non saprebbesi se più lodare o il rassomiglio, o la positura, o l'arte con che è levigato il marmo" (Lanza di Trabia, 1880).
Nell'ambito di questa produzione "funeraria" e celebrativa, particolare interesse rivestono inoltre, per una maggiore attenzione ai dati realistici, il medaglione della stele funeraria di Giuseppina Zalapi (1868) nella chiesa di S. Maria di Gesù, il monumento Favier nel cimitero dei Rotoli, il monumento a Vincenzo Florio (1870) nel chiostro di S. Domenico e le statue del monumento sepolcrale di Raffaele Di Benedetto (1870), sempre nella chiesa di S. Domenico. Questo gruppo scultoreo - l'eroe garibaldino, in abito di ufficiale, disteso sul sepolcro, e in piedi una figura di giovane donna che depone un ramo di quercia - costituisce certamente uno degli esiti più felici della sua produzione di carattere monumentale. Vengono comunemente riferite al 1874 circa alcune sculture nella cappella dell'Immacolata della chiesa di S. Ignazio all'Olivella di Palermo: due medaglioni raffiguranti l'Annunciazione e la Natività, di gusto arcaizzante, e la statua del profeta Isaia, ancora legata al gusto neoclassico ma con forti accenti realistici.
Abile ritrattista, elogiato per la perizia tecnica e per la capacità di fissare nel marmo con sorprendente verosimiglianza i caratteri fisionomici dei personaggi effigiati, il D. eseguì tutta una serie di busti che attualmente ornano giardini e palazzi di Palermo. Ricordiamo, tra i più celebri, i busti di Garibaldi e di Nino Bixio al Giardino inglese; quelli di Rossini e di Donizetti a villa Giulia; il busto di Ugo Foscolo nel chiostro di S. Domenico; i busti di A. Starrabba e di P. Bonanno, entrambi sindaci della città, collocati attualmente nella sala gialla del palazzo Pretorio.
Le ultime opere note del D. sono il monumento funerario di Mario Pancari Leni (1875) nella chiesa madre di Vittoria, e l'Angelo del Moore, oggiesposto nella Galleria d'arte moderna di Palermo, che nella fusione di idealismo romantico e di verismo accademico sembra compendiare i caratteri peculiari del suo stile. Fra i tanti gessi e bozzetti in creta oggi dispersi, rimasti allo stato di prime idee, i biografi menzionano la Giaele, la Cartaginese, il Fabbroferraio.
Il D. morì a Palermo, nel pieno della sua attività, la sera dell'8 sett. 1875. Fu capostipite di una famiglia di scultori, nella quale emergono i figli Stefano e Domenico ed il figlio di questo, Benedetto.
Personaggio di rilievo nell'ambiente artistico palermitano, il D. ottenne molte onorificenze, tra le quali le croci cavalleresche dei Ss. Maurizio e Lazzaro e della Corona d'Italia, e fece parte della Commissione siciliana di antichità e belle arti.
Oltre alle opere già citate, la Galleria d'arte moderna di Palermo conserva una Testa di Garibaldi e un piccolo marmo raffigurante Cristoforo Colombo in catene, concesso in deposito alla prefettura, dove è esposto nel salone di ricevimento.
All'Esposizione nazionale di Napoli del 1877(catal., pp. 1, 5, 7, 23s.), in una sezione retrospettiva, vennero presentati i marmi (La pescatrice, Un moretto, Un angioletto)e i gessi (L'angelo del Moore, Antonio Solario detto lo Zingaro)del Delisi. Nel 1929, alla seconda mostra del Sindacato siciliano fascista degli artisti (catal., p. 31), in una retrospettiva dell'Ottocento siciliano, vennero esposti il bozzetto per la statua del profeta Isaia della chiesa di S. Ignazio all'Olivella, e una piccola scultura in marmo raffigurante Archimede giovanetto.
Analizzando la vasta e assai poco originale produzione del D., si può notare come il decoro e il "realismo romantico" delle sue sculture risentano moltissimo del clima risorgimentale di quei decenni, teso all'esaltazione retorica delle glorie patrie e delle virtù civili e insieme alla ricerca del "vero" unito al "bello". Solo nell'ultimo periodo della sua attività, il linguaggio stilistico del D. sembra evolversi lentamente verso soluzioni meno accademiche (si veda ad esempio il celebre Angelo del Moore)in cui, sotto le forme neopuriste, si agitano nuovi fermenti ed una più intensa espressività.
Fonti e Bibl.: Necr. in L'Illustrazione universale, 19 sett. 1875, p. 454; S. Salomone Marino, B. D., in Nuove Effemeridi siciliane, s. 3, V (1875), pp. 224 s.; Catalogo dell'Esposizione italiana agraria, industriale e artistica, Firenze 1861, p. 237; Il Giornale artistico (Firenze), 16 giugno 1873, p. 60; 14 nov. 1873, p. 133; G. Abbatecola, Guida e critica della grande Esposizione nazionale di belle arti di Napoli del 1877, Napoli 1877, pp. 122 s.; P. S. Lanza di Trabia, La scultura in Sicilia nei secoli XVII, XVIII e XIX, in Nuove Effemeridi siciliane, s. 3, X (1880), p. 144; G. Strafforello, La Patria. Geografia dell'Italia. La Sicilia, VII, Torino 1893, pp. 87, 99, 118; V. Di Giovanni, Iscrizioni, ricordi funebri e salmi, Palermo 1900, pp. 148 s.; O. Guerrieri, La Galleria d'arte moderna della città di Palermo, in Emporium, LXXVI (1932), p. 10; P. Sgadari di Lo Monaco, Pittori e scultori siciliani dal Seicento al primo Ottocento, Palermo 1940, p. 42; F. Meli, La Regia Accad. di belle arti di Palermo, Firenze 1941, p. 58; Il ritratto palermitano dell'Ottocento (cat.), a cura di R. Collura, Palermo 1966, p. 6; A. Barilaro, S. Domenico di Palermo. Pantheon degli uomini ill. di Sicilia, Palermo 1971, pp. 106, 115, 117, 125 s., 142, 151, 157; Opere inedite o poco note di artisti siciliani dal 1880 al 1950 (cat.), a cura di R. Collura, Palermo 1971, p. 12; F. Grasso, Ottocento e Novecento in Sicilia, in Storia della Sicilia, X, Palermo 1981, p. 183; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IX, pp. 22 s.; Diz. dei siciliani illustri, Palermo 1939, pp. 168 s.