EGIO, Benedetto
Umanista spoletino, vissuto nel sec. XVI, sul quale possediamo scarse notizie biografiche.
Il letterato Evenzio Pico, anch'egli di Spoleto, che dovette conoscere l'E. a Roma negli anni Cinquanta- Sessanta, si limita a fornire l'elenco delle opere; mentre L. lacobilli, ricalcando ad verbum la scheda del Pico, aggiunge l'indicazione dello stato ecclesiastico ("presbiter") e la notizia tratta dal Commentarius rerum Spoletanarum di G. B. Braccesco, manoscritto, secondo il quale l'E. sarebbe stato lettore di humanae litterae all'università di Parigi. Ma la notizia (sulla quale si veda anche Tiraboschi) sembra priva di ogni autorità. La stessa fonte ne colloca la morte nel 1578 a Spoleto mentre P. de Nolliac indica più autorevolmente il 1567; e la data posteriore sembra essere smentita anche da un passo di una lettera dell'umanista francese Jean Matal (Ianus Metellus) dalle Fiandre a Fulvio Orsini datata 24 maggio 1578 (Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat. 4103, c. 112), in cui dichiara di coltivare la "pia recordatio" dell'E. e di Onofrio Panvinio (morto nel 1568), conosciuti durante il suo soggiorno romano.
Altre notizie si ricavano dalle opere dell'E. a stampa e manoscritte. La più significativa è l'edizione, con traduzione latina e commento, della Bibliotheces sive De deorum origine libri III di Apollodoro (Romae, in Aedibus A. Bladi, 1555) aperta da un epigramma greco di F. Orsini, da un ampio privilegio concesso da Paolo III all'autore (nominato con l'appellativo di "dilectus filius") e da una lettera a J. Matal. Nel volume è inoltre incluso un Commentarius de Apollodoris ad opera dell'erudito napoletano Scipione Tetti dedicato al vescovo di Augusta Ottone Truchs, amico dei cardinali A. Farnese, c. Madruzzo, S. Osio, e familiare di Paolo III. Il legame con l'ambiente farnesiano è confermato dalla lettera che introduce le "Annotationes" rivolta a F. Orsini, allora alla corte del cardinale Ranuccio Farnese e dopo la morte di questo (1565) a quella di Alessandro con l'incarico di bibliotecario. Lettera prefatoria e commento forniscono indizi per ricostruire le amicizie romane dell'E. e il diagramma delle sue frequentazioni erudite. Sono infatti menzionati Guglielmo Sirleto, futuro cardinale e bibliotecario apostolico; Basilio Zanchi, custode della Biblioteca Vaticana, arrestato in un'operazione di polizia contro il clero irregolare nell'agosto del 1555 e morto pochi anni dopo in carcere; il canonico Achille Maffei, fratello del cardinale Bernardino; gli eruditi Giovanni Cesari (Ianus Cesarius), Viviano Brunorio (Corinaltensis), Giordano Giordani d'Urbino. Fra gli autori utilizzati per il commento sono citati ripetutamente il De poetis di L. Gregorio Giraldi e i Commentarii linguae graecae di G. Budé; accenni riguardano Erasmo, G. Agricola, e il Trionfo d'amore di F. Petrarca. Una menzione di G. B. Pio come "praeceptor meus" indica nel celebre umanista bolognese il o uno dei maestri dell'E., che forse frequentò i suoi corsi alla Sapienza tra il 1510 e il 1515 o negli anni successivi al 1532, quando tornò a Roma richiamato da Paolo III.
L'Apollodoro godette di varie edizioni nei secoli XVI e XVII, il regesto delle quali è pubblicato da J. Fabricius. Tra queste spicca quella con gli emendamenti di Gerolamo Commellini dovuti alla collazione dei codici palatini di Heidelberg (pubblicata con la data di Heidelbergae 1599). Questo lavoro filologico prestigioso coronava la cospicua attività svolta nel decennio precedente dall'E. come volgarizzatore. Presso M. Tramezzino uscirono a Venezia nella sua traduzione le opere di Procopio di Cesarea De la longa et aspra guerra de' Goti (I-II, 1544-47), De la guerra di Giustiniano imperatore contra i Persiani (1547), De gli edifici di Giustiniano imperatore (1547) e le Historie di Paolo Diacono (1548). La veste delle edizioni, in.quarto, senza apparato, con notabilia inmargine e tavole alfabetiche, le dediche dell'editore a influenti aristocratici veneziani (i Procopio a Giovanni Soranzo, il Paolo Diacono a Pietro Mocenigo), infine i privilegi cumulativi concessi al Tramezzino da Paolo III e dal Senato veneziano, confermano il tenore divulgativo delle stampe, in linea con le scelte dell'editoria veneziana del periodo che mirava alla diffusione degli storici classici in volgare come genere di consumo.Un distico latino dell'E. si legge nei Capiluporum carmina et centones (Romae 1590, p. 189), le circostanze della cui composizione sono spiegate da una notula di F. Orsini (p. 191). La quale testimonia altresi della considerazione anche postuma di cui l'E. godeva negli ambienti romani. La versione di un epigramma di Petronio Apollodoro è stampata nell'edizione amsterdamense del Satyricon di Petronio curata da Michele Hadrianide (1669, p. 548). Di un'opera filologica su Quintiliano indicata dal Pico non abbiamo più traccia, mentre la traduzione latina del De urbibus di Stefano di Bisanzio, posteriore all'Apollodoro, è conservata da due codici vaticani, di cui il Barb. lat. 115 fu fatto eseguire da L. Holstenius. Note dell'E., insieme a quelle di F. Orsini, sono in un Virgilio e in un Plinio il Vecchio (Bibl. apost. Vaticana, Ottob. lat. 2894 e 3055); nel Vat. lat. 11775 è un commentario "de pyropo" indirizzato a Francesco Alciati. Il Vat. Chigiano I. IV. 102 (cc. 85-142) contiene la produzione poetica latina giovanile. Si tratta per lo più di brevi carmi moraleggianti su argomenti vari; ma si segnalano un'ampia elegia In sepulcrum Molzae, epigrammi su Ottavio Farnese e L. Capilupi, una satira, un carme De nave Petri ad Paulum III in onore del pontefice, la traduzione in esametri della canzone Italia mia del Petrarca e dei sonetti 102, 107, 186 in distici elegiaci. Concludono la silloge quattro favole esopiche che dovevano fare parte dell'intera raccolta tradotta secondo il Pico ad uso del nipote Amerigo. Nel Barb. lat. 2098 sono inoltre riunite epigrafi latine di Ciriaco Pizzicolli e dell'E. rifuse evidentemente nel codice da apografi differenti. Dei volumi posseduti dall'E. resta traccia nell'inventario della biblioteca di F. Orsini (Vat. lat. 7205, cc. 1-52), confluita alla sua morte (1600) in Vaticano.
Su nove libri appartenuti all'E. qui registrati P. de Nolhac rintracciò in Vaticano un'antologia greca del 1501 un Plinio il Giovane del 1508 e un Quintiliano del 1503, tutti aldini, ai quali aggiunse un Plauto sempre aldino del 1522 di altra provenienza. Una nota di possesso dell'E. è altresi su un codice di Svetonio (Ottob. lat. 2008). Nella Biblioteca Angelica di Roma è conservata infine un'edizione greca della Retorica di Aristotele (Parisiis 1539, segnata A.6.4.6), con le note della collazione condotta nel 1546 su un codice farnesiano di F. Orsini. Altri manoscritti e volumi posseduti dall'E. sono segnalati dal Crawford (pp. 11 s.).
Fonti e Bibl.: E. Pico, Institutiones in grammaticam Latinam, Romae 1560, a c. 93 dell'acclusa Ars metrica; L. Iacobilli, Bibliotheca Umbriae, Fulginiae 1658, p. 71; J. Fabricius, Bibliotheca Graera, Hamburgi 1707, II, p. 665; G. Tiraboschi, Storia della lett. ital., Milano 1833, III, p. 602; P. de Nolhac, La bibliothèque de Fulvio Orsini, Paris 1887, ad Indicem; O. Kristeller, Iter Italicum, I-II, ad Indices, s. v. Aegius; Id., Iter Italicum. Accedunt alia itinera, I-II, ad Indicem; M. H. Crawford, B. E. and the development of Greek Epigraphy, in Antonio Agustin between Renaissance and Counter-Reform, London 1992, pp. 1-13.