VILLABIANCA, Benedetto
Emanuele e Frisella
marchese di. – Nacque a Marsala da Antonio Emanuele e da Filippa Frisella.
Ignota la sua data di nascita e sporadiche le note sulla sua formazione, certamente dottore in utroque iure, lo si ritrova designato nelle cronache e nei repertori quale signore del castello di Mazzara e della baronia della Merca. Più dettagliate, invece, le notizie sui suoi matrimoni: il primo nel luglio del 1621, con Dorotea Grillo, erede dei baroni di Quintopantano, morta nel gennaio del 1643; e il secondo nel giugno dello stesso anno, con Leandra Suarez de Figueroa e Bracco, madre dei suoi cinque figli: Francesco, Stefano, Alessandro, Giacinta e Vittoria.
Il dato di maggior rilievo della sua biografia è però legato all’attività di giureconsulto che lo portò ai vertici del ministero togato del Regno. Una carriera che da metà degli anni Trenta fu in continua e progressiva ascesa: giudice della corte pretoriana di Palermo nel 1636; nel 1638 giudice perpetuo dei beni confiscati per il tribunale dell’Inquisizione, di cui era familiare insieme ad altri membri del suo casato; nel dicembre dello stesso anno, capitano del Val di Noto con ampissime potestà. Una serie di incarichi giocati, quindi, tra le file del ministero togato isolano e quelle della Inquisizione, un connubio non insolito per i maggiori burocrati dell’isola.
La fiducia crescente in Villabianca da parte degli apparati laici ed ecclesiastici gli fece guadagnare nel 1640 la nomina di giudice del tribunale del Concistoro e, l’anno dopo, quella di vicario generale del Regno, con ampi poteri sulle cause civili e criminali. Nominato nel 1643 giudice della Regia Gran Corte, nel 1645 venne nuovamente investito dal viceré Pedro Fajardo, marchese de Los Vélez, della carica di vicario generale del Regno, con il compito di provvedere alla logistica armata dei territori in previsione di una temuta invasione turca. Ma va anche detto come la carriera di Villabianca dovette molto all’appoggio della qualificata schiera di ministri togati del suo tempo. Firmò infatti la sua carica di vicario generale nel 1641 Pietro Corsetto, vescovo di Cefalù, presidente del Regno in attesa del nuovo viceré e, ancor prima, esponente di spicco della burocrazia regia per la quale aveva rivestito la carica di reggente del Consiglio d’Italia dal 1621 al 1625 e poi di presidente del Real Patrimonio e della Regia Gran Corte.
Fu però la rivolta di Palermo a consolidare il prestigio di Villabianca. Incaricato di trattare con i ribelli e di redigere una concordia, ebbe come interlocutore Giuseppe Alesi con cui i rapporti furono estremamente tempestosi, segnati da minacce che riguardarono la persona e i beni materiali di Villabianca. Sicché, quando l’ipotesi della concordia fu abbandonata, Villabianca, insignito della carica di capitano di fanteria, formò una compagnia di duecentosessanta uomini tra cui i togati Giovanni Ramondetta, Giuseppe Ventimiglia, Pietro Olivieri, Giovanni Alliata. Un incarico esercitato con grande efficacia come testimoniato da Antonino Collurafi nelle Tumultuationi della plebe in Palermo (1651), in cui si narra di come Villabianca uccise Mariano Rubiani, uno dei capi rivolta, la cui testa fu esposta nell’angolo del suo palazzo a Piedigrotta a monito della punizione per quanti si ribellavano all’autorità regia.
La partecipazione alla repressione della rivolta gli guadagnò la carica di avvocato fiscale del tribunale del Real Patrimonio e, tre anni dopo, quella di giudice del Concistoro, di cui scrisse diffusamente Agostino Inveges negli Annali della felice città di Palermo del 1651, attribuendo a Villabianca un rango di primo piano nella scena politica del Regno. Di quella svolta militare della carriera di Villabianca scrisse anche il pronipote Francesco Maria Emanuele e Gaetani (1757), raccontando di come il colore scelto per le divise dal bisavolo – il verde, colore della dea Minerva – simboleggiasse la sua appartenenza al diritto e alle armi, ovvero alla nobiltà delle lettere e a quella di più antico statuto.
Per quanto, infatti, la nobiltà come gruppo sociale attraversasse profondi cambiamenti nella sua identità, a causa per un verso delle acquisizioni di titoli e beni feudali da parte di ceti emergenti in possesso di cospicue risorse materiali e, per l’altro, dell’affermarsi di una élite togata che intrecciava l’esercizio della professione al consolidamento della condizione nobile, rimaneva saldo il quadro di riferimento ideale a cui occorreva uniformare le rispettive strategie.
Nondimeno, dopo le vicende di metà secolo, l’attività giuridica del Villabianca diminuì di contro al suo rafforzamento nella nobiltà del Regno. Dal 1651 governatore della Compagnia di S. Maria della Candelora, detta della Carità, la seconda maggiore della città dopo quella dei Bianchi, fu insignito nel 1655 del titolo di marchese di Villabianca, con ampia giurisdizione civile e criminale, e la facoltà di fondare una nuova ‘terra’ baronale. Fu poi nominato nel 1657 governatore del Monte di pietà.
La sua morte avvenne il 29 luglio 1671 a Palermo, dove fu sepolto nella chiesa di S. Nicolò dei Bologni, all’interno della cappella di S. Maria delle Grazie, di patronato della sua famiglia.
Opere. Memorial en el hecho. Del pleyto feudal de la baronia de Bibino grande, que vino del Tribunal de la gran Corte del Reyno de Sicilia al Consejo supremo de Italia recognoscendi. Actora doña Maria de Alagon, muger que es al presente de don Vicencio de Alagon. Contra Paulo Abel, como posseedor de los feudos, ò marcados de Camolio, la mandra de al donna, monaster German, y la valle de la Fame. Y don Antonio Abel, como posseedor de los feudos, ò marcados de li communi de li fundi, y de san Iuan, y tercera parte del feudo de Santolio: y don Placido Abel, como posseedor del fuedo de la Bibia, todos miembros de la dicha baronia de Bibino grande. Sobre la reivendicacion de la dicha baronia, feudos y marcados susodichos, con la juridicion, y demas pertenencias, [Palermo 1631?]; Consultatio apologetica in causa Gisirae, seu Bruculae pro D. Catharina Gantes et S. Martino contra D. Didacum Royas castellanum Turris Bruculae, Messanae 1632; Animaduersiones, seu Responsiones D. Benedicti Emanuelis Panormitani pro D. Catherina Gantes & S. Martino ad orationes D. Marii Cutelli in causa Bruculae editas, in quibus Fisci iura enucleantur & defenduntur, Panormi 1633; Patrocinium pro illustriss. Senatu vrbis felicis Panormi d. Bernardo de Requesens domino de Palamos pretore, Andreae Alliatae, d. Mariano Algariae, Vincentio De Afflitto, d. Aloysio S. Stefano Lacerdae, d. Mariano Leofanti, d. Bernardo Chacon senatoribus, eiusque sindaco don Francisco Zummo contra procuratorem fiscalem Curiae Archiepiscopalis eiusdem. Spectabilibus don Benedicto Emanuel, et d. Antonino de Amato oratoribus, Panormi 1646; Allegationes in causa possessori summariissimi principatus et status Campi Franci pro illustri D. Stefano Riggio, et Campo, Panormi 1653; Por Dona Catalina de Gante y San Martin, senora del feudo de la Gisira en el Regno de Sicilia, y Vincencio Baldo, don Alfonso Ortis, y consortes con D. Diego de Roxas, Castellano de Castillo de la Brucula, cuyo derecho coadjuva el fiscal del patrimonio de aquel Reyno, s.n.t.; Allegationum et decisionum tribunalium volumina, non tradita.
Fonti e Bibl.: F. Mugnos, Teatro genologico delle famiglie nobili titolate feudatarie ed antiche nobili del fidelissimo Regno di Sicilia viuenti ed estinte..., I, Palermo 1647, pp. 336 s.; A. Collurafi, Le tumultuationi della plebe in Palermo, Palermo 1651, pp. 55, 120, 178; A. Inveges, Annali della felice citta di Palermo prima sedia, corona del re, e capo del Regno di Sicilia..., III, Palermo 1651, p. 69; A. Mongitore, Bibliotheca Sicula sive de scriptoribus Siculis..., I, Panormi 1707, p. 101; F.M. Emanuele e Gaetani, Della Sicilia nobile [...] Continuazione della parte seconda, nella quale si ha la storia del baronaggio di questo Regno di Sicilia..., Palermo 1757, pp. 521-525; G.E. Ortolani, Nuovo dizionario geografico, statistico, e biografico della Sicilia antica e moderna colle nuove divisioni in intendenze, Palermo 1827, p. 156; V. Palizzolo Gravina, Il blasone in Sicilia ossia Raccolta araldica, Palermo 1871-1875, p. 171; Diari della citta di Palermo dal secolo XVI al secolo XIX pubblicati sui manoscritti della Biblioteca comunale, a cura di G. Di Marzo, XXI, Palermo 1875, p. 344; B. Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d’Italia, IV, Napoli 1878, p. 69; Biblioteca storica e letteraria di Sicilia, a cura di G. Di Marzo, XXVI, Palermo 1879, pp. 229-231, 253 s.; Miscellanea, in Archivio storico siciliano, XXIII (1898), pp. 244 s.; Rivista del Collegio araldico, XXXIV (1936), pp. 267 s.; M. Papalia, Compagnie nobili della felicissima città di Palermo, Palermo 2017, p. 11.