Fioretti, Benedetto
Erudito (Mercatale, Pistoia, 1579-Firenze 1642). Ecclesiastico, dedicò la sua vita alle lettere e all'erudizione accumulando un'enorme quantità di materiale nei Proginnasmi poetici (1620-1639), che dai due volumi del 1620 passarono via via a cinque volumi.
E stata già indicata dalla critica la difficoltà di ricavare dall'immenso zibaldone erudito dei Proginnasmi un'opinione chiara e coerente del F. sull'opera di Dante. Si può dire tuttavia che, sostanzialmente, le sue riserve dipendono dalla concezione classicistica e aristocratica della letteratura che gli fa disprezzare la " locuzione " non classica di D., superiore a tutti i poeti greci latini toscani " nella novità del suggetto, nella moltiplicità delle dottrine, nell'eminenza dell'obietto ", ma che " nella virtù della locuzione può cedere in parte a qualche altro poeta " (Prog. V 52). D., insomma, non dà al gusto del F. " quella intera soddisfazione che la Urbanità Rettorica richiede " (II 4), specie nella " disorbitante e inusitata " imitazione del linguaggio. Ciò non impedisce al F. di stendere un dizionario delle voci e delle locuzioni familiari a D., quasi simbolo del suo avvicinarsi al poeta attraverso le vie della comprensione filologica, essendogli negate quelle della comprensione poetica.
Le riserve classicistiche rimangono, infatti, predominanti nel giudizio complessivo del F. su D., anche se egli difende il poeta dalle censure del Bulgarini o se mostra di apprezzarne, conforme a un orientamento generale del suo gusto, le " descrizioni energiache " come quella di Capaneo, che D. si studia di rappresentare " conforme a i suoi costumi bestiali " (Prog. III 77), o quella dei lamenti dei dannati uditi da D. alla porta dell'Inferno, ove " senti le pene dell'Inferno raccolte con orribile immagine in pochi versi " (Prog. II 51).
A questo gusto per l'‛ energia ', infine, oltre che a considerazioni retoriche quali " l'artifizio degli affetti " e " l'invenzione del sito vario e immaginabile ", è probabilmente dovuta la preferenza che il F. mostra per l'Inferno rispetto alle altre due cantiche, pur se con la riserva che l'ultima sovrasta " di locuzione poetica in sublimità e in leggiadria alle altre due " (Prog. IV 76).
Bibl. - U. Cosmo, Con D. attraverso il Seicento, Bari 1946, 32-37; C. Jannaco, Il Seicento, Milano 19662.