GAMBACORTA, Benedetto
, Benedetto. - Probabilmente il maggiore dei figli di Pietro che fu signore di Pisa, nacque in quella città nella prima metà del secolo XIV, forse all’inizio degli anni Quaranta, dato che ricoprì per la prima volta nel 1371 la carica di anziano, per la quale erano necessari i trent’anni d’età.
Dopo la caduta in disgrazia, nel maggio del 1355, dei Gambacorta, tre dei quali (Francesco, Lotto e Bartolomeo) erano stati decapitati per ordine dell’imperatore Carlo IV, mentre gli altri, tra cui il padre del G., Pietro, erano stati esiliati da Pisa, egli poté tornare in città - insieme con il padre, il fratello Andrea e lo zio Gherardo - soltanto il 24 febbr. 1369 allorché venne revocato il bando comminato nei loro confronti. Ancora piuttosto giovane all’epoca dell’instaurazione del governo di Pietro (1370), il G. gli fu comunque presto affiancato con precisi compiti istituzionali; il 18 febbr. 1374, a causa di una grave malattia del padre, fu infatti designato a sostituirlo temporaneamente da un gruppo di maggiorenti cittadini, capeggiati, a detta del cronista Ranieri Sardo (pp. 208 s.), da Simone da Sancasciano, e da Jacopo Appiani che, in qualità di «chanciellieri degli Anziani», si recarono in casa di Pietro Gambacorta e notificarono l’avvenuta elezione del G., che giurò poi davanti agli Anziani e al Consiglio cittadino.
Nella primavera del 1374 domò una rivolta scoppiata a Piombino, la Comunità più importante sottoposta alla giurisdizione pisana: ciò gli valse la conferma definitiva nell’ufficio di capitano vicario del padre, che il 16 aprile dello stesso anno lo creò cavaliere. Sempre Ranieri Sardo racconta che il 19 apro del 1378, in occasione dei festeggiamenti celebrati a Pisa per l’incoronazione di Urbano VI, il G. capeggiava una delle quattro brigate cittadine di armeggiatori insieme con lo zio paterno Gherardo.
Nella sua qualità di vicario, il G. svolse incarichi importanti e delicati negli anni critici del conflitto tra Firenze e Gian Galeazzo Visconti, nei confronti del quale Pietro Gambacorta tentò ripetutamente di fare opera di mediatore. Nell’ottobre del 1389 gli fu affidato il governo della città in occasione del viaggio del padre alla corte del Visconti, e nel dicembre dello stesso anno fu inviato a Pavia per convincere il duca di Milano a revocare i provvedimenti presi contro Fiorentini e Bolognesi. L’8 marzo 1390, quando si acuì il conflitto tra Firenze e Milano dopo l’effimero accordo raggiunto a Pisa nell’ottobre dell’anno precedente, si recò a Firenze e Milano, il G. si trovò ad assumere un ruolo di grande responsabilità; nell’estate del 1392, essendo il padre temporaneamente infermo, volle proseguirne l’opera di mediazione in Toscana, preparando le basi di un accordo tra Siena e Firenze e ottenendo la promessa che il governo di Siena avrebbe inviato delegati a Pisa per iniziare le trattative. Tuttavia, la situazione si era fatta troppo tesa perché da Pisa potesse venire una soluzione duratura del problema; anzi, indebolita nelle sue basi interne e osteggiata ormai apertamente, la politica del governo gambacortiano andò incontro al definitivo fallimento. Jacopo Appiani con il tacito favore del Visconti il 21 ott. 1392 si fece promotore di una sommossa contro il governo pisano; di essa Pietro, padre del G., fu tra le primissime vittime. Subito dopo l’uccisione del padre, il G. si dispose a difendere la città dalle brigate di Jacopo, sbarrando con grosse catene l’ingresso alla piazza degli Anziani.
Ferito da una lancia, fu catturato dagli uomini dell’ Appiani e, portato a casa di lui, vi morì il 9 nov. 1392; il giorno successivo fu sepolto nella tomba di famiglia nella chiesa di S. Francesco.
Del G., come peraltro dei fratelli Lorenzo e Andrea, sono attestati anche gli interessi letterari. L’umanista Giovanni Manzini della Motta gli dedicò nel 1388 un’opera in versi riguardante la sfortunata vicenda di Antonio Della Scala. A lui inoltre con espressioni di stima dedicò il proprio libro De civitate Christi anche il teologo parmense Giovanni Genesio della Quaglia, che aveva composto alcuni distici latini anche per il fratello Andrea. Coluccio Salutati intorno al 1395-96 scrisse a Jacopo Appiani per avere due manoscritti (contenenti l’uno - un codice elegante e pregiato diviso in due volumi - il De civitate Dei di Agostino, l’altro alcune epistole di Petrarca), che erano già appartenuti al Gambacorta.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Pisa, Comune A, 153, c. 8r; Arch. di Stato di Firenze, Signori, Carteggi, Missive, 22, cc. 35v, 41; G. Sercambi, Cronache, a cura di S. Bongi, I, in Fonti per la storia d’Italia [Medio Evo], XIX, Roma 1892, pp. 290-293; C. Salutati, Epistolario, a cura di F. Novali, il, ibid., XVI, ibid. 1893, pp. 203, 403 s.; III, ibid., XVII, ibid. 1896, p. 163; Regesti del R. Arch. di Stato in Lucca, II, Carteggio degli Anziani, a cura di L. Fumi, Lucca 1903, p. 286; Ranieri Sardo, Cronaca di Pisa, a cura di O. Banti, in Fonti per la storia d’Italia [Medio Evo], XCIX, Roma 1963, pp. 254-260; P. Lazzeri, Miscellaneorum ex manuscriptis libris Bibliothecae Collegii Romani Societatis Iesu, I, Romae 1754, pp. 124 s., 129; P. Silva, Il governo di Pietro Gambacorta in Pisa e le sue relazioni col resto della Toscana e coi Visconti, Pisa 1910, pp. 90 s., 157 s., 283 s.; D.M. Bueno de Mesquita, Giangaleazzo Visconti duke of Milan (1351-1402), Cambridge 1941, pp 108-111; Storia di Milano, VI, Milano 1955, p. 549; G. Mazzantini, Inventari dei manoscritti delle biblioteche d’Italia, IV, p. 52; M.E. Cosenza, Biographical and bibliographical Dictionary oJ the Italian humanists ..., II, pp. 1537 s.