GUIDALOTTI, Benedetto
Figlio di Simone di Ceccolo, originario di Perugia dove la famiglia risiedeva sin dal XIII secolo nel rione di Porta S. Pietro, nacque nella seconda metà del Trecento.
I Guidalotti, appartenenti al popolo grasso, gruppo sociale che si identificava per la sua ricchezza - ma non sempre per le scelte politiche - con le famiglie più antiche dell'aristocrazia consolare e della nobiltà feudale, contava fra i suoi ranghi numerosi dottori in diritto. Nel 1381 Francesco Guidalotti, primo della famiglia a occupare una carica ecclesiastica, fu nominato abate di S. Pietro a Perugia. Alcuni anni dopo, divenuta ormai fedele al partito pontificio in una città signoreggiata da Biordo Michelotti, la famiglia si avvicinò a Bonifacio IX dal quale sperava di ottenere il cappello cardinalizio per Francesco. Ma il 10 marzo 1398 Biordo Michelotti fu ucciso nel corso di una visita dell'abate di S. Pietro in compagnia di un gruppo di fratelli e amici; fu sgozzato, si dice, da Annibaldo, altro fratello del Guidalotti. La violenta reazione di Perugia costò la vita al padre dei cospiratori, Simone, e la famiglia dovette fuggire da Perugia dove le sue case furono incendiate. Bonifacio IX tuttavia continuò negli anni successivi a dimostrare il suo favore nei confronti dei Guidalotti: nel 1400, dopo la morte di Francesco, Annibaldo figurava tra i familiari del papa, che gli affidava i resti del defunto.
Proprio intorno al 1400 il G., il cui nome però non è mai citato espressamente, dovette entrare a far parte della Camera apostolica. Della sua vita precedente si sa molto poco: avrebbe compiuto i suoi studi a Padova e soggiornato verso il 1389 a Perugia, dove avrebbe insegnato e si sarebbe legato con il giovane Oddone Colonna, più tardi papa con il nome di Martino V.
La prima menzione del G. quale appartenente alla Camera apostolica è del 16 genn. 1416: a questa data si trovava a Costanza come chierico al seguito di Giovanni XXIII e sottoscrisse, come procuratore del vescovo di Recanati Angelo Baglioni, le ratifiche della capitolazione detta "di Narbona" che regolava le condizioni dell'allineamento al concilio della maggior parte degli aderenti all'obbedienza del papa Benedetto XIII. Sia il G. sia il vescovo di Recanati erano originari di Perugia e le loro famiglie erano in quel periodo escluse dal governo cittadino: già vicario generale, nel 1398, del patriarca di Aquileia Antonio Panciera, il Baglioni fu poi creato cardinale nel 1411 da Giovanni XXIII. Il G. fu sicuramente vicino al Baglioni, poiché l'unico beneficio ecclesiastico di cui si abbia notizia prima della sua elevazione all'episcopato è il priorato della chiesa di S. Stefano fuori le Mura di Aquileia. Non si ha notizia di missioni particolari del G. nel corso del concilio, mentre operava sotto l'autorità del camerlengo François de Conzié. Soltanto con l'avvento, nel 1417, di Oddone Colonna al trono pontificio e con il ritorno della Curia romana in Italia il suo ruolo divenne più importante.
Nell'agosto del 1418, a Ginevra, il tesoriere della Camera apostolica Francesco Novello, che si recava in pellegrinaggio a S. Antonio di Vienne, delegò al G., benché assente, i suoi poteri. Questa sostituzione era approvata, anche se non decisa, dal vicecamerlengo Louis Aleman. Nel corso degli anni successivi il G. si trovava regolarmente a fianco del vicecamerlengo, ruolo che non escludeva l'esercizio di altre cariche lucrative, come quella di taxator litterarum apostolicarum. Nel dicembre 1423 la nomina di Louis Aleman alla guida dell'arcivescovado di Arles e la sua partenza per assumere il governo di Bologna lasciavano vacante l'incarico di vicecamerlengo: Martino V poté finalmente nominare liberamente il successore e la sua scelta cadde sul Guidalotti. Da questo momento, anche se François de Conzié conservava nominalmente il titolo di camerlengo, il G. fu al vertice dell'amministrazione centrale della Camera apostolica, occupando questa carica in modo stabile per quattro anni.
In quegli anni il G. raggiunse l'apice della sua carriera: nel maggio 1427 Martino V lo nominò vescovo di Valva e Sulmona, diocesi che abbandonò poco dopo per il vescovado di Teramo; quattordici mesi dopo anche questa sede fu lasciata per quella di Recanati. Non si trova alcun motivo soddisfacente per spiegare questo rapido succedersi di sedi episcopali: le rendite erano modeste (170 fiorini per Sulmona, 300 per Teramo e 150 per Recanati) e la Camera apostolica non poteva affatto sperare di arricchirsi con il pagamento delle obbligazioni. D'altra parte, il G. non sembra avere avuto rapporti particolari con il Regno di Napoli, dove si trovavano i suoi due primi vescovadi. Questo continuo cambiamento di sedi non sembra abbia del resto ostacolato la sua attività, almeno in un primo tempo. Tuttavia, il 6 apr. 1428 Martino V lo sostituì nella carica di vicecamerlengo con uno dei suoi conterranei di Genazzano, Oddone Poggio de Varris, già tesoriere e prossimo del pontefice, destinato alla morte di quest'ultimo a essere malmenato dalla folla e imprigionato a Castel Sant'Angelo. Il G., tuttavia, non fu del tutto escluso dalla Camera apostolica, poiché la nomina del successore valeva in realtà soltanto durante la sua assenza. Infatti esistono alcuni documenti successivi a tale data in cui il G. porta ancora il titolo di vicecamerlengo: la nomina di Oddone, come precisava la bolla, era dovuta alla salute cagionevole del G. che doveva curarsi fuori Roma.
In questo periodo il G. poté nuovamente pensare di intervenire nelle vicende di Perugia. In seguito alla morte di Braccio da Montone (1424) e al ritorno di Perugia nelle mani del pontefice, il G. aveva convinto Martino V a inviarvi suo fratello Annibaldo. L'iniziativa aveva suscitato scarso entusiasmo presso i Perugini, anche se i rapporti del G. con le autorità comunali erano eccellenti. Nel 1426 ricevette dal Comune di Perugia un sontuoso regalo, che negli annali di Perugia viene giustificato in quanto il G. "quotidie operatur totis suis viribus cum Sanctitate Sua occasione occurentium Comuni, hominibus et singularibus personis civitatis Perusinae" (Bini, p. 425).
Lo stesso anno iniziò a realizzare il progetto di un collegio dedicato a S. Girolamo e destinato ad accogliere, in Perugia, studenti di diritto. Per distinguerlo da un'analoga fondazione già esistente, il nuovo collegio fu designato in seguito con il nome di Sapienza nuova. Il G. ne scelse la collocazione nel 1426, lasciandovi i suoi beni, tra i quali la sua biblioteca che comprendeva trentatré libri di diritto - per lo più commentatori contemporanei -, noti attraverso un breve inventario compilato dopo la sua morte.
Il G. morì a Perugia il 18 ag. 1429 senza avere potuto portare a compimento la fondazione del collegio, terminata da un suo vecchio collega, il cardinale Antonio Casini, che ottenne nel 1430 l'erezione ufficiale della fondazione con una bolla di Martino V.
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