MICHELI, Benedetto. – N
acque a Roma il 29 ott. 1699 da Pietro e da Caterina Ferrari.
Il padre proveniva da Barcelonette, nella Contea di Nizza, dominio sabaudo; si era trasferito a Roma verso il 1690, esercitandovi l’attività di scrivano. La madre era nata a Roma da una famiglia proveniente dalla Lunigiana. Sul M. ebbe una importante influenza il fratello Giuseppe (1698-1773), la cui attività di oboista è documentata fino al 1755 come primo oboe nei teatri Capranica e Alibert e in numerosi concerti.
Dal profilo autobiografico che il M. pose nella prefazione al poema La libbertà romana si ricava che all’età di otto anni fu avviato alla pittura «sotto eccellenti maestri», ma la abbandonò verso il 1715 per dedicarsi alla musica. Come oboista fu attivo per quasi trent’anni, sempre suonando come «secondo» al fianco del fratello; prese inoltre pratica all’organo e al cembalo e si diede con successo alla composizione. Come di consueto per gli oboisti dell’epoca, suonava anche il flauto e come flautista si esibì in una cantata da lui stesso composta nel 1733 per il concorso dell’Accademia di S. Luca. Nulla si sa dei suoi studi di composizione, ma resta l’iscrizione alla Congregazione dei musici di S. Cecilia nella categoria degli organisti (1740), in seguito alla quale ottenne la qualifica di maestro di cappella, mantenuta fino alla morte.
La sua affermazione come compositore fu rapida. La prima composizione nota, una cantata in onore dell’imperatrice Elisabetta Cristina di Brunswick fatta eseguire nel 1722 dal cardinale Á. Cienfuegos, plenipotenziario imperiale presso la S. Sede, fu lodatissima: secondo il Diario ordinario di Roma la musica fu molto gradita e l’eco del successo risuonò in Europa. Della fama del M. come compositore di musica strumentale resta una traccia importante nella Histoire de la musique di P. Bourdelot e P. Bonnet, dove a proposito di sonate e sinfonie il nome del M. è accostato a quelli di A. Corelli e di T. Albinoni.
Oltre alla presenza di un poeta famoso (S. Stampiglia) come autore del testo, nell’occasione giovò al M. l’aver adottato per l’orchestra un organico non ancora consueto, con l’aggiunta di una coppia di corni a quella degli oboi, agli archi e al basso continuo, formazione destinata a stabile fortuna nel corso del secolo.
Per Cienfuegos il M. compose altre cantate fino al 1728; intanto il principe F.M. Ruspoli gli affidò la composizione del dramma Oreste, rappresentato nel teatro Capranica (1723). Per quest’opera il M. scrisse anche gli intermezzi comici; per la stagione 1724 dello stesso teatro compose il primo atto e gli intermezzi del Tigrane, a fianco di A. Vivaldi, che compose il secondo atto. Per Ruspoli scrisse anche l’oratorio S. Contardo (1725).
Intanto, nel novembre 1724 si era sposato con una romana d’origine francese, Margherita Duclé (1707-85), dalla quale ebbe molti figli. Nel 1729 dovette intervenire una rottura con il cardinale Cienfuegos, che da allora si rivolse ad altri compositori. Il M. rimase tuttavia rinomato per le cantate da concerto e nel 1731 fu incaricato da Clemente XII di comporre quella per la notte di Natale: anche questa volta l’orchestra comprendeva due corni, i cui esecutori, due fratelli boemi, ricevettero una medaglia d’oro dal papa. Tramite dell’incarico al M. era stato il maggiordomo pontificio T. Acquaviva d’Aragona, il quale, divenuto cardinale nel 1732 e nel 1735 rappresentante diplomatico dei Regni di Spagna e di Napoli presso la S. Sede, fu il nuovo patrono del Micheli. Il rapporto durò forse fino alla morte del cardinale (1747).
Dal 1736 l’attività teatrale del M. divenne intensa, con intermezzi per i teatri Valle e Argentina che riscossero grande successo. L’esordio, nel 1736, avvenne con un personaggio tipico della tradizione teatrale romana: Don Pasquale conte de’ Mammalucchi e la contessa Sciacquapanni. A volte il M. scrisse la musica su libretto altrui, a volte il solo libretto per altri compositori, a volte sia la musica sia il libretto. Tra i vivaci spunti realistici che egli inserì vanno segnalate scene con pittori o in studi di pittura, frutto delle sue esperienze giovanili. Tale attività durò fino al 1748. Un genere di maggiori dimensioni gli si offrì nel 1738, quando nel teatro Valle si programmarono «drammi giocosi per musica», con soggetti fortemente satirici. L’attività del M. come librettista e come compositore proseguì con successo negli anni Quaranta del secolo; stretto appare il legame con A. Valle, gestore dell’omonimo teatro.
Come poeta teatrale il M. entrò a far parte del mondo letterario romano e fu amico di molti membri di accademie, lui stesso fu tra gli Infecondi come maestro di cappella. Proprio degli Infecondi era stato segretario G. Berneri, il più grande poeta romanesco del Seicento, e soggetti d’ambientazione popolare romana erano rimasti vivi in quel sodalizio, in particolare nel marchigiano G.G. Barlocci, segretario del principe Ruspoli. Di Barlocci il M. mise in musica gli intermezzi dell’Oreste, sua prima esperienza in quel genere.
Con il 1748 la carriera teatrale del M. subì una brusca interruzione. In quell’anno si ridusse a un intermezzo rappresentato in una piccola sala popolare: questa fu la sua ultima composizione musicale. Nel profilo autobiografico egli scrisse che fu colpito da «due gran sinistri», aggiungendo «senza mia colpa», espressione che rende improbabile una malattia. Questi «sinistri» lasciano pensare a un ostracismo deciso ad alto livello, forse come reazione a spettacoli troppo satirici nei confronti di personaggi di spicco.
Caduto in «ippocondriaca fissazione», trovò rimedio nel comporre sonetti in idioma romanesco, firmandoli con lo pseudonimo di Jachella della Lenzara. Questo canzoniere, rimasto inedito fino al 1889, ha suscitato negli ultimi decenni un interesse crescente, in particolare per la vivezza e ricchezza dell’idioma.
Nella prima parte, di soggetto amoroso, è stata ravvisata «una caricatura saporitissima dell’Arcadia e dei suoi modi poetici» (Dell’Arco, p.41), mentre la seconda presenta personaggi dell’antica Roma. In seguito, il M. si dedicò a un poema eroicomico sulla Libbertà romana, che lo «distraesse affatto da ogni patetico pensamento» (prefazione). Artista di spiriti moderni, subiti i «gran sinistri» che gli tolsero il favore e le committenze del mondo istituzionale e aristocratico, scese in polemica con quel mondo celebrando lo spirito fiero e la ripulsa d’ogni giogo tirannico degli antichi Quiriti, ai quali, secondo le sue stesse parole introduttive, sentiva di rassomigliare in un «superbo e disordinato Amor di Libertà». Al genere del poema eroicomico in ottave lo spinsero gli esempi del capolavoro romanesco di G. Berneri, il Meo Patacca, e del Ricciardetto di monsignor N. Forteguerri, che nel 1734 aveva rifondato l’Accademia degli Infecondi. La Libbertà romana prende lo spunto dall’assedio di Porsenna per delineare una galleria di eroi e di ambienti popolari. Malgrado una certa sciatteria il testo risulta interessante per il possibile influsso del rilancio degli studi liviani dell’epoca e delle prime ricerche di etruscologia, così come per i soggetti sull’antica Repubblica romana, prediletti da P. Metastasio e dai suoi seguaci nel melodramma del tempo.
Venuti meno i guadagni dell’attività teatrale e musicale, il M. ricorse come «povero e bisognoso» alla Congregazione dei musici di Roma, che disponeva di lasciti per sovvenire i membri indigenti, ricevendone sussidi dal 1749 sino alla morte. Dopo aver abitato in via di Tor di Nona, almeno dal 1750 visse con la famiglia nella parrocchia di S. Giovanni dei Fiorentini (vicolo dell’Oro). Mentre i figli maschi gli premorirono, tramite le nozze di Teresa (1776) egli s’imparentò con il compositore Rinaldo Di Capua. Prima ancora la figlia prediletta Antonia aveva sposato il curiale A. Sterbini da Ferentino (1773) e il M. andò a vivere presso di loro, in via di Panico.
Gravemente infermo dalla primavera del 1783, il M. morì a Roma il 5 nov. 1784 e fu sepolto nella sua chiesa parrocchiale di S. Celso.
Agli Sterbini restarono i suoi manoscritti poetici e musicali, che finirono nelle mani del nipote Cesare Sterbini, futuro librettista del Barbiere di Siviglia di G. Rossini. Durante il suo soggiorno a Roma (1794-1803), Karl Ludwig Fernow, un letterato tedesco di moderni interessi filologici, acquistò da Sterbini numerosi manoscritti del M., tra i quali quelli contenenti i sonetti e il poema. Fernow fu il primo a parlarne, in toni fortemente elogiativi, ricordando il M. come colui che aveva introdotto i personaggi romaneschi nel teatro musicale. In Italia l’interesse critico sul M. si destò dopo il 1870, sulla scia degli studi su G.G. Belli; una nuova fase di studi si è avviata negli ultimi decenni.
Composizioni eseguite a Roma: Componimento per l’onomastico dell’imperatrice Elisabetta Cristina (libretto di S. Stampiglia, 1722); L’Oreste, dramma per musica (libretto di G.G. Barlocci, teatro Capranica, 1723), intermezzi del M.; Componimento per l’onomastico dell’imperatrice (libretto di D. Fiorilli, 1723); primo atto e intermezzi del dramma La virtù trionfante dell’amore e dell’odio overo Il Tigrane (II atto di A. Vivaldi, III di N. Romaldi, libretto di A.M. Lucchini, teatro Capranica, 1724); Componimento per l’onomastico dell’imperatrice (libretto di D.O. Petrosellini, 1724); S. Contardo, oratorio (libretto di ignoto, 1725); Componimento per l’onomastico dell’imperatrice (libretto di ignoto, 1725); Componimento (libretto di G.B. Pontici, 1726); Componimento per libretto di G.B. Pontici (1727); Componimento poetico per il marchese E. de’ Cavalieri (libretto di D.O. Petrosellini, 1727); Componimento per l’onomastico dell’imperatrice (libretto di G.B. Pontici, 1728); Cantata per la notte di Natale (libretto di B. Bucci, 1731); sinfonia per il concorso di belle arti (1732); Componimento per musica per il principe S. Santacroce (libretto di ignoto, 1734); Per la promozione al cardinalato del sereniss. reale infante di Spagna don Luigi, cantata (libretto di B. Bucci, 1735); Don Pasquale conte de’ Mammalucchi e la contessa Sciacquapanni (libretto di ignoto, teatro Valle, 1736), intermezzi del M.; Sambuco e Pimpinella, intermezzi (libretto di ignoto, teatro Valle, 1736); Don Frullone marchese di Lupino, intermezzi (libretto del M., teatro Argentina, 1737); Componimento per musica per il concorso di belle arti (libretto di F. Lorenzini, 1739); Componimento per musica per i Colonna di Sciarra (libretto di ignoto, 1739); arie per la farsetta Il marchese di Spartivento ovvero Il cabalista ne sa men del caso (altra musica di P. Auletta, libretto del M., teatro Valle, 1743); La gelosia non giova, intermezzi (libretto probabilmente del M., teatrino dei Granari, 1748). La maggior parte della musica delle citate composizioni è perduta; restano arie e sinfonie in biblioteche italiane (Roma, Biblioteca Casanatense), tedesche (Schwerin, Landesbibliothek Mecklenburg-Vorpommern), belghe (Bruxelles, Bibliothèque du Conservatoire royal), inglesi (Londra, British Library) e spagnole (Barcellona, Biblioteca de Catalunya); manca tuttora un catalogo, reso difficile dall’incertezza di molte possibili attribuzioni.
Opere letterarie. I Sonetti romaneschi sono editi a cura di E. Celani (Roma 1889) e, in edizione critica, da C. Costa (Povesie in lengua romanesca, Roma 1999). Il poema eroicomico La libbertà romana acquistata e defesa è edito da R. Incarbone Giornetti (ibid. 1991). Dei numerosi libretti scritti dal M., tutti editi senza il nome dell’autore, resta incerta l’attribuzione. I più probabili sono i citati intermezzi del Don Frullone marchese di Lupino (con un «servitore a spasso» che cantava in romanesco), Il marchese di Spartivento, La gelosia non giova; inoltre due intermezzi d’ignoto titolo per il teatro Valle (carnevale 1737), gli Intermezzi a tre voci (teatro Valle, autunno 1737, musica di G. Latilla), Polipodio e Rucchetta (teatro Argentina, carnevale 1738, musica di G. Latilla), La finta cameriera (rappresentata anche come La serva padrona, teatro Valle, carnevale 1738, musica di G. Latilla), Le nozze di don Trifone (teatro Argentina, carnevale 1743, musica di Rinaldo di Capua), La finta tartara (teatro Valle, carnevale 1747, musica di N. Conforti).
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio storico del Vicariato, Parrocchia di S. Maria sopra Minerva, Stato delle anime, anno 1733; Parrocchia di S. Giovanni dei Fiorentini, Stati delle anime, anni 1760-62; Libro dei battesimi, VIII (14 ott. 1750); Parrocchia di S. Celso, Libro dei matrimoni, X (8 sett. 1773, 7 genn. 1776); Libro dei morti, XI (5 nov. 1784, 31 luglio 1785); P. Bourdelot - P. Bonnet, Histoire de la musique et des ses effects, Amsterdam 1725, p. 297; Diario ordinario di Roma, 21 nov. 1722, 29 dic. 1731, 4 maggio 1733; Gli eccelsi pregj delle belle arti …, Roma 1733; J.-B.-F. de La Borde, Essai sur la musique ancienne et moderne, III, Paris 1780, p. 204; K.L. Fernow, Römische Studien, III, Zürich 1808, pp. 301, 496, 540; E. Narducci, Di B. M. poeta, musico e pittore romano del secolo XVIII, e di un suo poema inedito in dialetto romanesco intitolato «La Libbertà romana», Roma 1878; D. Gnoli, G.G. Belli e i suoi scritti inediti, Firenze 1878, pp. 41s.; G. Amati, Bibliografia romana, Roma 1880, p. 166; A.G. Bragaglia, Storia del teatro popolare romano, Roma 1958, pp. 216, 315-318, 503; O. Moroni, Il canzoniere amoroso di B. M., in Atti e memorie dell’Arcadia, s. 3, V (1972), pp. 285-314; G. Rostirolla, Maestri di cappella, organisti, cantanti e strumentisti attivi in Roma nella metà Settecento. Da un manoscritto dell’Accademia nazionale di S. Cecilia, in Note d’archivio per la storia musicale, n.s., II (1984), p. 253; E. Careri, Catalogo dei manoscritti musicali dell’Archivio generale delle Scuole pie a S. Pantaleo, Roma 1987, pp. 89, 93; O. Moroni, Il Parnaso in negativo: il «Canzoniere amoroso» di B. M., in Il romanesco ieri e oggi, a cura di T. De Mauro, Roma 1989, pp. 83-114; M. Teodonio, «La libbertà romana acquistata e defesa. Povema eroicomico» di B. M., in Strenna dei romanisti, LIII (1992), pp. 619-632; S. La Via, Il cardinale Ottoboni e la musica: nuovi documenti …, in Intorno a Locatelli. Studi in occasione del tricentenario della nascita di Pietro Antonio Locatelli (1695-1764), a cura di A. Dunning, Lucca 1995, ad ind.; A. Pavanello, Locatelli e il cardinal Camillo Cybo, ibid., p. 787; S. Franchi, Drammaturgia romana, II, 1701-1750, Roma 1997, ad ind.; M. dell’Arco, B. M., musico e poeta romanesco, in Il Belli, n.s., II (1999), pp. 37-41; J.A. Rice, The Roman intermezzo and Sacchini’s «La contadina in corte», in Cambridge Opera Journal, XII (2000), pp. 91-207; R. Incarbone Giornetti, Testi dialettali sconosciuti e inediti di Iachella de la Lenzara e un sonetto del cardinale Neri Corsini, in Il Belli, n.s., III (2000); Id., B. M. e Carl Ludwig Fernow, in Studi romani, XLIX (2001), pp. 326-358; S. Franchi, Il principe Ruspoli: l’oratorio in Arcadia, in Percorsi dell’oratorio romano, Roma 2002, ad ind.; Id., Il nonno di Sterbini. Appunti per una biografia di B. M., musicista e librettista romano, in Bollettino del Centro rossiniano di studi, XLIII (2003), pp. 89-100; L. Lorenzetti, B. M. e il «Misogallo romano», in Contributi di filologia dell’Italia mediana, XVIII (2004), pp. 83-93; M. Teodonio, La letteratura romanesca, Roma 2004, ad ind.; E. Satta, Concordanze della poesia di B. M. e di altri romaneschi del Settecento, Roma 2008; C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, Indici, I, p. 417; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, App., p. 537; The New Grove Dict. of music and musicians, XVI, pp. 596 s.
S. Franchi