SORANZO, Benedetto
SORANZO, Benedetto. – Nacque a Venezia, probabilmente nel quarto decennio del XIV secolo, da Fantino di Marco della parrocchia di S. Samuel, donde poi si sarebbe trasferito in quella di S. Giovanni Novo.
La famiglia esercitava il commercio a Costantinopoli e in Oriente ed è probabile che Soranzo vi abbia dedicato gli anni della giovinezza; la prima testimonianza in proposito risale al 14 settembre 1361, quando a Famagosta (Cipro) acquistò da Eliono Spinola una schiava tartara. Ancora a Famagosta qualche mese dopo (27 febbraio 1362) elargiva prestiti superiori ai mille ducati, e nel marzo-aprile dello stesso anno il suo nome compare in diversi atti notarili.
A Venezia intraprese la carriera politica, sia pure inizialmente con discontinuità, a partire dal 20 dicembre 1366, quando fu eletto giudice dell’Esaminador, magistratura competente a valutare le cause civili relative a eredità, ma qualche mese dopo (gennaio del 1367) entrò a far parte della Quarantia. Seguirono due anni di assenza dalla politica, dopo di che Soranzo ricomparve al livello delle cariche senatorie e il 1° ottobre 1370 entrò nel novero dei savi agli Ordini, ossia dei cinque incaricati di provvedere alla navigazione militare e mercantile. Ancora savio agli Ordini dall’ottobre del 1373 al settembre del 1374, quindi una nuova lunga latitanza dalle sale del palazzo ducale; scoppiata la guerra di Chioggia, che vide Venezia sul punto di soccombere ai genovesi, nel 1379 risultava allibrato per lire 1600 nell’estimo urbano, la qual cosa lo collocava nella classe dei cittadini abbienti.
Che fosse abile mercante, ed esperto nei settori dell’economia e della finanza, lo conferma l’elezione a una serie di cariche specifiche nel corso di quella che fu probabilmente la più grave congiuntura finanziaria del Comune veneziano: il 1° aprile 1380 venne eletto savio sopra l’importazione dell’Argento, poi (5 marzo 1381) sopra gli Imprestidi; quindi (2 maggio 1382) sopra i Metalli preziosi, in seguito (16 agosto 1383) sulla riduzione dei debiti delle camere del Frumento e degli Imprestidi; fu poi sopra il Rame (super factis rami), il 26 luglio 1384; ufficiale alla Tavola dell’Entrada (17 novembre dello stesso anno); savio alla circolazione del Denaro (9 maggio 1385). Frammezzo a tali incombenze fu anche eletto savio alla Guerra (5 novembre 1380) e provveditore alle Biade (3 aprile 1381); quindi, il 10 giugno 1382, fu dei quarantuno elettori del doge Michele Morosini e, per molti anni, senatore a partire dall’ottobre del 1382.
Non fu lui a essere eletto capitano a Grisignana (Istria) il 23 aprile 1385, ma un omonimo, figlio di Giovanni di Pietro; mentre il 17 agosto dello stesso anno Soranzo fu chiamato a far parte di una commissione senatoria incaricata di predisporre l’annessione di Corfù, verificatasi il mese successivo. Ancora, fece parte della Zonta del Senato negli anni 1385-87 e fu savio del Consiglio dall’ottobre del 1388 al settembre del 1389.
Era dunque savio del Consiglio quando, il 15 novembre 1388, fu multato con 200 ducati per non essersi presentato nel tempo prescritto a ricevere la nomina di avogador di Comun; Soranzo addusse a sua scusante l’assenza dalla città (existens tunc extra Venecias cum familia sua, Venezia, Archivio di Stato, Maggior Consiglio Deliberazioni, reg. 21, c. 26v), e così qualche giorno dopo (26 novembre) venne eletto tra i sindaci incaricati di esaminare gli atti giudiziari pendenti nella Marca trevigiana, dopo di che il 14 dicembre, assieme a Michele Contarini e Nicolò Zen, ricevette come procuratore del doge il giuramento di fedeltà di Treviso allora tornata sotto il dominio veneziano.
La sua carriera continuò negli anni successivi, alternando sempre più spesso gli incarichi diplomatici e politici in Italia con quelli marittimi o cittadini. Il 24 marzo 1390 fu eletto ambasciatore presso il Comune di Firenze, a causa dei contrasti che opponevano la città a Milano; al termine della breve missione divenne savio del Consiglio da aprile a settembre e in questa veste, il 26 settembre, rappresentò il doge nelle trattative per organizzare il trasporto in Grecia delle truppe guidate da Amedeo di Savoia; fu poi ininterrottamente savio del Consiglio dall’ottobre del 1390 al settembre del 1393, sommando alla carica ulteriori incombenze, per cui il 31 agosto 1391 venne eletto savio ai Rami, il 26 settembre sopra i porti della laguna e il 27 ottobre dello stesso anno sullo scavo dei canali.
Il 24 febbraio 1392 gli fu affidata una nuova missione diplomatica, stavolta presso il patriarca di Aquileia; e a un’altra ancora venne chiamato il 18 luglio 1393, assieme al futuro doge Nicolò Steno.
Sede della legazione era Ferrara, dov’erano imminenti la morte del marchese Alberto e la successione del figlio Nicolò III. Oltre a essere illegittimo, l’estense aveva solo dieci anni; si trattava quindi di prevenire le minacce di altri esponenti della casata e far fronte alle insidie dei feudatari appoggiati dai Visconti e dai Carraresi.
La missione ebbe successo; tuttavia la giovane età dell’estense non mancò di fomentare nuove minacce, per cui il 3 ottobre 1395 Soranzo venne nuovamente inviato a Ferrara al fine di sventare la cessione di Modena ai Visconti e la legazione si ripetè nel maggio del 1396, dato il perdurare di un’intricata situazione, alimentata dai contrasti che opponevano Ferrara a Bologna.
Nuovamente savio del Consiglio dall’aprile del 1394 al marzo del 1395 e dall’ottobre di quest’anno al settembre del 1396, fu anche sindico a Rovigo (eletto il 26 marzo 1395), savio sopra il Rame (6 ottobre 1396) e tre giorni dopo (9 ottobre) venne eletto ambasciatore al Visconti, per rallegrarsi del conseguimento del titolo ducale. Qualche giorno dopo (24 ottobre) era eletto procuratore di S. Marco de Ultra, a conferma del prestigio che riscuoteva presso i concittadini. Nonostante ai procuratori solitamente non fossero affidati incarichi fuori della città, all’inizio del 1397 Soranzo venne nominato capitano in Golfo. Nei Balcani c’era stata la sconfitta patita da Sigismondo a Nicopoli il 25 settembre 1396 ed era necessario venire a patti con il vincitore Bayazid; il 7 aprile 1397 Soranzo ricevette le commissioni, che gli prescrivevano di recarsi a Costantinopoli e di ostacolare eventuali accordi dei genovesi di Pera con il sultano. Per quanto riguardava accordi diretti con i turchi, avrebbe dovuto stipulare un patto alquanto singolare, ossia che la pace riguardasse solo i rispettivi domini terrestri, mentre le ostilità sarebbero continuate per mare, dove i veneziani godevano di un indiscusso predominio. Tuttavia non ci sono documenti comprovanti che la missione abbia effettivamente avuto luogo: certo non ci fu alcun accordo con i turchi e l’anno successivo (28 marzo 1398) Soranzo era nuovamente eletto savio del Consiglio sino a tutto settembre, nella qual carica venne confermato l’anno seguente e poi ininterrottamente dall’ottobre del 1401 sino alla morte, avvenuta tre anni dopo; in tale veste fece parte di varie commissioni in rappresentanza del doge a palazzo ducale.
Il 10 febbraio 1400 il Senato deliberava l’invio di un ambasciatore al nuovo re d’Inghilterra, Enrico IV, uscito vincitore dalla lotta con Riccardo II; il 1° agosto Soranzo, reduce dalla missione, nel corso della quale aveva ottenuto la conferma delle prerogative delle quali godevano i mercanti veneziani, ricevette a Padova l’ordine di presentarsi al più presto in Senato a riferire. Qualche mese dopo, il 26 novembre, fece parte dei quarantuno elettori del doge Michele Steno e il 20 aprile 1402 fu eletto ambasciatore a Ferrara presso Niccolò III, onde distoglierlo dall’alleanza con Gian Galeazzo Visconti, ma rifiutò accusando malferma salute. Analogo incarico gli venne affidato due anni dopo, questa volta per scongiurare l’alleanza dell’estense con il signore di Padova; dopo di che morì improvvisamente il 6 novembre 1404.
Nel testamento, steso il 13 giugno dello stesso anno, ricordava la moglie Tommasina, i cinque generi e lasciava unico suo erede il figlio Marco al raggiungimento della maggiore età. Grande mercante, grande politico, forse Soranzo fu meno fortunato come padre: nell’atto notarile, infatti, non viene nominato l’altro figlio maschio, Antonio, che esercitava la mercatura in Levante e sarebbe stato il continuatore della casata.
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