Varchi, Benedetto
Letterato fiorentino (1503-1565), fra i più autorevoli dell'età sua. Nella storia degli studi danteschi l'influsso che egli ebbe su altri, intorno a sé e dopo, importa più che non i suoi contributi. Questi sono rappresentati da lezioni, solo in parte pubblicate durante la sua vita, su Pg XVII e XXV, Pd I II e XXII; da occasionali commenti e giudizi in altre sue opere, specie in quelle pubblicate postume, come le lezioni sulla Poetica e il dialogo Ercolano; finalmente dalla parte che anch'egli ebbe nell'avviare quella ricerca filologica sul testo e la tradizione manoscritta della Commedia che nel 1595, trent'anni dopo la sua morte, si concluse con l'edizione dell'Accademia fiorentina. In quest'Accademia e in genere nell'attività letteraria di Firenze il V. ebbe, dal 1543 innanzi, una parte di primo piano.
Benché a Firenze fosse nato e cresciuto, senza però la possibilità di emergere dall'ombra delle sue origini modeste e provinciali, decisivo per la sua formazione letteraria era stato il periodo trascorso a servizio degli esuli Strozzi fra Venezia e Padova, nell'area dove incontrastato era il predominio del Bembo e della sua scuola. Tornato a Firenze nel momento in cui ivi era più aspra la reazione polemica contro il Bembo, sia per la questione della lingua sia anche e proprio per il giudizio su D., il V. riuscì a mantenere per sé e a diffondere intorno a sé un atteggiamento conciliante, inteso a evitare una rottura municipalistica della cultura fiorentina da quella ormai prevalente in tutta Italia e a far sì che invece Firenze si arricchisse dei ritrovati altrui. Questo atteggiamento importava una ripresa di quello studio dell'antica lingua, documentata dai testi del Due e Trecento, che il Bembo aveva illustrato nelle sue Prose, e che a Firenze era stato trascurato o comunque subordinato alla fiducia nella spontaneità e continuità della tradizione linguistica locale. Anche importava una ripresa di quell'indirizzo filosofico e retorico nell'uso letterario della nuova lingua, che intorno al 1540 si era affermato a Padova, nell'Accademia degl'Infiammati, presente e collaborante lo stesso Varchi.
Si spiega che su questa, piuttosto che sull'altra ripresa, facesse leva il V., e che a tale scopo si servisse del testo di D., sviluppando il commento in dissertazioni filosofiche e scientifiche abnormi e a prima vista inutili. In realtà questa forma di commento corrispondeva a un indirizzo che allora si veniva affermando anche a Firenze, come risulta dalla raccolta, edita nel 1547 dal Doni, di Lettioni d'Academici fiorentini sopra Dante.
In questa raccolta non figura il V. e hanno risalto invece i rappresentanti della scuola a lui avversa. Era inevitabile che il divario fra l'ostentato aristotelismo del V. e l'ostentato neo-platonismo degli altri finisse col cedere alla medesimezza del procedimento. Ne risultò un'attenuazione dei motivi e stimoli polemici che il giudizio del Bembo su D. aveva suscitato a Firenze, tutti ritrovandosi d'accordo nel riconoscere il Petrarca maestro della moderna poesia amorosa e cortese, ma insieme D. remoto maestro di quel linguaggio filosofico e scientifico che la nuova letteratura mirava a sperimentare in prosa.
Minore evidenza ha nelle opere del V. lo studio dell'antica lingua, ma è indubbio che con lui, piuttosto che coi suoi avversari municipalisti, si accordò il Borghini, e che da lui discese il Salviati. Nell'Ercolano, ultima e maggiore fra le opere letterarie del V., l'autorità del Borghini è addotta per negare l'autenticità del De vulg. Eloquentia. A parte ciò, per la conoscenza non soltanto dell'opera di D. ma anche della lingua e letteratura di quell'età e degli antecedenti provenzali, l'Ercolano è l'unica opera prodotta a Firenze che possa reggere il confronto, sia pure a debita distanza, con quelle prodotte prima nell'Italia settentrionale dal Bembo e dal Castelvetro, e a Firenze subito dopo dal Borghini e dal Salviati.
Bibl. - Insufficiente, ma non sostituita la monografia sul V. di G. Manacorda, in " Annali della R. Scuola Normale di Pisa " XVII (1903). Fondamentali i saggi di U. Pirotti, B. V. e la cultura del suo tempo, Firenze 1971. Per gli studi danteschi e sull'antica lingua e letteratura: M. Barbi, Della fortuna di D. nel sec. XVI, Pisa 1890; S. Debenedetti, Gli studi provenzali in Italia nel Cinquecento, Torino 1911; G. Mazzacurati, D. nell'Accademia fiorentina, in " Filologia e Letteratura " XIII (1967) 258-308.