Benedetto XVI
Benedétto XVI. – Joseph Ratzinger (n. Marktl am Inn 1927) è stato eletto al papato il 18 aprile 2005. La scelta di questo teologo sistematico bavarese, professore in varie università tedesche fino al 1978, cardinale arcivescovo di Monaco per volontà di Paolo VI e poi prefetto della congregazione per la dottrina della fede a Roma per la parte più lunga della sua carriera, decano del sacro collegio e perciò incaricato di gestire i delicati giorni di preparazione del conclave, non giunge inattesa: primo papa tedesco dopo la riforma gregoriana, primo capo dell’ex sant’Ufficio a salire al papato dopo il 16° secolo, il conclave del 2005 si segnala perché conferma la sfiducia nei e dei porporati italiani, incapaci di presentare un nome credibile per la funzione di vescovo di Roma. Il nuovo papa pare infatti rincuorare diversi tipi di antagonisti e di discepoli di Giovanni Paolo II. Chi ne temeva le aperture sul dialogo interreligioso e l’intransigenza antilefebvriana poteva pensare che il nuovo pontefice – come effettivamente ha fatto – proponesse una lettura depotenziata delle riforme conciliari e delle loro possibili conseguenze. Chi riteneva che la sovraesposizione globale di K. Wojtyła richiedesse un ripiegamento sull’agenda del declinante cristianesimo europeo, trovava in questo teologo passato dalla maggioranza riformatrice del Vaticano II alla maggioranza conservatrice del postconcilio wojtyliano, un esponente intellettualmente fine. Infine, chi temeva che il papato italiano potesse risolversi in un politicismo estremo si sentiva più garantito da Ratzinger e dalla sua spiritualità agostiniana. Il primo settennato del pontificato ha esaudito quasi tutte queste attese e ha comportato un'apertura di credito tanto generosa quanto inutile verso gli scismatici lefebvriani, i cui vescovi vengono riconciliati e le cui nostalgie per il messale tridentino vengono assecondate, senza che da parte del nucleo più duro e autentico della galassia tradizionalista si rinunci a denunciare il Vaticano II. Sul piano dottrinale due capisaldi della posizione teologica di Ratzinger diventano magistero papale. Da un lato la sua convinzione che, al di sopra e al di fuori delle contingenze storiche nelle quali ogni perversione e ogni riforma del cristianesimo può aver luogo, la chiesa universale, nella sua antecedenza cronologica e ontologica a ogni chiesa locale, sia il luogo dove si realizza una continuità sostanziale della confessione di fede e della tradizione: questa idea, legata al platonismo di fondo della sua posizione teologica già rilevato da Walter Kasper all’uscita della sua Introduzione al cristianesimo (1969), permette di negare l’abrogazione del messale tridentino che Paolo VI fece, ma che, da questo punto di vista, non può impedire il perpetuarsi di una connessione anche odierna (straordinaria, se mai) al libro che fu il fondamento liturgico di dieci generazioni di cattolici. L’altro punto chiave è l’idea di 'ragione' – così Ratzinger traduce il logos del prologo del vangelo di Giovanni: grazie a questo principio si costituisce, nella sua posizione, un diritto del linguaggio filosofico greco nella teologia di sempre, una reciproca interdipendenza con la fede (che dalla ragione viene 'purificata' e che deve a sua volta 'purificare' la ragione) e una denuncia allarmata del relativismo. In questo modo il papato può chiedere anche ai non credenti che il magistero morale della chiesa cattolica, in ispecie sulle materie bioetiche, venga difeso in quanto espressione di una natura che, a differenza di ciò che faceva il magistero intransigente del 19° sec., non comporta solo leggi, ma anche diritti al cui rispetto la chiesa chiama le forze politiche di ogni segno, anche a costo di vincolarsi a forze politiche e culturali ultra-conservatrici. Politicamente indifferente alla crisi dell’Unione europea, Benedetto XVI invece si è prodigato per risolvere il coinvolgimento di alcuni preti nei crimini di pedofilia: un'esigua minoranza rispetto al totale del clero cattolico e ancor più esigua rispetto ai perpetratori di questo delitto, alcuni preti erano stati coperti dai vescovi, i quali avrebbero dovuto portare la responsabilità quantomeno della loro omissione; trattati a Roma per una decisione degli anni Novanta del 20° sec., molti di questi casi risultavano mal documentati o descritti in modo capziosamente innocentista: il che ha trasformato la tragedia delle vittime, delle famiglie e delle comunità, in una tragedia della chiesa intera di cui Benedetto XVI ha voluto farsi carico, sia per denunciarne la gravità, sia per rendere più severe le pene, sia per consolare le vittime, sia per colpire tempestivamente i colpevoli e i sospetti. La sua decisione di nominare un proprio amico e confidente come Tarcisio Bertone alla Segreteria di Stato ha portato a conclusione la stagione del ruinismo nella chiesa italiana, ma ha anche scatenato una lotta interna alla curia che ha generato clamorosi scandali e fughe di notizie chiamate – per assonanza con i wikileaks di Julian Assange - i Vatileaks.