BENEDETTO
Succeduto ad Avverto, o Arveo, fu il secondo abate del monastero di S. Michele della Chiusa. Difficile stabilire con esattezza le date del suo lungo abbaziato, durato secondo la tradizione quarantaquattro anni, e che copre probabilmente la prima metà del sec. XI.
La loro precisazione è legata anche al problema della data di fondazione del monastero: alcuni, seguendo il Chronicon del monastero, l'hanno posta nel 966, altri non prima del periodo 999-1002; più recentemente E. Abegg ha pensato a una data intorno al 985, ma basandosi su una notizia insicura, quella cioè della morte di B. nel 1034, tre anni dopo il concilio di Limoges - cui B. avrebbe partecipato -, data che non trova conferma nei documenti pervenuti.
La breve biografia di B., posta alla fine del Chronicon del monastero di S. Michele, che va attribuita con ogni probabilità al monaco Guglielmo, autore della vita dell'abate Benedetto II (cfr. Schwartz, p. 251), dice che egli divenne abate dopo la morte dell'eremita Giovanni Vincenzo, cui si attribuì la costruzione della prima chiesa sul monte Pirchiriano, per legare la fama della sua santità alla fondazione del monastero, e di Avverto, il primo abate di S. Michele, eletto a quella carica dallo stesso fondatore del monastero, Ugo di Montboissier in Auvergne; ora se circa tra il 983 e il 987 era stato abate di Lézat, presso i Pirenei (cfr. Gallia Christiana, XIII, Parisiis 1785, col. 207), si arriverebbe con l'abbaziato di B. ai primi del sec. XI (cfr. Savio, pp. 15 s.). Quanto al termine si potrà dire solo che del suo successore Pietro si ha notizia in un diploma di Enrico III, purtroppo non datato; dimostrata erronea l'attribuzione all'imperatore Enrico II (cfr. H. Bresslau, Erläuterungen zu den Diplomen Heinrich II, in Neues Archiv, XXII[1896], pp. 182 s.), che fece addirittura supporre l'esistenza di un abate Pietro tra il 1002 e il 1024 (cfr. Savio, p. 16), il diploma fu datato agli anni 1045-1046 dal Provana, ma pubblicato, pur senza darne le motivazioni, dal Bresslau tra due diplomi dei 1039 (Mon. Germ. Hist., Heinrici III Diplomata, a cura di H. Bresslau e P. Kehr, Berolini 1931, p. 18: il diploma che precede è datato 30 dicembre, quello che segue tra il 25 dic. 1039 e il 10 gennaio 1040). Più prudente sarà forse dire solo che il successore di B. era abate prima del 25 dic. 1046, data dell'incoronazione imperiale di Enrico III che nel diploma è ricordato come re. Nessuna maggiore precisazione sembra finora possibile sulla morte di B. (cfr. Savio, p. 16).
Dell'opera di abate poco dice la sua breve biografia. Tra le molte notizie generiche e comuni alla letteratura agiografica, sulla sua straordinaria religiosità, attestata da miracoli, si possono rilevare alcuni accenni più interessanti: risulta infatti chiaro che il cronista gli attribuisce il primo grande sviluppo del monastero "rebus, personis et honoribus". Larga e benevola ospitalità veniva concessa ai pellegrini - rimarrà questo uno dei grandi vanti dei monastero -, che, provenienti soprattutto dalla Gallia, dall'Aquitania e dalla Spagna e diretti a Roma, si trovavano a transitare per quel passo. Proprio attraverso questi pellegrini si estese la fama del monastero: molti accorsero per prendervi l'abito monastico, molti furono i fanciulli oblati, si moltiplicarono le donazioni.
Di queste donazioni non si ha purtroppo altra conferma, se se ne eccettua una del 1027, ricordata e parzialmente riportata dal Claretta (Storia diplomatica, p. 15). A lui si deve anche la notizia che a B. fossero ricorsi per consiglio, e per ottenere una piccola colonia di monaci, i fondatori del monastero di S. Pietro a Savigliano; ma essa non trova conferma.
A B. il Chronicon sicompiace anche di far risalire un'altra delle caratteristiche del monastero della Chiusa, quella decisa volontà di indipendenza da altre congregazioni, che trova infatti per sua bocca una superba affermazione: molti erano, nel racconto del cronista, gli ospiti e i monaci che lo consigliavano di affidare "magnorum cenobiorum tutelle et ordinacioni locum suum" - il termine ordinacio, che va probabilmente inteso come diritto all'ordinazione dell'abate, potrebbe rimandare ad alcune grosse congregazioni, forse addirittura a Cluny -, ma egli li pregava di lasciare che il monastero pur nella sua piccolezza rimanesse fermo alla regola di s. Benedetto, alla quale si poteva, quando ve ne fosse stato bisogno, aggiungere ciò che l'abate avesse ritenuto opportuno; aggiungeva orgogliosamente che non aveva bisogno di insegnamento umano colui che fruiva "angelorum solacio". Una indiretta testimonianza su B. è nell'Epistola de apostolatu Martialis di Ademaro di Chabannes, che contiene un resoconto della polemica sorta tra l'autore, accanito difensore della tesi che s. Marziale fosse stato vero discepolo di Cristo e un Benedetto priore di S. Michele della Chiusa., che, nel 1029, all'indomani del concilio di Limoges, in cui l'apostolato era stato discusso e approvato, aveva cominciato pubblicamente a distruggere quella leggenda, dimostrando, anche a detta dell'avversario, grande dottrina e eloquenza. Il priore Benedetto nell'Epistola si proclama nipote dell'abate di S. Michele, che non viene nominato, ma a quest'epoca sembra certo che poteva trattarsi solo di B., e afferma che lo zio lo aveva condotto in Italia e in Francia per studiare graminatica, spendendo una forte somma per i suoi maestri. La vastissima biblioteca che egli si vantava di possedere è possibile si trovasse proprio al monastero della Chiusa, dato che egli ne era priore. Attraverso il tono chiaramente ostentatorio che Ademaro mette in bocca al suo avversario, qualcosa rimane tuttavia di illuminante per la figura dell'abate B., cui si potrà quindi attribuire oltre allo sviluppo del monastero nelle persone e nei beni, anche il primo impulso a fare di S. Michele un importante centro di studi e cultura.
Quanto alla partecipazione di B. ai due concili di Limoges, del 1029 e dei 1031, di cui parla il Mabillon, ripetuta poi da tutta la tradizione, non se ne ha conferma se non nell'espressione poco probante dell'Epistola sui viaggi compiuti da B. per far studiare il nipote. Su questa notizia, notevolmente incerta, sono state poi fatte altre aggiunte, circa la personale partecipazione di B. alla questione dell'apostolato di s. Marziale cui egli sarebbe stato in un primo tempo favorevole e poi, aderendo alla tesi dei nipote, nettamente contrario.
Fonti e Bibl.: Libellus narrationis seu Chronicon coenobii sancti Michailis de Clusa, a cura di L. G. Provana, in Monum. Hist. Patriae, Script., V, Augustae Taur. 1848, coll. 263-266; Vita Benedicti Abbatis Clusensis auctore Willelmo monacho, a cura di L. Bethmann, in Monum. Germ. Hist., Script., XII, Hannoverae 1856, p. 197; Ademari Epistola de apostolatu Martialis, in Migne, Patr. Lat., CXLI, coll. 107 s.; J. Mabillon, Annales Ordinis Sancti Benedicti, Lucae 1739, III, p. 541; IV, p. 340; J. B. Mittarelli-A. Costadoni, Annales Camaldulenses, I, Venetiis 1755, pp. 173 s.; G. Avogadro di Valdengo, Storia dell'abbazia di S. Michele della Chiusa, Novara 1837, pp. 27-34; L. G. Provana, Sopra alcuni scrittori del monastero benedettino di S. Michele della Chiusa ne' secoli XI e XII e nel tempo della fondaz. del monastero, in Mem. d. R. Accad. d. scienze di Torino, s. 2, II (1840), p. 122; G. Claretta, Storia diplom. dell'antica abbazia di S. Michele della Chiusa, Torino 1870, pp. 14 ss.; Id., L'abbazia di S. Michele della Chiusa nel medio evo, in Atti d. R. Accad. d. scienze di Torino, XXII(1886-87), p. 375; F. Savio, Sulle origini della abazia di S. Michele della Chiusa, in IlFilotecnico, (1888), pp. 5, 7 n., 8 s., 14-16, 42, 46, 48, 51 (dell'estr.); G. Schwartz-E. Abegg, Das Kloster San Michele della Chiusa und seine Geschichtschreibung, in Neues Archiv der Gesellschaft für ältere deutsche Geschichtskunde, XLV (1924), pp. 251 ss.; L. Saltet, Une discussion sur Saint Martial entre un Lombard et un Limousin en 1029, in Bull. de littérat. ecclés., XXVI (1925), pp. 162, 174 (importante, anche se non nomina il B., ricordandolo solo come zio del priore); G. Tabacco, Dalla Novalesa a S. Michele della Chiusa, in Monasteri in Alta Italia dopo le invasioni saracene e magiare, Torino 1966, pp. 504 ss., 512 ss.