BENEDETTO
Vissuto nella prima metà del sec. XI, era priore di S. Michele della Chiusa e nipote per parte di madre dell'abate Benedetto I. Nel 1029 si trovava a Limoges, proprio quando vi si celebrava il concilio 31 luglio-2 ag.) nel quale si discusse e infine si approvò l'opinione secondo la quale s. Marziale, il santo che aveva convertito l'Aquitania nel sec. III, e che era venerato come primo vescovo di Limoges, fosse vero apostolo di Cristo.
Questa opinione, fondata su testimonianze ben poco attendibili, in particolare su una Vita del santo - che si attribuiva ad Aureliano, ma era in realtà opera tarda, databile probabilmente all'inizio del secolo XI - era propugnata dai monaci dell'abbazia di S. Marziale a Limoges e aveva trovato un tenacissimo sostenitore in Ademaro di Chabannes, il dotto abate di S. Cybard a Angouléme. Ma la tesi dell'apostolato di s. Marziale, accettata dal concilio, trovò il suo più, vigoroso oppositore proprio in Benedetto.
Terminato il concilio, B. iniziò subito la sua polemica per sfatare il mito dell'apostolato di s. Marziale, incitato anche dai canonici di S. Stefano a Limoges, probabilmente gelosi della fama che dalla nuova opinione derivava ai monaci. Trasferitosi nel monastero di Bussière nel Poitou, ospite dei monaci, con la sua dottrina ed eloquenza egli non ebbe difficoltà a convincere molti dei suoi ascoltatori che la Vita di s. Marziale era una falsificazione priva di qualsiasi autorità; la sua teoria ebbe soprattutto larga diffusione quando, per la festa della Madonna, l'8 settembre, convennero a Bussière religiosi provenienti da Brantôme, Angoulême, Limoges.
Non tutti erano disposti ad ammettere le osservazioni di B., specie Ademaro di Chabannes, che entrò subito con lui in una violenta polemica in cui furono scambiate accuse di eresia, minacce di scomunica e di intervento del papa. Il contrasto si svolse dapprima in incontri personali di Ademaro con B. e con Bernardo, dotto monaco ravennate che lo accompagnava e ne condivideva le teorie. Le discussioni non giunsero a nessuna conclusione e i due monaci non si vollero più incontrare. Poco dopo Ademaro scriveva la Epistola do apostolatu Martialis, indirizzata ai vescovi di Limoges, Metz, Rouen, al papa Giovanni XIX, a Guglielmo di Aquitania e ad altri personaggi di rilievo.
L'Epistola, una specie di resoconto della polemica, riferita naturalmente con molta parzialità, è l'unica fonte non solo per il contrasto tra Ademaro e B., ma anche per le poche notizie biografiche del priore della Chiusa e per ricostruire in qualche modo la sua personalità. Ademaro fa parlare, B. in prima persona; egli stesso narra quindi non solo di essere priore di S. Michele e nipote dell'abate, ma anche di essere destinato a diventare abate del suo monastero, cosa che non avvenne; che lo zio stesso lo aveva condotto in molti luoghi in Italia e in Francia e aveva speso una forte somma per la sua istruzione. Egli aveva studiato nove anni grammatica ed ora era "scolastico". Erano anzi allora - probabilmente si deve intendere alla Chiusa - nove "cholastici", tra i quali egli stesso "valde perfectus sapiens". Narra ancora di avere "duas magnas domos" piene di libri: anzi non esisteva al mondo nessun libro che egli non avesse. Malgrado il tono di vanteria che Ademaro si compiace di porgli in bocca, traspare da queste frasi di B. - e da altri passi dell'opera - la figura di un uomo colto e la sua provenienza da un ambiente di cultura elevata, da identificare evidentemente nel monastero di S. Michele. Ademaro stesso riconosceva a B. grande dottrina, anche se gli rimproverava di non sapere parlare "latialiter" e di infarcire il discorso di barbarismi. Particolarmente acre, nel racconto di Ademaro, B. appare nei suoi giudizi sull'ambiente che aveva incontrato fuori d'Italia: in Aquitania "nulla sapientia"; appena qualcuno conosceva un po' di grammatica subito si credeva un Virgilio. In Francia un poco di cultura, ma poca; solo la "Longobardia est fons sapientiae". Ovvie deformazioni polemiche certo: ma non del tutto prive di una loro indicazione di possibili risentimenti quasi nazionali che soli potevano garantire la credibilità del racconto di Ademaro. Tali anche le accuse di carattere morale: in particolare dell'abate e dei monaci di S. Marziale diceva che erano avidi, viziosi, superbi, inospitali, sprezzanti. Ademaro, poi, conosceva sì "aliquid grammaticae artis", ma moralmente era indegno perché per denaro aveva accettato di sostenere le teorie su s. Marziale. Non inutile sarà infine ricordare, per definire meglio la personalità di B. e il suo carattere, la spregiudicatezza di giudizio che egli dimostra, quando nel minacciare di fare ricorso a Roma, diceva che il papa era "valde asper... et ferus et male iracundus et saevis moribus". Non è impossibile che questo fosse il giudizio corrente in un certo ambiente monastico nei confronti di Giovanni XIX; a parte, s'intende, l'evidente strumentalizzazione di questo giudizio messo in bocca a B. da Ademaro.
Fonti e Bibl.: Ademari Epistola de apostolatu Martialis, in Migne, Patr. Lat., CXLI, coll. 89-112; G. D. Mansi, Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, XIX, Venetiis 1774, coll. 490,.507 ss.;F.Savio, Sulle orig. della abazia di S. Michele della Chiusa..., Torino 1888, p. 51; F. Arbellot. Etude histor. sur l'ancienne vie de SaintMartial…, Paris-Limoges 1892, p. 4; L. Delisle, Notice sur les manuscrits originaux d'adémar de Chabannes, in Notices et extraits des manuscritsde la Bibliothèque nationale et autres bibliothèques, XXXV (1896), p. 243; J. Ilefele-H. Leciercq, Histoire des conciles, IV, 2, Paris 1911, p. 952; M. Manitius, Gesch. der Lateinischen Literaturdes Mittelalters, II, München 1923, pp. 285, 287-290, 292 s.; G. Schwartz-E. Abegg, DasKloster San Michele della Chiusa und seine Geschichtschreibung, in Neues Archiv der Gesellschaftfür altere deutsche Geschichtskunde, XLV (1924), p. 240; L. Saltet, Une discussion sur Saint Martialentre un Lombard et un Limousin en 1029, in Bull. de littérature ecclés., XXVI (1925), pp. 161-186; Id., Une prétendue lettre de Jean XIX sur Saint Martial fabriquée par Ademar do Chabannes, ibid., XXVII(1926), pp. 117 s., 137; F. Novati-A. Monteverdi. Storia letter. d'Italia. Le origini, Milano 1925. pp. 353-357; L. Saltet, Un cas demythomanie historique bien documenté. Adémar de Chabannes (988-1034), in Bull. de littér. ecclés., XXXII (1931), pp. 159 ss.;M. Coens, La "Scriptura de Sancto Fronto nova" attribuée au chorévêqueGausbert, in Analecta Bollandiana, LXXV (1957), p. 344; G. Tabacco, Dalla Novalesa a S. Michele della Chiusa, in Monasteri in Alta Italia dopo le invasioni saracene e magiare, Torino 1966, pp. 513 ss.