BENEDETTO
Creato cardinale diacono di S. Maria in Domnica da Innocenzo III prima dell'11 nov. 1200(Potthast, I, n. 1159), l'anno seguente fu promosso cardinale prete di S. Susanna. Nulla sappiamo sull'attività da lui svolta in questi anni, ma certo dové dar prova di notevoli capacità se il 25 apr. 1205 il pontefice gli affidò un compito particolarmente delicato ed importante, nominandolo legato nell'impero latino d'Oriente, sorto l'anno precedente in seguito alla conquista di Costantinopoli ad opera dei crociati.
Il primo problema da affrontare, quello su cui Imocenzo III insisteva particolarmente nella lettera con cui annunciava all'imperatore Baldovino l'invio di B., era di indurre i Greci, tanto quelli dei territori sottomessi dai Latini, quanto quelli soggetti al sovrano di Nicea Teodoro Lascaris, a rinunciare allo scisma, ad accettare la dottrina della Chiesa romana sui punti controversi e a riconoscere come legittimo il patriarca latino di Costantinopoli, Tommaso Morosini. In vista di ciò, B. portò seco a Costantinopoli testi teologici da utilizzare nelle future discussioni dogmatiche, e, come interprete, un monaco del monastero greco di S. Nicola di Casole, presso Otranto, Nicola, che successivamente, per suo incarico riunì in tre opuscoli le argomentazioni addotte dai teologi greci contro le tesi sostenute da B., circa i principali problemi in discussione, quelli cioè della processione dello Spirito Santo, degli azimi, del digiuno del sabato, del celibato ecclesiastico. Tutto questo materiale fu dallo stesso Nicola tradotto in latino (per i mss. dell'opera, cfr. G. Mercati, p. 70).
Tra gli interlocutori di B. nelle discussioni teologico-disciplinari da lui sostenute vi furono i fratelli Giovanni e Nicola Mesarites, con cui B. si incontrò due volte, a Costantinopoli, il 29 settembre ed il 2 ott. 1206, ed il metropolita greco di Atene, Michele Acominato, che egli incontrò a Tessalonica. Indubbiamente l'atteggiamento di B. in questi colloqui fu particolarmente conciliante, ed egli si mostrò disposto alle più ampie concessioni, dove ciò gli era possibile, come ad esempio per quanto riguardava l'uso del pane fermentato nella comunione, ma tutto fu inutile. Non solo era ancora troppo vivo il ricordo degli avvenimenti del 1204, delle violenze e atrocità con cui i Latini si erano affermati nell'Impero, ma probabilmente vi fu anche l'interferenza di forze politiche, greche o latine, ostili all'unione. Anche i singoli vescovi greci abbandonarono le loro diocesi, e, malgrado tutte le esortazioni e le minacce, non desistettero dal loro atteggiamento; solo qualcuno, come Teodoro di Negroponte, accettò di entrare nella comunione romana e di riconoscere il nuovo patriarca latino di Costantinopoli, che B. quindi confermò nella sua sede episcopale.
Oltre quello dell'unione, vi erano molti altri problemi da risolvere, e qui l'opera di B. fu più ricca di risultati. I crociati si erano impossessati dei beni delle chiese e dei monasteri greci; naturalmente la gerarchia ecclesiastica latina ne pretendeva la restituzione, ed il conflitto che ne derivò fu risolto mediante i buoni uffici di B., che indusse le parti ad un compromesso, raggiunto nel 1206 e confermato dal papa il 5 agosto dello stesso anno. In base ad esso, Enrico - allora reggente dell'impero per il fratello Baldovino (scomparso nella battaglia di Adrianopoli, aprile 1205), e ben presto eletto imperatore (20 ag. 1206) - e tutti i suoi baroni cedevano alla Chiesa un quindicesimo di tutte le loro conquiste, esclusa Costantinopoli, si impegnavano a pagare le decime e promettevano che, se la Chiesa in futuro fosse riuscita a convincere anche i Greci a pagarle, essi non si sarebbero opposti. Garantivano infine a tutti gli ecclesiastici, ai loro possessi, e alle persone che vivevano in tali possessi, esenzione da ogni giurisdizione secolare.
Altro problema da risolvere era quello dell'impegno assunto dal patriarca Morosini nei confronti dei Veneziani di creare nei territori che rientravano nella sua giurisdizione esclusivamente vescovi ed arcivescovi veneziani. Ciò suscitò una decisa opposizione sia da parte di Innocenzo III sia degli ecclesiastici francesi residenti nel territorio imperiale, che si rifiutavano di riconoscere il Morosini come loro patriarca. B. riuscì a risolvere il contrasto e a ottenere il riconoscimento del Morosini, ma non poté indurre quest'ultimo a conferire i benefici ecclesiastici indifferentemente a Veneziani e a non Veneziani. Non solo, ma quando, valendosi dei poteri attribuitigli da Innocenzo III, B. istituì nella cattedrale di S. Sofia dei canonici scelti secondo il suo criterio, il patriarca non li volle ricevere, impedendo loro anche di godere delle loro prebende, per cui gli interessati ricorsero alla Curia pontificia.
Oltre a ciò, B. prese provvedimenti e risolse questioni apparentemente di importanza secondaria, ma in realtà degni di nota se considerati nel loro complesso e per le loro conseguenze. Così confermò a Benenato, priore dei Pisani a Costantinopoli, il possesso della chiesa di S. Salvatore τῶν ᾿Απολογοϑετῶν concessa dal precedente legato, il cardinale Pietro Capuano, nonché tutti gli altri beni da lui attualmente posseduti, o che avrebbe ottenuto in futuro; concesse al capitolo della chiesa di S. Michele di Boukoleon il monastero di S. Foca, a Costantinopoli, nonché il monastero di S. Maria de Virgiotis al monastero di Montecassino - con la condizione che i monaci greci viventi in S. Maria non ne venissero allontanati - ed il monastero di S. Maria de Canthicio ai canonici Lateranensi; confermò la costituzione dell'arcivescovo di Tessalonica, secondo la quale i beni della chiesa di S. Demetrio venivano divisi tra i canonici secolari e quelli dell'Ordine del S. Sepolcro; provvide alla divisione dei redditi della Chiesa di Modone tra il vescovo ed il capitolo; fissò il numero dei canonici della Chiesa di Atene; sottopose ad interdetto le chiese dei Veneziani a Costantinopoli, in quanto il loro podestà era penetrato con violenza nella chiesa di S. Sofia, asportandone un'immagine della Vergine, già custodita nel palazzo imperiale e donata alla chiesa dall'imperatore Enrico.
La legazione di B. nell'impero latino terminò nel 1207. Il 19 aprile di quell'anno egli era ancora in Oriente, ma il 12 marzo 1208 Innocenzo III scriveva di lui come di ex legato, ed il 4 maggio seguente B. era a Roma, ove sottoscrisse una bolla pontificia. Prima del 26 ott. 1213 fu promosso cardinale vescovo di Porto, carica che ricopriva ancora il 7 marzo 1216. Morì poco dopo tale data, in quanto il suo successore nel vescovato portuense, Cinzio, fu consacrato da Onorio III nell'anno 1217.
Fonti e Bibl.: Innocentii III Epistolae, l, VIII, nn. 55, 56, 62, 126, 135, 153; l. IX, nn. 101, 130, 140, 142, 189, 190, 243, 244, 245; l. X, n. 51; l. XI, nn. 16, 76, 77, 78, 113, 114, 179, in Migne, Patr. Lat., CCXV; Regesta Honorii Papae III. a cura di P. Presutti, Romae 1888-1895, nn. 501, 587, 718, 4105, 4106, 4123, 4140, 4148, 4156; G. Müller, Docum. delle relaz. delle città toscane coll'Oriente e coi Turchi, Firenze 1879, n. LIV, p. 85; A. Potthast, Regesta Pontificum Romanorum, I. Berolini 1874, pp. 462, 465, 466; Acra InnocentiiPP. III (1198-1216), a cura di Th. Haluščynskij, Città del Vaticano 1944, ad Indicem; Gesta Innocentii PP. III, in Migne, Patr. Lat., CCXIV, col. 144; Arsenij, Nikolaja Hudrunckago (Otranckago) igumena grečeskago monastirja v Kazulach tri zapisi sobesedovanjach Grekov s Latinjanami po povodu raznostej v vere i obyčaiach cerkovnych, Novgorod 1896 (testo greco e trad. russa dei tre trattati di Nicola di Otranto. Il terzo è edito anche in Migne, Patr. Graeca, CLX, coll. 737-744, tra le opere di Gennadio: cfr. G. Mercati, Opere minori, IV, Cittàdei Vaticano 1937, V. 70); W. Norden, Das Papsttum und Byzanz, Berlin 1903, pp. 182-199; E. Gerland, Gesch. des lareinischen Kaiserreiches von Konstantinopel, I, Homburg v.d. Höhe 1905, ad Indicem; A. Heisenberg, Neue Quellen zur Gesch. des lareinischen Kaisertums und der Kirchenunion. I. Der Epitaphios des Nikolaos Mesarites auf seinen Bruder Johannes, in Sitzungsberichte der Bayerische Akademie der Wissenschaften, Philos.-historische Klasse, 1922, V, pp. 7 ss., 51 ss.; J. R. Janin, Au lendemain de la conauête de Constantinople. Les tentatives d'union des Eglises d'Orient, in Echos d'Orient, XXXII (1933). pp. 12-17; L. Janin, in Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., VIII, Paris 1935, coll. 252 a.; L. Santifaller, Beiträge zur Gesch. des Lateinischen Patriarchats von Konstantinopel(1204-1261) und der venezianischen Urkunde, Weimar 1938, ad Indicem;J. Longnon, L'empire latin de Constantinople et la principauté de Morde, Paris 1949, pp. 84, 95.