benedire e benedicere
Dall'atto liturgico vero e proprio dell'impartire la benedizione con gesti e parole, deriva il significato di " invocare la protezione divina " su qualcuno e di affermarne lo stato di grazia, com'è attestato in Pd XXIV 151 così, benedicendomi cantando, / tre volte cinse me, sì com'io tacqui, / l'appostolico lume, dove ricorre il gesto consacrante di s. Pietro che canta e cinge tre volte D.: ‛ coronazione ' che sigilla la professione di fede del pellegrino (vv. 52-147) e conferisce suprema dignità anche alla successiva affermazione delle altre virtù teologali, la speranza (La Chiesa militante alcun figliuolo / non ha con più speranza, XXV 52-53) e la carità (Le fronde onde s'infronda tutto l'orto / de l'ortolano etterno, am'io cotanto / quanto..., XXVI 64-65).
Dall'invocazione consacrante si origina l'accezione (di larga origine scritturale) di b. come " lodare ", " glorificare ", che si rivolge al Signore per riconoscerne la carità, come in Pd XV 47 " Benedetto sia tu ... / trino e uno, / che nel mio seme se' tanto cortese! " (dove la parola ha integro il suo valore sacrale, per essere pronunciata da un beato, quale Cacciaguida, e nel contesto di una scena particolarmente solenne), o per esaltarne le creazioni, come in Vn XXVI 2 E altri diceano: " Questa è una maraviglia; che benedetto sia lo Segnore, che sì mirabilmente sae adoperare! " (dove non si scende, per il riferimento alla donna Beatrice, a un grado profano, in quanto ella nel passo è celebrata come coronata e vestita d'umilitade, è paragonata ai bellissimi angeli del cielo, è ispiratrice di una dolcezza onesta e soave). Uguale lode e glorificazione si rivolge alla Vergine in Pg XXIX 85 Tutti cantavan: " Benedicta tue / ne le figlie d'Adamo, e benedette / sieno in etterno le bellezze tue! ", nel canto dei seniori che ripetono il saluto dell'annunciazione e della visitazione di Elisabetta (Luc. 1, 28 e 42), secondo una lode già presente in profezie bibliche (Iudith 13, 22 e Cant. 4, 7). Antichi interpreti (l'Anonimo, Benvenuto, ecc.) intendevano questa lode rivolta a Beatrice; per i motivi che fanno riconoscere qui la Vergine si vedano Scartazzini e Parodi (" Bull. " XVI [1909] 265, rec. a J. Carroll, Prisoners of Hope, ecc., Londra 1906).
In If VIII 45 benedetta colei che 'n te s'incinse!, la lode, originata dall'energica risposta di D. a Filippo Argenti (vv. 37-39), non ha più alcunché di sacro: ma per essere ricalcata su un passo evangelico (Luc. 11, 27), tende a conferire alla reazione di Virgilio una solennità e intensità che possono risultare sproporzionate rispetto all'effettivo valore dell'atteggiamento di D. e in generale dell'episodio (per questo scompenso stilistico, si veda U. Bosco, Il canto VIII, ecc., Roma 1950, 14-15, poi in D. vicino, Caltanissetta-Roma 1966, 221-227). Così il mistico sogno di Beatrice morta conserva al termine tutte le sue risonanze religiose, in Vn XXIII 13 mi cessò la forte fantasia entro in quello punto ch'io volta dicere: " 0 Beatrice, benedetta sie tu ".
In Cv IV Le dolci rime 139 poi ne la quarta parte de la vita / a Dio si rimarita, / contemplando la fine che l'aspetta, / e benedice li tempi passati, e nel commento di XXVIII 2, 11 e 12, la benedizione o lode rivolta da la nobile anima ne l'ultima etade, cioè nel senio (§ I) al cammino percorso nella vita è, come annota il Busnelli, " benedizione che va a Dio. Psalm., 65, 8-12: ‛ Benedicite gentes Deum nostrum... Quoniam probasti nos Deus... transivimus per ignem et aquam et eduxisti nos in refrigerium ' "; non si esclude tuttavia, in quel benedire il passato, un lieto ricordare il bene compiuto: e bene li [tempi passati] può benedicere, però che... essa si rimembra de le sue diritte operazioni (XXVIII 11). Siffatta lieta memoria implicita nel lodare interviene anche, a livello più profano, in Vn XXIV 2 e pareami che lietamente [Amore] mi dicesse nel cor mio: " Pensa di benedicere lo dì che io ti presi ".
Le attestazioni del Fiore presentano la locuzione popolare ‛ Dio ti benedica ', con la quale in genere la protezione divina è invocata come augurio nelle più varie occasioni: in LXII 6 E s'ella vuol andar in nulla parte, / sì le di': ‛ Va, che Dio ti benedica ', essa vale a significare, come saluto affettuoso, che il permesso è accordato con piena fiducia; in CLIII 12 Figliuola mia, se Dio ti benedica, / i' non so chi vendetta me ne faccia / se non tu, ha un più autentico valore ottativo, e si direbbe provocata dalla gratitudine per la vendetta attesa; in CLXXVI 12 E puote dir: ‛ Se Dio mi benedica, / tropp'ho del su' quand'i' l'ho tra le braccia ', quasi formula di giuramento, è pronunziata per guadagnare credito alla finzione di disinteresse che è nel v. 13.
Infine, benedire è variante di benedicere, in Cv IV XXVIII 11, nell'edizione Moore.