BENEVENTO
La città di Benevento occupa un posto singolare nel contesto del Regno di Sicilia. Scelta alla fine del VI sec. come capoluogo dell'omonimo ducato longobardo ‒ che fu assai autonomo ‒, nel 774 diventò capitale del principato longobardo che non accettava l'autorità di Carlomagno; fu dunque il nucleo di un Mezzogiorno politicamente indipendente. Il principato si scisse nell'849, perdendo Salerno e poi, nel 981, Capua. Ridotto alla regione meno sviluppata dell'ex ducato, il residuo principato beneventano si frammentò in contee. Quando i normanni ne intrapresero la conquista, la città di Benevento si diede a papa Leone IX nel 1053: ormai costituiva solo una piccola enclave nel territorio del ducato normanno di Puglia, poi del Regno di Sicilia. I beneventani corrispondevano ai normanni la fida, per godere di diritti d'uso nei dintorni della città; inoltre la bolla di Anacleto II che creava il Regno di Sicilia a favore di Ruggero II (1130) incorporava a questo Regno l'auxilium hominum Beneventi, i quali dunque non rimanevano completamente estranei ad esso.
Tale statuto dava al papa la possibilità di rifugiarsi sotto la protezione normanna, pur rimanendo in territorio pontificio (così fecero tanto l'antipapa Anacleto II quanto il papa Alessandro III in lotta contro Federico I Barbarossa). Si trattava però di una situazione instabile. D'altro canto, mentre l'autonomia politica delle città del Regno era nulla rispetto al potere del re o dei signori, Benevento godeva di una tradizione di autonomia comunale: dopo alcuni sconvolgimenti politici tra la fine dell'XI e l'inizio del XII sec., la communitas fece la sua comparsa nel 1128, anche se il papa era rappresentato nella città da un rettore.
Durante le guerre civili e l'anarchia che segnarono il trentennio che separò la morte di Guglielmo II dal ritorno di Federico II (1189-1220), non sembra che Benevento abbia sofferto della situazione nel Regno. Enrico VI diede un privilegio alla città (nella quale contava partigiani) nel giugno 1191 e un altro a S. Sofia poco dopo, offrendo al monastero l'importante baronia Fenuculi, vicino al Calore, nonché due casali. Nel luglio 1193, Tancredi (che era sostenuto dal rettore pontificio) concesse ai beneventani l'esenzione dalle fidantie.
Nel periodo durante il quale Innocenzo III fu baiulo del Regno, il ruolo di Benevento non fu di prim'ordine. Forse perché non partecipasse ai disordini del Regno, nel 1202 il rettore pontificio Roffrido di Uberto di Anagni accettò nuovi statuti comunali, che miravano a limitare gli abusi dei consoli: d'ora in poi questi sarebbero stati nominati da tre iurati scelti dal rettore pontificio, dai giudici e dai consoli uscenti. Tale statuto fu confermato da papa Innocenzo III nel 1207, poi da Gregorio IX nel 1230. Tuttavia, una persona di fiducia del papa ebbe un ruolo importante sia a Benevento che nel Regno: il notaio pontificio Filippo, già mandato nella Terra di Lavoro nel 1198-1199, nella primavera 1206 ricevette le cariche di vicario pontificio in Apulia e Terra di Lavoro (cioè in tutta la parte continentale del Regno) e di rettore di Benevento. Diventato vescovo di Troia nel 1212, tornò a Benevento come vicario nel 1216.
Dopo esser fuggito dalla Sicilia e sbarcato a Gaeta, nel marzo 1212 Federico II soggiornò un mese a Benevento prima di partire per Roma e poi per la Germania. Infine nell'agosto 1213 il papa chiese ai beneventani, che avevano fatto prigioniero Tommaso d'Aquino, di riprendere Broccostella, presa da Tommaso a Riccardo Conti, fratello di Innocenzo e conte di Sora. In genere, però, il papa preferiva mandare direttamente truppe e capi politici da Roma nel Regno e proteggere così il confine meridionale dello Stato pontificio. I beneventani estesero il territorio dell'enclave, incorporando Montefusco e Montesarchio.
Le cose cambiarono dopo il ritorno di Federico II nel Regno. Certo nel 1221 l'imperatore confermò a S. Sofia le offerte fatte dal padre. Ma nel 1229, mentre Federico, scomunicato una prima volta, era finalmente partito per la Terrasanta, gli eserciti pontifici occupavano una parte dell'Abruzzo e della Campania; i beneventani colsero l'occasione per fare scorrerie nel territorio del Regno, rubando bestiame e mettendo in fuga il conte Raone di Balvano. In risposta, il maestro giustiziere saccheggiò i dintorni di Benevento nella regione di Porta Somma. A loro volta i beneventani, con l'esercito pontificio, occuparono Paduli e Apice e incendiarono Ceppaloni e i casali di Montefusco (nello stesso tempo Gaeta si dotava di un regime comunale). Al suo ritorno, l'imperatore bloccò Benevento, ma la sospensione della scomunica, nel luglio 1230, pose fine alle ostilità. Lo stesso anno fu confermato lo statuto comunale del 1202.
È probabilmente intorno al 1230 che, nell'ambito della riorganizzazione generale del Regno, la regione sita intorno a Benevento fu separata dalla Capitanata e collegata con il giustizierato del Principato (regione di Salerno) per costituire la provincia di Principato e Terra Beneventana.
Dopo una decina di anni di pace, le ostilità ripresero con la seconda scomunica dell'imperatore (1239), al quale probabilmente dispiaceva lo statuto comunale della città pontificia. Nel dicembre 1239 l'imperatore interdisse ogni commercio fra il Regno e i beneventani, incaricando della causa il giustiziere della Capitanata, Riccardo di Montefusco. Nel gennaio 1240 fu proibito ai beneventani di uscire dalla città, "quia civitas Beneventana est lapis offensionis et petra scandali regni nostri" (Il registro della cancelleria di Federico II del 1239-1240, a cura di C. Carbonetti Vendittelli, Roma 2002, p. 441, nr. 460). L'imperatore fece saccheggiare i dintorni di Benevento e sottomise la città a un assedio totale. Nel febbraio 1241 la città si arrese. Federico prescrisse la distruzione delle mura e delle torri, e la consegna di tutte le armi: nella bolla di deposizione dell'imperatore (17 luglio 1245) Innocenzo IV citò, fra le cause della condanna, questa distruzione che, comunque, non fu completa, in quanto ancora oggi restano in piedi importanti avanzi delle mura altomedievali della città. Inoltre, in un precetto vergato sempre nel febbraio 1241, Federico II esentò i beneventani, che "ad fidelitatem nostram devotis et concordibus votis et animis devenerunt" (Borgia, 1763-1769, III, p. 217), da alcune tasse che dovevano corrispondere per i loro possedimenti siti nel Regno. Ufficialmente, dunque, la città era ormai integrata al Regno: l'imperatore ordinò pure un'inchiesta su alcuni diritti dei canonici della cattedrale. Tuttavia l'integrazione probabilmente non riuscì del tutto: dal 1241 al 1252 la sede arcivescovile restò vacante (come molte altre nel Regno, a dire il vero), sia che l'arcivescovo ("Ugolinus Comes", sin dal 1222) si fosse rifugiato a Roma, sia che invece fosse morto.
Il 1o gennaio 1250 una ribellione della città, sostenuta dal papa, portò l'imperatore a farla distruggere e a disperdere i suoi abitanti. In quella occasione fu anche distrutto il sacro palazzo degli antichi principi e le reliquie di s. Bartolomeo furono portate all'abbazia di Cava: Innocenzo IV richiese a Carlo d'Angiò un sussidio "pro reaedificatione Beneventi" (ibid., p. 238) e un documento rievoca la "desolatio civitatis Beneventane", abbandonata dagli abitanti.
Alla morte di Federico, sembra che Benevento avesse ritrovato il suo statuto di città pontificia. Poco prima del settembre 1252 fu eletto l'arcivescovo Capoferro, probabile esponente di una nobile famiglia beneventana e rettore di una chiesa cittadina, che aveva assistito al concilio di Lione come cappellano. Ma nell'autunno dello stesso anno Corrado IV rioccupò la città e l'arcivescovo dovette andare in esilio fino a dopo la morte del re (21 maggio 1254). In seguito, Manfredi si impadronì di nuovo della città, che rimase nelle sue mani da prima del 1258 fino al 1265. Nei pressi di Benevento si svolse la battaglia nella quale egli fu vinto e ucciso, il 26 febbraio 1266. Durante l'occupazione di Manfredi, l'arcivescovo Capoferro restò a Benevento, collaborò con il re e diede nuove costituzioni alla Chiesa beneventana.
Con la vittoria angioina Benevento tornò allo Stato pontificio.
fonti e bibliografia
S. Borgia, Memorie istoriche della Pontificia Città di Benevento dal secolo VIII al secolo XVIII, I-III, Roma 1763-1769 (riprod. anast. Bologna 1968): II, pp. 389-434; III, pp. 168-270.
O. Vehse, Benevent als Territorium des Kirchenstaats bis zum Beginn der avignonesischen Epoche, "Quellen und Forschungen aus Italienischen Archiven und Bibliotheken", 22, 1930-1931, pp. 87-160; ibid., 23, 1931-1932, pp. 80-119.
N. Kamp, Kirche und Monarchie im staufischen Königreich Sizilien, I, Prosopographische Grundlegung. Bistümer und Bischöfe des Königreichs 1194-1266, 1, Abruzzen und Kampanien, München 1973, pp. 202-216.
G.A. Loud, Monarchy and Monastery in the Mezzogiorno: The Abbey of St. Sophia, Benevento and the Staufen, "Papers of the British School at Rome", 59, 1991, pp. 283-318.