Beni strumentali
Con tale locuzione si intende l'insieme delle tecnologie, delle macchine e dei sistemi destinati a realizzare i processi di trasformazione che sostengono il ciclo di vita di tutti i prodotti industriali dalla concezione al riciclo.
I b. s. sono beni, con funzioni di strumento, di uso durevole che costituiscono la struttura tecnica e organizzativa di base necessaria per lo svolgimento di una attività produttiva. Questa è rivolta alla produzione di beni che possono presentare una amplissima gamma di caratteristiche funzionali, dalla pentola all'aereo. Gli stessi b. s. sono beni prodotti mediante beni strumentali. L'immagine di macchine che in modo automatico sono in grado di produrre altre macchine ha sollecitato molto la fantasia dell'uomo in quanto essa mette insieme aspetti attraenti, quale la liberazione dal lavoro fisico, e inquietanti tra cui la possibile perdita del controllo da parte dell'uomo degli strumenti da esso stesso creati.
I b. s. sono, quindi, macchine in grado di realizzare trasformazioni sui materiali per fornire le proprietà funzionali richieste dal mercato ai beni di consumo. Le trasformazioni avvengono impiegando energia e informazioni. La prima evoluzione storica dei b. s. si è avuta con l'aumento dell'energia disponibile alla lavorazione passando dal lavoro umano, al lavoro idraulico, al vapore e alla energia elettrica. La produttività è conseguentemente aumentata a dismisura; si consideri, per fare soltanto un esempio, la variazione di produttività della produzione artigianale di tavoli rispetto a quella industriale, da pochi componenti di una unità al giorno, realizzati con tornio manuale, a centinaia di tavoli per ora. La seconda evoluzione dei b. s. è stata caratterizzata dalla necessità di realizzare il controllo della trasformazione determinando i parametri di lavorazione in modo che la macchina sia in grado di replicare in modo automatico le caratteristiche funzionali richieste al bene prodotto come, per es., le geometrie e lo stato superficiale. Nel rapporto con i b. s. l'uomo passa storicamente da fornitore di energia e controllore della lavorazione a gestore della macchina automatica e dell'intero processo. La qualità della lavorazione assume nel tempo un ruolo importante in quanto i prodotti diventano sempre più complessi e le macchine lavorano sempre più semilavorati da assemblare con altre macchine. La precisione della lavorazione diventa un valore economico e di conseguenza i b. s. vengono differenziati non solo per la produttività ma anche per la qualità della lavorazione.
Importanza economica
L'importanza economica dei b. s. è rilevante per l'Europa e per l'Italia. Il relativo fatturato europeo, nel 2003, è stato di circa 320 miliardi di euro con una occupazione di 2,0 milioni di addetti. La dimensione è paragonabile agli altri due settori significativi del manifatturiero europeo: il settore automobilistico che fattura 480 miliardi di euro con un impegno di 2,5 milioni di addetti; il settore aerospaziale che fattura 60 miliardi di euro con un impegno di 0,5 milioni di addetti. L'Italia e la Germania sono i principali produttori europei di b. s. e sono tra i primi a livello mondiale. Le industrie italiane riunite nella Federazione nazionale dei produttori di beni strumentali, Intermeccanica, producono nei seguenti comparti: macchine e attrezzature per ceramica; macchine per la lavorazione del legno; macchine per l'industria grafica, cartaria e affini; macchine per l'industria tessile; macchine e stampi per materie plastiche e gomma; macchine per calzature, pelletteria e conceria; macchine e accessori per il vetro; macchine e attrezzature per la lavorazione delle pietre naturali; macchine per confezionamento e imballaggio; macchine utensili, robot e automazione; industria meccanica varia e affine. I dati relativi all'anno 2002 indicano che la produzione nazionale di macchine degli undici comparti citati ha raggiunto un valore di circa 26 miliardi di euro che corrisponde al 2,1% del prodotto interno lordo. Gli addetti sono oltre 160.000 unità pari al 2,3% del totale degli addetti nell'industria italiana. Il contributo più rilevante dato dal settore dei b. s. è la propensione alla esportazione che pesa in media il 63% del fatturato complessivo con un valore massimo dell'82% per le macchine per il confezionamento e un minimo del 44% per le macchine utensili per la lavorazione dei metalli. Quest'ultimo dato è dovuto principalmente alle forniture che il comparto delle macchine utensili per la lavorazione dei metalli eroga agli altri costruttori di macchine nazionali. L'industria italiana in tale comparto detiene il terzo posto a livello mondiale sia come produttore sia come esportatore. L'importanza della produzione di b. s. per il Paese è evidenziata dal saldo complessivo delle merci che nel 2002 è stato di 8,5 miliardi di euro grazie ai saldi attivi di due soli comparti: arredamento e abbigliamento con un saldo attivo di 34,9 miliardi di euro; macchine e apparecchi meccanici con un saldo attivo di 32,3 miliardi di euro.
La specificità del settore della meccanica strumentale italiana è evidente se si raffrontano i dati in ambito europeo. Il confronto con l'Europa è significativo in quanto questa è la prima area al mondo per la produzione di b. s. e il consumo di macchine per la produzione. I dati, presentati da Federmacchine (Federazione Nazionale delle Associazioni dei Produttori di Beni Strumentali Destinati allo Svolgimento di Processi Manifatturieri nell'Industria e nell'Artigianato) nel 2005 indicano che l'Italia è al quarto posto in Europa per prodotto interno lordo (PIL, 13,1%) ma al secondo posto per la produzione di machinery and equipment (categoria del codice europeo NACE, Nomenclature Générale des Activités Economique) con il 19,6%. La Germania è al primo posto per il PIL, 21,9%, e nella produzione di macchine con il 33,5%. Questi dati confermano la forte specializzazione e l'importanza dell'Italia nel settore. I relativi dati sull'occupazione europea rispecchiano quelli sui fatturati, infatti gli addetti in Germania nel settore sono il 30,2% del totale e l'Italia è al secondo posto con il 16,8%. Diversa è la situazione relativa al numero di imprese per le quali l'Italia conta il 27% del totale delle imprese europee contro l'11% delle imprese tedesche. Il numero medio di addetti per azienda è 13,1 in Italia e 61,1 in Germania, con una media europea pari a 22,3. Il fatturato medio per impresa è di 9,6 milioni di euro in Germania e di 2,3 milioni di euro in Italia, con una media europea pari a 3,2 milioni di euro. La minore dimensione delle industrie italiane non vuole dire minore efficienza. Se si confronta, infatti, il fatturato per addetto rispetto alla media europea, posta a 100, le imprese italiane conseguono il secondo posto (166) alle spalle delle imprese francesi (179), e prima di quelle tedesche (158). La solidità e la capacità del settore nell'affrontare il mercato è desumibile dall'andamento nel periodo dal 1990 al 2000. Il valore della produzione è cresciuto in media del 3,0% all'anno con un aumento annuo delle esportazioni del 5,0%.
I meccanismi di trasformazione
Le trasformazioni che i b. s. realizzano possono impiegare uno o più meccanismi fisici. Di notevole importanza per la progettazione, la definizione e il controllo delle caratteristiche dei b. s. è la comprensione delle interazioni che avvengono tra l'utensile e il materiale da lavorare. La macchina è costruita attorno a questa interazione al fine di sostenere e controllare il meccanismo fisico che si instaura nella trasformazione. Per questo motivo una descrizione dei principi di funzionamento dei b. s. può essere utilmente semplificata partendo dalla descrizione dei meccanismi di trasformazione.
Formatura. - Nei processi di formatura si conferisce forma a un liquido o a delle polveri solide mediante uno stampo. Nel processo di formatura per fusione il raffreddamento del materiale fuso, dovuto al contatto materiale-stampo, genera il getto con la geometria finale voluta. In funzione delle velocità di raffreddamento e della temperatura iniziale del fuso si possono controllare la struttura del materiale e le proprietà meccaniche finali del getto. La formatura per sinterizzazione viene applicata alle polveri solide. Le polveri inserite nello stampo saranno sottoposte a una forza di compressione e a un ciclo termico per generare e consolidare i legami tra i singoli grani. I processi di formatura possono essere applicati alla maggior parte dei materiali per impieghi ingegneristici. Un processo di formatura molto diffuso utilizzato per le leghe leggere, caratterizzate da un basso punto di fusione, è la colata sotto pressione (pressofusione). La tecnologia prevede l'iniezione a elevata pressione del metallo fuso in uno stampo cavo per realizzare geometrie anche molto complesse (corpi motore, scatole cambio, componentistica). La pressione impiegata può andare da uno a mille MPa mentre la massa dei getti realizzati può andare da 100 g a 30 kg. La colata sotto pressione può essere realizzata a camera calda o a camera fredda. Nel primo caso, utilizzato in genere per le leghe a più basso punto di fusione a base zinco-stagno-piombo, un sistema a pistone posto nel metallo liquido cattura una certa quantità di fuso e lo spinge nella conchiglia (stampo) realizzata in acciaio. Nella camera fredda il metallo fuso, in genere leghe di alluminio e leghe di magnesio, viene posto in un cilindro freddo e mediante un pistone viene spinto nella conchiglia. Questa, per entrambe le tecnologie, può essere aperta in due metà consentendo l'estrazione del getto solidificato. Le macchine per la colata sotto pressione sono di notevoli dimensioni e vengono classificate in funzione della forza che occorre applicare per tenere chiuse le due metà della conchiglia durante l'iniezione. L'intervallo delle forze di cui sono tipicamente capaci queste macchine va da 250 a 30.000 kN (circa 25-3000 t). Le cadenze produttive di queste macchine sono elevate. Nel caso della camera calda si possono raggiungere produttività di migliaia di pezzi all'ora con materiali basso fondenti e getti di piccole dimensioni. La qualità dei getti prodotti è buona, se confrontati con altri processi di fusione, in quanto l'elevata pressione di iniezione riduce la porosità nel getto e consente un efficace raffreddamento del metallo fuso a contatto con la conchiglia. Si ottengono in questo modo strutture del metallo a grana fine caratterizzate da elevate proprietà meccaniche. Le macchine per pressofusione sono state, negli ultimi anni, oggetto di interessanti innovazioni rivolte a ridurre i tempi di riempimento della conchiglia, ridurre gli spessori minimi dei getti e migliorarne le proprietà meccaniche. Soluzioni quali l'uso di pompe per il vuoto finalizzate ad agevolare il movimento del fuso nello stampo hanno consentito di realizzare in una sola fase corpi motore in lega di alluminio per motori a otto cilindri a V. L'applicabilità dei processi di pressofusione in conchiglia è limitata dagli alti costi delle conchiglie che richiedono progettazione, lavorazione e tempi lunghi di produzione. In compenso la tecnologia consente di produrre lotti numerosi per cui i costi degli stampi possono essere distribuiti su un elevato numero di pezzi prodotti. I processi di formatura possono raggiungere elevate produttività con cicli da pochi secondi a qualche minuto in funzione dello spessore del componente da produrre. I tempi di messa a punto delle macchine prima della produzione possono essere anche dell'ordine di ore. Condizione questa che, unita al costo elevato delle conchiglie, rende improponibile la tecnologia per lotti di piccole dimensioni. Altre tecnologie di fusione sono: la fusione in terra in cui il metallo fuso viene colato in forme non permanenti; la fusione centrifuga che impiega forme permanenti e sfrutta la forza centrifuga per la distribuzione del fuso sulle pareti della forma con spessori uniformi (produzione di tubi).
Deformazione plastica. - I metalli possono subire deformazioni permanenti, senza rotture o lesioni, se si induce in essi, mediante l'applicazione di forze esterne, uno stato di sollecitazione che supera un valore di soglia. Questa teoria, dovuta a G. Galilei, è molto semplice e ha il pregio di essere conseguenza di una osservazione sperimentale diretta che tutti possiamo fare manipolando del piombo o dello stagno. In condizione di sollecitazione mono-assiale il valore di soglia è identificabile con la sollecitazione allo snervamento che, per una lega metallica, è convenzionalmente definita come quella sollecitazione che induce nel materiale una deformazione lineare permanente pari allo 0,2% in una prova di trazione normata. Questa semplice definizione tecnologica, dovuta alla pratica applicativa, consente di utilizzare il meccanismo di deformazione plastica. È infatti possibile prevedere che se superiamo la sollecitazione allo snervamento, riportata nei manuali per tutti i materiali metallici, deformeremo permanentemente il metallo almeno nelle semplici condizioni di carico mono-assiale che abbiamo ipotizzato. Tra le teorie più complesse sulle condizioni di sollecitazione per le quali si induce la plasticità, vi sono la teoria della massima tensione principale positiva e negativa, la teoria della massima tensione tangenziale (di H.-É. Tresca), la teoria dell'energia di deformazione (di E. Beltrami-B.P. Haigh) e la teoria dell'energia di distorsione (di R. von Mises). Allo stato attuale le condizioni di deformazione plastica di un pezzo metallico possono essere simulate mediante modelli fisico-matematici, quale il metodo degli elementi finiti, implementati in codici di calcolo sempre più facili da usare (user friendly). La ricerca delle condizioni di sollecitazione per le quali si innesca la deformazione plastica non illumina però sul meccanismo interno che consente ai metalli di assumere una deformazione permanente. Questo fenomeno coinvolge la natura cristallina dei metalli, la mobilità degli atomi, la presenza e la generazione di difetti della struttura cristallina (dislocazioni), la dimensione e l'orientamento dei grani, i piani di massimo addensamento atomico. Nelle discipline tecnologiche l'entità delle deformazioni permanenti indotte nel materiale sono molto alte. Ciò induce modifiche radicali della forma e delle dimensioni del pezzo lavorato, una alterazione delle strutture e delle proprietà del materiale durante la lavorazione, l'innesco di effetti termici dovuti alla conversione in calore del lavoro di deformazione. In molti casi la modifica in positivo delle proprietà del materiale, dovuta all'incrudimento o alla rottura dei grani cristallini, assume una importanza prevalente rispetto anche alla modifica della forma.
Fra i principali materiali lavorabili con il meccanismo di deformazione plastica vi sono le leghe Fe-C, gli acciai inossidabili, le leghe leggere, le leghe resistenti alle alte temperature, il titanio. I prodotti realizzabili sono, per es., componenti per autoveicoli, pale di turbina, componenti meccanici tra cui ruote dentate, componenti di macchine utensili, profilati, fili, viti. Per avere un'idea dell'importanza delle lavorazioni per deformazione plastica si osserva che un'auto di medie dimensioni presenta tra i 60 e gli 80 kg di componenti realizzati mediante questa trasformazione.
Una prima grossolana classificazione delle lavorazioni per deformazione plastica può essere realizzata dividendole in tecnologie per la formatura massiva e tecnologie per la formatura delle lamiere. Al primo caso appartengono le lavorazioni di forgiatura, estrusione, trafilatura e laminazione. Nel secondo caso si hanno le lavorazioni di tranciatura, piegatura, imbutitura e stampaggio. In genere le sollecitazioni richieste per realizzare le deformazioni permanenti desiderate variano in un campo molto ampio da alcune decine ad alcune migliaia di N/mm2 in funzione della lavorazione e del tipo di materiale da lavorare. Le macchine devono applicare forze molto elevate. Una pressa per la forgiatura deve essere in grado di applicare una forza che superi i mille MN. Lo stesso componente, in tempi più lunghi e con operazioni successive, può essere realizzato con asportazione di truciolo con macchine che applicano carichi di alcune decine di kN.
La classificazione dei processi di formatura può essere realizzata in funzione di alcuni elementi caratteristici dei processi. Tra di essi: la temperatura alla quale il processo si svolge; le dimensioni e la forma del pezzo in lavorazione; la tipologia del processo nell'ambito dell'intero ciclo produttivo che conduce alla realizzazione del prodotto finito; le caratteristiche del meccanismo di deformazione che si instaura nel semilavorato durante il processo. La classificazione in funzione della temperatura distingue le lavorazioni a caldo, quando la temperatura a cui avvengono è superiore alla metà della temperatura di fusione del materiale, e le lavorazioni a freddo quando la lavorazione avviene a una temperatura inferiore alla metà della temperatura di fusione. In effetti anche in questo caso la semplice definizione tecnologica basata sulla pratica nasconde una realtà fisica complessa. Una corretta discriminazione dovrebbe essere riferita alle temperature a cui si instaura il meccanismo della ricristallizzazione. A queste temperature, prossime alla metà della temperatura di fusione, la mobilità degli atomi è tale che si possono formare nuovi nuclei di cristallizzazione e quindi una struttura completamente nuova, con proprietà isotrope e con una dimensione dei grani cristallini in funzione della temperatura, del tempo a cui si permane a quella temperatura e della entità della deformazione applicata. Con la ricristallizzazione si realizza un aumento della duttilità del materiale e quindi si facilita la lavorazione per deformazione plastica.
Asportazione di materia. - L'asportazione della materia è allo stato attuale il processo più diffuso per la lavorazione dei materiali. Una classificazione delle diverse lavorazioni può essere realizzata sulla base del meccanismo di rimozione impiegato. Le lavorazioni meccaniche si basano sulla sollecitazione locale del materiale indotta da un utensile che porta per deformazione plastica alla formazione di un truciolo. Gli utensili sono costituiti da materiali con durezza, resistenza all'usura e carico di rottura elevati, a cui si danno geometrie adatte per l'applicazione delle forze necessarie per realizzare l'asportazione del materiale durante l'interazione. Le lavorazioni mediante energia termica portano il materiale localmente a fusione o a vaporizzazione.
Nel caso di una macchina utensile che asporti truciolo da un getto in lega metallica, con il fine di realizzare una geometria e qualità superficiale determinate, l'utensile interagisce con il materiale e applica delle forze che sono in grado di generare localmente meccanismi di deformazione plastica. Altri fenomeni possono intervenire, non sempre desiderati ai fini della lavorazione e del controllo, come l'attrito e l'aumento della temperatura dovuto all'attrito e alla elevata energia di deformazione a cui è sottoposto il metallo. La macchina nel suo complesso deve essere in grado di fornire moto relativo tra l'utensile e il materiale; fornire potenza sufficiente all'instaurarsi delle condizioni di deformazione plastica; fornire fluidi per ridurre la temperatura di lavoro; garantire rigidità sufficiente; misurare i parametri di lavorazione quali la velocità di taglio, la velocità di avanzamento, la profondità di passata, la potenza assorbita; modificare in modo discreto o continuo i parametri di lavoro; allontanare il materiale asportato dalla zona di lavoro; consentire, nelle macchine automatiche, il cambio degli utensili a causa dell'usura o per realizzare lavorazioni diverse. Come si vede, le funzioni richieste alla macchina sono complesse, articolate e fortemente interconnesse. Tutte dipendono, però, dal meccanismo fisico utilizzato per la trasformazione. I processi di rimozione di materiale, se paragonati con le altre tecnologie di produzione, sono caratterizzati da grande flessibilità in termini di dimensioni dei lotti di produzione, geometria dei pezzi da produrre e qualità delle superfici.
Tra i processi di lavorazione meccanica, la tornitura è il più diffuso. Essa consiste nel porre in rotazione il pezzo da lavorare, a cui è fornito quindi il moto di taglio principale, e nel fare avanzare l'utensile che viene traslato lungo il pezzo provvedendo al moto di avanzamento. Sulla base della direzione del moto di avanzamento si possono realizzare torniture longitudinali, frontali e di forma. Nel primo caso si realizza un avanzamento assiale, nel secondo caso un avanzamento radiale e nel terzo caso un avanzamento simultaneo assiale e radiale. Altra lavorazione meccanica molto diffusa è la foratura. In questo caso l'utensile possiede contemporaneamente il moto di taglio e di avanzamento mentre il pezzo da lavorare è fermo. L'utensile ha un corpo cilindrico e i taglienti, in genere due, sono posti all'estremità del cilindro inclinati rispetto all'asse. Per la natura dell'utensile atto a forare, che affonda nel materiale, i principali problemi nascono nella evacuazione del materiale lavorato dalla zona di lavoro. Per questo motivo lungo il cilindro vengono realizzate delle scanalature per il passaggio del truciolo. Un'altra lavorazione meccanica nella quale, come nel caso della tornitura, l'utensile possiede contemporaneamente il moto di taglio e di avanzamento mentre il pezzo da lavorare è fermo è la fresatura. In questo caso però il moto di avanzamento non è nella direzione assiale dell'utensile ma è ortogonale all'asse principale dell'utensile. Quest'ultimo infatti presenta i taglienti posti alla periferia del corpo cilindrico ortogonali o inclinati rispetto al diametro. È possibile porre i taglienti anche frontalmente al cilindro o in alcuni casi sagomare il cilindro in modo che i taglienti vengano a contatto con il materiale su superfici ridotte. Le lavorazioni descritte avvengono con utensili a geometria definita e possono realizzare pezzi in una ampia varietà di forme: da forme con un asse di simmetria alle forme prismatiche. Al fine di realizzare superfici con livelli di precisione dimensionale e qualità molto spinti si utilizza un'altra tipologia di lavorazione denominata rettifica. L'utensile in questo caso è costituito da un insieme di grani abrasivi tenuto insieme da una matrice, in genere polimerica, di forma cilindrica (mola). Quando il cilindro posto in rotazione viene a contatto con il materiale da lavorare i singoli grani abrasivi si comportano come utensili asportando piccoli trucioli. L'azione ripetuta determina l'asportazione di quantità significative di materiale mantenendo, però, la rugosità superficiale molto bassa e consentendo di realizzare piccole tolleranze dimensionali. Il grano abrasivo, per il danneggiamento meccanico e termico della matrice si allontana dalla superficie della mola determinandone l'usura. Il truciolo asportato dal materiale può riportarsi sulla mola intasandola e impedendo ai grani abrasivi di venire a contatto con il materiale. In questi casi si realizza una lavorazione di ravvivatura della mola ossia di asportazione del truciolo impegnato nella matrice.
Giunzioni. - I processi di giunzione includono un'ampia gamma di tecnologie quali la saldatura, la brasatura, l'incollaggio e le giunzioni meccaniche. Essi vengono utilizzati qualora non sia possibile realizzare prodotti in un singolo pezzo per motivi tecnologici o anche economici. In quest'ultimo caso può essere più conveniente costruire un ciclo di lavorazione con il quale produrre pezzi semplici da assemblare successivamente per generare pezzi complessi che non realizzare un ciclo per la lavorazione diretta in un solo blocco dei pezzi complessi. Le motivazioni tecniche per scegliere i processi di giunzione sono molteplici. Essi vanno dalla possibilità di realizzare smontaggi semplificati di elementi funzionali anche complessi, al fine di realizzare operazioni di manutenzione o di riparazione, fino alla necessità di ottenere grandi superfici con elevate prestazioni meccaniche quali le strutture aeronautiche e navali. La tecnologia di giunzione più diffusa è la saldatura. Essa può essere realizzata per fusione nella zona di contatto dei pezzi da unire. In questo caso sono disponibili la saldatura ad arco elettrico, la saldatura ossiacetilenica, la saldatura a resistenza. La giunzione può avvenire senza la fusione dei materiali e in questo caso sono disponibili la saldatura per attrito e la saldatura a ultrasuoni. Quando le energie termiche disponibili sono molto elevate, in genere superiori ai 104 W/cm2, il meccanismo di generazione della saldatura si discosta dalla saldatura per fusione tradizionale e assume la denominazione di saldatura per profonda penetrazione. È il caso delle saldature mediante fascio laser e fascio di elettroni nelle quali l'interazione tra il fascio e il materiale genera un sottile e profondo canale di vapore metallico, lungo la zona di contatto dei pezzi da saldare, attorno al quale si forma una zona di metallo fuso. Il fuso e il vapore si mantengono in equilibrio tra loro e se è presente un moto relativo tra la sorgente di energia e i pezzi da saldare la zona fusa si richiude all'allontanarsi del canale di vapore generando il cordone di saldatura. La saldatura con fascio laser è preferita rispetto alla saldatura con fascio di elettroni in quanto quest'ultima deve essere realizzata in vuoto con elevati costi di produzione. La saldatura a fascio di elettroni è la tecnologia che consente di realizzare saldature con le più elevate caratteristiche di resistenza meccanica e resta la tecnologia di riferimento per molte applicazioni nei settori aeronautico e nucleare. La saldatura con fascio laser potendo lavorare in atmosfera ed essendo caratterizzata da una elevata flessibilità ha negli ultimi anni soppiantato molte tecnologie tradizionali. È il caso della saldatura delle scocche automobilistiche realizzate mediante saldatura a resistenza per punti che è in corso di rapida sostituzione in molti impianti produttivi con la saldatura mediante fascio laser. La saldatura per resistenza viene realizzata ponendo le due lamiere da saldare sovrapposte bloccate da una pinza. Attraverso i due bracci della pinza, fatti di rame incrudito per garantire un buon contatto elettrico con la lamiera, viene fatta passare corrente. Nella zona di contatto tra le due lamiere essendo più alta la resistenza elettrica si genera, per effetto Joule, una elevata quantità di calore che porta il metallo a una temperatura prossima alla fusione. La presenza della forza di chiusura della pinza contribuisce alla generazione della saldatura. Questa tecnologia, per punti, comporta notevoli criticità quali l'usura delle pinze, la necessità di realizzare elevate quantità di punti di saldatura per la produzione delle scocche e la necessità di avere spazio disponibile per il posizionamento delle pinze. L'attuale tecnologia laser prevede l'impiego di robot antropomorfi sul cui polso viene posizionato il sistema di focalizzazione del fascio. Questo viene fatto passare dalla sorgente al sistema di focalizzazione mediante sistemi ottici di rinvio posizionati all'interno del robot. La saldatura avviene sulle lamiere sovrapposte generando una zona di fusione lunga alcuni centimetri e profonda quanto lo spessore delle due lamiere. La possibilità di estendere la giunzione dal punto della saldatura a resistenza a una linea ha consentito di ridurre la sollecitazione specifica sulla saldatura e, quindi, di ridurre le zone di saldatura della scocca fino a un 40%. La saldatura laser non soffre di problemi di usura della testa di focalizzazione e per il posizionamento è necessario avere libera una sola delle superfici da saldare. Recentissime evoluzioni dei sistemi di saldatura laser consentono di prevedere che nei prossimi anni saranno eliminati i robot antropomorfi per il posizionamento del fascio che avverrà a distanza mediante specchi di rinvio e di focalizzazione con più assi di movimentazione.
Tra i sistemi di giunzione una rapida evoluzione ha subito negli ultimi anni la tecnologia dell'incollaggio mediante adesivi per gli impieghi strutturali. In genere si definiscono strutturali quegli adesivi che hanno una resistenza al taglio, per giunti di sovrapposizione, che superi i settanta N/mm2. I principali adesivi polimerici sono acrilici, epossidici e uretani. I vantaggi nell'utilizzo dell'incollaggio sono significativi e giustificano il crescente interesse industriale. Tra questi vi sono l'assenza di distorsione del materiale tipica delle giunzioni con fusione; la distribuzione di carichi su ampie superfici con una significativa riduzione dei carichi specifici sul materiale; la capacità di assorbimento di urti; l'assenza di alterazione dei rivestimenti anticorrosione; la capacità di sigillatura; la possibilità di accoppiare materiali differenti; gli effetti di smorzamento ai fini del rumore. I principali svantaggi sono riconducibili alla necessità di un'adeguata preparazione delle superfici, l'impossibilità di smontare le giunzioni, la sensibilità alle temperature superiori ai 150°C, la bassa resistenza per impatti a elevata velocità. L'impiego di adesivi strutturali può consentire di sviluppare nuovi schemi progettuali e produttivi che si possono concretizzare in una riduzione dei costi con l'uso di materiali più economici o con la semplificazione dei processi di produzione. Nel settore si osserva una rapida evoluzione di b. s. destinati alla preparazione delle superfici e alla deposizione degli adesivi.
Proprietà dei materiali dopo la lavorazione
I processi descritti sono finalizzati principalmente a realizzare una trasformazione in cui la forma e lo stato della superficie riveste un ruolo primario. La trasformazione avviene con una interazione, tra l'utensile e il materiale, caratterizzata, in genere, da una sollecitazione termica e/o meccanica. Durante la trasformazione si possono realizzare effetti non desiderati che si traducono in modifiche nelle proprietà del materiale dovute alla lavorazione. Queste possono alterare la funzionalità del pezzo prodotto e vanno controllate durante la trasformazione mediante i parametri di processo del b. s. utilizzato o eliminati con adeguati trattamenti mediante altri beni strumentali. Nei processi di saldatura, per es., si genera attorno al cordone di saldatura una zona termicamente alterata dovuta alla modifica della struttura cristallina del materiale non coinvolto direttamente nella zona di fusione ma che ha subito un intenso flusso termico. La composizione del materiale e le velocità di raffreddamento determinano la modifica strutturale e le proprietà meccaniche della zona alterata che possono essere anche molto differenti dal cordone di saldatura e dal materiale originale. In questi casi è possibile modificare i parametri di processo, aumentando o diminuendo la velocità di saldatura o la potenza termica necessaria alla generazione del cordone di saldatura al fine di controllare le caratteristiche e l'estensione della zona termicamente alterata. I meccanismi che portano a un'alterazione delle proprietà finali del materiale possono essere molto complessi e coinvolgere diversi aspetti. Un caso esemplificativo si verifica in fonderia nella realizzazione di getti con geometria complessa caratterizzata da spessori molto differenti. Nella fase di raffreddamento del getto solidificato la velocità di raffreddamento dipende dalla superficie a contatto tra il getto e la forma oltre che dal volume di materiale. È evidente che, a parità di superficie di scambio termico, un getto di maggiore volume si raffredderà, passando dalla temperatura di solidificazione alla temperatura ambiente, in un tempo più lungo rispetto a un getto di minore volume. Il raffreddamento genera una contrazione del materiale e una riduzione dimensionale del getto. In un getto complesso è possibile che due parti adiacenti, collegate tra loro, si raffreddino e, quindi, si contraggano in modo non uniforme. La diversa contrazione dimensionale delle due parti, mutuamente impedita, genera la nascita di sollecitazioni interne al materiale. Tali sollecitazioni, se non intervengono altri fenomeni, scompariranno a raffreddamento completato, cioè quando tutte le parti del getto avranno finito di contrarsi. In effetti è molto probabile che le tensioni interne elevate e l'alta temperatura portino una parte del materiale, durante il raffreddamento, a deformarsi plasticamente ossia ad assumere una deformazione che permarrà anche al termine del raffreddamento. La differenza dimensionale tra le due parti adiacenti a temperatura ambiente sarà causa di uno stato tensionale permanente che potrebbe alterare la funzionalità in esercizio del getto. In questi casi il getto viene posto in un forno, portato a una temperatura prossima alla temperatura di solidificazione e raffreddato molto lentamente in modo che tutte le parti del getto assumano le stesse temperature e quindi le stesse contrazioni.
Macchine utensili
I b. s. sono macchine che, come si è detto, sono destinate a realizzare la trasformazione del materiale in un prodotto o in un componente funzionale. Negli ultimi cento anni le macchine che hanno subito la più rilevante evoluzione sono le macchine utensili, cioè le macchine destinate alla realizzazione delle lavorazioni per asportazione di materia. Molte delle innovazioni sviluppate per questi b. s. o per i sistemi di produzione che le utilizzano sono state successivamente trasferite ad altri b. s. per lavorazioni anche molto diverse. Tra tutte le innovazioni lo sviluppo del controllo numerico e dei concetti di automazione riveste certamente un ruolo fondamentale.
Nei primi anni del Novecento un tornio era alimentato da un motore posto al di fuori della macchina. Questa configurazione comportava che la posizione della macchina fosse immutabile anche se nel frattempo le esigenze produttive potevano cambiare e una diversa collocazione delle macchine nel ciclo di produzione si poteva rendere necessaria perché più efficiente. Negli anni Venti il motore divenne parte integrante della macchina consentendone una facile riallocazione produttiva e permettendo, inoltre, un aumento della rigidità strutturale della macchina. Questo aumento di rigidità consentì, a sua volta, un notevole incremento della produttività. La relazione tra rigidità della struttura della macchina e produttività è facile da intuire sulla base di quanto si è detto sul meccanismo di interazione tra utensile e materiale. Le forze che si generano tra utensile e materiale, durante la trasformazione, devono essere utilmente contrastate dalla struttura della macchina che non deve deformarsi. In caso contrario la deformazione determinerebbe un allontanamento dell'utensile dal materiale che non esplicherebbe la sua azione al meglio. Le forze scambiate dipendono dalla velocità di taglio, se questa aumenta aumentano le forze. La produttività, a sua volta, dipende dalle velocità di taglio e quindi alta produttività implica elevate forze di taglio che possono essere sostenute aumentando la rigidità della macchina. Questa semplice descrizione viene nella realtà resa più complessa per i fenomeni dovuti al comportamento dinamico della struttura che possono in condizioni particolari, di risonanza, esasperare la difficoltà nel realizzare un contatto continuo tra l'utensile e il materiale. In questi casi è utile considerare anche il comportamento a smorzamento dei materiali utilizzati per alcuni elementi del tornio quali il basamento e le guide. Negli anni Sessanta la produttività delle macchine utensili si incrementò notevolmente per alcune soluzioni costruttive dedicate all'incremento della rigidità ma furono fatti anche notevoli passi avanti per realizzare l'automazione della lavorazione. Con il termine automazione si intende, in genere, l'insieme delle tecniche e dei metodi atti a sostituire o ridurre l'intervento umano in una attività lavorativa. Nelle macchine utensili uno dei primi obiettivi dell'automazione è stato quello di eliminare l'intervento umano per impostare i moti di taglio, l'avanzamento e per il cambio dell'utensile con il fine di ridurre i tempi passivi e diminuire gli errori. Altri aspetti rilevanti delle strategie di automazione nelle macchine utensili sono stati: l'eliminazione delle operazioni di montaggio e smontaggio del pezzo sulle macchine; la possibilità di realizzare diversi tipi di lavorazione su una stessa macchina, resa versatile, con il vantaggio di risparmiare il numero di macchine, lo spazio occupato e i tempi di trasporto, montaggio e smontaggio dei pezzi; diminuire i tempi necessari al cambio del prodotto; rendere possibili operazioni di controllo dimensionale sulla stessa macchina utensile diminuendo i tempi del controllo. I primi esempi di automazione sono stati realizzati trasformando macchine utensili tradizionali mediante l'applicazione di dispositivi meccanici in grado di ridurre i tempi di cambio utensile, di cambio pezzo o di effettuare più operazioni contemporaneamente. Alcuni esempi di queste macchine sono: il tornio automatico, nel quale più utensili disposti sia radialmente rispetto al pezzo in rotazione sia assialmente su torrette girevoli ricevono i moti di appostamento e alimentazione mediante camme, riducendo, in questo modo, i tempi passivi di cambio utensile; il tornio a copiare, con il quale era possibile tornire profili complessi grazie a un dispositivo oleodinamico nel quale un tastatore seguendo una dima, ossia un modello semplificato del pezzo, impone all'utensile gli stessi movimenti.
L'introduzione delle tecnologie elettroniche e informatiche ha consentito di realizzare la flessibilità produttiva della macchina utensile, cioè la capacità di adattare la macchina alle rapide evoluzioni del mercato e alle conseguenti modifiche tecniche del prodotto. Il primo esempio di utilizzo dell'elettronica nelle macchine utensili è stato il controllo numerico con il quale è possibile controllare, sulla base di un programma scritto in opportuno linguaggio, il moto di taglio, il moto di alimentazione e l'appostamento dell'utensile. Il programma rappresenta mediante una equazione la traiettoria che dovrà compiere l'utensile per realizzare il profilo desiderato. Il controllo numerico acquisisce, inoltre, la traiettoria reale dell'utensile che confronta con il percorso ideale memorizzato realizzando così un controllo continuo della lavorazione. La possibilità di cambiare semplicemente la programmazione del controllo consente una flessibilità operativa mai raggiunta. L'applicabilità e l'estensione del controllo numerico sono state per molti anni condizionate dalla disponibilità e dalla evoluzione di due componenti principali: gli attuatori e i trasduttori. Con i primi l'impulso elettrico proveniente dal controllo si trasforma in una movimentazione del pezzo, dell'utensile o nel comando del sistema di sostituzione di un utensile. Con i secondi è possibile misurare la posizione dell'utensile, del pezzo o verificare che un cambio utensile sia stato realizzato e trasformare queste informazioni in impulsi elettrici gestiti dal controllo numerico. Realizzare il cambio dell'utensile e controllare le lavorazioni ha consentito la realizzazione dei centri di lavoro con i quali sono realizzabili più lavorazioni quali, per es., la fresatura, la foratura e la alesatura. L'evoluzione del tornio tradizionale è costituita dai centri di tornitura nei quali torni a controllo numerico possono utilizzare utensili rotanti (punte, frese) in modo da realizzare sui pezzi torniti lavorazioni diverse senza trasferire il pezzo.
bibliografia
M. Santochi, F. Giusti, Tecnologia meccanica e studi di fabbricazione, Milano 2000; Federmacchine, La crescita dimensionale nel settore dei beni strumentali, Sesto San Giovanni 2005.