DE FRANCESCO, Beniamino
Nato a Barletta intorno al 1815, secondo i cronisti dell'epoca si recò in giovane età a studiare pittura a Napoli. Dai documenti dell'archivio allievi dell'accademia di belle arti di Napoli risulta come dato certo che egli cominciò a frequentare l'istituto di belle arti nel 1832. In quell'anno e nel seguente partecipò, quale allievo interno, ai concorsi banditi dall'istituto e conseguì per cinque volte consecutive il primo premio nella disciplina del paesaggio per la prima classe. Frequentò la scuola di paesaggio diretta dal pittore olandese A. S. Pitloo e, come allievo dell'istituto, partecipò alle esposizioni periodiche di belle arti del 1833, 1835, 1837, organizzate nel Museo Borbonico di Napoli.
Sin dalla fase iniziale della sua attività, pur risentendo dell'influenza della pittura di tradizione hackertiana nella schematizzazione scenografica e nella tendenza alla documentazione obiettiva e puntuale della veduta, l'artista, in opere come Paesaggio (1837; Napoli, Museo di Capodimonte), definiva le forme, anche se in modo tutt'altro che esclusivo, per valori e toni mediante il caratteristico tocco "a macchia" che sarà successivamente adottato e sviluppato dai fratelli Palizzi.
L'attività svolta durante il periodo napoletano dal D. può essere utilmente collegata a quella del gruppo di artisti che si è soliti radunare sotto la denominazione di Scuola di Posillipo. La ricerca di una trascrizione oggettiva del vero sino alla minuziosa analisi del particolare gli consentì, però, di evitare l'effetto suggestivo e l'evasione lirica. Acquista così significato il fatto che D. Morelli lo ricordi quale "pittore realista", insieme ai fratelli Palizzi (Morelli-Dalbono, 1915, p. 13). A frenare l'evoluzione integrale in senso verista del suo stile fu soprattutto la persistente combinazione eclettica di disegno e colore, tipica del vedutismo napoletano nella prima metà dell'Ottocento, ma anche della tradizione pittorica del primo periodo romantico.
La tematica del paesaggio, benché prevalente, non fu però esclusiva. Il D. dipinse anche ambienti interni, come in Le catacombe di S. Gennaro, del 1834, o illustrò soggetti di argomento storico-letterario, come in La casa del Tasso a Sorrento, del 1835 (entrambe le opere sono conservate nel palazzo reale di Napoli).
All'influenza del luminismo drammatico romantico, diffuso a Napoli da artisti di provenienza nordica, e a un più evidente rispetto dei convenzionalismi accademici non corrispose una involuzione dal punto di vista stilistico. Infatti l'artista eseguì i due dipinti con notevole rigore formale nella definizione dei rapporti chiaroscurali, affrontando così temi di notevole risonanza locale senza cedere alla suggestione del pittoresco o della celebrazione fine a se stessa. Un'acquaforte che riproduce il dipinto Le catacombe di S. Gennaro è contenuta nel volume Rimembranze storiche e artistiche della città di Napoli, pubblicato a Napoli nel 1846 a cura di Domenico Del Re. L'incisione fu ottenuta da un disegno dello stesso De Francesco.
Trasferitosi a Firenze fra il 1838 e il 1839, il D. vi risiedette sino all'inizio del 1843. Nella città toscana sono conservati il dipinto Paesaggio della campagna romana, del 1838 (palazzo Pitti) e il disegno acquerellato Torrente e rocce (Uffizi), opere che costituiscono l'unica testimonianza artistica della sua attività fiorentina. Da alcune fonti, però, si deduce che in questo periodo il D. realizzò prevalentemente composizioni di "paesaggio storico". Ad esempio, nel 1839 espose all'Accademia "un gran paese rappresentante la Valchiusa col Petrarca alla fonte di Sorga" (Gazzetta di Firenze, 8 ott. 1839). Le due opere a noi pervenute dimostrano, tuttavia, che non vi fu un'evoluzione dal punto di vista stilistico. Con ogni probabilità il D. applicò il suo linguaggio moderatamente realista a soggetti d'argomento soprattutto letterario, che il pubblico allora prediligeva.
Dal 1843 si stabilì in Francia, prima a Parigi, in seguito in Bretagna. Partecipò a numerosi Salons parigini tra il 1843 e il 1870; fu presente all'Esposizione universale di Parigi del 1855 con due Vedute della Bretagna; contemporaneamente continuò a esporre sue opere alle mostre napoletane nel Museo Borbonico del 1845, 1851, 1855 e 1859. Inoltre presentò alla I Esposizione italiana del 1861 (p. 67 del catal.), a Firenze, due quadri con Scene di vita campestre.
La maggior parte dei dipinti di questo periodo è conosciuta solo perché ricordata dai cataloghi delle mostre. La loro dispersione all'estero, in numerose collezioni private non localizzate o in musei pubblici anche di provincia, rende estremamente complessa una ricostruzione, sia pure a grandi linee, dello svolgimento stilistico nelle opere dell'artista. Occorre comunque tener presente l'influenza che sicuramente ebbe sulla sua attività il movimento realista francese, e in particolare l'opera dei paesisti di Barbizon, dopo il trasferimento a Parigi. È da allora che sia il D. sia Giuseppe Palizzi, anche lui nella capitale francese dal 1844 circa, si posero con maggiore consapevolezza il fine della ricerca del vero nei temi e nelle forme, contribuendo così in modo decisivo, pur lontani dal proprio paese, alla formazione del verismo meridionale.
Attenzione particolare fu posta dal D. all'elaborazione della nuova tematica realista. Lo dimostrano opere come Casa colonica in Alta Savoia (Napoli, Museo di Capodimonte), Studio di paesaggio con contadina e polli (Roma, Camera dei deputati), Lavori campestri, del 1855 (Avellino, Museo dell'Irpinia). Da un'attenta analisi si può però ipotizzare che la rappresentazione della vita dei campi e la celebrazione di un naturalismo agreste distolsero in parte l'artista, dopo il 1850, da una compiuta e matura applicazione anche nelle forme del nuovo linguaggio verista. Probabilmente, come d'altra parte per molti altri artisti italiani, nell'ultimo periodo della sua attività il realismo si tramutò in naturalismo di maniera o, meglio, in pittura di genere.
Il D. visse per una ventina d'anni in Bretagna e morì a Dinard, presso Saint-Malo, il 20 luglio 1869 (Chronique des arts..., 1869, 47, p. 4).
Opere dell'artista sono conservate anche a Sorrento, una presso la Confraternita dei servi di Maria, una a Caserta, nel palazzo reale, una nel Museo di Angers e due nel Museo Thorvaldsen di Copenaghen.
Fonti e Bibl.: Cataloghi delle opere di belle arti esposte nel Palazzo del Real Museo Borbonico, Napoli 1833, nn. 417-419, p. 53, App.: n. 27, p. 3; 1835, n. 122, p. 19, nn. 248-249, p. 35, n. 459, p. 59; 1837, nn. 188-189, p. 23, nn. 207-209, p. 26; 1845, nn. 316-321, p. 37; 1855, nn. 27-30, p. 24; 1859, nn. 123-126, p. 19; Livrets des expositions des æuvres de peinture... des artistes vivants exposées dans le Salon..., Paris 1843, nn. 456-459, p. 63; 1844, nn. 722-724, p. 89; 1845, nn. 652-653, p. 79; 1846, n. 706, p. 79; 1847, nn. 650-652, p. 74; 1848, nn. 1794-1795, p. 131; 1849, nn. 776-777, p. 71; 1853, nn. 488-489, p. 104; 1855, nn. 536-537, p. 61; 1865, n. 847, p. 111; 1866, nn. 745-746, p. 93; 1867, nn. 609-610, p. 83; 1870, n. 1096, p. 141; Carelli Smargiassi e D., in Il Topo letterato, 1º ag. 1833, p. 53; A. M. Izunnia, Valchiusa. Quadro del Sign. B. D., in Giornale del commercio, 7 apr. 1841; Id., Una veduta del Sign B. D., in Il Ricoglitore fiorentino, 21 maggio 1842; F. P. Bozzelli, Sulla pubblica mostra degli oggetti di belle arti nella primavera del 1855, Napoli 1856, pp. 114-117; C. T. Dalbono, Storia della pittura in Napoli e in Sicilia dalla fine del 1600 a noi, Napoli 1860, p. 236; T. Gautier, B. D., in Souvenirs de théâtre, d'art et de la critique, Paris 1883, pp. 305-310; D. Morelli-E. Dalbono, La scuola napol. di pittura nel sec. XIX ed altri scritti d'arte, Bari 1915, pp. 13, 83; R. Labadessa, La Scuola di Posillipo, in Rassegna d'arte, VII (1920), pp. 221-231; Catal. biografico della mostra della pittura napol. dell'Ottocento, a cura di S. Di Giacomo, Napoli 1922, pp. 61 s.; Il paesaggio nella pittura napol. dell'Ottocento, a cura di S. Ortolani, Napoli 1936, pp. 22, 51; C. Lorenzetti, L'Accademia di Belle Arti di Napoli, Napoli 1953, p. 242; D. Maggiore, Arte e artisti dell'Ottocento napolitano e Scuola di Posillipo, Napoli 1955, pp. 35 s.; C. Maltese, Storia dell'arte in Italia 1785-1943, Torino 1960, pp. 172 s.; F. Lugt, Répertoire des catalogues des ventes (1861-1900), La Haye 1964, p. 128; C. Maltese, Realismo e verismo nella pittura ital. dell'Ottocento, Milano 1968, p. 17; Disegni ital. del XIX secolo, a cura di C. Del Bravo, Firenze 1971, pp. 63 s.; Cultura neoclassica e romantica nella Toscana granducale..., a cura di G. Marchini-S. Pinto, Firenze 1972, pp. 102, 194 s.; R. Causa, La Scuola di Posillipo, in Storia di Napoli, IX, Napoli 1972, pp. 783, 819; P. Ricci, Arte e artisti a Napoli (1800-1943), Napoli 1981, pp. 23, 30; S. Pinto, La promoz. delle arti negli Stati italiani dall'età illuminista all'unità, in Storia dell'arte italiana, VI, 2, Torino 1982, p. 947; Torquato Tasso tra letteratura, ... e arti figurative, a cura di A. Buzzoni, Bologna 1985, pp. 369, 409 ss.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XII, p. 302 (sub voce Francesco, Beniamino de, con ult. bibl.); Diz. Enc. Bolaffi, V, pp. 97 s. (sub voce Francesco, Beniamino de).