CAPILUPI (Capo di lupo, Codelupi), Benito
Nacque a Mantova nell'agosto 1461 da Giovan Francesco e da Antonia Folengo. Suo padre era gentiluomo al servizio dei Gonzaga: fu commissario marchionale, camerlengo del principe Gianlucido e fu creato cavaliere nel 1433 dall'imperatore Sigismondo. Il C., rimasto orfano di padre quand'era ancora bambino, fece studi letterari (ebbe maestro, tra gli altri, il mantovano Antonio da San Giovanni) e giuridici: pare che abbia conseguito il dottorato. Entrò anche lui al servizio dei Gonzaga, e ne guadagnò ben presto la fiducia. Nel febbraio 1488 fece parte della comitiva che accompagnò ad Urbino Elisabetta Gonzaga, che andava sposa a Guidubaldo da Montefeltro. Quando la comitiva tornò a Mantova, Elisabetta ottenne dal marchese il permesso di trattenere ancora presso di sé il C. e, di dilazione in dilazione, lo trattenne sino alla fine dell'anno. Poco dopo il 1490 il marchese Francesco lo nominò segretario particolare della sua giovanissima sposa, Isabella d'Este, alla quale fu poi sempre carissimo. Per le sue doti d'ingegno, di cultura, e di fedeltà divenne uno dei personaggi più ragguardevoli della corte mantovana e fu incaricato anche di missioni diplomatiche.
Nel 1494 il marchese, alleato e stipendiato dei Veneziani, aveva avuto, mentre si preparava la spedizione di Carlo VIII, buone offerte dal d'Aubigny. Il timore delle reazioni della Signoria veneta lo indusse a rifiutarle; ma volle tuttavia mantenere indiretto contatto coi Francesi e la sede a ciò più adatta era Milano. Mandò quindi colà il C. con l'apparente incarico di chiedere l'appoggio dello Sforza per ottenere dall'imperatore la conferma dell'investitura di Mantova, ma in realtà per rendersi conto della situazione e delle possibilità che essa offriva.
Il C. fece parecchi viaggi nella capitale lombarda (uno anche per invitare la duchessa Beatrice al battesimo della primogenita dei marchesi e per protestare per certe incursioni di Sforzeschi nel territorio di Viadana) e di là mandò acuti ragguagli sulla condotta e le probabili intenzioni del Moro. Da lui, nel dicembre, il Gonzaga seppe che il duca stava mutando il suo atteggiamento verso il re di Napoli, prima duramente avversato. Nel gennaio 1495 il C. accompagnò a Milano la marchesa, che vi si recava per il parto della sorella Beatrice, e vi continuò la sua opera di solerte intermediario e informatore, specie riguardo agli approcci che portarono alla lega tra Milano, Venezia e Firenze.
Il C. fu di nuovo a Milano nel febbraio 1497. Nel luglio accompagnò la marchesa che si recava a Ferrara per conferire col duca Ercole, suo padre, in un momento particolarmente difficile per i Gonzaga.
Il marchese, nel suo destreggiarsi tra il Moro e i Veneziani, aveva finito per disgustare l'uno e gli altri. Il Senato veneto gli aveva tolto l'ufficio di capitano generale e molta freddezza mostrava nei suoi riguardi lo Sforza. L'incarico di ristabilire buone relazioni col Moro fu dato al C., che si recò più volte a Milano, donde informava il giorno per giorno Isabella dei risultati delle sue pratiche.
Dai sondaggi si passò presto alle aperte trattative per dare al Gonzaga il capitanato generale dell'esercito sforzesco, trattative che si conclusero con l'attribuzione al marchese del titolo di capitano imperiale e di uno stipendio di 40.000 ducati annui. Benché poco dopo si mostrasse mal soddisfatto di questa sistemazione, il Gonzaga donò al C., per premiarne la diligenza e l'accortezza, duecento biolche di terra in quel di Suzzara.
Nonostante questi saltuari incarichi diplomatici l'ufficio principale del C. restò sempre quello di primo segretario e consigliere d'Isabella (fino al 1517 è scritto di suo pugno quasi tutto il copialettere di lei) e di suo accompagnatore nei viaggi ufficiali. Così nel febbraio 1502 l'accompagnò a Ferrara per le feste nuziali di Alfonso d'Este e Lucrezia Borgia. Fu nuovamente a Ferrara alla fine di gennaio del 1505 per i funerali del duca Ercole e l'assunzione al trono ducale di Alfonso e vi tornò più volte nel 1506 per una delicata missione.
Don Giulio d'Este, implicato in una congiura contro il duca Alfonso e il cardinale Ippolito suoi fratellastri, si era, prima che la congiura venisse scoperta, rifugiato a Mantova, sotto la protezione di Isabella e dei Gonzaga. Il duca, tornando il 2 luglio da un viaggio, ne fu sdegnato. I marchesi gli spedirono quindi il C. per cercar di placarlo e di ottenere che don Giulio fosse lasciato a Mantova. Il duca non si lasciò convincere, tanto più che, scopertasi la congiura ed iniziata un'inquisizione su di essa, cominciarono ad affiorare indizi contro don Giulio. Quando fu certa la sua colpevolezza e il duca ebbe promesso che gli avrebbe fatto salva la vita, don Giulio, il 9 settembre, fu tradotto a Ferrara, accompagnato anche dal C., che aveva incarico dalla marchesa di fare il possibile perché fosse alleviata la sorte del prigioniero.
Nel 1508 il C. tornò a Ferrara per rallegrarsi a nome dei marchesi della nascita di Ercole d'Este, e si recò con Giovanni Gonzaga ad Urbino per i funerali del duca Guidubaldo. In quest'anno ricevette dalla marchesa una donazione di centodieci biolche di terra in Valle.
Durante la reggenza d'Isabella, quando, dall'agosto 1509 al giugno 1510, il marchese fu prigioniero a Venezia, il C. fu il vero cancelliere e segretario di Stato e diede alla sua signora un validissimo aiuto negli affari politici e amministrativi. Nell'agosto 1510, dopo la liberazione del Gonzaga, formatasi la nuova alleanza veneto-pontificia contro i Francesi e contro il duca di Ferrara, Isabella mandò il C. ad abboccarsi con Alfonso; nell'ottobre il C. era a Bologna, dove si trovava il marchese, per giustificare un colloquio che Isabella aveva avuto a Brescello col card. Ippolito, colloquio che aveva insospettito ed irritato il papa.
Il C. non accompagnò Isabella nel viaggio che ella fece a Roma nel 154-15. Qui essa chiese ed ottenne per il figlio del C., Lelio, un beneficio in quel d'Ostiglia, causando un breve contrasto tra il C. e il cardinale Gonzaga, attuale beneficiario, risolto con la mediazione del cardinal Bibbiena.
Negli anni seguenti la salute del C. andò peggiorando, tanto che non poté seguire la marchesa nel viaggio che essa fece in Francia nel 1517. Morì in Mantova nel febbraio 1518.
Nel 1495 aveva sposato Taddea dei Grotti, morta nel 1515, dalla quale aveva avuto nove figli: Gianfrancesco (morto nel 1501), Lelio, Alfonso (1500-1519), Federico, Camillo (1504-1547), Gerolamo, Ippolito, Ascanio e Flavia.
Amante degli studi, il C. raccolse libri e manoscritti, alcuni dei quali sono alla Biblioteca nazionale di Roma. Divenne amico di molti letterati ed artisti: il Bandello lo ricorda più volte nelle sue novelle. Scrisse anche versi, alcuni dei quali sono conservati in un manoscritto contenente elegie di Lodovico Andreasi (P. O. Kristeller, Iter Italicum, II, p. 518).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, bb. 1106, 1225, 1237, 1240, 1242, 1630, 1631, 1642, 2291-2297 (copialettere di Isabella d'Este), 3705; Ibid., Decreti,reg. 37, c. 95; Ibid., Racc. d'Arco, 215, II, ad vocem;M. Bandello, Le novelle, a cura di G. Brognoligo, Bari 1910-12, I, p. 417; 113 p. 57; V, p. 90; G. Andres, Catalogo dei codici mss. della famiglia Capilupi, Mant0va 1797, pp. 239, 2488, 254-56; A. Luzio-R. Renier, Delle relazioni d'Isabella d'Este Gonzaga con Ludovico e Beatrice Sforza, in Arch. stor. lombardo, XVII (1890), pp. 74, 306, 619; Id., Mantova e Urbino, Roma 1893, pp. 14, 66, 114, 182, 205; G. B. Intra, Di Ippolito Capilupi e del suo tempo, in Arch. stor. lombardo, XX (1893), p. 77; L.-G. Pellissier, Louis XII et Ludovic Sforza, I, Paris 1896, pp. 198-202; A. Segre, Lodovico Sforza e la Repubblica di Venezia, in Arch. stor. lombardo, XXX (1903), p. 39; A. Luzio, Isabella d'Este nei primordi del papato di Leone X,ibid., XXXIII (1906), pp. 71-76, 136-39; Id., La reggenza d'Isabella d'Este durante la prigionia del marito,ibid., XXXVII(1910), pp. 58, 60; Id., Isabella d'Este di fronte a Giulio II,ibid., XXXIX (1912), pp. 248, 257; Id., Isabella d'Este e i Borgia,ibid., XLI (1914), pp. 495, 545, 681, 709; T. Gasperini Leporace, Imss. capilupiani della Biblioteca nazionale centrale di Roma, Roma 1939, pp. XII-XIV; R. Bacchelli, La congiura di don Giulio d'Este, Milano 1958, pp. 381, 458-63; Mantova. La storia, II, Mantova 1961, ad Indicem; G. Capilupi, Isabella d'Este e il suo epistolario, in Civiltà mantovana, I (1966), 1, p. 12; G. Coniglio, I Gonzaga, Milano 1967, pp. 121, 131, 135, 162.