GOZZADINI, Benno
Nacque a Bologna all'inizio del secolo XIII. Fonti narrative di tradizione familiare lo dicono figlio di Castellano di Bonifacio e di Capoana di Guidomondo Caccianemici, ma non è stato possibile verificarne l'attendibilità. Sposò Romengarda di Pietro Lamelli ed ebbe almeno tre figli: Castellano, da cui discese il ramo della famiglia cui appartenne Nanne Gozzadini, Caccianemico, detto Bigolo, e Nobile che fu moglie di Giacomo di Simone.
Ben poco si conosce della sua vita fino alla metà del secolo. Nel 1245 fu testimone, con due notai e con altrettanti giudici, alla concessione di un privilegio alla Comunità di Rocca Corneta e nel 1249, insieme con numerosi altri cittadini, fu citato per il pagamento di un'imposta straordinaria per la guerra in atto contro Federico II e i suoi alleati. Fonti documentarie, che ne attestano l'attività in Milano, lo qualificano come iudex e lo mostrano nell'esercizio di attività giurisdizionali. È quindi molto probabile che avesse seguito in Bologna insegnamenti di diritto civile, ma certamente non giunse a completare il corso degli studi, dal momento che il suo nome non è mai accompagnato dal titolo di doctor iuris.
Nel 1250 fu addetto a un ufficio finanziario del Comune di Bologna, quasi certamente quello dei procuratori del Comune. Era l'organo principale del governo economico della città e aveva l'incarico di amministrare i beni comunali, di seguirne le locazioni, di curare l'appalto delle pubbliche entrate. L'incarico di procuratore, al quale come per tutti gli altri incarichi pubblici si accedeva tramite il sistema di elezione "a brevi", era attribuito di preferenza a membri della corporazione dei campsores (banchieri), ma non ci sono elementi per provare che anche il G., al pari di numerosi suoi congiunti, facesse parte di tale corporazione.
Doveva comunque avere raggiunto una certa notorietà quale esperto di amministrazione fiscale se nel 1254 il Comune di Milano gli affidò l'incarico di riorganizzare il proprio sistema impositivo. Le cronache non esitano a paragonare gli effetti della sua opera a quelli di un'epidemia mortale: "Isto anno [1254] in civitate Mediolani quaedam magna pestilentia incepit […] quia cives Mediolani quemdam Benum de Gonza[di]nis Bononiensem, virum pestiferum, advocaverunt, cui data fuit potestas taleas, pedagia et datia imponenda" (Fiamma, col. 685). Questo giudizio estremamente negativo è forse altrettanto ingiusto, dal momento che tra le misure adottate dal G. per risanare il bilancio del Comune vi fu il completamento del catasto dei terreni, intrapreso da Pagano Della Torre e proseguito dal nipote Martino, due esponenti di primo piano della parte popolare di Milano.
Dall'agosto del 1255 il G. fu preposto all'ufficio incaricato dell'esazione della tassa del fodro e delle condanne in materia d'estimo dei terreni. Resse questo ufficio che comportava l'esercizio di attività giurisdizionali almeno fino all'ottobre del 1256. Fu quindi scelto quale podestà per l'anno 1257.
La nomina a podestà di un esperto di amministrazione fiscale, com'era il G., rivela la centralità di questo problema nella politica milanese. Una ripartizione più equa del carico fiscale e soprattutto l'estensione dell'imposizione alle terre del clero, che questo pretendeva esenti, erano divenute in questi anni obiettivo fondamentale delle rivendicazioni dei popolari della Credenza di S. Ambrogio. Proprio nel corso del 1256 essi avevano trovato in Martino Della Torre una guida efficace e decisa, in grado di reggere il confronto con l'arcivescovo Leone da Perego, che aveva l'appoggio dell'alto clero e dei nobili.
Nel luglio del 1257 la situazione precipitò. Un'ennesima provocazione di un nobile, Guglielmo da Landriano, che uccise Guglielmo da Salvo, un popolare verso cui era impegnato con forti debiti, provocò una sommossa dei popolari. L'arcivescovo e i nobili abbandonarono la città e nei giorni seguenti violenti scontri si verificarono tra popolari e nobili, appoggiati da Como, in vari centri del contado. Nell'agosto una tregua concordata con la mediazione delle città guelfe di Lombardia portò a un provvisorio accordo che consentì il rientro dei nobili in città, una ripartizione delle cariche pubbliche e l'accettazione anche da parte dei nobili dei criteri dell'imposizione fiscale. Il 26 nov. 1257 il Consiglio generale del Comune, presieduto dal G. e con la partecipazione dei consoli della Credenza di S. Ambrogio e della Motta, deliberò drastiche misure per obbligare il clero milanese a pagare le imposte stabilite a suo carico.
Questo provvedimento poteva apparire - e probabilmente era - una conseguente applicazione dei criteri di quella ristrutturazione dell'imposizione fiscale per cui il G. aveva operato durante gli ultimi quattro anni; ma ciò non gli fu di alcun vantaggio e a nulla gli valse l'esecuzione di un'opera di primaria importanza per l'imprenditoria della città, quale il prolungamento del Ticinello da Abbiategrasso a Gaggiano, compiuto durante la sua podesteria.
Sottoposto, come previsto, a sindacato, il G. fu giudicato colpevole di concussione e condannato a una pena esorbitante, 4000 lire di denari imperiali, che non poteva ovviamente pagare. Quindi, probabilmente verso la fine dello stesso anno 1257, fu barbaramente ucciso e il suo corpo, straziato, gettato nel fossato della città.
Le cronache nel registrare con macabra precisione i dettagli di questo misfatto ne fanno risalire le cause all'esasperazione dell'imposizione fiscale condotta dal G., che avrebbe dato adito a vere e proprie malversazioni specie nei confronti dei popolari. Certo non è difficile che una ristrutturazione dell'imposizione fiscale abbia provocato risentimenti in larghi strati della cittadinanza e dunque anche tra i popolari; ma dai documenti rimasti sembra che conseguenze altrettanto e anche più gravi si siano avute per i nobili e soprattutto per il clero, le cui pretese di esenzione costituivano da tempo oggetto di duri attacchi proprio da parte dei popolari. La condanna e la successiva uccisione del G., più che un atto di giustizia sommaria, sembrerebbe un prezzo pagato da Martino Della Torre e dai suoi popolari per l'accordo con i nobili e con il clero e soprattutto per l'accentuarsi degli strumenti di esazione fiscale nei confronti di quest'ultimo, sancito dal provvedimento del 27 nov. 1257.
L'uccisione del G. scatenò la durissima reazione del Comune di Bologna, che concesse ai figli il diritto di rappresaglia nei confronti dei cittadini milanesi e che convinse i Comuni della Romagna a procedere a una simile concessione. Diversi cittadini di Milano furono catturati, imprigionati a Bologna e spogliati dei loro beni. A sua volta il Comune di Milano concesse ai propri cittadini danneggiati il diritto di rappresaglia nei confronti dei Bolognesi e dei Romagnoli. Si alimentò così una spirale di ritorsioni che si trascinò per decenni e che si concluse solo nel 1298 con lodo del podestà di Bologna, Ottolino da Mandello.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Comune-Governo, Registro nuovo, c. 178v; Curia del podestà, Accusationes, b. 1/a, reg. XIII, c. 10; Procuratori del Comune, Libri contractuum, reg. 7, c. 1; Ufficio dei memoriali, voll. 9, c. 173v; 10, c. 148v; Studio Alidosi, Famiglie, b. 7, f. Gozzadini; Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, Archivio Gozzadini, vol. 415; G. Fiamma, Manipulus florum, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., XI, Mediolani 1727, coll. 685-687; Annales Mediolanenses, ibid., XVI, ibid. 1730, coll. 657-659; Gli atti del Comune di Milano nel secolo XIII, a cura di M.F. Baroni - R. Perelli Cippo, I-II, Alessandria 1982, pp. 159 s., 168, 171, 174, 184, 189, 196, 199, 213, 229, 249, 253; S. Calindri, Dizionario corografico, georgico, orittologico, storico… montagna e collina del territorio bolognese, IV, Bologna 1782, p. 363; L.V. Savioli, Annali bolognesi, III, 1, Bassano 1795, pp. 316 s.; M. Sarti - M. Fattorini, De claris Archigymnasii Bononiensis professoribus…, a cura di C. Albicini - C. Malagola, I, Bologna 1888, p. 242 n. 3; G. Franceschini, La vita sociale e politica nel Duecento, in Storia di Milano, IV, Milano 1954, pp. 284-291; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v.Gozzadini di Bologna, tav. II/a.