Benvenuto detto L'asdenti (Asdente)
Maestro calzolaio, nato a Parma probabilmente nel primo quarto del secolo XIII, buon conoscitore degli scritti di Gioacchino da Fiore e della letteratura profetica e astrologica, forse simpatizzante della setta degli Apostolici fondata a Parma da Gerardo Segarelli; viene ricordato con parole di sprezzo e di severo giudizio da D. per ben due volte, in Cv IV XVI 6 e in If XX 118-120, ove dal poeta fiorentino viene messo, insieme con Michele Scoto che de le magiche frode seppe 'l gioco, nella quarta bolgia dell'ottavo cerchio, tra astrologi, indovini e maghi: Vedi Guido Bonatti; vedi Asdente, / ch'avere inteso al cuoio e a lo spago / ora vorrebbe, ma tardi si pente.
Quanto sappiamo della vita e dell'attività di B. - a parte le ricordate citazioni contenute nelle opere di D. - ci viene riferito da uno dei più vivaci cronisti del Duecento, Salimbene de Adam, che lo conobbe personalmente, cui fu legato da vincoli di stima e da grande ammirazione e con cui ebbe, a distanza di tempo gli uni dagli altri, diversi colloqui. Lo scarno commento di Benvenuto alla terzina citata nulla aggiunge ai dati biografici relativi a B. riportati da fra' Salimbene; li riduce anzi - sia stato fatto questo intenzionalmente o no - al minimo indispensabile per la semplice intelligenza del testo poetico.
B. iniziò la sua attività ‛ profetica ' intorno al 1258: in quest'anno infatti il pio cronista annotò che era sorto in Parma " quidam simplex homo qui habet intellectum illuminatum " a predire il futuro. Da tale anno dunque la fama di B. andò crescendo col trascorrer degli anni, così da oltrepassare gli stessi angusti limiti delle mura cittadine, sino al 1285, quando il nome di B. compare per l'ultima volta nella Cronica del frate parmense; dopo quest'anno (si ricordi che Salimbene morì intorno al 1287) nulla più sappiamo di lui. È certo, a ogni modo, che agl'inizi del 1327 B. era già morto, secondo quanto attesta lo strumento relativo alla vendita della sua stessa casa, rogato in Parma da Bartolomeo Foxio notaro appunto il 2 marzo di quell'anno. Di professione calzolaio (" faciebat enim subtellares "), B. abitò ed ebbe bottega in Borgo Sant'Ilario, vicinia della parrocchia di S. Croce, proprio sulla via Emilia fuori porta S. Croce, oltre il fossato delle mura cittadine, in località detta in antico " Capodiponte " ed ora " Oltretorrente ". Così fra' Salimbene (p. 740); e le sue notizie ci vengono confermate punto per punto dal già ricordato strumento di vendita rogato da Bartolomeo Foxio. Il pio cronista, che fa menzione per la seconda volta dell'A. sotto l'anno 1282, lo descrive come uomo di semplici e puri costumi e timorato di Dio; dice che lo avevano soprannominato " Asdenti ", cioè ‛ lo Sdentato ', per un'ironia sulla sua dentatura forte e disordinata; di favella impedita, capiva bene ed era ben capito (p. 740). Il frate aggiunge che, sebbene illetterato, B. era tuttavia persona cortese e gentile, capace di interpretare le opere di quanti, nell'antichità o ai loro tempi, avevano predetto il futuro, e cioè gli scritti " abbatis Iohachim, Merlini, Methodii et Sibillae... necnon et Michaelis Scoti, qui fuit astrologus Friderici secundi imperatoris condam ". Buon conoscitore della letteratura profetica biblica, B. era in grado di commentare adeguatamente - secondo quanto afferma fra' Salimbene - anche i libri " Ysaiae, Ieremiae, Osee, Danielis et Apocalipsis ", non solo; ma " cum aliquis legendo coram eo aliquid subtrahit, statim percipit et dicit: ‛ Tu decipis me, quia aliquid dimisisti ' " (p. 776). " Et multa audivi ab eo ", scrive ancora il cronista parmense, " quae postea evenerunt, videlicet quod papa Nicholaus tertius in mense Augusti [del 1280] mori debebat, et quod papa Martinus [IV] erat futurus "; e così conclude: " Et multa alia, quae expectamus videre, si fuerit vita comes. Nam: ‛ Ratio praeteriti scire futura facit ' " (ibid., pp. 749-750; il verso è di Gualtiero Anglico).
Fra' Salimbene, che probabilmente aveva già conosciuto B. nell'estate del 1247, o nel 1259 quando si trovava presso il convento di Borgo S. Donnino, aveva poi avuto modo di incontrarsi e di avere uno scambio di vedute con lui tra la fine del 1277 e il mese di agosto del 1280; né íl trasferimento del frate al convento di Reggio nell'Emilia (1280), né quello, di qualche anno successivo, al convento di Montefalcone dovettero interrompere i suoi contatti con B. - o, almeno, non gli dovettero impedire di continuare a seguire, sia pur di lontano, le vicende e l'attività profetica del suo concittadino. Del 1284 sono infatti le ulteriori notizie relative a B., che il pio cronista inserì nella sua opera. Per oltre venticinque anni, dunque, sia pure con rapide notazioni - la cui compendiosità è quasi sempre certamente voluta - il cronista di Parma segue l'attività di B., e sempre con parole di sincera ammirazione per la rettitudine, la bontà, la saggezza da lui dimostrate, per l'umiltà e la povertà della sua vita. Il giudizio di fra' Salimbene concorda sostanzialmente con quello - quale almeno esso appare nella Cronica salimbeniana - dello stesso vescovo di Parma, Obizzo Sanvitale. Questi aveva voluto conoscere e parlare direttamente con B., che sottopose a un attento esame, soffermandosi in particolare a investigare il valore e la portata delle sue facoltà divinatorie: gli sottopose infatti passi scritturali tratti dai Libri profetici e didattici della Bibbia, come pure brani dei Dicta Merlini e di altri testi della letteratura apocalittica altomedievale. Non è un caso che fra' Salimbene abbia terminato il racconto del colloquio tra il presule e l'Asdenti affermando che B. non era profeta, se non nel senso che era persona capace di comprendere e di commentare i testi profetici sacri e profani: tale dovette esser pertanto la conclusione cui era giunto anche il vescovo Obizzo al termine del suo incontro con Benvenuto. Nessun provvedimento, comunque, fu preso allora o più tardi dall'autorità religiosa nei confronti del calzolaio parmense, che potè continuare tranquillamente le sue attività, circondato dalla stima e dal rispetto dei suoi concittadini: altra prova, questa, che il vescovo di Parma non aveva riconosciuto proposizioni o tesi eterodosse nelle sue parole.
Secondo quanto risulta dalle fonti contemporanee, dunque, più che autentico ‛ profeta ' nell'accezione corrente del termine, B. fu piuttosto un acuto esegeta e un commentatore prudente della letteratura profetica biblica e profana (la cosa appare tanto più fuori dall'ordinario, in quanto egli era analfabeta affatto), nonché un osservatore attento dei fatti politici e religiosi della sua età; a ciò appunto era dovuto, come bene sottolinea il pio cronista, se le sue previsioni erano giustificate dai fatti: " Nam: Ratio praeteriti scire futura facit ". Il disinteresse e la modestia di B. dovevano inoltre accrescere la forza di persuasione e il peso dei suoi ‛ oracoli '. A quanto ne sappiamo, infatti, solo se formalmente interrogato B. si pronunziava sugli avvenimenti futuri, e anche in questo caso con assai grande circospezione, premettendo ogni volta la formula restrittiva: " così intendo io, e così mi sembra interpretabile questo passo ". Che mai abbia tratto lucro dalla sua attività ‛ profetica ' è dimostrato dal prezzo pagato per l'acquisto della sua abitazione: 9 libbre, 11 soldi e 7 di imperiali, modesto prezzo per una casa modesta, se in quegli anni il solo terreno costava, in vicinanza della città, 7 libbre di imperiali la biolca parmigiana. Ciò concorse indubbiamente a far sì che si vedesse in B. piuttosto il pio uomo ispirato da Dio per mettere in guardia l'umanità dal voler continuare a sfidare la giusta collera del Signore. La sua parola umile e responsabile cadeva tuttavia su di un ambiente suggestionato e commosso dall'ondata di misticismo che le correnti gioachimite e il movimento francescano di riforma avevano contribuito a formare; ondata di misticismo in cui l'attesa di avvenimenti destinati a purificare e a rivoluzionare la vita interna della Chiesa rispondeva al bisogno, profondamente sentito dagli strati più umili della popolazione, di liberarsi dalle loro misere condizioni di vita.
Tuttociò, se da un lato spiega la notorietà che accompagnò le vicende di B., non vale tuttavia a comporre l'antitesi esistente tra la figura delineata da fra' Salimbene e quella che appare, appena schizzata, nel duro giudizio dantesco contenuto nel Convivio e nella Commedia; onde, per risolvere tale antinomia, non resta che supporre o che D. fosse male informato sul conto di B., o che piuttosto - come appare preferibile e secondo quanto ci viene riferito da qualche fonte - B. avesse effettivamente preannunziato la rotta che i Parmensi inflissero nel febbraio del 1248, sotto le mura della loro città, agli eserciti imperiali di Federico II e del re Enzo, proprio davanti a quella porta dell'Olmo che sbarrava l'ingresso di Borgo S. Ilario.
Tale ipotesi ci viene confermata da Benvenuto da Imola e, indirettamente, dallo stesso Dante. In Cv IV XVI 6-7, a proposito del significato originale del vocabulo ‛ nobile ', in polemica con quanti ritenevano l'aggettivo ‛ nobile ' derivato dal verbo latino noscere, il poeta scriveva: Bene sono alquanti folli che credono che per questo vocabulo ‛ nobile ' s'intenda ‛ essere da molti nominato e conosciuto, ' e dicono che viene da uno verbo che sta per conoscere, cioè ‛ nosco '. E questo è falsissimo; ché, se ciò fosse, quali cose più fossero nomate e conosciute in loro genere, più sarebbero in loro genere nobili: e così la guglia di San Piero sarebbe la più nobile pietra del mondo; e Asdente, lo calzolaio da Parma, sarebbe più nobile che alcuno suo cittadino ... che ciascuna di queste cose è falsissima. E però è falsissimo che ‛ nobile ' vegna da ‛ conoscere ', ma viene da ‛ non vile '; onde ‛ nobile ' è quasi ‛ non vile '. Senza entrare nel merito di una simile disinvolta etimologia, è evidente che alla base della contrapposizione tra persone ai suoi tempi assai note - ma non per questo nobili o non vili - e chi, per lignaggio e spirito sicuramente non vile, nobile era a pieno diritto, stanno sia una pregiudiziale aristocratica tanto profonda quanto inconscia, sia un pesante giudizio morale nei confronti di quanti, plebei di origine e di cultura - in loro genere: come lo calzolaio da Parma, appunto, o Albuino de la Scala -, non meritavano assolutamente la fama da essi goduta perché, se mai potevano vantare una loro propria nobiltà, la potevano vantare allo stesso titolo e con lo stesso buon diritto della guglia di San Piero, la più nobile pietra del mondo. Chiara è l'allusione a D. e all'abisso che lo separava da Benvenuto.
Ponendo B. nella quarta bolgia dell'ottavo cerchio dell'Inferno tra falsi profeti e indovini impostori, l'antesignano dell'avvento provvidenziale del Veltro aveva inteso punire, cioè, il profeta che, di bassa estrazione e di una città irriducibilmente guelfa, aveva vaticinato la disfatta dell'idea imperiale.
Bibl. - Excerpta historica ex commentariis manuscriptis Benvenuti de Imola in Comoediam Dantis, in L.A. Muratori, Antiquitates Italicae Medii Aevi, I, Milano 1738, col. 1084 B-D; Salimbene De Adam, Cronica, a c. di G. Scalia, Bari 1965, 633 ss., 749-750, 774, 776-777; I. Affò, Storia della città di Parma, III, Parma 1793, 210 ss., 222 ss.; IV, ibid. 1795, 39 ss.; E. Drei, L'indovino Asdente in un documento inedito, in Crisopoli (Parma), II (1934) 31-36; P. Bertolini, B., in Dizion. biogr. degli Ital. VIII (1966) 685-689.