TERRACINI, Benvenuto
– Nacque a Torino il 12 agosto 1886, primogenito di Benedetto (1848-1899), gioielliere, e di Eugenia Levi (1862-1952), originari di Asti, trasferitisi a Torino nel 1878.
Negli appunti autobiografici donati da Terracini a Maria Corti, si legge: «Aron Jona Benvenuto Terracini: questo è il mio nome ufficiale (Aron Jona era il nome di mio nonno). [...] Sono il primogenito, mio fratello è dell’89. Mio padre [...] è morto giovane [...]. Siamo stati allevati da [mia madre], e devo tutto a lei, soprattutto la dirittura morale (alimentata in lei anche da una non ortodossa, ma salda tradizione religiosa ebraica) e l’educazione assolutamente liberale e la completa comprensione verso le aspirazioni mie e di mio fratello» (Università di Pavia, Fondo Maria Corti, Cor.7.T/32, c.1).
A Torino Benvenuto frequentò il ginnasio e il liceo Massimo D’Azeglio dove fu scolaro del glottologo Claudio Giacomino (1848-1923), a cui dedicò un accorato ricordo (leggibile nel capitolo IX della Guida allo studio della linguistica storica, Roma 1949, pp. 253-263); nel 1905 si iscrisse alla facoltà di lettere.
Studiò letteratura italiana con Arturo Graf e Umberto Cosmo; letteratura latina con Ettore Stampini e Ferruccio Calonghi; letteratura greca con Luigi Valmaggi e Angelo Taccone; grammatica greca e latina con Valmaggi; letterature neolatine con Rodolfo Renier; sanscrito e lingue semitiche con Italo Pizzi; storia antica con Gaetano De Sanctis; storia moderna con Carlo Cipolla, Pietro Fedele, Arturo Segre; storia dell’arte con Pietro Toesca. L’esame di glottologia è uno dei pochissimi classificato con 30 senza la lode.
Nel 1906 pubblicò lo studio Appunti su alcune fonti dei “Fioretti”, in Bullettino critico di cose francescane, II, pp. 21-30 (e III (1930), pp. 19-34 ) seguito nel 1909 dalla Postilla Antoniana (ibid., III; pp. 78-83 nella ristampa del 1930).
Nel dicembre del 1909 si laureò con una tesi sul dialetto di Usseglio, discussa con Matteo Bartoli e Arturo Graf.
La tesi fu pubblicata, così suddivisa: Il parlare di Usseglio. Parte I, Descrizione del dialetto di Usseglio, in Archivio glottologico italiano (d’ora in poi AGI), XVII (1910-1913), pp. 198-249, 289-360; La varietà nel parlare di Usseglio, ibid., XVIII (1914-1922), pp. 105-194; Il patrimonio poetico di un comune delle Alpi piemontesi (Usseglio), in Studi in onore di Angelo Monteverdi, Modena 1959, pp. 807-830.
Dal gennaio del 1910 all’estate del 1911 studiò a Parigi, all’École pratique des hautes études, dove trovò i suoi ‘maestri veri’: Antoine Meillet, Jules Gilliéron, Mario Roques. Il magistero gillieroniano agì profondamente sulla formazione intellettuale di Terracini, come dimostra la commemorazione La geografia linguistica: Gilliéron, nella Guida (cit., pp. 185-203). Al Collège de France frequentò il laboratorio di fonetica sperimentale dell’abate Jean-Pierre Rousselot; ne ricavò «poco o nulla [...] molto invece mi avevano colpito al Collège alcune lezioni di A. Meillet sulla storia della lingua greca. In complesso la mia formazione è nettamente di scuola francese. Questo da un punto di vista metodico e tecnico, da un punto di vista più largo è stato decisivo l’influsso, sia pure inteso in senso molto libero, dell’idealismo crociano» (Università di Pavia, Fondo Maria Corti, Cor.7.T/32, c.2).
Dal 1911 al 1913 (anno in cui ottenne la libera docenza in storia comparata delle lingue neolatine a Torino) fu lettore di lingua e letteratura italiana nella Akademie für Sozial-und Handels-Wisseschaften, ora Università di Francoforte sul Meno. Nel 1913 sposò la studiosa tedesca Lore Klonower; nel 1914 nacque la figlia Eva.
Arruolatosi durante la prima guerra mondiale, il 29 settembre 1917 fu ferito alla testa così gravemente da restarne paralizzato; a crisi risolta, fu convalescente per due anni. Gli fu conferita la medaglia d’argento al valor militare. Il 16 agosto 1923 morì la moglie, ammalatasi di cancro. L’equilibrio emotivo e il solido legame agli affetti familiari furono evidenti nel suo occuparsi esemplarmente della figlioletta e dell’anziana madre, senza trascurare gli impegni di lavoro.
Professore di storia comparata delle lingue classiche e neolatine a Genova (1922-24) e dal 1924 al 1926 a Cagliari, dove ebbe in più l’incarico di linguistica sarda, fu dal 1926 straordinario e dal 1927 ordinario di storia comparata delle lingue classiche a Padova. Dal novembre 1929 fu ordinario a Milano; qui gli fu assegnato per il biennio 1936-38 anche l’insegnamento di storia della lingua italiana.
Fu condirettore dell’AGI con Gabriele Goidànich e Bartoli dal 1933 all’autunno del 1938, quando si dimise volontariamente. Fu accademico dei Lincei, della Crusca, e delle Scienze di Torino.
La sua produzione scientifica primeggia fra quanto di meglio si trova nella linguistica del Novecento. Tra le opere composte tra il 1926 e il 1938 si segnalano: il saggio Spigolature liguri, in AGI, XX (1926), sez. G, pp. 122-160, riedito a cura di G.L. Beccaria e M.L. Porzio Gernia nel volume Linguistica al bivio. Raccolta di saggi (Napoli 1981, pp. 9-39), dove sono state ripubblicate, alle pp. 67-105 e 107-135, le due impegnative indagini Su alcune congruenze fonetiche fra etrusco e italico (già apparse in Studi etruschi, la prima nel 1929, vol. 3, pp. 209-248, e la seconda nel 1931, vol. 5, pp. 317-334); e alle pp. 175-231 le ricerche sul betacismo in due puntate: Di che cosa fanno la storia gli storici del linguaggio? Storia dei tipi Benio e Nerba nel latino volgare (già apparse in AGI, XXVII (1935), pp. 133-152; e XXVIII (1936), pp. 1-31, 134-150).
In quest’ultimo lavoro è di capitale importanza l’affermarsi del fondamento teorico della linguistica terraciniana: è soltanto facendo la storia del ‘sentimento linguistico’ dei parlanti, frutto della dialettica tra ossequio alla tradizione e libertà da questa, che si supera il dualismo fra storia esterna e storia interna della lingua.
Non meno importanti sono: nell’eccellente saggio sul Sostrato (in Scritti in onore di Alfredo Trombetti, Milano 1937, pp. 321-364) la dimostrazione che i tratti indoeuropei interpretati come effetti di sostrato sono tratti innovativi nella storia dell’indoeuropeo; e in Semantica evolutiva e la persona storica dell’individuo linguistico (in Actes du IVe Congrès international de linguistes 1936, Copenaghen 1938, pp. 110-116, ripubblicato nel volume I segni la storia, a cura e con introduzione di G.L. Beccaria, Napoli 1976, pp. 45-55) il concetto di ‘persona storica’ coincidente con ciò che si intende «come perpetuo equilibrio tra interiorità e socialità. Da questo [...] rapporto variabile muove l’attività che il parlante compie per uscire dal chiuso della propria soggettività» (G.L. Beccaria, Benvenuto Terracini: dalla linguistica alla critica, in Critica e storia letteraria, Padova 1970, pp. 780-811; si cita qui dalla p. 790).
Il 28 ottobre 1938 entrarono in vigore le leggi antisemite. A nulla valsero le invidiabili prove che Terracini aveva dato come studioso, come soldato, come cittadino: fu rimosso dalla cattedra il 14 dicembre del medesimo anno. Sulla non comune saggezza da lui dimostrata ha scritto Maria Corti, nell’introduzione al volume terraciniano Lingua libera e libertà linguistica (Torino 1970, pp. 10 s.): «a chi credeva di doverlo consolare diede una risposta precisa e rara: “Al fronte ho visto il mio attendente che piangeva sulla mia creduta morte; ieri ho visto i miei allievi soffrire della mia morte civile. E sono ancora vivo. Le pare che debba lamentarmi?” La saggezza, dunque, è altro che un insegnamento o una tradizione, è un modo di vedere dietro le cose».
Trascorsero quasi tre anni fra incertezze e preparazione alla partenza per l’esilio, la cui meta era Tucumán, dove si era trasferito dal 1939 il fratello Alessandro, matematico illustre (v. la voce in questo Dizionario). Dopo un faticoso viaggio con l’anziana madre e la figlioletta, nel luglio del 1941 Terracini poté occupare a Tucumán la cattedra di lingüística románica y lingüística general, che tenne fino alla vigilia del suo ritorno in Italia, avvenuto nell’aprile del 1947.
A Torino, nella facoltà di lettere classiche, dove insegnò dal 1947-48 fino a tutto il 1958-59, fu titolare della cattedra di glottologia e incaricato dell’insegnamento di storia della lingua italiana che lasciò nel 1956, benché le sue mirabili lezioni si fossero rivelate straordinariamente attrattive.
L’esilio argentino aveva favorito una fertile evoluzione del pensiero e dell’attività di Terracini. La sua concezione della storia culturale differiva da quelle che caratterizzavano lo storicismo idealistico (d’obbligo almeno un rimando a Karl Vossler e a Hugo Schuchardt), e creava le condizioni per esercitare fruttuosi confronti specie negli ambiti della lingua letteraria. Scriveva Terracini (nei citati appunti autobiografici) a proposito degli anni argentini della sua vita: «Data la mancanza [...] soprattutto di mezzi di indagine per la cultura classica, si spiega perché da quegli anni io sia ritornato al mondo moderno e romanzo. Inoltre il nuovo ambiente ha fatto sì che si accentuasse notevolmente in me la tendenza a uscire dal tecnicismo e preferire l’alta divulgazione: i miei Conflitti sono nati da questo mutamento, sia da conferenze che abbozzavo ancora a Torino, [...] sia da corsi di Tucumán [...]. Per ragioni analoghe, sono riaffiorate qui antiche tendenze letterarie e mi hanno trascinato decisamente verso la stilistica» (Università di Pavia, Fondo Maria Corti, Cor.7.T/32, c.4).
Il titolo abbreviato in Conflitti rimanda sia ai Conflictos de lenguas y de cultura pubblicati nel 1951 a Buenos Aires, sia al testo italiano Conflitti di lingue e di cultura (si veda l’edizione Einaudi del 1996 con l’Introduzione di Maria Corti alle pp. VII-XVIII: preziosa guida alla lettura è il commento, paragrafo per paragrafo, dei contenuti concettuali, delle formazioni linguistiche e stilistiche, e delle componenti letterarie).
Dagli anni Cinquanta in poi la bibliografia terraciniana continuò ad arricchirsi con opere di eccezionale qualità.
Pagine e appunti di linguistica storica (Firenze 1957) si apre con il fondamentale contributo Questioni di metodo nella linguistica storica (già pubblicato in Atene e Roma, 1921, vol. 2). Il comitato promotore (Giacomo Devoto, Bruno Migliorini, Vittore Pisani, Giuseppe Vidossi) privilegiò saggi editi e inediti su momenti della protostoria linguistica, particolarità delle lingue classiche, tipici aspetti di strutture dialettali, lezioni sulla storia della lingua italiana. Il volume Lingua libera e libertà linguistica (1963), considerato il suo capolavoro, è la sintesi perfetta della sua teoria linguistica che pone il parlante come protagonista della dialettica fra tradizione e innovazione, essenziali per la vitalità di una lingua. È qui che si stabilizza il concetto di forma interna o ‘spirito della lingua’ ritenuto da Terracini il fulcro di un problema basilare nella propria ricerca: «interpretare lo spirito di una lingua come prodotto di uno svolgimento per il quale la trasformazione di animi e di impulsi culturali [...] è resa analiticamente percepibile mediante la dialettica di ossequio e di distacco dalla tradizione linguistica che a quella cultura ha fornito la forma» (ediz. 1970, p. 192). In Analisi stilistica. Teoria, storia, problemi (Milano 1966), all’esposizione iniziale dei fondamenti della disciplina (la «struttura simbolica del linguaggio», il «rapporto fra simbolo e segno linguistico», la «storicità del segno», la situazione comunicativa ecc.) seguono la trattazione dei rapporti della linguistica e della critica letteraria con la stilistica, e le magistrali analisi Il canto XXVII dell’“Inferno”, La prosa poetica della “Vita Nuova”, Il Cinque Maggio, Le “Novelle per un anno” di Luigi Pirandello.
Si raccomandano, tra i lavori sulla poesia popolare, Pronome impersonale e stile epico nei canti popolari del Piemonte (Atti dell’Accademia delle Scienze di Torino, 1957-1958, vol. 91, ripubblicato in: I segni la storia, cit., pp. 121-151), tra gli studi dialettologici Italia dialettale di ieri e di oggi (inaugurazione dell’anno accademico 1957-58 dell’Università di Torino) e il Saggio di un atlante linguistico della Sardegna, con la collaborazione di Temistocle Franceschi (Torino 1964).
Imprescindibile lo sviluppo del tema Questioni di storia della lingua italiana proposto da Maria Corti nel 1966 in Paragone. Letteratura (n. 200) e ivi svolto da Terracini nella lettera aperta intitolata Variazioni sul tema della lingua italiana (pp. 146-161).
L’ultimo suo saggio Stilistica al bivio? Storicismo versus strutturalismo, pubblicato in Strumenti critici, 1968, n. 5, pp. 1-37, è un’eccellente individuazione dei caratteri distintivi e degli aspetti problematici nelle nuove tendenze critiche e nelle sopravvivenze di elementi storicistici e idealistici.
Il costante interesse di Terracini per le produzioni scientifiche del tempo è testimoniato dalle sue numerose recensioni di opere fra le più rilevanti, di cui egli mette in luce specialmente gli aspetti positivi, manifestando eventuali riserve con sapiente discrezione.
Nel 1959 optò per il fuoriruolo, e visse per un semestre all’anno alternativamente a Torino e a Buenos Aires, dove abitavano la figlia Eva e le nipotine Eugenia e Lea. Qui Terracini teneva spesso conferenze e cursillos, mentre in Italia seguitava a condirigere l’AGI e a dirigere l’Atlante linguistico.
Morì a Torino il 30 aprile 1968, quattro settimane dopo la scomparsa dell’amatissimo fratello Alessandro.
Come possibile rimedio alla sommarietà del profilo, qui appena abbozzato, di uno dei maggiori studiosi del Novecento valgano le acute osservazioni di Maria Corti (dall’Introduzione a Lingua libera e libertà linguistica, cit.): «Uno sguardo d’insieme all’opera di Terracini lascia un senso di stupefatta ammirazione non solo per il livello altissimo a cui lo studioso è pervenuto nei singoli settori delle sue ricerche, ma per l’ampiezza dei suoi interessi, l’estensione dell’arco operativo. [...] Donde anche la inconfondibile fisionomia del suo personale stile, che ci prende nelle spire di una colloquialità calda, bonaria e ironica insieme, sottile, in definitiva assai difficile» (pp. 30 s.).
Fonti e Bibl.: Racconti inediti, lettere, appunti, sono consultabili nelle sezioni Fondo Terracini e Fondo Maria Corti del Centro manoscritti dell’Università di Pavia; e a Torino, nell’Archivio delle tradizioni e del costume ebraici Benvenuto e Alessandro Terracini.
G. Devoto, Il lungo dialogo con Benvenuto, in Linguistica e Filologia – Omaggio a B. T., a cura di C. Segre, Milano 1968, pp. 119-129; Bibliografia delle opere di B. T., a cura di L. Terracini, in AGI, LIII (1968), 1-2, pp. 1-25; G. Devoto, B. T., in Celebrazioni lincee, 1969, vol. 21, pp. 3-11; G. Nencioni, B. T. - Necrologio, in Giornale storico della letteratura italiana, CXLVI (1969), pp. 467-480; G. Berruto, Recensione a B. Terracini Linguistica al bivio..., in Bollettino dell’Atlante linguistico italiano, s. 3, 1981-1982, n. 5-6, pp. 60-62; G. Nencioni, B. T. e la linguistica del Novecento, in Historiographia, 1982, n. 3, pp. 453-470; G.L. Beccaria, T. storico della lingua, in B. T. nel centenario della nascita, a cura di E. Soletti, Alessandria 1989, pp. 1-7; M. Corti, L’uomo e il Maestro, ibid., pp. 9-14; M.L. Porzio Gernia, Lo storicismo linguistico di B. T., in Strumenti critici, 1994, n. 76, pp. 329-345; J. Trabant (Berlin), Über B. T. 1968, in Italienische Studien, 1995, n. 16, pp. 31-43; I. Morresi, B. T.: modi e forme della libertà linguistica, Alessandria 2007; S. Covino, B. T. [...] e la linguistica europea del Novecento, in Vox Romanica, 2014, n. 73, pp. 1-16.