BENZOLO (o benzene, benzina; fr. benzène; sp. benzol; ted. Benzol; ingl. benzene)
Fu scoperto nel 1825 da Faraday a Londra nelle seguenti circostanze. Nei primordî dell'illuminazione a gas, il gas d'olio che si fabbricava in quella città dalla Portable Gas Company, decomponendo in tubi di ferro moderatamente arroventati l'olio di pesce, veniva distribuito ai consumatori compresso a 30 atmosfere in cilindri di ferro. Il "gas portabile" bruciava perfettamente, ma aveva il difetto di perdere la sua luminosità in seguito ad abbassamenti di temperatura; perciò i fabbricanti si rivolsero al Faraday per avere la spiegazione scientifica del fatto. Non fu difficile per lui stabilire che la perdita della luminosità era dovuta al separarsi, per effetto della compressione e del freddo, di un liquido leggiero, nel quale scoperse gli idrocarburi che oggi chiamiamo butilene e benzolo. L'uno ebbe subito un posto importante nello sviluppo della chimica organica, poiché con le sue proprietà, riconosciute dallo scopritore, contribuì a mettere in luce il fatto allora sorprendente, dell'isomerismo; l'altro si fece strada più lentamente ma per occupare di sé legioni di chimici e per alimentare una gran parte delle industrie chimiche. Il Faraday lo chiamò bicarburetted hydrogen in base alla formula che ricavò, con i criterî del tempo, dall'analisi elementare; ne descrisse la purificazione e il comportamento chimico verso gli alogeni. Nove anni dopo Mitscherlich riconosceva lo stesso composto nell'idrocarburo da lui ottenuto, distillando una parte di acido benzoico con tre di calce spenta. Lo chiamava benzin, per ricordare l'origine dal detto acido; ma questo nome fu in seguito modificato in benzon e infine in benzol da J. v. Liebig. Successivamente il benzolo fu ancora descritto da d'Arcet, da Marignac, da Wöhler, da Ohme, i quali lo ottennero rispettivamente, conducendo vapori d'acido benzoico su ferro rovente, riscaldando acido ftalico con calce, distillando a secco l'acido chinico, facendo passare vapori d'essenza di bergamotto su calce rovente. Queste reazioni dimostravano l'importanza scientifica del benzolo, poiché raggruppavano intorno a esso molti composti disparati, da tempo conosciuti; frattanto, attraverso il nitrobenzolo preparato nel 1834 da Mitscherlich, si stabilivano (Zinin, 1841) le sue relazioni con l'anilina e se ne intravvedevano le sue applicazioni tecniche. Infine, venne la scoperta delle sue sorgenti industriali.
Nel 1842 la sua presenza fu segnalata da Leigh nel catrame di carbon fossile; nel 1845 Hoffmann confermò il fatto e nel 1847 Mansfield dimostrò che il catrame di carbon fossile ne contiene quantità notevoli e indicò un processo industriale per isolarlo. Oggi si ricava anche dal gas illuminante, dal gas dei forni a coke e dalla decomposizione ad alta temperatura di petrolî; mentre dai catrami di lignite, o di legno, o di torba si ottengono alcuni suoi derivati (fenoli). Ma la sorgente più importante di benzolo (come anche dei suoi omologhi e della naftalina e dell'antracene, in stretta relazione chimica con esso) resta ancora il catrame di carbon fossile.
L'industria ne distingue due specie: catrame del gas e catrame del coke metallurgico, che si ottengono distillando a secco, a temperatura differente, differenti qualità di carbone. Nel periodo iniziale della sua applicazione pratica, il benzolo occorrente alle industrie di chimica organica era fornito solamente dalla prima specie, che si produceva in abbondanza in corrispondenza del fatto che, fin allora, nelle officine del gas il carbon fossile si distillava a temperatura non troppo alta. Ma quando intorno al 1880 si riconobbe che elevando la temperatura aumentava la resa del gas e le officine si organizzarono secondo questo nuovo sistema di distillazione, ne conseguì una minor produzione di catrame e quindi di benzolo e si dovette utilizzare anche il catrame delle fabbriche di coke. Tale necessità condusse a considerare una nuova sorgente di benzolo: il gas che sfugge dai forni a coke e che effettivamente ne trascina notevoli quantità. Una volta questo gas veniva senz'altro bruciato per riscaldare i forni medesimi; oggi prima di servirsene per combustibile si provvede al suo debenzolaggio, facendolo lavare in solventi adatti, o anche passare attraverso materiali solidi con spiccato potere adsorbente verso il benzolo. Dal tempo della grande guerra, in cui si accentuò il bisogno dell'idrocarburo, per l'impiego che esso trovava nella produzione degli esplosivi, il debenzolaggio si esegue anche sul gas illuminante.
Benzolo dal catrame. - Il catrame (v.) è una miscela assai complessa di sostanze di carattere indifferente, acido o basico, che vi appaiono in gran numero e nelle più diverse proporzioni e delle quali solamente un centinaio vennero isolate e studiate con precisione. È un liquido denso, quasi vischioso, nerastro a causa delle particelle di carbone che tiene sospese nella misura dal 10 al 36% e ha il peso specifico da 1,1 a 1,3.
Relativamente al suo contenuto di idrocarburi benzenici o per dir meglio, alla formazione di questi nella distillazione del carbon fossile, in un primo tempo (1867) si ammetteva con M. Berthelot che essi fossero dovuti alla trasformazione pirogenetica di metano, etilene e acetilene generati primariamente; più tardi si fu condotti ad ammettere che gli idrocarburi benzenici, almeno in buona parte, provengano da composti ad anello, ricchi d'idrogeno, quali p. es. i nafteni, esistenti nel carbon fossile. Una prova in appoggio a quest'ipotesi si ebbe nel 1911, quando A. Pictet e L. Ramseyer da un carbone grasso di Montrambert (Loire) estrassero un miscuglio d'idrocarburi esametilenici e fra essi l'esaidrofluorene, che per distillazione attraverso un tubo riscaldato al rosso, fornì fluorene e idrogeno. Ancora A. Pictet e M. Bouvier nel 1913, distillando il suddetto carbone a pressione ridotta e alla temperatura di 450°, ottennero un catrame molto differente dall'ordinario, che non conteneva affatto composti aromatici e aveva le proprietà di un miscuglio di composti naftenici, ma che per pirogenazione produceva gas (idrogeno e idrocarburi metanici), acque ammoniacali e un catrame d'aspetto, odore, contenuto simili questa volta a quelli del catrame ordinario: vi furono identificati benzolo, naftalina, antracene, fenoli. Sembra quindi che nella distillazione del carbon fossile, come attualmente si pratica, il catrame, che noi sfruttiamo, si formi con i suoi composti aromatici da un catrame primario che il carbone abbandona a temperatura ancora relativamente bassa.
Il catrame di carbon fossile viene principalmente utilizzato per l'estrazione del benzolo e dei suoi omologhi toluolo, xilolo, cumolo, della naftalina e dell'antracene; in linea secondaria per i fenoli e la pece. A tal uopo si procede anzitutto a una distillazione, nella quale ordinariamente si raccolgono le seguenti frazioni (qui ci riferiamo a una distillazione a pressione ordinaria): 1ª fino a 110°, liquido acquoso, più o meno colorato, sul quale galleggia un olio che contiene anche benzolo e toluolo; 2ª da 110° a 170°, detta degli olî leggieri del catrame; 3ª da 170° a 230°, dei fenoli od olî medî od olî di creosoto; 4ª da 230° a 270°, degli olî pesanti od olî verdi; 5ª da 270° a 320°, dell'olio d'antracene. Il residuo non distillabile forma la pece. In media da 100 kg. di catrame si ricavano gr. 600 di benzolo; donde è facile arguire quali enormi masse di catrame bisogna porre in lavorazione per corrispondere alla richiesta dell'idrocarburo.
La frazione degli olî leggieri viene ulteriormente purificata, per separarne il benzolo. Forma un liquido di color giallo bruno, con marcato odore di solfuro ammonico, acido fenico e naftalina. La purificazione implica distillazioni frazionate e lavaggi chimici e ha inizio con una distillazione in grandi caldaie di ferro, dalla quale si ricavano benzolo grezzo leggiero I e benzolo grezzo pesante II, oltre a fenoli e a un residuo di olî medî. Dal I, distillando di nuovo, si hanno tre frazioni di benzoli grezzi da lavare: miscugli di benzolo e omologhi con piccole quantità di sostanze acide, basiche e indifferenti. Le sostanze acide si asportano con un lavaggio con soluzioni acquose d'idrati alcalini; le sostanze alcaline, con un lavaggio con soluzione di acido solforico. Infine ognuna delle tre frazioni si distilla ancora: dalla 1ª si ottiene il cosiddetto benzolo puro con il punto d'ebollizione 80-81° e benzolo commerciale I, con un tenore di 90% di benzolo, benzolo commerciale II, con un tenore del 50%; dalla 2ª si ottiene toluolo e miscugli detti benzoli commerciali II e III; dalla 3ª frazione degli olî leggieri da lavare, xilolo e miscugli detti benzoli commerciali III e IV. Dai benzoli grezzi pesanti si hanno, per trattamenti analoghi, xilolo e cumolo, oltre a benzoli commerciali IV, V e VI e ad olio pesante.
Il benzolo con il punto d'ebollizione 80-81° suddetto, non è chimicamente puro: contiene sempre toluolo, tiofene, ecc.; tuttavia serve direttamente come solvente e per la preparazione di moltissimi derivati. Ma per i bisogni dell'industria occorre talora benzolo purissimo, per la preparazione del fenolo sintetico o dell'anilina pura. Per ottenerlo, si purifica ulteriormente il benzolo commerciale I con lavaggi d'acido solforico concentrato o d'oleum prima, con lavaggi alcalini poi e un'accurata rettificazione con i più perfetti apparecchi. Dopo due rettificazioni si può ottenere benzolo, che distilla per il 99,5%, fra 80°,5 e 80°,8 alla pressione di 760 mm., in quantità corrispondente a circa il 70% del benzolo commerciale I messo in opera. Il benzolo purissimo ottenuto per tal via dal catrame è anche privo di tiofene, che rimane nell'acido solforico del lavaggio.
Benzolo abbastanza puro si ottiene anche ricorrendo alla cristallizzazione, come fece Faraday: si raffredda a +5° quello commerciale e si spremono i cristalli, ma questo è un processo che serve per prepararne piccole quantità. Infine, benzolo purissimo, per uso scientifico, si ha distillando a secco benzoato di calcio puro, mescolato con calce.
Il benzolo è un liquido mobile d'odore etereo, miscibile con l'alcool assoluto, l'etere, l'acetone e le benzine del petrolio, mentre è quasi completamente insolubile in acqua. Si usa come solvente dei grassi, resine, zolfo, caucciù, ecc. Costituisce la materia prima per la sintesi, attraverso il nitrobenzolo, l'anilina e l'acido benzensolfonico, di numerosi coloranti, di esplosivi, di prodotti farmaceutici e fotografici, alimentando con ciò grandiose industrie. Entra nella formazione di miscele carburanti per motori a scoppio. Si usa direttamente in terapia per la cura della leucemia mieloide e linfatica. I suoi vapori e particolarmente quelli dei benzoli grezzi, sono alquanto tossici e lungamente respirati insieme con l'aria hanno anche dato casi di morte.
Il benzolo cristallizza nella classe rombica bipiramidale, fonde a 5,4° con aumento di volume; bolle a 80°,4 a 760 mm. La sua densità a 0° è 0,899, a 20° è 0,8799. Si può riconoscere anche in tracce, mediante la trasformazione in nitrobenzolo, composto che ha odore di mandorle amare.
Formula del benzolo. - Dal risultato della combustione del benzolo dal gas portabile (C % 91,72 e H % 8,30) Faraday, facendo C = 6, aveva ricavato la formula semplice C2H; da quello della combustione del benzolo dall'acido benzoico (C % 92,62 e H % 7,76) Mitscherlich, facendo C = 12, aveva ricavata la formula C3 H3. Nel trattato di chimica organica di L. Gmelin, (1852, 4ª ed.) in cui il benzolo è descritto con il nome di fune, la formula grezza è C12H6. La formula C6H6 appare dopo che S. Cannizzaro (1858) ebbe fatta la luce sui pesi atomici e divenne quindi possibile precisare il numero degli atomi di una molecola. Ciò, com'è noto, ebbe per conseguenza di condurre molti chimici a speculare sui mutui rapporti di quegli atomi, cioè a stabilire la "struttura" o "costituzione" delle sostanze.
La prima formula di struttura di un composto aromatico fu proposta nel 1858 da Archibald Scott Cuper e precisamente per l'acido salicilico:
Qualche anno dopo (1861) J. Loschmidt ammise l'esistenza nei composti aromatici di un nucleo fondamentale di sei atomi di carbonio, con il comportamento d'un "vero elemento esavalente" e diede per il benzolo queste formule di struttura
in cui gli atomi di carbonio sono rappresentati con sei cerchi, raffiguranti le loro sfere d'attrazione e che si toccano tangenzialmente, ovvero si risegano, secondo che gli atomi si uniscono con uno o con due legami. Le valenze libere sono indicate con punti e, come si vede, non sono distribuite fra tutti gli atomi di carbonio. L'autore non insiste sulla struttura del nucleo e, anzi, nei derivati del benzolo (ne rappresenta circa 180) l'indica addirittura con un cerchio di raggio più grande
A stabilire la struttura di questo nucleo volse invece la propria attenzione August Kekulé intorno al 1865. Fondandosi sull'atomicità (valenza) degli elementi, che riteneva una proprietà naturale immutabile, egli aveva stabilito la struttura dei composti della serie grassa, consacrando i risultati delle sue speculazioni in un trattato che divenne celebre. Per compiere l'opera doveva occuparsi delle sostanze aromatiche, un folto gruppo di composti detti cosi per le loro intime relazioni con certi olî naturali fortemente odoranti. A. Kekulé (Sur la constitution des substances aromatiques, in Bull. soc. chim., III, 1865, p. 100) tiene presente che i rappresentanti più semplici del gruppo contengono almeno sei atomi di carbonio e che quelli relativamente complicati, sotto l'influenza di reattivi energici, producono sostanze aromatiche, le quali, parimenti, non contengono mai meno di sei atomi di carbonio: ne conclude che in tutti i composti aromatici esiste un gruppo comune, un nucleo di sei atomi di carbonio. Tutto ciò era stato ammesso anche da altri chimici; Kekulé - qui comincia il nuovo - vuol rendersi conto della costituzione di quel nucleo e l'ipotesi più semplice in proposito discende per lui, in maniera del tutto naturale, dalla nozione della tetra-atomicità del carbonio, che egli aveva acquisita alla scieriza già da 7 anni e ormai era accettata da quasi tutti i chimici del tempo. Pensa che più atomi di carbonio, per concatenarsi, possano unirsi mutuamente o con una o con due o altelnatamente con una o con due delle quattro affinità. I primi due modi di concatenazione gli spiegarono la costituzione delle sostanze grasse, il terzo gli spiegherà quella delle aromatiche, o, più precisamente, la costituzione del loro nucleo comune. Difatti, sei atomi di carbonio, combinandosi secondo la detta legge di simmetria, possono formare una catena chiusa con sei affinità non saturate:
Brevemente l'autore la rappresenta con C6A6, in cui A indica appunto un'affinità libera. Siano ora le sei affinità saturate con l'idrogeno e avremo il benzolo C6 H6
Siano esse saturate parte con idrogeno, parte con elementi monovalenti, quali gli alogeni e avremo cloro-, bromo- e iodobenzoli; se invece tutte, o parte, si legano a un'affinità di un elemento bi- o polivalente, poiché questo deve necessariamente trascinare altri atomi, passeremo a benzoli con una o più catene laterali. Risulta da ciò che tali composti sono da considerarsi come derivati di sostituzione del benzolo. Uniformandosi ai principî esposti, Kekulé stabilisce la costituzione di molte sostanze aromatiche, rappresentandole con le sue formule grafiche. In queste (come mostrano gli schemi or ora riportati) gli atomi monovalenti sono indicati con un cerchiolino e quelli bi- tri- polivalenti con 2-3-4, ecc., cerchiolini, che si compenetrano ("i panini di Kekulé", come li chiamava W. Kolbe). Un tal modo di rappresentazione si può vedere nella prima esposizione della sua teoria (loc. cit.), o nel suo Trattato, dove anche appare la formula costruita con quelli che diverranno i comuni modelli degli atomi di carbonio:
ma ben presto (1866) accanto alle formule grafiche scrive la formula del benzolo, come ancor oggi si fa, con i simboli atomici di Berzelius e indicando le valenze con lineette:
Nel commento prescinde dai doppî legami e si riferisce alla seconda formula semplificata. In essa pone i sei gruppi metilici CH ai vertici di un esagono regolare per esprimere che la struttura del benzolo è simmetrica. Così può spiegare alcuni fatti che ha sott'occhio. La formula ci dice che, sostituendo uno qualunque dei sei atomi d'idrogeno con un residuo monovalente X, non potremo avere che un sol derivato monosostituito C6H5X. In pratica, appunto, si conoscevano varî composti monosostituiti del benzolo e ognuno sempre in una sola modificazione; anzi Beilstein e Reichenbach avevano dimostrato nel 1864 che il cosiddetto acido salilico, ritenuto per un acido benzencarbonico isomero dell'acido benzoico, era invece identico a questo; inoltre Fittig (1864), introducendo un metile nel benzolo aveva ottenuto un monometilbenzolo identico al toluolo della resina di Tolù e del catrame, ecc.
Ma se sostituiamo due atomi d'idrogeno con il residuo monovalente X la formula ci fa prevedere tre isomeri secondo che X andrà a legarsi agli atomi di carbonio 1 e 2 (= 1 e 6), 1 e 3 (= 1 e 5) o 1 e 4
Questi isomeri ebbero in seguito i nomi orto, meta e para (abbreviatamente o, m, p) proposti, sebbene con altro significato, dal Körner. Beilstein e Schlun, sperimentalmente, avevano già provato nel 1865 l'esistenza di tre acidi monoclorobenzoici e di tre soli. Egualmente tre isomeri fa prevedere la formula, se si sostituiscono tre H con tre X: saranno occupate le posizioni 1, 2, 3 (= 1.6.5) (vicinale), 1.2.4 (asimmetrica), 1.3.5 (simmetrica); e tre ancora se si sostituiscono 4 idrogeni con 4 X (1.2.3.4, 1.2.3.5, 1.3.4.5); ma si avrà un solo composto, se si sostituiscono 5 e 6 X. A partire poi dai composti trisostituiti si avrà un numero maggiore d'isomeri, se l'idrogeno verrà rimpiazzato, invece che con il medesimo sostituente, con sostituenti diversi.
Secondo la teoria esposta, gli omologhi del benzolo debbono considerarsi come prodotti della sostituzione di uno o più atomi d'idrogeno al nucleo con uno o più alchili. Ove si tratti di un metile è possibile l'esistenza di un solo monometilbenzolo, di tre dimetil-, trimetil- e tetrametilbenzoli, di un pentametil- e un esametilbenzolo; ove s'introducano più di due alchili diversi, o si tenga conto dell'isomeria tra gli alchili con più di due atomi di carbonio, il numero dei casi d'isomeria naturalmente cresce d'assai. Ancora, gli omologhi del benzolo devono produrre due serie di prodotti di sostituzione secondo che questa avvenga nel nucleo o nella catena laterale. Le ricerche sulla serie toluica compiute dal nostro Cannizzaro nel 1853 e dopo, dànno a Kekulé materia per affermarlo.
La teoria veniva a dare ragione in modo molto semplice del gran numero d'isomeri, fra cui il chimico si smarriva, lavorando nella serie aromatica, e quindi essa fu subito accolta con favore e anzi contribuì ad attrarre molti sperimentatori allo studio della serie medesima. Numerose ricerche furono istituite per controllarla e ciò anche per incitamento del suo autore, che aveva potuto appoggiarla solamente ai pochi fatti che scaturivano dalla letteratura chimica e a qualche personale esperienza. Beilstein e Kourbatoff si occuparono nel 1879 a preparare i dodici possibili prodotti clorurati del benzolo; W. Körner e A. Ladenburg diedero nel 1869 la prova sperimentale dell'equivalenza dei sei atomi d'idrogeno del benzolo. Altre ricerche furono dedicate ad assegnare ai varî isomeri generati nelle sostituzioni, le formule di costituzione (orto, meta e para, ecc.), furono cioè dedicate alla cosiddetta determinazione del luogo chimico o posizione chimica nel nucleo benzenico. I primi passi in tal senso si debbono allo stesso Kekulé, a Baeyer, a Graebe; ma la regola fondamentale si deve a Wilhelm Körner che, dopo averla proposta nel 1867, la illustrò ampiamente nel 1874.
Sebbene la teoria di Kekulé non trovasse su tutti i suoi punti l'accordo dei chimici, pure diede un impulso straordinario alla chimica delle sostanze aromatiche e non solamente di queste. Orientò i lavori di Graebe sui chinoni, che portarono a stabilire i rapporti dell'alizarina, colorante naturale, con l'antracene, idrocarburo del catrame, e alla sintesi industriale della prima (1869); secondo A. Ladenburg, ha poi avuto una grandissima influenza sui progressi della tecnica delle sostanze coloranti. Sebbene i primi colori d'anilina siano stati scoperti e utilizzati prima della pubblicazione del celebre lavoro di Kekulé, pure lo sviluppo di quest'industria è dipeso senza dubbio dalla conoscenza precisa della costituzione delle sostanze madri. E non altrimenti va detto per altre classi di sostanze coloranti, acido rosolico, ftaleine, colori azoici. Influenza più diretta ebbe la concezione di Kekulé sulle idee dei chimici intorno agl'idrocarburi complessi che, insieme col benzolo, si ricavano dal catrame, cioè la naftalina, l'antracene, il fenantrene, ecc.; ed esse infine si estesero proficuamente allo studio della piridina, chinolina, indolo, pirrolo, carbazolo, ecc.
Altre formule di struttura del benzolo. - A. Kekulé, costruendo la formula del benzolo con il criterio della valenza, sperava che essa avrebbe dato ragione delle proprietà dei composti aromatici così soddisfacentemente come le formule costruite, in base allo stesso criterio, per i composti della serie grassa. Egli la fondava su ben pochi fatti chimici, ma quando questi si moltiplicarono e accanto a essi s'andarono schierando anche fatti fisico-chimici, si rilevò che la formula esagonale, se dà una chiara ragione dell'equivalenza dei sei atomi d'idrogeno e delle isomerie fra i prodotti di sostituzione, contraddice con i suoi doppî legami all'indifferenza del benzolo e della maggior parte dei suoi derivati verso le reazioni d'addizione o d'ossidazione, non giustifica l'esistenza di una sola forma di o-biderivati, non interpreta senz'altro, come le formule della serie grassa, le proprietà fisiche dei prodotti che rappresenta. Perciò qualche anno dopo la pubblicazione della teoria di Kekulé cominciò una serie di tentativi per sostituire la formula esagonale, o per modificarla, o anche per ricondurre a essa con nuove interpretazioni quei risultati che sembrano contraddirla. Kekulé prese parcamente parte al dibattito, facendo rilevare che la sua formula spiega semplicemente la genesi del benzolo dall'acetilene e del mesitilene dall'acetone, e inoltre le relazioni del benzolo con la naftalina e l'antracene e la formazione dei composti di addizione ch'esso fornisce, sia pure in condizioni diverse che per i composti etilenici.
All'obiezione che la formula esagonale con i suoi doppî legami fa prevedere due isomeri o-biderivati
mai ottenuti sperimentalmente, oppone la cosiddetta teoria delle oscillazioni secondo la quale fra gli atomi di carbonio avvengono movimenti oscillatorî, che riproducono periodicamente le disposizioni
ognuna delle quali rappresenta stati momentanei della molecola.
La formula di Kekulé nel primo ventennio della sua vita fu vivamente discussa in special modo da Ladenburg, Claus e Baeyer, che ne prospettarono altre; ma la questione della struttura del benzolo non si è mai spenta e si può dire che non vi è progresso delle ricerche di carattere puramente chimico, delle teorie della valenza, delle osservazioni fisicochimiche, cui non corrisponda un ritocco alla formula di Kekulé, o la proposta di un nuovo schema.
Formula a diagonali. - A. Claus, già nel 1867, in base alle proprietà chimiche del benzolo solleva le prime obiezioni alla formula di Kekulé, proponendo invece, nel 1882, lo schema
dopo ne completa l'illustrazione e intanto con alcuni temperamenti lo adegua ai nuovi fatti sperimentali. Come si vede, in esso ogni atomo di carbonio è unito per legame semplice con altri tre, ma i 9 legami risultanti vanno distinti in due gruppi, uno di sei, periferici, e uno di tre, centrali. Nella formazione dei derivati d'addizione sono questi ultimi che vengono sciolti. Il Kekulé obiettò nel 1879 che così verrebbe a rompersi un legame semplice, fatto senza riscontro nella serie degli idrocarburi più semplici, ma la sua obiezione non regge perché per il Claus i legami centrali non sono legami ordinarî e soprattutto non hanno nessuna analogia con quelli della serie grassa. Poiché nella riduzione del nucleo benzenico dopo l'addizione di due atomi d'idrogeno appaiono due doppî legami etilenici, ossia spariscono tutti i legami diagonali, il Claus ammette che le sei valenze centrali per formare questi ultimi si saturino fra loro in modo tale, che in certe circostanze possano agire come se formassero i tre doppî legami di Kekulé.
Questa formula, mentre come quella di Kekulé dà ragione delle isomerie fra i prodotti bi- e polisostituiti, leva ogni dubbio sull'esistenza di due isomeri orto; con i suoi legami centrali di resistenza intermedia fra quella dei legami semplici e dei legami doppî, spiegherebbe poi la maggior difficoltà con cui il benzolo, in confronto all'etilene, si presta alle reazioni d'addizione. La formula fu anche ritenuta in accordo con i dati termochimici di Thomsen e con il risultato dell'ossidazione della pirocatechina, dalla quale si credeva si formasse un acido HO•C(COOH)3 il cosiddetto acido carbossitartronico, che, come si vede, avrebbe portato una prova diretta che nel benzolo ogni atomo di carbonio si lega ad altri tre. Kekulé in seguito (1883) dimostrò che l'acido, invece, ha tutt'altra costituzione.
Formula prismatica. - A. Ladenburg nel 1869, richiamata l'attenzione sul fatto che la presenza dei doppî legami nello schema di Kekulé porta all'esistenza di due isomeri orto mai riconosciuti, propone anch'egli formule con gli atomi di carbonio del nucleo legati fra loro per tre valenze e cosi appare la formula prismatica:
I sei atomi di carbonio sono collocati sui vertici di un prisma triangolare equilatero, per cui ogni atomo non è legato con altri tre in egual guisa, ma per due spigoli che sono contemporaneamente lati di un triangolo e di un quadrato e per uno spigolo che appartiene come lato a due quadrati. Secondo il Ladenburg (che fa notare come nella rappresentazione della struttura chimica per mezzo di formule grafiche i rapporti geometrici sono importantissimi per stabilire le relazioni fra gli atomi) consegue che la combinazione 1-2 non può essere eguale a 1-4, mentre evidentemente lo è per 1-6. La formula elimina i doppî legami e dà ragione come quella di Kekulé dei fatti allora (1869) conosciuti, fra l'altro la formazione del mesitilene dall'acetone. Tuttavia Ladenburg stesso cominciò a dubitare della sua formula, quando, a proposito di quest'ultimo composto, ebbe provato, nel 1874, che esso deve avere i tre atomi d'idrogeno del nucleo equivalenti e quindi la formula prismatica
ammessa la quale, l'acido isoftalico sarebbe stato, contrariamente ai risultati ottenuti per altra via, un composto 1-2 piuttosto che 1-3. In seguito, A. v. Baeyer, nel 1888, oppose al prisma di Ladenburg un fatto assai significativo; egli stabilì che riducendo un derivato del benzolo si perviene a un derivato dell'esametilene che conserva sempre i sostituenti nell'originaria posizione relativa. Ciò si spiega senz'altro mediante la formula di Kekulé, secondo la quale l'idrogenazione non può generare che l'ordinaria rottura dei doppî legami; si spiega ancora con la formula di Claus, ammettendo che l'idrogeno rompa i legami centrali, ma non si spiega, se non con l'ipotesi poco verosimile di una trasposizione dei sostituenti, mediante la formula di Ladenburg. Difatti è facile vedere come nel passaggio da una formula prismatica a una esagonale, passaggio che si fa sopprimendo nella prima uno spigolo verticale e due orizzontali, uno per ogni base, possano cambiarsi le posizioni relative dei sostituenti
Formule del benzolo con soli legami semplici furono prospettate anche da W. Körner (1869 e 1874), da R. Meyer (1882), da J. Thomsen (1886). Dewar e quasi contemporaneamente Stadeler (1868), e l'anno dopo Wichelhaus ne sostennero una con due doppî legami e un legame diagonale
che dopo essere stata molto avversata, di recente (v. in seguito) è di nuovo riapparsa in discussione. H. Armstrong nel 1887 propose per il nucleo benzenico lo schema
per indicare che ogni atomo di carbonio posto in un vertice dell'esagono è legato solamente con i due vicini, ma subisce l'influenza dei cinque rimanenti. Lo schema, con il nome di formula centrica, fu in seguito adottato da A. v. Baeyer nel suo importante tentativo di risoluzione del problema del benzolo.
Formula centrica. - Una fase notevole del dibattito intorno alla struttura del benzolo è rappresentata dagli studî compiuti fra il 1885 e il 1892 da A. v. Baeyer, i quali, se non definirono la questione, servirono a stabilire, mediante un copioso materiale sperimentale, le relazioni fra la serie aromatica e quella ciclo-metilenica e servirono a orientare molte nuove ricerche sulla naftalina e sui composti eterociclici. I risultati della riduzione degli acidi ftalici permettono a Baeyer di dimostrare luminosamente l'insostenibilità della formula di Ladenburg e, in un primo tempo (1888), di sollevare anche importanti obiezioni contro quelle di Kekulé e di Claus. Osservando che l'acido tereftalico si mostra assai indifferente all'attacco chimico, mentre i suoi prodotti di riduzione, gli acidi di- e tetraidrotereftalici, addizionano gli alogeni, o subiscono l'ossidazione allo stesso modo degli acidi della serie etilenica, è indotto a concludere ch'esso non deve contenere i tre doppî legami ammessi da Kekulé e allora giustifica la particolare passività manifestata dalle corrispondenti sei valenze con la formula di Armstrong che illustra con il nome di formula centrica. Se si ammette che le sei valenze libere, giacendo nel piano del nucleo, si dirigano simmetricamente verso il centro, si può, difatti, pensare che esse si paralizzino a vicenda. Il Baeyer, autore della ben nota teoria delle tensioni, chiarisce poi il suo concetto, ricorrendo a considerazioni di meccanica. Con i modelli atomici del carbonio (sferette da cui irraggiano quattro asticciuole orientate secondo gli assi di un tetraedro regolare) costruisce un modello spaziale della nuova formula e rileva che le valenze centrali tendono a restringere l'anello, le periferiche, deviate dalla direzione normale in seguito alla particolare disposizione delle prime, tendono invece, ad allargarlo: perché ciò avvenga, basta la deviazione di due valenze centrali. È quindi concepibile che esistano nel nucleo benzoico due forze antagonistiche, fra loro in stato d'equilibrio, e che turbando questo, p. es. con l'addizione di due atomi a due valenze centrali, si favorisca un allargamento dell'anello e quindi l'unione a due a due delle rimanenti valenze centrali, per formare gli ordinarî doppî legami. Una certa difficoltà, per parte dei reagenti, a rompere lo speciale stato di reciproca saturazione delle sei valenze centrali, spiegherebbe, allora, la stabilità del nucleo dell'acido tereftalico; mentre la comparsa di doppî legami, dopo che con mezzi energici si è ottenuta l'addizione di due atomi, spiegherebbe il comportamento olefinico dell'acido diidrotereftalico.
In un secondo tempo (1890) l'autore si prospetta la questione, se la stabilità dell'acido tereftalico di fronte all'addizione degli alogeni o alla ossidazione sia da imputarsi, piuttosto che ad assenza dei doppî legami, a un'alterazione della natura etilenica di questi ultimi. Per una risoluzione sperimentale della questione, intraprende la deidrogenazione graduale di alcuni derivati dell'esametilene ed esamina il comportamento dei derivati non saturi ottenuti. Rileva che alla sottrazione di due o di quattro atomi di idrogeno corrispondono derivati ciclici, che reagiscono esattamente come i composti olefinici, ossia come composti contenenti uno o due doppî legami normali. Quando però si toglie l'ultima coppia di atomi d'idrogeno, non che apparire le reazioni di un terzo doppio legame, in generale spariscono anche quelle degli altri due, si formano, cioè, prodotti con il caratteristico contegno del benzolo. Tuttavia si formano anche prodotti, come p. es. la floroglucina, nei quali si possono mettere in evidenza, in condizioni normali, i tre doppî legami e altri composti ancora, che posseggono un comportamento che sta fra quello della floroglucina e quello del benzolo. Per spiegare questi fatti il Baeyer ricorre ancora ai modelli: rileva che, introducendo dei doppî legami nel modello dell'esametilene, esso diminuisce di diametro, risultato che egli concepisce come l'aununto d'una pressione che solleciti gli atomi di carbonio verso il centro del nucleo; allora ammette che essa contrasti con la tensione che, secondo la sua nota teoria, esiste nei doppî legami e ciò fino al punto di potere impedire che essi reagiscano. Sino a che la pressione non raggiunge un determinato valore, la sottrazione dell'idrogeno dal nucleo esametilenico si manifesta con le reazioni olefiniche, in seguito si manifesta con quelle aromatiche. La sottrazione dei sei atomi d'idrogeno è necessaria affinché la pressione raggiunga questo valore; qualche volta, però, non è sufficiente (caso della floroglucina), potendo anche influire, contro il restringersi dell'anello, la natura e la posizione dei sostituenti. Come si vede il Baeyer viene a distinguere i composti aromatici in due categorie: una costituita dalla floroglucina, poi dalla naftalina, fenantrene, ecc., che manifesta le reazioni dei doppî legami; e l'altra costituita dal benzolo e dai suoi carboacidi, che quelle reazioni non manifesta. Alla prima conviene senz'altro la formula di Kekulé; e alla seconda? Le considerazioni ora esposte portano a concepire un'alterazione di doppî legami, ma di qual sorta è impossibile dire; tuttavia il Baeyer pensa che alla seconda categoria si possa assegnare la formula centrica con l'aggiunta di frecce
per indicare come in quelle combinazioni gli atomi di carbonio subiscano una forte pressione verso il centro, la quale determina il particolare modo di reagire di esse. In seguito, avendo con nuovi studî sui prodotti di riduzione dell'acido ftalico, rimosse obiezioni ch'egli aveva sollevate contro la formula di Claus, il Baeyer non è alieno dall'assegnare questa alla suddetta seconda categoria di composti aromatici, invece della formula centrica. La quale, tuttavia, entrò nell'uso e fu invocata da altri autori e specialmente da Bamberger per spiegare il comportamento della naftalina, della chinolina, dell'antracene e del fenantrene e anche del pirrolo, indolo, furano e tiofene; è vero che su questa via essa non resisté alle critiche di Ciamician e Angeli e di Marckwald. R. Willstätter ed E. Weser, a proposito dei loro studî sul ciclooctatetraene molto recentemente la portano di nuovo alla ribalta, mentre H. Pauly è di nuovo contrario.
Le conclusioni del Baeyer abbattevano una convinzione allora molto diffusa fra i chimici organici, cioè che il nucleo benzenico mantenesse inalterata la sua intima struttura in tutti i composti aromatici; egli avanzava invece l'idea ch'esso nelle varie famiglie della serie possa modificarsi in dipendenza della natura dei radicali sostituenti.
Ciamician e Angeli (1891) accettando in massima questo concetto, considerano le differenti forme dell'anello benzenico come altrettante configurazioni, corrispondenti a una costituzione che rimarrebbe immutata. Attribuendo allora una diversa resistenza a reagire alle diverse configurazioni si può spiegare il disparato comportamento verso le addizioni e le ossidazioni dei varî gruppi di composti aromatici.
L'idea dell'esistenza di diverse formule per il benzolo venne ancora svolta da altri autori.
J. Norman Collie nel 1897 costruisce un modello di una formula spaziale del benzolo con sei tetraedri (gli atomi di carbonio) che dispone simmetricamente sui sei vertici di un ottaedro, e simmetricamente unisce fra loro con legami semplici diretti ai centri delle facce e con i sei atomi d'idrogeno
Questi risultano in due gruppi, tre da un lato, tre dall'altro del sistema; e analogamente rimangono distribuite le affinità non saturate. Ogni tetraedro può rotare intorno al proprio o intorno al centro di gravità dell'intera molecola. Il contemporaneo movimento de sei tetraedri secondo il primo modo porta un gruppo d'atomi di idrogeno 1, 3, 5 entro l'ottaedro e l'altro, 2, 4, 6, fuori: la proiezione di questa fase è (I)
Il movimento contemporaneo, secondo l'altro modo, modifica le posizioni relative dei tetraedri e mette in gioco le sei valenze non saturate, con formazione dei doppî legami: la proiezione della nuova fase è (II). Il ripetersi di questi movimenti porta agli schemi (III, IV, V).
La formula spaziale sta perciò in armonia con la formula di Kekulé e con quella centrica e mostra che queste trapassano l'una nell'altra; mostra, inoltre, che i doppî legami cambiano di posto e quindi non è possibile l'esistenza dei due famosi orto-biderivati. Differisce dalle predette, però, perché distingue nel benzolo due classi di atomi d'idrogeno, ciò che potrà servire a chiarire le regole della sostituzione.
Molto più di recente C. K. Ingold ammette che le strutture rappresentate dalle formule di Dewar, di Armstrong-Baeyer e di Kekulé stiano fra loro in rapporto tautomerico.
Le suddette formule furono concepite, imperando il principio che l'affinità chimica agisse per unità nettamente distinte, o valenze. A ciò portava lo studio dei composti saturi; ma lo studio dei composti non saturi spinse i chimici a modificare i loro concetti sulla valenza. Conseguentemente molte formule di struttura e specialmente quella del benzolo furono riesaminate secondo le nuove speculazioni, per ridurle a esprimere i fatti meglio e più compiutamente. Un primo passo si ebbe con la teoria delle parziali valenze di J. Thiele (1899). Per questo chimico l'attività di reazione di un "doppio legame", è dovuta a residui d'affinità (valenze parziali) ancora posseduti dai due atomi che esso unisce; in un sistema coniugato di doppî legami, formante catena aperta, però solamente le valenze parziali degli atomi estremi reagiscono, mentre quelle degli atomi intermedî si saturano fra loro a due a due, formando i cosiddetti doppî legami inattivi (rappresentati nelle formule con il segno &mis3;x). Ora nel benzolo, in conseguenza della forma ciclica, tutte e sei le valenze parziali del sistema coniugato di tre doppî legami, ammesso da Kekulé, si possono saturare fra loro e da ciò appunto deriverebbe il contegno di sostanza satura ch'esso manifesta generalmente. Thiele modifica lo schema di Kekulé in quest'altro
e allora, supponendo che i sei doppî legami si equivalgano, sparisce la possibilità, imputata al primo, dell'esistenza dei due isomeri biderivati orto.
Sviluppando il suo concetto J. Thiele illustra un gran numero di reazioni di composti benzenici: e la sua teoria trovò molti seguaci. Un appunto abbastanza notevole ebbe però nel 1911 dopo la scoperta del ciclooctatetraene per parte di R. Willstätter ed E. Weser i quali, sulle basi del comportamento chimico, dovettero assegnargli la formula:
come si vede, assai simile a quella di Kekulé per il benzolo. Tuttavia, chimicamente, le due sostanze differiscono assai: la prima difatti si comporta precisamente come un composto etilenico, cioè addiziona rapidamente quattro molecole d'idrogeno; scolora istantaneamente l'acqua di bromo e il permanganato; non si nitra. Ora invece, poiché i quattro doppî legami formano un sistema coniugato chiuso, secondo le idee di Thiele, essa dovrebbe mostrare la stabilità del benzolo. Gli autori da tutto questo traggono la conseguenza che lo stato di saturazione che mostra il benzolo non possa attribuirsi, come fa Thiele, alla saturazione di valenze parziali e che conviene ritornare al punto di vista espresso da A. v. Baeyer nella formula centrica.
Formula di A. Werner. - Secondo Werner un atomo è una porzione dello spazio occupata da una materia omogenea; è in costante movimento nelle molecole; di forma sferica (per fare un'ipotesi semplice). L'affinità è una forza attrattiva che emana dal centro dell'atomo e agisce uniformemente su tutte le porzioni della sua superficie esterna - non agisce quindi per valenze. Ammette che l'aggrupparsi degli atomi in una molecola debba avvenire in modo che fra essi si abbia il massimo possibile scambio di affinità. Consegue da ciò che anche per Werner il benzolo contiene un ciclo di sei atomi di carbonio
in cui ciascuno si trova nella sfera d'azione degli altri cinque; ciò che tende a conferire stabilità al sistema. Dato poi che l'affinità, come si è già detto, agisce partendo dal centro dell'atomo e indipendentemente dalla direzione, si vede che importanti frazioni di essa possono venire neutralizzate, oltre che fra gli atomi di carbonio in orto, anche fra quelli in para. Werner spiega così la parentela netta degli isomeri o- e p- e dà un'immagine concreta di tale scambio d'affinità rappresentando l'affinità di un atomo di carbonio come un'emissione luminosa. Come conclusione della sua teoria propone la formula
Nella molecola del benzene, i sei atomi di carbonio sono in un piano, dove anche gli atomi d'idrogeno sono disposti in maniera assolutamente simmetrica e al di fuori dell'anello carbonico. Gli atomi di carbonio in orto sono uniti mediante frazioni d'affinità che provocano un grado di saturazione superiore a quello del legame acetilenico. D'altra parte, ogni atomo di carbonio satura una frazione definita dell'affinità dell'atomo para, ciò che dà luogo a un legame per valenze supplementari. Infine, non è impossibile che vi abbia saturazione di piccole quantità d'affinità fra gli atomi di carbonio in meta. E. Bloch ha sviluppato le teorie di Werner sul benzolo e i suoi derivati.
Formula di J. Starck. - Un atomo di carbonio è costituito di quattro elettroni negativi e di un "resto" che possiede sulla superficie regioni positive verso le quali gli elettroni, situati rispetto al centro dell'atomo come i quattro vertici rispetto al centro di un tetraedro regolare, inviano le loro linee di forza. Nel benzolo i sei atomi di carbonio segnano con i loro centri i vertici d'un esagono regolare e sono concatenati per mezzo degli elettroni. Ogni atomo di carbonio è situato in modo che tre dei suoi elettroni giacciano su di un piano perpendicolare al nucleo e precisamente uno venga a trovarsi sul piano dell'esagono, gli altri due siano a egual distanza, al di sopra e al di sotto; sono essi tre che, per mezzo di parte delle loro linee di forza, stabiliscono la concatenazione dell'atomo medesimo con i due adiacenti; il quarto elettrone è situato anch'esso nel piano del nucleo, ma al di fuori e stabilisce il legame con l'idrogeno. Se numeriamo, come al solito, i sei atomi di carbonio, la loro concatenazione avverrà, p. es., così: dei tre elettroni del primo atomo uno dirige linee di forza verso il sesto, gli altri due le dirigono verso il secondo; dei tre elettroni di questo, uno invia linee di forza verso il primo atomo e gli altri due le inviano verso il terzo: e cosi di seguito ordinatamente e simmetricamente. Due elettroni di due atomi, che si uniscono, rappresentano una valenza. In tal modo si perviene a un primo schema:
Dalle proprietà spettrali del benzolo J. Starck ha tratto conclusioni, non solamente sulla maniera come si esercita il legame fra carbonio e carbonio, ma ancora sulla sua forza in posizione d'equilibrio: essa sta fra quella di un legame semplice e quella di uno doppio. Starck propone quindi la formula
in cui appunto il segno −〈 vuol indicare questo fatto e che eviterebbe le obiezioni alla formola di Kekulé con i suoi tre legami doppî: calore di combustione più basso; differenza tra lo spettro d'assorbimento del benzolo e quello dei composti etilenici; mancanza di due orto-biderivati isomeri. Le idee di Starck hanno avuto applicazione e illustrazione per parte di H. Pauly.
H. Shipley Frey (1911), ammettendo che anche gli atomi dei non elettroliti si uniscano mediante forze elettriche ricava per il benzolo la formula
la quale mostra l'esistenza di due gruppi d'atomi d'idrogeno, 1-3-5 e 2-4-6 di polarità opposta, dà un fondamento strutturale all'analogia di comportamento delle posizioni orto e para, spiega i fatti della sostituzione, fa prevedere l'esistenza di isomeri elettronici (elettromeri).
Pauling (1926) applica al benzolo l'ipotesi di C. A. Knorr (1923) sul legame chimico e sul relativo ordinamento delle orbite fondata sul modello atomico di Bohr. Esprime la struttura elettronica del benzolo con questo diagramma
in cui i punti neri interni rappresentano i nuclei di carbonio con i due elettroni e i punti neri esterni gli atomi di idrogeno. Le curve fra i nuclei rappresentano le orbite di due elettroni, che ruotano fra i nuclei inclusi dalle orbite stesse. I sei atomi di carbonio e i sei atomi d'idrogeno giacciono nello stesso piano ai vertici di due esagoni regolari concentrici. La straordinaria stabilità dei composti del benzolo in confronto a quella degli altri composti non saturi è da riferirsi alla stabilità del gruppo delle sei lunghe orbite incrociantisi nel centro degli esagoni: nella riduzione parziale queste orbite vengono alterate e si formano i composti non saturi comuni. Dal diagramma risulta che i composti monosostituiti da un lato e gli orto-biderivati dall'altro, sono identici e anche che un sostituente possa influire sulla posizione para (perché appunto gli atomi di carbonio opposti sono fra loro direttamente legati). Per quest'ultima proprietà il modello differisce da tutti gli altri, salvo da quello di Claus (e simili), che perciò dal punto di vista della teoria elettronica si manifesta come esatto. La teoria è sostenuta da dati sulla struttura cristallina e sulla grandezza molecolare.
Formule spaziali del benzolo erano state date da W. Körner e da A. Ladenburg già nel 1869 e inoltre da J. Thomsen nel 1882 e da V. Meyer nel 1886; ma la stereochimica del benzolo trovò la sua espressione principalmente in questi quattro modelli:
in quello già descritto di Collie, come anche in alcune osservazioni di Erlenmeyer (1911).
I primi tre furono proposti nel 1888, il I da Marsh, il II da Baeyer, il III da Sachse; il IV fu proposto nel 1902 da Graebe. Come si vede, si è procurato di disporre i sei atomi di carbonio, rappresentati con tetraedri regolari, in modo da conciliare le proprietà fisiche e chimiche dei derivati del benzolo con i principî della stereochimica. Le discussioni sostenute intorno ad essi da Vaubel (1891, 1897), Chicandart (1900) Erlenmeyer junior (1901), dimostrarono che con nessuno si può dare una completa rappresentazione dei fatti sperimentali.
I derivati benzenici non manifestano attività ottica; ciò è stato provato dalle ricerche di Le Bel (1882), di Lewkowitsch (1888), Victor Meyer e Luhn (1895), H.O. Jones e Kewley (1904), i quali tutti tentarono indarno di scindere negli antipodi composti opportunamente scelti. Le spiegazioni che del fatto si possono dare sono varie. La più ovvia è che gli atomi d'idrogeno del benzolo giacciano in un sol piano (come p. es. nel modello II). È poi possibile immaginare che gli atomi di carbonio del benzolo siano in uno stato di vibrazione, in seguito al quale si abbiano per uno stesso composto configurazioni spaziali dinamiche, che trapassano una nell'altra attraverso una configurazione uniplanare inattiva. A questo concetto corrisponde la formula dinamica di J. N. Collie e quella di Weinberg e a esso s'informa la giustificazione che Vaubel dà della mancanza d'isomeri ottici prevedibili col modello I, da lui sostenuto. Secondo la formula di Sachse, che rappresenta un corpo rigido, l'enantiomorfismo (dei composti ortobisostituiti) sarebbe, invece, inevitabile.
La struttura del benzolo dal punto di vista fisico-chimico. - Se i procedimenti d'investigazione puramente chimici non ci permettono di costruire uno schema della costituzione del benzolo così soddisfacente come le formule impiegate per la serie grassa, le ricerche fisico-chimiche non ci dànno un miglior aiuto per risolvere la questione.
Il problema della costituzione del benzolo fu per la prima volta trattato dal punto di vista fisico-chimico da J. W. Brühl nel 1879 con ricerche spettrochimiche. Qualche anno dopo, per iniziativa di J. Thomsen (1880) vennero le ricerche di termochimica e per iniziativa di R. Schiff (1893) quelle sui volumi molecolari; più recentemente quelle sul diamagnetismo, sull'analisi spettrale e con i raggi X.
Brühl aveva stabilito che il legame etilenico aumenta la rifrazione molecolare delle olefine di una quantità costante; e rilevando nella rifrazione molecolare del benzolo un incremento triplo di detta quantità, concluse, allora, per la presenza in questo composto di tre doppî legami. Sostenne, quindi, la formola di Kekulé: e quando, nel proseguimento delle sue ricerche ottiche, ebbe a constatare che la coniugazione dei legami etilenici dà luogo a un'"esaltazione" della rifrazione molecolare delle olefine, spiegò la rifrazione assolutamente normale del benzolo, ammettendo che in questo la coniugazione non si manifesti otticamente, a causa della sua perfetta simmetria.
Il calore di combustione del benzolo non concorda né per il calcolato per C6H6 con tre legami semplici e tre doppî, né per quello per C6H6 con nove legami semplici. La discussione sull'interpretazione del fatto cominciata in seguito alle determinazioni calorimetriche di J. Thomsen (1880) non è ancora chiusa: molti autori vi trovano argomento per sostenere le vecchie formule (Lagerlof, 1917); altri, invece, per prospettarne delle nuove (p. es., v. Weinberg, 1919).
La misura del volume molecolare aveva in un primo tempo condotto R. Schiff a concludere per la presenza di nove legami semplici nel benzolo; ma in seguito W. Lossen nel 1884, discutendo un maggior numero di risultati, spiegava il comportamento volumetrico del benzolo con la formola di Kekulé.
Le misure magnetochimiche di P. Pascal (1911), utilizzabili sempre per la determinazione della struttura dei composti alifatici, per il benzolo non dànno, invece, che indicazioni negative. Il diamagnetismo di questo composto è superiore a ciò che darebbe l'additività pura e semplice del diamagnetismo del carbonio e dell'idrogeno, tenuto conto della ripercussione costante che su di esso hanno le particolarità di struttura, come i doppî legami, gli atomi di carbonio terziario, la struttura ciclica. Il risultato è in accordo con la struttura ciclica, ma appare poco favorevole all'esistenza di doppî legami della stessa natura di quelli etilenici e d'altra parte non dimostra in maniera inoppugnabile l'esistenza di atomi di carbonio terziario. L'autore quindi non starebbe né per la formula di Kekulé, né per quella di Claus, ma piuttosto per quelle formule esagonali nelle quali non si precisa la natura dei legami fra gli atomi di carbonio benzenico.
Lo spettro d'assorbimento del benzolo, secondo le osservazioni di Baly e Collie (1905), contiene sette bande d'assorbimento molto simili e molto serrate; Baly, Edwards e Stewart (1906) avanzarono l'ipotesi che la formazione di ognuna di esse sia dovuta al periodico formarsi e rompersi di legami fra gli atomi di carbonio del composto, con conseguente alterazione della forma del nucleo. A questo gli autori dànno, in una delle fasi, la figura d'esagono regolare.
Per J. Starck le bande d'assorbimento del benzolo implicherebbero movimenti d'elettroni, non di atomi, la struttura della molecola del benzolo conserverebbe sempre la forma d'esagono regolare, con gli atomi di carbonio e d'idrogeno disposti in un sol piano e legami della stessa specie fra carbonio e carbonio.
Von Weinberg (1919), spiega il contegno delle sostanze non sature riguardo al contenuto d'energia, al volume molecolare, allo spettro di assorbimento, ammettendo che gli atomi di carbonio non saturi non siano uniti per doppio legame, ma si trovino in un particolare stato di oscillazione. Neì benzolo, quindi, tutti e sei gli atomi di carbonio sarebbero in movimento e solo transitoriamente si riunirebbero in un piano ai vertici d'un nucleo esagonale:
invece, oscillando alternativamente in senso perpendicolare al piano di questo, si distribuirebbero nelle due triadi 1, 3, 5 e 2, 4, 6, le quali, alternativamente, verrebbero a trovarsi sopra e sotto di esso.
Infine merita un cenno il contributo apportato al problema della struttura del benzolo dalle ricerche röntgenometriche.
Come sostenne William H. Bragg (1922), se non si può affermare che la relativa disposizione degli atomi nella molecola del cristallo sia la stessa di quella degli atomi nella molecola ordinaria, pure si hanno buone ragioni per credere che ne differisca di pochissimo. Da ciò l'importanza dell'analisi con i raggi X nello studio della struttura chimica.
P. Debye e P. Scherrer (1917), con l'analisi per mezzo dei raggi X, hanno stabilito che nella grafite gli atomi di carbonio giacciono su piani paralleli distanti l'uno dall'altro cm. 3,41 × 10-8. Gli atomi di carbonio formano i nodi di una rete con maglie esagonali di centimetri 1,45 × 10-8 di lato. I lati rappresentano valenze; ogni atomo è quindi legato con tre di esse e sotto un angolo di 120° ad altri tre atomi sullo stesso piano, mentre con la quarta valenza si lega ortogonalmente a un atomo di carbonio d'un piano superiore o inferiore. La quarta valenza ha carattere di valenza secondaria perché lega atomi di carbonio relativamente molto distanti, subisce influenze meccaniche, ecc.; il von Steiger (1920) si sentì perciò autorizzato a considerare l'energia di questo quarto legame come trascurabile, e a considerare quindi il carbonio della grafite come trivalente. D'altro canto pensò che anche nel henzolo il carbonio sia trivalente e da tutto ciò trasse la possibilità di un confronto fra i legami C-C della grafite e quelli C-C del benzolo. Il von Steiger dimostrò che l'energia della prima specie di legame è quasi la stessa di quella della seconda specie, e su tal fondamento definì i composti aromatici come quelli che posseggono gli atomi di carbonio con la stessa disposizione delle valenze che nella grafite; è quindi d'accordo con Debye e Scherrer, i quali avevano già opinato che grafite e carboni amorfi fossero da riguardare come i più semplici rappresentanti della serie aromatica.
Contro si è levato il von Weinberg (1920), il quale ha dimostrato invece che l'energia necessaria per l'isolamento e la combustione di un atomo di carbonio nel benzolo è 5,3 calorie più grande di quella necessaria per un atomo di carbonio di un idrocarburo grasso; e 7 calorie più grande che per un atomo di carbonio della grafite, ricavando da tutto ciò che il nucleo del benzolo non può esistere nella grafite.
Sottoponendo all'analisi con i raggi X cristalli di benzolo, W. H. Bragg ha ottenuto risultati che interpreta con questa formula diagrammatica
La molecola è rappresentata in prospettiva. I lati dell'esagono della molecola cristallina sono tutti eguali, ma non giacciono sullo stesso piano. L'angolo formato da ogni paio di lati adiacenti è l'angolo del tetraedro, 109°,24′. Challenor e Ingold (1923) hanno trovato che una tale disposizione su due piani degli atomi di carbonio del benzolo, corrisponde stereochimicamente alla formula di Dewar, che essi riportano in campo per interpretare varie reazioni dei derivati benzenici.
Sostituzione e orientazione. - Il benzolo reagisce normalmente come un idrocarburo saturo, cioè sotto l'azione degli alogeni, dell'acido nitrico, dell'acido solforico, ecc., fornisce derivati monotibi-poli-sostituiti. Mentre i primi appaiono in una sola forma, gli altri appaiono in forme isomeriche. La determinazione del luogo chimico, ossia della posizione relativa assunta dai sostituenti nel nucleo benzenico in ognuno degli isomeri, fu uno dei primi problemi posti ai chimici dalla teoria di Kekulé. In quel tempo i metodi di ricerca della struttura chimica erano sul nascere e quindi i primi tentativi per risolvere il problema furono ipotesi, ricorsi ad analogie, interpretazioni del meccanismo di formazione del nucleo benzenico, ecc. Così il Kekulé ricavava (1866) la struttura del bibromobenzolo dall'ipotesi che nella bromurazione del benzolo il secondo atomo d'alogeno si porti in 4, cioè nel posto più lontano e quindi più adatto a reagire, perché meno saturo in confronto alla sfera d'azione dell'atomo di bromo già entrato. A. von Baeyer, invece, pensava che atomi simili, non che respingersi, piuttosto si attraggano (come sembrava mostrare il fatto della formazione del cloruro d'etilidene CH3•CHCl2 dal cloruro d'etile CH3•CH2Cl) e che quindi il secondo atomo di bromo nel monobromobenzolo entri nella posizione più vicina al primo, cioè in 2. L'una e l'altra ipotesi corrispondeva al vero, poiché, come si ebbe a riconoscere più tardi, i composti 1-2 e 2-4 si formano spesso insieme. Sempre il von Baeyer (1866), riferendosi alla sintesi del mesitilene o trimetilbenzene dall'acetone, assegnò ai tre metili le posizioni 1, 3, 5 del nucleo benzenico; date le relazioni chimiche di quell'idrocarburo con l'acido isoftalico, si ammise che questo fosse un composto della serie 1-3, o meta. Qualche anno dopo (1869), Graebe, discutendo sulla natura della naftalina, considerò questa come un composto della serie 1-2, orto, insieme con l'acido isoftalico prodotto d'ossidazione della prima, ecc. La struttura, per tali vie stabilita, dei detti derivati benzenici fu presa da molti chimici come riferimento per stabilire quella di altri composti; cioè si cercava di mettere in relazione questi ultimi con i primi, attraverso una serie d'opportune sostituzioni dei radicali, di cui appunto la posizione era da destinarsi. G. Körner, criticando molto questo sistema che poteva indurre in errore (p. es. a causa d'inavvertite trasposizioni durante i processi di sostituzione), nel 1867 propose una soluzione del tutto indipendente dalla costituzione degli acidi ftalici o di qualsiasi altro derivato del benzolo. Egli fece semplicemente osservare che, ammessa l'eguaglianza dei sei posti di idrogeno, introducendo un terzo sostituente in un derivato benzenico in cui gli altri due siano identici, sono possibili due isomeri se nel composto originario i posti occupati sono quelli in 1 e 2; tre, se essi sono in 1 e 3; uno solo, se in 1 e in 4.
Ciò appare con evidenza dal fatto che, dei quattro posti d'idrogeno scoperti nei composti bisostituiti, due nell'orto e tre nel meta sono disuguali, mentre nel para sono tutti eguali.
La dimostrazione sperimentale della sua regola fu data dal Körner in un ampio lavoro compiuto nell'Istituto di chimica organica della R. Scuola di agricoltura di Milano, insieme con gli assistenti Corneliani e Corbetta. Nel lavoro egli identifica i composti 1-4 con gli orto; 1-3 con i para e 1-2 con i meta, secondo il significato originario di questi prefissi, e in opposizione al Baeyer, al Graebe e ad altri autori che li usavano già, come oggi, per designare invece le posizioni 1-2, 1-4 e 1-3.
La regola di Körner anche attualmente rimane il criterio assoluto per la determinazione della posizione dei sostituenti nel benzolo; ma di solito ora si segue una via più facile, trasformando il composto allo studio in un altro di struttura nota, facendo cioè quel che sollevava le critiche del Körner nel 1867; ma possiamo farlo perché venuti in possesso di processi che permettono di sostituire i radicali senza pericolo di trasposizioni. In particolari casi gl'isomeri si possono anche riconoscere in base a proprietà chimiche (come l'attitudine a certe condensazioni dei composti orto) o fisiche (come l'alto potere rifrangente molecolare dei composti para in confronto a quello degli altri, o la loro proprietà di dare cristalli liquidi). Infine può essere di preziosa guida per stabilire il luogo chimico anche il fenomeno dell'orientazione dei sostituenti nel nucleo benzenico.
Data la struttura simmetrica del benzolo, nel passaggio da un derivato mono- a uno bisostituito, si poteva attendere la produzione di tutti e tre gli isomeri 1-2, 1-3 e 1-4 e nelle quantità di due parti del primo, due del secondo e una del terzo; analogamente si poteva presumere per il passaggio da un derivato bi- a uno trisostituito, in quei casi in cui si può avere un numero d'isomeri maggiore di uno. Invece l'esperienza insegnò subito che il primo passaggio dà, in dipendenza dalle condizioni, la formazione quasi esclusiva o del miscuglio di composti 1-2 e 1-4, o del composto 1-3, e che il secondo passaggio e i seguenti avvengono in modo analogo. Questi risultati furono subito attribuiti ad un'influenza "orientante" verso determinate posizioni del nucleo esercitata dal radicale o dai radicali già in sito, sopra quello in atto d'entrare; se ne riconobbe l'importanza per prevedere l'andamento di una polisostituzione del benzene e si cercò subito di precisarli e inquadrarli in regole. I tentativi in questo senso sono stati molti, ma ancora non si è pervenuti a niente di perfetto. Kekulé, Baeyer, Meyer portarono i primi contributi di carattere teorico, mentre Körner apportava i primi di carattere sperimentale; H. Hübner diede (1875) una regola in forma più generale, tenendo conto del carattere più o meno negativo dei sostituenti già a posto in confronto di quello degli entranti: a norma di essa, il passaggio da un mono- a un biderivato del benzolo si farà con formazione di composti para e orto, quando il residuo entrante è più negativo o acido di quello già esistente e con formazione di composti meta se è, invece, in egual modo negativo.
Anche Nölting si studiò (1867) di raggruppare i radicali dirigenti, distinguendoli in neutri, basici e acidi, ma non vi riuscì che in parte, e, per completare le sue regole riguardanti il passaggio dai composti mono- ai bisostituiti, dové considerare come casi speciali l'ossidrile fenico e il gruppo amminico dell'anilina.
La difficoltà di definire nettamente il carattere acido, basico o neutro dei residui indusse (1892) A. Crum Brown e J. Gibson a ricercare altri criterî di classificazione e a formulare la seguente regola: dato il derivato monosostituito C6H5X, se il composto del sostituente con l'idrogeno, cioè XH, non è direttamente ossidabile sino a XOH, la seconda sostituzione genera derivati orto e para; in caso diverso genera composti meta. Perciò dal monocloro, o monobromobenzolo, dall'anilina, dal toluolo o dal fenolo, cui corrispondono HCl, HBr, NH3, CH4, H2O non direttamente ossidabili in HOCl, HOBr, NH2OH, CH3OH, H2O2, si avranno, in una nuova sostituzione, derivati orto e para; mentre dal nitrobenzolo, dall'aldeide benzoica, dall'acido benzoico, acido benzensolfonico, acetofenone, cui corrispondono HNO2, H2CO, H2CO2, H2SO3, HCO•CH3 che sono direttamente ossidabili in HNO3, H2CO2, H2CO3, H2SO4, CH3CO2H, si avranno derivati meta.
Nel 1910 Hollmann, da un esame approfondito di esperienze altrui e proprie, ricavò regole, seguendo le quali è sovente possibile prevedere con esattezza dove si fisserà un nuovo sostituente, rispetto ad uno o ad altri già presenti nel benzolo.
Hollmann considerò i radicali orientanti riguardo alla diversa velocità di reazione che determinano sulle posizioni del nucleo. Difatti è noto che, nel passaggio da C6H5 Aa C6H4AB e da questo a C6H3ABC, gli isomeri che si possono avere si trovano sempre in quantità diversa, cioè si formano con velocità diversa. Tenendo conto di tal fatto, l'autore (che riprende un'idea già prospettata da Körner) in certo modo misura l'influenza orientante di un radicale considerato isolatamente o in confronto con altri, e stabilisce anche un confronto tra le velocità di reazione in orto, meta e para; raccoglie un gran numero di dati sperimentali e compila tabelle, seguendo le quali è spesso possibile prevedere con esattezza dove si fisseranno il secondo e il terzo sostituente in un nucleo aromatico ed inoltre quale sarà il prodotto principale.
Vorländer (1919) stabilì sperimentalmente due grandi classi di radicali, di cui l'una orienta gli alogeni e il gruppo nitrilico prevalentemente in orto e para, e l'altra in meta.
Nel 1918, H. Pauly, fautore delle teorie di J. Starck sulla valenza, pervenne quasi agli stessi risultati di H. Hollmann, classificando i radicali dirigenti sulla base della diversa solidità del legame elettronico con il quale si uniscono al carbonio benzenico.
Dorothy Hoffert (1923) e H. J. Lucas (1926) distinsero i gruppi dirigenti alle varie posizioni del nucleo fondandosi sulle teorie elettroniche.
Infine accenniamo che E. C. C. Baly e F. G. Tryhorn (1915) trovarono un'intima connessione fra il potere assorbente di un composto monosostituito del benzolo e il tipo di derivato bisostituito ch'esso fornirà nella clorurazione: se il composto mostra una marcata banda d'assorbimento selettivo si formeranno composti orto e para, se mostra una banda leggiera si formeranno composti meta.
Formazione dell'anello benzenico. - I più importanti modi di formazione del nucleo benzenico risultano dalle seguenti reazioni:
a) La polimerizzazione di composti acetilenici, sottoposti ad azioni diverse. Dall'unione di tre molecole di acetilene CH⊄CH si forma il benzolo stesso; la trasformazione avviene ad alta temperatura ed è accompagnata dalla formazione di altri idrocarburi, e soprattutto dalla decomposizione dell'acetilene in idrogeno e carbonio. L'allilene CH3•C⊄CH si polimerizza in mesitilene o 1, 3, 5 - trimetilbenzolo C6H3(CH3)3 per azione dell'acido solforico concentrato. L'acido propiolico CH⊄C•COOH, in acido trimesinico o 1, 3, 5 - benzoltricarbonico C6H3(CO•OH)3 già per esposizione alla luce solare. Anche il metano CH4 ad alta temperatura si trasforma in benzolo, ma passando attraverso l'acetilene.
b) La condensazione (eliminazione d'acqua) fra molecole di acetoni con il gruppo CH3•CO. Il caso più semplice è dato dalla condensazione di tre molecole di acetone CH3•CO•CH3 in mesitilene
analogamente fanno gli omologhi metiletilcetone CH3•CO•C2H5 e metil-n-propilcetone CH3•CO•C3H7 e inoltre il diacetile CH3•CO•CO•CH3 l'acetilpropionile CH3•CO•CO•C2H5 ecc., che dànno derivati del chinone.
b′) Similmente da aldeide nitromalonica e acetone si ha paranitrofenolo.
c) La condensazione di composti ossimetilenici, come l'ossimetilenacetone o formilacetone
di cui tre molecole forniscono 1-3-5 - triacetilbenzolo; o l'ester formilacetico HO•CH = CH2•CO2C2H5 che si trasforma nell'ester dell'acido 1-3-5 - benzoltricarbonico.
c′) Due molecole dell'acido β-formilpropionico dànno, in seguito a perdita di 2 molecole d'acqua e di due molecole d'idrogeno, acido tereftalico o p-benzoldicarbonico.
d) Il cloruro di butirrile, in presenza di cloruro d'alluminio Al2Cl6, si trasforma in trietilfloroglucina
Queste reazioni fra composti della serie grassa, interpretate, come si suol fare, nella serie stessa, portano evidentemente alla formula di Kekulé, la quale appunto perciò fu chiamata da Erlenmeyer junior Bildungsformel.
e) La decomposizione del sale sodico dell'aldeide nitromalonica dà il trinitrofenolo simmetrico.
f) L'ossido di carbonio reagendo con il potassio dà il sale dell'esaossibenzolo.
g) La deidrogenazione di composti della serie esametilenica dà luogo a molti derivati benzenici. Così dal cicloesene per azione catalitica di metalli si passa a benzolo, dal pinene per ossidazione con iodio al cimolo, dalla canfora con acido solforico concentrato al carvacrolo, ecc.
Apertura dell'anello benzenico. - La trasformazione di composti aromatici in composti della serie grassa, conservanti gli stessi atomi di carbonio del nucleo benzenico, si è avuta o associando processi di riduzione e d'ossidazione a processi idrolitici, o per semplice idrolisi, o per azione biochimica.
Berthelot (1867) credette d'aver trasformato il benzolo in esano C6H14 sottoponendo il primo all'azione dell'acido iodidrico, cioè per sola idrogenazione, ma il risultato non venne confermato. L'apertura del nucleo benzenico per riduzione avviene invece, in mezzo alcalino, per parte di alcuni acidi o-fenolcarbonici e di alcuni fenoli. Così, p. es., dall'acido salicilico si passa quantitativamente all'acido pimelico normale. Analogamente, riducendo la resorcina a diidroresorcina e agendo su questa a 150-160° con soluzione concentrata di barite, Merling ha ottenuto (1894) l'acido γ-acetilbutirrico
Gli ossidanti energici demoliscono il benzolo o i suoi derivati in acido carbonico, formico e acetico; l'ozono si addiziona al benzolo dando un ozonuro, il quale con acqua si trasforma in gliossale. L'ossidazione della pirocatechina è stata la prima demolizione d'un derivato benzenico che abbia dato un prodotto con quattro atomi di carbonio; esso fu dapprima ritenuto acido carbossitartronico HO•C(CO2H)3 e quindi portato come prova in favore dell'ipotesi che nel benzolo ogni atomo di carbonio sia direttamente legato ad altri tre; ma Kekulé ne dimostrò la formula di acido diossitartrico (CO2H)•C(OH)2•C(HO)2•CO2H. Un prodotto di demolizione del nucleo esagonale con 5 atomi di carbonio ebbero Kekulé e Strecker (1883), per azione di acido solforico e clorato di potassio sul benzolo: attraverso un monoclorochinone arrivarono cioè all'acido triclorofenomalico, oggi β-tricloroacetilacrilico
Molto più recentemente (1891) Zincke ha ottenuta l'apertura dell'anello aromatico, senza perdita di nessun atomo di carbonio, trattando l'idrochinone con cloro: attraverso, cioè, il tetracloroparachinone e l'esacloro-p-dicheto-esene è pervenuto all'acido percloroacroilacrilico
L'idrolisi di composti benzenici in presenza d'acido solforico ha portato, p. es., dal p-cresolo all'acido metil-muconico
Infine nell'organismo animale il benzolo si trasforma in piccola parte in acido muconico.
Proprietà chimiche del benzolo. - Il benzolo e il nucleo dei suoi omologhi sono piuttosto resistenti all'ossidazione; meno resistente è il nucleo in certi derivati, come i fenoli. Le catene laterali, anche quelle formate da residui saturi della serie grassa, vengono invece facilmente bruciate dagli ossidanti sino all'atomo di carbonio unito al nucleo, che si trasforma in carbossile.
Il benzolo si presta difficilmente alle addizioni d'idrogeno o d'alogeni; analogamente si comporta il nucleo negli omologhi e nei derivati. Le più importanti reazioni del benzolo, o del nucleo dei suoi derivati, sono reazioni di sostituzione e fra queste la sostituzione con il gruppo solfonico o con il nitrico, per azione diretta degli acidi relativi, sono considerate caratteristiche. Sono anche le più importanti, come quelle che dànno luogo a sostanze (gli acidi benzensolfonici e i nitrocomposti), che si prestano a trasformazioni relativamente facili. I composti alogenati non hanno, invece, molta reattività, al contrario di quelli della serie grassa.
La sostituzione di un atomo d'idrogeno nel nucleo è influenzata dal sostituente o dai sostituenti già presenti, e così pure la sostituzione di un gruppo con un altro. Si è già parlato delle regolarità osservate in proposito. Il nucleo benzenico influisce sulle proprietà di certi gruppi sostituenti; così esso rende acido l'ossidrile (nei fenoli), abbassa la basicità del gruppo amminico (nelle aniline), stabilizza il gruppo diazonico, rende più ossidabili le catene laterali grasse; invece non varia che poco le proprietà dei gruppi aldeidico, cetonico e carbossilico. Viceversa, la presenza dei sostituenti rende più ossidabile il nucleo benzenico, favorendone la trasformazione in chinonico; il tipico passaggio dall'idrochinone a chinone
si ammette che si ripeta in molti casi in cui si formano sostanze coloranti. La presenza di sostituenti, ancora, rende mobile l'idrogeno in para a essi, favorendo la condensazione di più nuclei benzenici con composti ossigenati o alogenati, reazione questa importantissima per la preparazione p. es. dei coloranti del trifenilmetano.
Frequenti le trasposizioni di gruppi verso le posizioni orto e para. specialmente nei derivati dell'anilina della forma C6H5•NHX è facile passare a
Se X = C6H5•NH si ha la trasposizione benzidinica, per cui dall'idrazobenzolo C6H5•NH•HN•C6H5 si passa alla benzidina
importantissima per la fabbricazione di coloranti azoici.
Un singolare carattere dei composti benzenici è stato di recente (1923) messo in evidenza da A. Angeli. Nei derivati orto- e parasostituiti del benzolo i due sostituenti possono reagire fra loro ovvero con altre sostanze come se l'anello benzolico non esistesse: un composto benzenico A•C6H4•B reagisce quindi come se fosse A-B.
Cenni sopra i derivati immediati del benzolo.
Derivati d'addizione. - Idruri. La riduzione diretta del benzolo porta all'esaidrobenzolo, o cicloesano, o esametilene, e si è ottenuta piuttosto di recente (Sabatier e Sanderens, 1901) dopo la scoperta dei metodi catalitici di idrogenazione.
Tentativi compiuti in precedenza da Berthelot (1867), Baeyer (1870), Wreden (1877) erano rimasti infruttuosi o avevano dato altri risultati. Tuttavia il cicloesene si conosce già dal 1893, nel quale anno era stato preparato, dal von Baeyer, dalla chinite; nel 1895 poi, esso era stato identificato da Markovnikov nei petrolî caucasiani. I primi scalini dell'idrogenazione del benzolo sono conosciuti, ma finora sono stati ottenuti solamente dai prodotti alogenati od ossidrilati del cicloesano, per sottrazione di una o due molecole di idracidi o di acqua. Non si ottengono nell'idrogenazione del benzolo, né dalla deidrogenazione del cicloesano, che riconduce senza altro al benzolo. Derivati con catene laterali alchiliche si trovano in alcune essenze naturali.
Alogenuri. - Anche l'addizione degli alogeni cloro, bromo, porta solamente ai derivati esalogenati. L'esacloruro C6H6Cl6 fu ottenuto nel 1825 da Faraday per azione del cloro sul benzolo alla luce solare. Analogamente si forma l'esabromuro C6H6Br.
Ozonuri. - Renard, nel 1895, facendo agire l'ozono sul benzolo, ottenne una sostanza cui diede il nome di ozobenzolo e, in base alla quantità di CO2 che produceva decomponendosi con acqua, la formula C6H6O6. Harries nel 1904, ripetendo la preparazione, poté caratterizzare meglio la sostanza e, nonostante le sue qualità di potente esplosivo, ne determinò la composizione e la formula C6H6O9, per mezzo della combustione. Dall'esame, poi, dei prodotti di decomposizione con acqua, ricavò che essa è l'ozonuro del benzolo, cioè un prodotto d'addizione di 3 molecole di ozono con una dell'idrocarburo. Poiché le addizioni di ozono alle sostanze organiche si ritengono caratteristiche per i doppî legami, la scoperta di questo composto parve portare una prova importante a favore della formula di Kekulé.
Derivati di sostituzione. - L'acido nitrico e l'acido solforico reagiscono direttamente con il benzolo. Gli alogeni (cloro, bromo e iodio), l'ossigeno, gli alogenuri degli alchili e degli arili, l'ossido di carbonio, il fulminato mercuroso, il cloruro di carbonile, i cloruri acidilici in genere, il cloruro d'urea, l'acido cianico nascente, l'acido cianurico, il fenilcianato e solfocianato reagiscono in presenza di catalizzatori. Le stesse sostanze agiscono allo stesso modo sugli omologhi del benzolo quando nel nucleo sia ancora presente idrogeno.
Il risultato di queste reazioni consiste nella sostituzione di uno o più atomi d'idrogeno del nucleo con lo stesso numero di atomi di alogeno o di residui delle sostanze reagenti. Nel caso che queste ultime possano dare residui bi- o polivalenti si legheranno a due o più arili (così si chiamano i residui monovalenti degl'idrocarburi aromatici); non avviene mai che due o più atomi d'idrogeno del benzene vengano sostituiti da due o più valenze di uno stesso residuo. Per la via suddetta si perviene direttamente a gran parte dei composti aromatici naturali o artificiali più semplici e tipici. La trasformazione di molti di essi, per sostituzione con altri dei gruppi già in sito, o per modificazione di questi, dà modo di passare dall'uno all'altro derivato, o di generarne dei nuovi, o di pervenire a quei composti di sostituzione che non si possono ottenere direttamente.
I composti più semplici e tipici sono il clorobenzolo C6H5Cl, l'acido benzensolfonico C6H5•SO3H, il nitrobenzolo C6H5•NO2, l'acido fenico C6H5OH, l'anilina C6H5•NH2, l'alcool benzilico C6H5•CH2•OH, l'aldeide benzoica, l'acetofenone C6H5•CO•CH3, l'acido benzoico C6H5•CO2H. Sono importantissimi, sia nei riguardi dell'impulso che il loro studio ha impresso nello sviluppo della chimica aromatica e spesso anche della chimica organica in genere, sia nei riguardi della loro larga applicazione pratica.
Omologhi del benzolo. - Sono il risultato della reazione fra benzolo e cloruri alchilici, scoperta da Friedel e Crafts nel 1877: C6H6 + CH3Cl = C6H6•CH3 + HCl. In tal modo si ottengono tutti i gradini di metilazione o d'etilazione del benzolo sino all'esametil- o all'esaetilbenzolo, senza che per altro si formino tutti i possibili isomeri.
Invece del metile o dell'etile si possono introdurre altri alchili, o gli arili, e, nella stessa molecola, anche catene carboniche diverse.
La reazione è catalizzata dal cloruro d'alluminio Al2Cl6, o da un miscuglio di sublimato HgCl2 e nastro d'alluminio, da cloruro di zinco ZnCl2, o da cloruro ferrico FeCl3.
Essa è reversibile; in presenza cioè di cloruro d'alluminio si può, per azione dell'HCl, tornare dagli alchilbenzoli al benzolo; l'esametilbenzolo può essere così gradualmente demetilato.
Con la reazione di Friedel e Crafts si sono ottenuti molti degli omologhi del benzolo contenuti nel catrame, di cui qui accenniamo ai più importanti, il toluolo, gli xiloli, il cumolo e il cimolo. Ad eccezione di quest'ultimo si ricavano tutti dai benzoli grezzi da lavare, di cui si è detto trattando dell'industria del benzolo; sono stati anche ottenuti sinteticamente. Il toluolo o toluene, denominato così perché ottenuto per la prima volta dalla distillazione secca del balsamo del Tolù, è un metilbenzene C6H5•CH3, consistente in un liquido che bolle a 110° e solidifica a −93°, importante principalmente perché per nitrazione fornisce il trinitrotoluene simmetrico C6H2•CH3(NO2)3, potente esplosivo da scoppio. Gli xiloli sono gli isomeri dimetilbenzeni C6H4(CH3)2. L'o-xilolo è un liquido che bolle a 142°, il m- a 137° e il p- anche a 137°. Ricavati dal catrame, formano un miscuglio da cui non si possono ricavare puri per mezzo della distillazione frazionata; il m-xilolo ne costituisce la maggior parte, dal 70 fino all'80%; sono buoni solventi.
Il cumolo è un miscuglio dei tre trimetilbenzeni C6H3(CH3)3, e precisamente del mesitilene (1, 3, 5 trimetilbenzene), che si ottiene in molte sintesi, liquido d'odore gradevole con il punto d'ebollizione a 163°; lo pseudocumene (1, 2, 4 trimetilbenzene), che bolle a 169°; l'emellitene (1, 2, 3 trimetilbenzene), che bolle a 175°. Il cimolo, infine, è l'isopropil-p-metilbenzene
Interessante per le sue relazioni con i terpeni e le canfore è un liquido di odore grato che bolle a 175-176°.
Avvelenamento da benzolo. - Fortuito quale avvelenamento acuto, ha acquistato importanza in medicina del lavoro dato il grande numero di operai che nelle industrie della gomma, ecc., sono esposti quotidianamente a inalare vapori di benzolo. Questo è assai più tossico che non la benzina di petrolio che è una miscela d'idrocarburi grassi. Ingerito in dosi superiori a quelle medicamentose (da 20 a 50 gocce pro die) è causa di bruciori e dolori gastrici, nausea, cefalea. Le dosi rilevanti conducono ad una depressione corticale che si accompagna spesso ad anestesia più o meno profonda, ed anche a narcosi completa. Sulla pelle il contatto ripetuto del benzolo provoca dermiti croniche di varia morfologia.
L'inalazione continuata dei vapori irritanti di benzolo determina catarro tracheobronchiale, rinorragie, emorragie gengivali, gastrorragie, metrorragie cospicue e recidivanti, albuminuria, paralisi. Il reperto necroscopico, negl'individui venuti a mancare per anemia cronica od acuta, dimostra degenerazione grassa degli endotelî vascolari, ciò che spiega le numerose emorragie parenchimatose.
Cura: previo svuotamento e lavaggio gastrico, opporsi ai sintomi neurodepressivi con iniezioni eccitanti, rivulsioni cutanee, respirazione artificiale, se necessaria nello stato di narcosi precomatosa.
Bibl.: A. Ladenburg, Vorträge über die Entwicklungsgeschichte der Chemie von Lavoisier bis zur Gegenwart, Brunswick 1907; Adolf von Baeyer's gesammelte Werke, Brunswick 1905; A. W. Stewart, Stereochemistry, Londra 1907; A. F. Hollmann, Die direkte Einführung von Substituenten in den Benzolkern, Lipsia 1910; F. Beilstein, Handbuch der Organischen Chemie, V, Berlino 1922 (contiene la letteratura fino al 1910).
Per la letteratura dopo il 1910 conviene valersi dei periodici scientifici.