LEVI, Beppo
Nacque a Torino il 14 maggio 1875 da Giulio Giacomo e Sara Diamantina (Mentina) Pugliese. Presso l'Università di Torino compì i suoi studi fino al conseguimento della laurea in matematica nel 1896, avendo quale relatore Corrado Segre. Il L. fu il quarto di dieci fratelli; il nono figlio di tale vasta famiglia fu Eugenio Elia, pure matematico. Il giovane L. acquistò durante i suoi studi una preparazione scientifica assai solida su un amplissimo orizzonte matematico e acquisì, anche, per educazione familiare, un forte senso del dovere sia sul piano umano sia su quello scientifico che lo accompagnò poi in tutto il resto della propria vita.
I primi lavori del L. riguardano la geometria algebrica, a cominciare dalla tesi di laurea (Sulla varietà delle corde di una curva algebrica, in Memorie della R. Acc. delle scienze di Torino, XLVIII [1899], pp. 83-142). I risultati sulla desingolarizzazione delle curve algebriche che, a partire da idee e risultati di M. Noether erano ormai giunti a maturazione, lasciavano pensare che fosse possibile stabilire analoghi teoremi per le superfici algebriche. Un lavoro, poi famoso, di C. Segre e del quale il L. poté leggere le bozze durante la preparazione della propria tesi di laurea, offrì in quel periodo le basi fondanti della teoria delle superfici. Il L., in quattro lavori seguiti da un paio di note esplicative (in Comptes-rendus de l'Académie des sciences de Paris, CXXXIV [1902], pp. 222-225, 642-644), dedicò la prima parte della propria vita scientifica a dimostrare il teorema di desingolarizzazione delle superfici, come allora lo si intendeva. Con una prima memoria (Sulla riduzione delle singolarità puntuali delle superfici algebriche dello spazio ordinario per trasformazioni quadratiche, in Annali di matematica pura ed applicata, XXVI [1897], pp. 219-253) il L. risolse il problema di determinare sotto quali condizioni una successione di "punti infinitamente vicini", tutti della stessa molteplicità, sia necessariamente finita. Il lavoro, tra l'altro, attraverso un esame critico severo di opere precedenti valse anche a dare sostanziale chiarimento, sul lato scientifico, a un'aspra querelle tra C. Segre e P. Del Pezzo (v. P. Gario, Resolution of singularities of surfaces by P. Del Pezzo. A mathematical controversy with C. Segre, in Archive for history of exact sciences, XL [1989], pp. 247-274). Un secondo lavoro (Risoluzione delle singolarità puntuali delle superfici algebriche, in Atti della R. Acc. delle scienze di Torino, XXXIII [1897-98], pp. 66-86) ebbe una sorte più difficile, essendo la sua redazione certamente piuttosto oscura. Dopo la pubblicazione dei lavori del L., comunque, nessun dubbio vi fu più fra i matematici sulla validità del teorema di desingolarizzazione, mentre il problema fu ripreso più e più volte, con metodi e obiettivi che con il passare degli anni rifletterono gli sviluppi e le stesse impostazioni mentali nuove e diverse della geometria algebrica ed ebbe le sue prime risposte positive non controverse solo una trentina di anni dopo i lavori del Levi. Il L. lavorò ancora qualche anno in geometria algebrica, in particolare sulla teoria delle superfici, tornando poi, solo sporadicamente, a occuparsene. In particolare, intorno agli ottanta anni, generalizzò i risultati giovanili in un articolo molto ampio (Puntos y variedades singulares sobre variedades algébricas y analíticas, in Mathematicae Notæ, XV [1956], 1-2, pp. 4-62; 3-4, pp. 73-129), principalmente lavorando al caso delle ipersuperfici algebriche e analitiche, con l'impiego, tuttavia, di metodologie classiche.
Nel periodo della giovinezza del L., a Torino, G. Peano e la sua scuola lavoravano alacremente in logica e anche il L. diede, a principiare dai suoi primi anni di ricerca, alcuni validi contributi. In una nota (Intorno alla teoria degli aggregati, in Rend. del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, XXXV [1902], pp. 863-868) il L. osservò che se si ammette che "si possa distinguere in ogni s [insieme] in modo unico un elemento", si ha la validità del cosiddetto principio della partizione. Dal momento che l'enunciazione dell'assioma della scelta insieme con il teorema del buon ordinamento di E. Zermelo seguono di circa un biennio l'osservazione del L., vi fu chi vide nel L. un anticipatore dell'assioma della scelta. La posizione del L. nei confronti dell'assioma fu però, in sintonia con l'ambiente logico torinese, negativa sulla sua accettabilità. D'altra parte, il L. non poteva non comprendere l'importanza del problema della scelta per lo sviluppo della matematica: pertanto mise a punto un metodo, detto "metodo d'approssimazione", che permette di ampliare il dominio deduttivo sul quale ragionare. Tale metodo è ispirato dal procedimento di completamento negli spazi metrici. Sulla base di questo, varie ricerche furono compiute da giovani analisti italiani negli anni Trenta del Novecento per ridimostrare risultati di teoria della misura con il metodo del L.: in particolare, G. Scorza-Dragoni fu in grado di provare la validità del teorema di Lusin sulla quasi-continuità delle funzioni misurabili, indipendentemente dall'assioma della scelta. Il L. curò per l'Enciclopedia Italiana le voci Logica matematica e Peano Giuseppe, ed effettivamente egli si dimostrò, in varie pubblicazioni, profondo conoscitore e critico equanime dell'opera di Peano. Va da sé che l'interesse del L. per la geometria e la logica dovette portarlo a lavorare sui fondamenti della geometria. Tra i suoi contributi, il più ampio fu senz'altro una memoria (Fondamenti della metrica projettiva, apparsa in Memorie della R. Acc. delle scienze di Torino, LIV [1904], pp. 281-354), nella quale stabilì, sulla nozione di punto e di congruenza tra coppie di punti, una serie di assiomi che gli permisero una rappresentazione per coordinate di tutta la geometria proiettiva "nelle sue parti essenziali", indipendente da ogni nozione di cardinalità. Queste ricerche, proseguite a più riprese, si intrecciarono poi con gli studi di O. Veblen.
Dopo un periodo triennale 1896-99 di assistentato presso l'Università di Torino, il L. passò all'insegnamento secondario, fino al 1906 quando venne nominato professore di geometria proiettiva e descrittiva presso l'Università di Cagliari, ove rimase fino al 1910. Nonostante gli impegni didattici, l'attività di ricerca del L. fu intensissima ed estremamente feconda per qualità e quantità, occupandosi egli non solo di geometria algebrica, di logica, di fondamenti della geometria, ma affiancando a questi interessi anche la teoria dei numeri e l'analisi matematica.
Importanti furono i contributi del L. alla teoria dei numeri, soprattutto nel periodo che va dal 1905 al 1923 (sebbene l'interesse per la teoria dei numeri sostanzialmente si estese all'intera parabola scientifica). Il L. affrontò, in quattro lavori, pubblicati tutti negli Atti della R. Acc. delle scienze di Torino (Saggio per una teoria aritmetica delle forme cubiche ternarie. NotaI, XLI [1905-06], pp. 739-764; NotaII, XLIII [1907-08], pp. 99-120; Nota III, ibid., pp. 413-434; NotaIV, ibid., pp. 672-681), lo studio delle cubiche razionali in modo strettamente geometrico, mediante l'impiego del cosiddetto "metodo delle tangenti e delle secanti", avendo ben presenti i risultati di J.J. Sylvester e di J.-H. Poincaré. Ripetendo tale metodo indefinitamente a partire da un punto razionale può succedere che, in casi eccezionali, non si trovino infiniti punti, ma si ricada su punti già trovati. Il L. condusse uno studio approfondito, esplicitando in molti casi quando questo avviene, lasciando comunque aperte alcune congetture, atte a concludere del tutto lo studio. I lavori del L. furono poco studiati e le sue congetture riapparvero, senza menzione del suo nome, dapprima ancora in forma congetturale poi, finalmente, con complete dimostrazioni solo una settantina di anni dopo i suoi lavori. Un altro importante lavoro (Un teorema del Minkowski sui sistemi di forme lineari a variabili intere, in Rend. del Circolo matematico di Palermo, XXXI [1917], pp. 318-340) fu dedicato a dimostrare una congettura di H. Minkowski che tenne, poi, per decenni impegnati alcuni tra i migliori esperti di teoria dei numeri, fino a una sua completa dimostrazione nel 1942 a opera di G. Hajós; il risultato, ora, è generalmente conosciuto come teorema di Minkowski - Hajós.
Il L. è più conosciuto per i suoi contributi all'analisi matematica. Il lavoro più impegnativo fu certamente Sul principio di Dirichlet (in Rend. del Circolo matematico di Palermo, XXII [1906], 293-360). Partendo da fondamentali risultati di D. Hilbert e con l'uso anche della nuova teoria dell'integrazione di H. Lebesgue, il L. riuscì a fornire una soluzione rigorosa del problema di Dirichlet su dominii piani assai generali. Il maggior interesse del lavoro è costituito dalla introduzione di nuove idee e di nuovi metodi: gli "spazi di Beppo Levi" saranno introdotti in memoria di uno spazio funzionale definito con precisione in questo lavoro (ora si preferisce parlare, in un contesto più generale, di spazi di Sobolev). Da questo lavoro F. Riesz trasse l'idea che lo portò a dimostrare il teorema di decomposizione ortogonale nello spazio L2; G. Fubini, dal suo canto, vide nella memoria del L. grandi possibilità di sviluppo. Non sappiamo quanto tale lavoro possa avere influenzato Fubini nella dimostrazione del suo celebre teorema sugli integrali multipli; osserviamo, comunque, come in una nota del suo articolo lo stesso L. vide, senza offrirne dimostrazione particolareggiata, come l'integrale d'area di Lebesgue possa ottenersi in alcuni casi con due integrazioni successive. Si intrecciano con il lavoro di cui parliamo anche una serie di note del L. sulla derivazione delle funzioni e la dimostrazione del suo celebre teorema di integrazione per serie (Sopra l'integrazione delle serie, in Rendiconti del R. Ist. lombardo di scienze e lettere, XXXIX [1906], pp. 775-780). Infine è da ricordarsi che proprio per questo lavoro, J. Lutzen diede un posto notevole al L. nella "preistoria" della teoria delle distribuzioni (J. Lutzen, The prehistory of the theory of distributions, New York 1982, p. 232). Per tutta la propria vita, il L. continuò a lavorare in analisi; in Sulla definizione dell'integrale (in Annali di matematica pura ed applicata, LVIII [1923], pp. 57-82) introdusse anche una nuova nozione di integrale, motivandola con la possibilità di illustrarne una introduzione non dissimile da quella ordinaria per l'integrale di Riemann (evitando ogni riferimento alla teoria della misura), quindi conveniente per motivi didattici. In seguito G. Vitali e G. Scorza Dragoni e lo stesso L. mostrarono che l'integrale era identificabile con quello di Lebesgue. In Argentina, nel 1944, il L. pubblicò un libro sui sistemi di equazioni analitiche (Sistemas de ecuaciones analíticas en términos finitos, diferenciales y en derivadas parciales, Universidad nacional del Litoral, Monografías publicadas por la Facultad de ciencias matemáticas, 1, Rosario 1944).
Affermatosi in campo internazionale come analista profondo, conseguì per concorso una seconda cattedra, quella di analisi algebrica presso l'Università di Parma. Nel periodo 1910-28 passato a Parma, il L. dedicò molti sforzi allo sviluppo scientifico della sua nuova università, con una seria politica di chiamate che ottennero ottimi esiti; sforzi, tuttavia, resi vani dalle conseguenze della legge Gentile sulle Università che portò alla chiusura della facoltà di chimica della quale il L. fu l'ultimo preside. Nel 1928 fu chiamato dalla facoltà di scienze di Bologna sulla cattedra di teoria delle funzioni.
Alla fine del periodo passato a Parma e all'inizio di quello bolognese, il L. cominciò a svolgere ricerca in teoria delle funzioni, che si focalizzò per funzioni di una variabile su questioni classiche (studio di funzioni speciali, di questioni di polidromia, funzioni ellittiche, ecc.). Egli dimostrò anche un interessante teorema di identità per le funzioni analitiche in più variabili (Sur les ensembles de points qui ne peuvent être ensembles de zéros d'une fonction analytique de plusieurs variables, in Comptes-rendus de l'Académie des sciences de Paris, CXCVIII [1934], pp. 1735 s.). Tuttavia, salvo errore, non sembra che il L. abbia affrontato, nell'ambito delle più variabili complesse il "problema di Levi" (dal nome del fratello Eugenio Elia Levi).
La sua attività didattica fu durante l'intero arco della vita molto intensa, e si volse, in via teorica, all'insegnamento della matematica dai primi anni delle scuole elementari (suo un originalissimo "abaco") all'insegnamento universitario. Notevole interesse egli dimostrò anche per la fisica, occupandosi della teoria delle dimensioni fisiche, di equazioni utili all'elettrologia. Il L. ebbe sempre forti interessi divulgativi: negli anni Venti del Novecento pubblicò nell'Annuario scientifico ed industriale alcuni corposi contributi al fine di illustrare gli ultimi raggiungimenti su argomenti diversi (fisica teorica, geometria differenziale, meccanica quantistica, teoria delle funzioni e altro, fra cui, per esempio, ricordiamo: Nuove teorie della meccanica quantistica e le loro relazioni coll'analisi, in Annuario scientifico ed industriale, LXIII [1926], 1, pp. 363-432). Cospicua fu anche l'attività di recensore: fu autore di più di duecento recensioni di opere matematiche.
Nel 1938 il L. fu espulso dall'Università di Bologna in seguito alle leggi razziali, ed emigrò, nel 1939, in Argentina, presso l'Universidad nacional del Litoral, a Rosario, dove rimase fino alla morte, quale direttore dell'istituto di matematica. Il L. dedicò gran parte delle proprie energie allo sviluppo sia della ricerca sia della didattica matematica in Argentina ed effettivamente molto ottenne in tale direzione. Tenne a Rosario corsi su temi di natura diversa e fondò una rivista di alto livello scientifico Publicaciones del Instituto de matemáticas… (estinta, poi, nel 1948), la collana di volumi Monografías (pure estinta), nonché la rivista Mathematicae Notæ, destinata a suscitare nei giovani particolare interesse per la ricerca (e tuttora attiva). Nel periodo argentino pubblicò una sessantina di lavori, alcuni volti chiaramente alla divulgazione di idee e problemi matematici nel nuovo ambiente, altri di ricerca sul vastissimo campo di interessi che gli era proprio. Membro di varie prestigiose accademie, conseguì nel 1956 il premio Feltrinelli dell'Accademia nazionale dei Lincei.
Il L. morì a Rosario il 28 ag. 1961.
Gli studi del L. sono parzialmente raccolti a cura dell'Unione matematica italiana in B. Levi, Opere 1897-1926, I-II, Roma 1999.
Fonti e Bibl.: Necr.:, in: A. Terracini, Commemorazione del corrispondente B. L., in Atti della Acc. nazionale dei Lincei. Rendiconti, cl. di scienze fisiche, matematiche e nat., s. 8, XXXIV (1963), pp. 590-606; T. Viola, B. L., in Boll. della Unione matematica italiana, s. 3, XVI (1961), pp. 513-516; L.A. Santaló, La obra científica de B. L., in Mathematicae Notæ, XVIII (1962), pp. XXIII-XXVIII; C. Pla, B. L. en la Argentina, ibid., pp. XIII-XXII; S. Coen, Elenco completo delle opere di B. L., in B. Levi, Opere…, cit., pp. LXXXV-CXXII; Id., Indicazioni bibliografiche ragionate sull'opera di B. L., in Cuadernos del Instituto de Matemáticas "Beppo Levi" (Rosario), XXX (2001), pp. 13-30; Id., B. L.: una biografia, in B. Levi, Opere…, cit., pp. XIII-LIV; J. Cassinet, Il principio di approssimazione di B. L.: tentativo di sostituzione dell'assioma della scelta (1918-23), in La matematica italiana tra le due guerre mondiali. Atti del Convegno, Milano-Gargnano del Garda… 1986, Bologna 1987, pp. 99-105; G. Lolli, L'opera logica di B. L., in B. Levi, Opere…, cit., pp. LXVII-LXXVI; S. Spagnolo, 1906: un anno di grazia per B. L., ibid., pp. LXVII-LXXXI; S. Coen, Geometry and complex variables in the work of B. L., in Proceedings of an international meeting on occasion of the IX centennial of the University of Bologna, New York 1991, pp. 111-139; Id., Sui lavori di B. L. riguardanti geometria, teoria dei numeri e teoria delle funzioni, in B. Levi, Opere…, cit., pp. LV-LXVI; N. Schappacher - R. Schoof, B. L. and the arithmetic of elliptic curves, in Mathematical Intelligencer, XVIII (1996), pp. 57-68; S. Coen, Un abbaco d'antan, in Boll. della Unione matematica italiana, sez. A, VIII (1998), 1, pp. 79-96; L. Levi, B. L.: Italia y Argentina en la vida de un matemático, Buenos Aires, 2000.