DELLA VALLE, Berardino
Nacque a Roma da Lelio e da Brigida de' Rustici il 25 ott. 1450 (cfr. Gatta, p. 630, dove si rimanda a p. 139 dei vol. 131 del fondo Della Valle-Del Bufalo dell'Archivio segreto Vaticano). Addottoratosi in diritto civile e canonico, insegnò alla Sapienza come lettore straordinario nel 1474 (Dorati da Empoli).
Nel decennio successivo il D. fu coinvolto nelle vicende della sua famiglia, fra le più in vista della nuova nobiltà romana. Nemici dei Santacroce, i Della Valle alimentarono la rivalità tra gli Orsini e i Colonna, che nel 1482 tornarono a fronteggiarsi, schierandosi gli uni con il papa, gli altri con Ferrante d'Aragona nel conflitto riaccesosi tra Roma e Napoli dopo la tregua dell'aprile 1481. Il 3 apr. 1482 i Santacroce, con l'aiuto di Girolamo Riario, assalirono il palazzo Della Valle e vi uccisero Girolamo Colonna; le truppe aragonesi arrivarono a Marino, col pretesto di difendere i Colonna, minacciando da vicino Roma. La città fu salvata dalle truppe veneziane di Roberto Malatesta. La situazione precipitò nuovamente nel 1484. Scarcerati nel novembre 1483 i cardinali Colonna e Savelli, nel gennaio 1484 gli Orsini ripresero le ostilità e, con l'aiuto di Girolamo Riario, scacciarono da Albano Antonio Savelli. Il 21 febbraio i Della Valle uccisero Francesco Santacroce e si barricarono nel loro palazzo. Nella primavera fu guerra aperta tra i Colonna e gli Orsini. Il D. presidiò con i suoi fedeli Trastevere (Infessura). Di questo periodo ci sono pervenute quattro sue lettere in volgare a Francesco Gaddi, ambasciatore fiorentino presso il duca di Milang (datate dal 13 marzo al 24 apr. 1484, sono state pubblicate in De Marinis-Perosa); nei particolari poco perspicue, ma, nell'insieme, documenti fedeli delle tensioni ribollenti in Italia in quei mesi drammatici e del malessere del D., protagonista suo malgrado, da anni costretto a trascurare studi e professione. Il 30 maggio Girolamo Riario e Virgilio Orsini assaltarono il palazzo di Lorenzo Oddone Colonna, dove si era concentrata la difesa dei Colonna-Della Valle, lo conquistarono e fecero prigioniero il protonotario apostolico. Il 31 i Della Valle fuggirono da Roma; le loro case, con quelle dei Colonna, furono abbandonate al saccheggio.
Il D. dopo aver trovato rifugio presso Giuliano Della Rovere (Infessura) lasciò la città, dove fece ritorno dopo qualche mese, quando, alla morte di Sisto IV, eletto papa Innocenzo VIII, creatura dei Della Rovere, la situazione tornò a favore dei Colonna. In quell'occasione ricevette la visita del Poliziano, recatosi a Roma con gli ambasciatori fiorentini a rendere omaggio al nuovo pontefice, e mostrò all'umanista la sua ricca biblioteca. Nel 1485 lo troviamo a Napoli alloggiato in casa di Simone Coco, ospite di Alfonso duca di Calabria, in veste di intermediario tra i Colonna e gli Aragonesi (si vedano le lettere che Alfonso inviò al suo segretario Giovanni Albino il 22 novembre e il 15 dic. 1485).
Nella primavera del 1485 gli Orsini e i Colonna vennero di nuovo alle mani e ben presto si intromisero, scambiate le parti, nell'ennesimo conflitto scoppiato tra Roma e Napoli. Provocato questa volta da Ferrante, che il 29 giugno si era rifiutato di versare al pontefice il tributo annuo, si era allargato a causa dell'appoggio dato da Innocenzo VIII ai baroni ribellatisi al re di Napoli.
Nel maggio del 1486 per incarico di Ferrante, di cui era diventato uditore, il D. si adoperò per rappacificare i Colonna e gli Orsini e attirarli così nell'orbita aragonese (Volpicella, p. 4), mentre si. avviavano le trattative ufficiali di pace con Roma, che ancora una volta aveva capovolto a suo favore le sorti della guerra grazie all'arrivo, sul finire del 1485, delle truppe alleate di Roberto Sanseverino. Condotta a termine la sua missione (l'11 ag. 1486 era stato firmato l'accordo tra Innocenzo VIII e Ferrante; nell'agosto del 1487 il papa si era riconciliato con gli Orsini), il D. lasciò la corte di Napoli ricevendo in dono una stoffa del valore di 60 ducati Continuò tuttavia ad intrattenere rapporti con il re e con il duca di Calabria, che lo ebbero particolarmente caro. Il 18 giugno 1489 fu ospite di Alfonso a Poggioreale e partecipò con altri signori al banchetto e alla cavalcata (Leostello). Il 9 marzo 1498 donò 800 ducati dell'eredità del fratello Niccolò a Stazio Della Valle (il documento con sottoscrizione autografa è nel fasc. 39 del vol. 86 del fondo Della Valle-Del Bufalo dell'Arch. segr. Vaticano).
Il D. morì a Roma nella sua casa di S. Eustachio il 10 sett. 1505 (un documento dell'11 sett., conservato nel fasc. 22 del vol. 86 cit. attesta le spese sostenute per le esequie).
Il 9 sett. aveva fatto testamento: disponeva che il suo corpo fosse sepolto nella cappella di famiglia in Aracoeli; lasciava una somma in ducati alle nipoti Faustina Toscanella, Brigida Maddaleni Capediferro e Camilla Della Valle; nominava credi universali le sorelle Livia, Antonina, Laura, Ambrosina e il nipote Sebastiano Toscanella; stabiliva che l'eredità vincolata dei nonno Paolo fosse divisa tra i nipoti, figli dei fratelli defunti Pietro e Francesco. Del testamento si conservano tre copie, in due redazioni leggermente diverse, nel ms. 1819 del Collegio dei notai Capitolini dell'Arch. di Stato di Roma, ff. 254r-255v, 258r-259r, 260r-261v (Gatta, p. 643). Alla duplice redazione accenna il nipote Lelio in un appunto ai ff. 177v e 424v del cod. Vat. lat. 8251. Il 3 ott. 1505 fu fatto l'inventario della sua bilbioteca (è stato rinvenuto da Gatta nel fasc. 22 del vol. 86 cit.: cfr. pp. 647-52).
Legum doctor più per necessità che per vocazione (in quegli anni la carriera forense rappresentava una meta quasi d'obbligo per i rampolli delle famiglie romane di media e recente nobiltà, quali erano i Della Valle, ansiosi di accelerare la loro piena integrazione sociale; pesava d'altra parte l'esempio del padre Lelio, famoso avvocato concistoriale), il D. si formò tuttavia al culto delle humanae litterae e giovanissimo rivelò eccellenti doti letterarie. In una elegia a Pio II il Porcellio parla già di lui come promettente poeta e si rammarica che l'adolescente abbia intrapreso invece, per compiacere il padre, gli studi giuridici (Laurenza). La conferma viene da un passo della lettera che Giannantonio Campano scrisse da Würzburg nell'ottobre del 1471 all'amico Gentile Becchi a Firenze (in Opera omnia, Venetiis 1502, f. XLIXr; cfr. Hausmann), dove, dopo aver" deplorato che anche il D. e il fratello Niccolò fossero passati "ad leguleios, allude molto fumosamente ad un'opera in versi del secondo: una Teogonia, parrebbe (traduzione da Esiodo, parallela a quella delle Opere e i giorni di Niccolò?).
Anche Gaspare da Verona annovera il D. nel De gestis Pauli Secundi tra i giovani letterati più promettenti del pontificato di Paolo IL "Poeta singolare" lo definì nelle Memorie Marco Antonio Altieri (cit. da Zippel, in Gaspare da Verona, p. 62, n. 4), che lo ricordò anche nei Nuptiali tra i verseggiatori che allietarono le nozze di Giangiorgio Cesarini. Due carmi di elogio gli rivolse il nipote Evangelista Maddaleni Capodiferro, figlio della sorella Ambrosina (uno è nel cod. Vat. lat. 3351, f. 26v, l'altro nel cod. 678 [I. 72] della Bibl. Augusta di Perugia, f. 38r). Del D. poeta ci sono rimasti solo i due epigrammi inseriti nelle lettere al Gaddi della fine di marzo e del 23 apr. 1484: "Quod scelus est'monstro lucum prebere Marino"; "Magna Palatini Tarpeii culmina montis" (ed. cit., pp. 32 s., 35). Sono il segno di una vocazione poetica non eccelsa espressasi in forme molto occasionali, sufficienti tuttavia a darci un'idea, insieme alle citazioni e agli inserti latini che tramano le epistole, della consistenza umanistica della sua cultura. Certamente vasta, se la valutiamo in base all'inventario della sua biblioteca, nel quale figurano, oltre alla Bibbia, ai Padri della Chiesa e ai libri di diritto civile e canonico, molti classici greci, nell'originale (Esiodo, ad es.) o in traduzione (Omero), i classici latini pressoché al completo e parecchie opere di umanisti (il De dictis del Panormita, il Contra hypocritas di Poggio, le Historiae del Biondo, le Elegantiae del Valla, le Vitae pontificum del Platina, il De honesta disciplina del Crinito). Vi figura anche l'autografo di "multa et varia composita et recollecta in diversis sententiis" del D. e un "liber multorum carminuin et elegiaruni" del fratello Niccolò. Mancano, invece, il codice di Marziale (a meno che non sia da identificare con il "Marcellus" al n. 103) e quello di Properzio di cui parla il Poliziano. Sul primo, l'antichissimo esemplare di Marziale "langobardis characteribus" che il D. "vir et carminum studio et iuris scientia ... celebrandus ... nobis indulxit legendum", l'umanista torna più volte nei Miscellanea (Centuria 1 23, in Opera, a cura di I. Maïer, Torino 1971, p. 245, Centuria II 10, 35, a cura di V. Branca-M. Pastore Stocchi, Firenze 1978, pp. 22, 55).
Del famoso "codex vetustus" di Properzio, da identificare con il Neapolitanus ora a Wolfenbüttel, avuto in prestito dal D., il Poliziano fa cenno nel cap. 81 della Cent. I dei Miscell. (ed. cit.,) e sul f. 127v dell'incunabolo di Catullo, Tibullo, Properzio e Stazio stampato a Venezia da Vifidelino da Spira nel 1472 (inc. 50. F. 37 della Bibl. Corsiniana), dove annotò nel 1485 che i risultati della collazione con il codice properziono erano stati da lui raccolti a parte nel Liber antiquarum emendationum, oggi perduto. Il manoscritto sarebbe stato poi donato dal D., ad Alfonso, duca di Calabria, quando divenne re di Napoli, secondo quento afferma Francesco Pucci in una postilla del 1502 in calce all'incunabolo di Catullo, Tibullo e Properzio del 1481 (inc. 372 della Bibl. Riccardiana), collazionatol per quanto riguarda Properzio, con l'antichissimo codice un tempo posseduto "dal nobile romano, uomo dottissimo, B. Della Valle".
Seguendo, le orme del padre Lelio e del fratello Niccolò, il D. coltivò anche la passione del collezionismo archeologico. Con il nome, infatti, di Menologium rusticum Vallense (Corpus Inscript. Lat., VI, 1, n. 2306; cfr. Khomentovskaia, p. 107) è nota una epigrafe romana di sua proprietà.
Fonti e Bibl.: Gaspare da Verona, De gestis Pauli Secundi, in Rerum Ital. Script., 2 ed., III, 16, a cura di G. Zippel, pp. 62, 220; G. Albino Lettere, istruzioni... di re aragonesi, Napoli 1789: pp. 103, 105; M. A. Alticri, Li nuptiali, a cura di E. Narducci, Roma 1873, p. 8; G.P. Leostello, Effemeridi delle cose fatte per il duca dì Calabria (1484-1491), in Docc. per la storia, le arti e le industrie delle prov. napoletane, a cura di G. Filangieri, I, Napoli 1883, p. 229; S. Infessura, Diario della città di Roma, a cura di O. Tommasini, Roma 1890, in Fonti per la storia d'Italia, V,pp.129, 162; E. Percopo, Nuovi docc. su gli scrittori... dei tempi aragonesi, in Arch. stor. per le provv. napoletane, XIX(1894), p. 402 n. 1; Regis Ferdinandi Primi instructionum liber (10 maggio 1486 - 10 maggio 1488), a cura di R. Volpicella, Napoli 1916, pp. 4, 455; T. De Marinis-A. Perosa, Nuovi docc. per la storia dei Rinascimento, Firenze 1970, pp. 30-36; P. Adinolfi, La via Sacra o del Papa, Roma 1865, p. 123; E. Stevenson, Epitafflo prenestino di Francesco Della Valle, in Arch. d. R. Soc. rom. di storia patria, VI (1883), p. 549; F. Pléssis, Etudes critiques sur Properce, Paris 1884, pp. 2 s., 48 s.; P. De Nolhac, La bibliothèque de Fulvio Orsini, Paris 1887, pp. 233 S.; V. Laurenza, Poeti e oratori del Quattrocento in una elegia inedita del Porcellio, in Atti della R. Acc. di archeol., lett. e belle arti di Napoli, XXIV (1906), p. 226; R. Sabbadini, Le scoperte dei codici latini e greci ne' secc. XIV e XV, I, Firenze 1905, pp. 147, 153; II, ibid. 1914, pp. 235, 246; A. Khomentovskaia, La famiglia Della Valle nella storia dell'epigrafia umanistica, in Arch. d. R. Soc. romana di storia patria, LVIII (1935), pp. 107, 109 s.; T. De Marinis, La Biblioteca napol. dei re d'Aragona, I, Milano 1952, pp. 101, 192 n. 50; Mostra del Poliziano (catal.), a cura di A. Perosa, Firenze 1955, p. 15; I. Maïer, Les manuscrits d'Ange Politien, Genève 1965, pp. 1, 361 s.; Id., Ange Politien. La formation d'un poéte humaniste (1469-1480), Genève 1966, p. 119; F.-, R. Hausmann, G. A. Campano (1429-1477). Erläuterungen und Ergänzungen zu seinen Briefen, s. I. 1968, pp.161 s.; M. C. Dorati da Empoli, I lettori dello Studio e i maestri di grammatica a Roma daSisto IV ad Alessandro VI, in Rass. degli Arch. di Stato, XI, (1980), p. 136; B. Gatta, Dal casale al libro: i Della Valle, in Scrittura, biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento, Atti del 2° Seminario, 6-8 maggio 1982, Città dei Vaticano 1983, pp. 629-52; J. L. Butrica, N and the vetustus codex of B. Valla, in The manuscript tradition of Propertius, Toronto ... 1984, pp.62-65; M. E. Cosenza, Biogr. and bibliogr. Dictionary..., Boston 1962, IV, p. 3544; V, p. 468.