BERARDO de Castacca (de Costa, Costaca)
Discendente, come sembra, da nobile famiglia barese, fu eletto alla cattedra arcivescovile di quella città, dopo la morte del presule Doferio, nel 1207. Secondo la tradizione che, iniziata dal suo predecessore, sarà seguita anche dagli arcivescovi che occuparono la cattedra barese immediatamente dopo di lui, fu tra i familiari del re di Sicilia, circostanza che, se gli valse ad ottenere da Federico non pochi privilegi, lo pose altresì più volte in situazioni difficili e non scevre di pericolo. Nel luglio 1209 due successivi diplomi del sovrano concedevano alla Chiesa di Bari due terreni da costruzione e il casale di Laterza; nel settembre dello stesso anno il signore feudale di Bitritto, alla presenza di Gregorio, cardinale diacono di S. Teodoro e legato apostolico, riconosceva all'arcivescovo il dominio sul castrum della città e l'anno successivo, nel luglio, re Federico confermava la cessione, mentre con altro diploma rinnovava le precedenti donazioni. Nell'autunno 1212 B., con poteri di legato apostolico, accompagnò il sovrano in Germania per sostenerne le aspirazioni al trono imperiale contro Ottone di Baviera: agendo in armonia con il vescovo di Costanza, Corrado, l'arcivescovo di Bari riuscì ad appoggiare efficacemente l'azione di Federico che nel dicembre, rilasciandogli da Spira un nuovo privilegio di conferma dei possedimenti della Chiesa barese, ricordava la devozione e l'aiuto dell'arcivescovo, il quale non aveva esitato a seguirlo in Germania, affrontando spese e disagi e non sottraendosi neppure a pericoli personali. La riconoscenza del sovrano si manifestò anche nel sostenere l'aspirazione di B. di essere trasferito alla sede di Palermo: il 10 sett. 1213 Innocenzo III comunicava al cardinale legato del Regno di Sicilia e al capitolo metropolitano di Palermo di aver provveduto a ricoprire la cattedra episcopale della loro città - cattedra allora vacante -trasferendovi l'arcivescovo di Bari. I legami tra arcivescovo e monarca si fecero da allora ancora più stretti: il 2 apr. 1215, da Augusta, Federico confermò a B. possessi e privilegi della Chiesa palermitana e il 23 aprile aggiunse la donazione di Caccamo; nel novembre dello stesso anno lo fece intervenire, in suo nome, al Concilio lateranense, dove il presule pronunciò un discorso nella seconda sessione (20 novembre); un anno dopo, nel dicembre 1216, dotò l'arcivescovo di Palermo di altre concessioni, confermando le precedenti.
Nel 1224 B. coprì l'ufficio di balivo di Sicilia, incarico che tornò ad occupare nel 1228 e dal 1235 al 1238; nell'agosto 1225 ebbe in dono dall'imperatore i beni di Luca, tesoriere della Chiesa di Palermo, morto intestato; nel 1228, insieme con Tommaso d'Aquino conte di Acerra, fu inviato ambasciatore presso il sultano d'Egitto; rientrato a corte con numerosi doni per il suo sovrano, B. tornò in Egitto l'anno successivo per ricambiare gli omaggi al sultano. Allorché l'imperatore, dopo il fallimento della spedizione in Asia minore tentata nel 1227, la cui interruzione gli aveva fruttato la scomunica da parte di Gregorio IX, riprese nel giugno 1228 la via dell'Oriente, B. lo seguì nella spedizione e, dopo gli accordi di Giaffa, assistette all'incoronazione regia in Gerusalemme, effimera consacrazione di quel titolo di cui già Federico si fregiava dal 9 nov. 1225.
L'esito non certo brillante della crociata federiciana non poté accontentare il pontefice, il quale tuttavia si lasciò indurre dall'abilità diplomatica del rivale alla pace di San Germano, che, se imponeva all'imperatore impegni, rivelatisi poi soltanto formali, lo assolveva dalla scomunica: alla solenne cerimonia, con cui Federico II venne riammesso nella comunione della Chiesa, il 23 luglio 1230, fu presente anche B., la cui funzione di consigliere di Federico II andava acquistando via via un peso sempre più determinante nella politica imperiale.
Nell'aprile 1235, scortando da Palermo a Fano l'imperatore che si recava in Germania. B. lo precedette a Perugia, presso Gregorio IX: la missione dovette riuscire gradita al pontefice, se, il 23 dicembre di quello stesso anno, egli confermava all'arcivescovo tutti i privilegi di cui godeva la Chiesa palermitana. Nello stesso tempo, insieme con Giacomo arcivescovo di Capua, con Tommaso d'Aquino conte d'acerra e il maestro giustiziere Enrico de Morra, B. entrò a far parte del Consiglio di reggenza del regno di Sicilia e in tale qualità ordinava di rafforzare le fortificazioni di Rocca Ianula, sopra San Germano; nel maggio 1237, insieme con l'arcivescovo di Capua e il vescovo di Ravello, indagava, per ordine dell'imperatore, sull'idoneità dell'abate eletto di Montecassino. Gli avvenimenti successivi, in Germania e in Italia settentrionale, provocavano però il risentimento del pontefice: nel 1238 B. si recò per ben due volte al cospetto di Gregorio IX - nell'agosto ad Anagni e nel novembre a Roma, presso il Laterano - per avanzare proposte di distensione.
Sebbene la sua missione fallisse (tanto che il 20 marzo dell'anno successivo il papa comminò di nuovo la scomunica all'imperatore), non gli venne per questo meno il favore del sovrano, il quale nel dicembre dello stesso anno 1238 gli affidò l'incarico di condurgli in Lombardia l'imperatrice, che lo stesso B. riaccompagnerà poi nel Regno nel febbraio 1240.
Salito sul trono pontificio Innocenzo IV, l'imperatore cercò di ottenere l'assoluzione dalla scomunica e si apprestò ad inviare ad Anagni una ambasceria composta da B., da Pier delle Vigne e da Taddeo di Sessa; questa volta, però, la censura ecclesiastica colpì anche i messi designati dall'imperatore, che tuttavia, poco dopo, per intervento dell'arcivescovo di Rouen, ottennero l'assoluzione (2 sett. 1243).
Intanto il papa, convocato il concilio di Lione, intimava all'imperatore di intervenirvi personalmente per ottenere il perdono: Federico II, invece, inviò ancora un'ambasceria, di cui nuovamente fece parte B.; ogni proposta di pace e i tentativi di difendere l'ortodossia del sovrano caddero però nel vuoto: rifiutandosi Federico II di venire di persona, il concilio, nella sessione del 17 luglio 1245, confermò solennemente la sentenza di scomunica e dichiarò deposto l'imperatore. B. non abbandonò tuttavia il sovrano: raggiuntolo nel 1247 all'assedio di Parma, ne ebbe nuovi privilegi per la Chiesa di Palermo. Sulla fine del 1250 accompagnò ancora Federico II a Fiorentino, presso Lucera, sottoscrisse il suo testamento e lo assistette nel momento della morte, sopraggiunta il 13 dicembre; quindi ne scortò la salma a Palermo, facendola collocare in un monumento di porfido, nella cattedrale.
Il 27 genn. 1251 Innocenzo IV, rimproverando a B. la sua condotta filoimperiale, che aveva dato motivi di scandalo, gli faceva tuttavia balenare la possibilità del perdono se avesse prestato fedele assistenza al nuovo legato apostolico in Sicilia. Non molto dopo, l'8 sett. 1252, B. morì a Palermo.
Impegnato così a fondo nelle tormentate vicende politiche della sua età, non sembra che B. abbia esercitato con zelo l'attività pastorale che gli competeva, e se la diocesi palermitana vide consolidati ed accresciuti i suoi possessì, ciò non fu dovuto tanto ad una oculata amministrazione, quanto all'influenza che l'arcivescovo esercitava sul sovrano e su tutti i personaggi della corte: anche nella decisione di accogliere nella propria diocesi i frati predicatori, nel 1217, non furono probabilmente estranee considerazioni di carattere politico, né può servire a dare la misura di un più vivo interessamento per la propria arcidiocesi l'accordo intervenuto nel novembre 1244 con Rinaldo vescovo di Agrigento a conclusione di una controversia circa i confini delle rispettive giurisdizioni.
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