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BERARDO DI LORETO

di AAlessandro Clementi - Federiciana (2005)
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BERARDO DI LORETO

AAlessandro Clementi

B., del quale non si conosce la data di nascita né si dispone di notizie sulla sua prima biografia, si legò alla neonata monarchia normanna grazie al matrimonio con Maria Margherita, figlia del conte Giezolino, giustiziere d'Abruzzo, il quale a sua volta aveva sposato Ardelizza, figlia del re Ruggero II. Maria Margherita portò in dote a B. la contea di Loreto.

Tale contea si era venuta a costituire nella seconda metà del XII sec., ad opera del normanno Drogone di Tassone, fratello di Roberto il Guiscardo, a spese della contea di Penne e, in seguito, mediante usurpazioni di terreni del monastero di S. Bartolomeo di Carpineto: "Drogo conte di Loreto [recita il Chronicon di questo monastero ad a. 1171] volendo ampliare il suo castello di Loreto che era costretto in angusti confini e volendone aumentare i beni, da tutti i confinanti castelli prese molti tenimenti e a questo Monastero [S. Bartolomeo di Carpineto] il tenimento di Valero indegnamente e irreverentemente tolse e il soprascritto castello allargò" (Il Chronicon, 1996, lib. I, p. 111). Il rapporto di Drogone e successori con le abbazie, e in particolare con quella di S. Bartolomeo di Carpineto, fu comunque molto complesso. Vi furono usurpazioni, e lo si è appena visto, ma anche restituzioni e, a volte, concessioni. Ad esempio, Guglielmo di Tassone, che successe a Drogone, in un primo tempo sottrasse al detto monastero la rocca di monte Somato, ma in punto di morte gli concesse l'importante chiesa di S. Maria in Piano, sita a poche centinaia di metri dal castello di Loreto e che, proprio perché appetita (ricchissima come era di oliveti), avrebbe conosciuto alterno destino. Tanto è vero che Ramboto, discendente di Guglielmo di Tassone, l'avrebbe restituita nuovamente al monastero di S. Bartolomeo. Dopo Ramboto venne il figlio Giezolino (1168), la cui figlia Maria Margherita sposò Berardo.

B. si mise in luce in occasione della discesa di Enrico VI Hohenstaufen in Italia nel 1190 per cingere la corona imperiale e raccogliere l'eredità siciliana. Ad opporsi alla discesa di Enrico VI nel Regno di Sicilia fu il normanno Tancredi di Lecce, figlio illegittimo di Ruggero II, che aveva coagulato intorno a sé gran parte della nobiltà normanna. Non tutta: B. sostenne infatti il tedesco Enrico.

Il Chronicon di S. Bartolomeo di Carpineto ci dà un quadro della situazione molto realistico e avverte appunto come una parte della nobiltà normanna non aderì, per opportunismo, al disegno di resistenza di Tancredi di Lecce. La piccola abbazia era sconvolta da grandi turbolenze: a capo di essa si trovava l'abate Boamondo che stava dilapidando i beni del monastero, tra i quali i castelli di Carpineto e di Fara, assegnati a Riccardo e Federico di Brittoli. "Una così grande crudeltà degli antichi nemici Riccardo e Federico di Brittoli infierì a tal punto [recita il Chronicon] che i due castelli di questo monastero Carpineto e Fara con un barbarico comportamento furono in tal misura depredati da non lasciare quasi niente agli infelici abitanti e poiché un tedesco di nome Bertoldo legato all'imperatore aveva preso in moglie la sorella di Bernardo conte di Loreto egli distrusse tutte le contee pennesi ed aprutine, abbatté i castelli, spogliò le chiese, trattò gli infelici uomini con tale brutale ferocia che l'umanità dei Tedeschi sembrava mutata in comportamento belluino. Fu data facoltà ai nominati Riccardo e Federico di infierire e di fare gli altri loro comodi" (IlChronicon, 1996, lib. VI, p. 159).

Notevole e significativo il legame parentale che si stabilì tra B. e Bertoldo, il teutonico legato di Enrico VI. Un intreccio che ben s'inscrive nelle torbide vicende della presa del potere da parte di Enrico VI.

Una lettera di papa Celestino III del 1o agosto 1192 al vescovo aprutino e all'abate di S. Bartolomeo di Carpineto testimonia le violenze che B. e sua moglie misero in atto contro la chiesa di S. Maria in Piano, dominio del monastero di S. Bartolomeo di Carpineto. Essa recita: "Ricevemmo una denunzia dall'Abate di San Bartolomeo secondo il quale il nobile Bernardo conte di Loreto e Maria [Margherita] contessa sua moglie spogliarono violentemente il monastero del possesso di S. Maria in Piano, nonostante che tu fratello vescovo e il diletto figlio, l'abate di San Clemente della Pescara su mandato di papa Clemente, nostro predecessore, lo stesso conte e la contessa molto diligentemente ammoniste affinché riparassero a ciò che fecero ingiustamente, ma essi omisero di ubbidire alle vostre ammonizioni. Affinché il sopra detto monastero non rimanga più a lungo spogliato di quella chiesa inviamo la presente lettera a voi ordinandovi di portare diligentemente ammonizione al conte ed alla contessa affinché, se così stanno le cose, la stessa chiesa al predetto abate e monastero riconsegnino e permettano di possedere pacificamente. Se non avranno voluto ubbidire, forti della nostra autorità, li costringerete senza appello" (Instrumenta et privilegia, ibid., nr. 158, p. 359).

Nel luglio 1197 B. e sua moglie fondarono l'abbazia di S. Maria di Casanova impiantandovi i monaci cistercensi. Fu la prima di tale Ordine negli Abruzzi. Nella carta di fondazione si riportò: "Gli animali del predetto monastero e gli uomini dello stesso abbiano la possibilità di andare e tornare dovunque per la terra nostra, e godano dei pascoli consueti e delle selve secondo i bisogni del monastero e prendano legna senza il divieto di alcuno tanto nei monti quanto nelle pianure e nelle altre località di pascolo e nelle selve" (Monaci, 1894, doc. nr. 16, p. 26).

Lo scopo di questa fondazione era quello di facilitare la ripresa della transumanza, ma con essa si tentò anche di creare un'abbazia, che nelle intenzioni di B. avrebbe potuto bilanciare il potere delle contee vicine che potevano fare assegnamento su abbazie o da loro fondate o da loro controllate. Il disegno era ambizioso ma di non facile attuazione. L'Ordine cistercense in effetti avrebbe dilagato tra Abruzzi e Puglie, dando vita a un sistema produttivo di spostamento di bestiame tra le due regioni che travolgerà la piccola dimensione politica dei conti di Loreto.

Nel 1222 il monastero si arricchì di un'ardita grancia a Campo Imperatore, a 1.700 m sul Gran Sasso. Federico II con un diploma ne avrebbe confermato il possesso al monastero, riconfermandogli anche la facoltà di transumare liberamente e riducendo miseramente il sogno dei conti di Loreto che rientreranno così in un'anonima normalità. Non si conosce la data di morte di Berardo.

Fonti e Bibl.:Acta Imperii inedita; A. Monaci, Notizie e documenti per l'abbazia di Casanova nell'Abruzzo, "Il Muratori", 2-3, 1894, pp. 26 (doc. nr. 16), 29 (doc. nr. 17), 34 (doc. nr. 18); IlChronicon di S. Bartolomeo di Carpineto, a cura di E. Fuselli, L'Aquila 1996. R. Giannangeli, L'abbazia cistercense di S. Maria di Casanova, ivi 1984; A. Clementi, L'organizzazione demica del Gran Sasso nel Medioevo, ivi 1991.

Vedi anche
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loreto loréto s. m. [dallo spagn. lorito; v. lori1]. – Nome fam. e vezzeggiativo con cui vengono spesso chiamati (per lo più come nome proprio) i pappagalli domestici.
beràrdio
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