GENTILE, Berardo
Originario degli Abruzzi, dovette nascere intorno alla metà del secolo XII da una famiglia che non è identificabile nel Catalogus baronum; fu conte di Lesina dal 1190. Compare una prima volta nelle fonti nel maggio 1173 fra i familiares della corte regia palermitana di Guglielmo II, quando partecipò a un giudizio pronunciato in tale occasione.
L'abate Mattia di S. Maria di Calena (sul Gargano) si era appellato contro Rao de Debia a causa della sottrazione di un terreno e aveva ricevuto soddisfazione dal maestro giustiziere di Puglia e Terra di Lavoro Riccardus de Say, conte di Gravina; l'abate si era comunque appellato in seguito alla Curia regia, perché Rao si rifiutava di riconoscere la sentenza. Lo strumento della sentenza che chiudeva il caso fu sottoscritto dal G. con il titolo di comestabulus Regni.
Nell'agosto 1176, in occasione della fondazione del monastero di Monreale, il G. sottoscrisse con lo stesso titolo il documento di dotazione. Nel mese di febbraio dell'anno seguente Guglielmo II stabilì il dovario della sua futura moglie Giovanna d'Inghilterra e il documento fu sottoscritto, con i rispettivi nomi o signa dai familiari, da numerosi vescovi e conti, e dai titolari degli uffici di corte. In quest'occasione il G., che sino a quel momento aveva usato solo una forma abbreviata per descrivere il suo ufficio, figura come connestabile della regia privata masnada, ossia della guardia di palazzo del re a Palermo: come comandante, il G. era succeduto a Gualtiero di Modica, attestato in questo ufficio nell'aprile 1171, il quale era stato innalzato al grado di ammiraglio della flotta e magister duane baronum. La carica, che gli conferiva il comando delle truppe della corte reale, ma non comprendeva alcuna competenza nell'organizzazione della milizia feudale, era ricoperta ancora dal G. nel marzo 1187, quando sottoscrisse come testimone un documento relativo all'affitto di beni di proprietà della Chiesa palermitana. In questo periodo insolitamente lungo in cui ricoprì la carica di comestabulus, il G. prese parte a numerosi processi celebrati presso la corte, nonché a decisioni politiche, benché il potere decisionale rimanesse sempre nelle mani dei familiares regi. Molto probabilmente il G. tenne il suo ufficio fino alla morte di Guglielmo II, avvenuta nel novembre 1189: infatti nelle settimane successive egli era tra i magnates curie che presero parte attiva all'elezione al trono del conte Tancredi di Lecce, avvenuta nel dicembre successivo, e con ciò spianarono la strada alla sua incoronazione nel gennaio 1190. Nel primo anno del suo regno Tancredi nominò i conti Guglielmo di Caserta, Riccardo di Carinola, Hugo Lupinus (che era stato fino ad allora siniscalco) e il G. "capitanei et magistri iustitiarii Apulie et Terre Laboris", in previsione di un'invasione tedesca nelle province di terraferma. Nella documentazione nota questi funzionari compaiono sempre nominati insieme senza che si possa attribuire loro una determinata competenza territoriale.
Contemporaneamente Tancredi concesse contee a Hugo Lupinus e al G., ponendoli così nello stesso rango feudale degli altri grandi giustizieri. Così, sempre nel 1190, il G. ottenne la contea di Lesina, al confine settentrionale della Puglia, il cui ultimo titolare, Goffredo di Ollia, era morto tra il 1179 e il 1181 e la cui vedova Sibilia prima del 1184 aveva sposato il conte Ruggero di Tricarico, che aveva lasciato il Regno nel 1190 come crociato ed era morto a sua volta sotto le mura di San Giovanni d'Acri. Non ci sono elementi per concludere che il G. abbia potuto assicurarsi questa investitura feudale grazie a un legame familiare con la precedente casata comitale: la contea (le cui località principali erano, oltre Lesina, Apricena, Peschici, Varano, Vico del Gargano e San Nicandro Garganico) costituiva un territorio chiave per l'accesso dal Settentrione in Puglia.
Come capitaneus, nel novembre 1190 il G. partecipò a un procedimento giudiziario dei catepani di Ascoli Satriano, i quali con la sua approvazione allontanarono le stalle del mattatoio dall'abitato. Già in precedenza il G. e Hugo Lupinus (divenuto conte di Conversano) avevano deciso che tutte le entrate della città di Ascoli fossero impiegate "pro eadem civitate munienda", onde potersi rifugiare in essa in caso di attacco. Nel 1191 Tancredi incaricò entrambi i grandi giustizieri di trattare una richiesta di indennizzo avanzata da Pietro III, abate della Ss. Trinità di Venosa, dato che il monastero aveva subito danni nel corso delle operazioni militari compiute da Ruggero d'Andria, che era nel frattempo defunto.
Non è noto se il G. riuscì a conservare il suo ufficio dopo l'invasione del Regno compiuta dalle truppe di Enrico VI; i cronisti contemporanei non parlano al riguardo di una sua diretta partecipazione alle operazioni militari. Secondo una ragionevole ipotesi di Jamison, il G., dopo la morte di Tancredi, prestò giuramento nell'ottobre 1194 a Enrico VI, durante la sua marcia verso il Sud, assicurandosi in questo modo il possesso della contea di Lesina. Nel dicembre 1195 presenziò a S. Maria presso Rignano, in Capitanata, a una trattativa tra un nobile beneventano, Hugo de Fenuculo, e Guglielmo abate del monastero di S. Sofia a Benevento, sostenitore di Enrico VI dal 1191. L'imperatore aveva promesso all'abate un risarcimento per le perdite subite, e perciò da quel momento Hugo de Fenuculo avrebbe dovuto tenere i propri beni patrimoniali in feudo dall'abate. In presenza del G. le parti si accordarono per chiedere la conferma di questo accordo. Il nome del G. è presente in entrambi i documenti come primo testimone ed è seguito subito dopo da quello del suo comestabulus militum "Gualterius Pani et Vini" il quale, investito un mese prima da Mauro abate di Terramaggiore di alcune proprietà presso San Severo, doveva poi apparire regolarmente nel seguito del figlio del G., Matteo. In una data imprecisata, ma probabilmente intorno al 1195, il G. avrebbe concesso al monastero di Montevergine rendite sulla pesca nel lago di Lesina.
Morì tra il 1196 e il 1200.
Il nome della moglie non è noto neanche dai documenti emanati dai figli. Nella contea di Lesina gli succedettero in parti uguali i figli Tommaso (morto prima del 1203) e Matteo (morto nel 1223-24). Il terzo figlio, Riccardo, (attestato tra il 1205-09) nel 1206 era feudatario di Rodi Garganico.
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