QUARTAPELLE, Berardo
QUARTAPELLE, Berardo. – Nacque a Teramo il 6 luglio 1749, da Domenico e da Prassede Lelii.
Il suo itinerario formativo si svolse attraverso tre fasi: frequentò dapprima la scuola di grammatica e retorica del sacerdote Attanasio Tamburrini; passò quindi allo studio di filosofia dei minori osservanti di Teramo; infine, insoddisfatto dell’impostazione aristotelica che improntava il loro insegnamento, si trasferì nel 1767 presso lo studio dei minori conventuali di Ascoli. Qui frequentò le lezioni del padre Antonio Scocciacampana, seguace del cartesianesimo.
Fu ordinato sacerdote a Teramo il 26 febbraio 1774, ma già dall’anno precedente, ancora diacono, aveva ottenuto licenza di aprire in città una pubblica scuola di grammatica, retorica e filosofia. Per la novità dei contenuti e del metodo, la scuola attrasse subito un gran numero di studenti e si impose autorevolmente nel contesto culturale cittadino, come dimostra, fra l’altro, una pubblica disputa di filosofia sostenuta da un suo allievo in cattedrale nel 1775. L’insegnamento di Quartapelle attirò tuttavia aspre critiche da parte di alcuni membri del clero regolare, che, in una denuncia alla Regia Udienza, accusarono il docente di negare dalla cattedra alcuni dei più sacri dogmi della fede cristiana. Tali accuse trovarono eco nella curia vescovile di Teramo, tanto presso il vescovo Ignazio Andrea Sambiase, quanto presso il suo successore Luigi Maria Pirelli. Nel 1775 il primo negò a Quartapelle l’attestato de vita et moribus necessario per svolgere l’attività di maestro pubblico, mentre il secondo, in una relazione del 1778 alla congregazione del Concilio, accusò Quartapelle di tenere ‘scuola d’eresie’ e di diffondere dalla cattedra nefande ‘bestemmie ereticali’.
Dalle denunce scaturì un lungo processo, celebrato dapprima presso la Regia Udienza, e poi presso la curia vescovile di Teramo, che conobbe fasi alterne, e il cui esito resta, allo stato degli studi, non chiaro. Con certezza, si sa che l’Udienza, con un decreto del 3 gennaio 1779, sospese cautelativamente Quartapelle dal suo incarico di maestro; un decreto di analogo tenore fu emesso il 7 agosto 1779 dalla Segreteria di grazia, giustizia e affari ecclesiastici. L’iterazione dei divieti sembra suggerire l’idea che Quartapelle continuasse la sua attività di docente. Al di là della dubbia (e temporanea) conclusione, la vicenda deve essere letta come espressione dell’ostilità della massima autorità ecclesiastica locale verso un gruppo emergente di intellettuali, di cui, oltre a Quartapelle, facevano parte Melchiorre Delfico, Giovanni Bernardino Thaulero, Alessio e Francesco Saverio Tullj, fautori di istanze di rinnovamento della cultura e della scuola, in un’ottica marcatamente anticurialista.
Parallelamente all’impegno scolastico, Quartapelle svolse in questi anni anche attività di studioso, dando alle stampe a Napoli, nel 1787, un’opera dal titolo Elementi di logica e psicologia, fortemente critica nei confronti dello scolasticismo e tributaria del sensismo, dell’empirismo scientifico e del naturalismo. Il rinfocolarsi delle polemiche attorno alla sua scuola gli suggerì, alla fine del 1788, la scelta di allontanarsi da Teramo e di seguire a Pavia il suo discepolo Orazio Delfico, che intendeva frequentare l’Università. Maestro e allievo rimasero nella città lombarda per due anni, e Quartapelle approfittò del lungo soggiorno per coltivare e approfondire i suoi interessi scientifici attraverso le lezioni accademiche di Lorenzo Mascheroni, Lazzaro Spallanzani e Alessandro Volta. Di ritorno a Teramo nel 1790, aprì nuovamente la sua scuola, assieme a un gabinetto scientifico fornito di macchine e attrezzi fatti venire da Pavia, inaugurando una fervida stagione di insegnamento e ricerca. Ancora una volta, però, si riaccese contro di lui la mai del tutto sopita ostilità del vescovo Pirelli e degli ambienti filocuriali cittadini, che culminò in nuove denunce e in un nuovo processo, con le medesime imputazioni di miscredenza e settarismo che avevano contrassegnato il precedente.
Il teso clima locale indusse questa volta Quartapelle a trasferirsi a Napoli, dove si trattenne dal 1794 a tutto il 1796. Qui, oltre a svolgere attività di precettore, diede alle stampe una Memoria sulla maniera di preparare e seminare il grano per la Società patriottica di Teramo (di cui era nel frattempo divenuto membro), che testimonia il convergere dei suoi interessi scientifici verso i problemi dell’agricoltura. A Napoli, inoltre, allestì alcune memorie difensive con lo scopo di ottenere una soluzione a lui favorevole della vertenza giudiziaria in corso. Quest’ultima speranza si mostrò vana, dato che il 2 gennaio 1796 un dispaccio della Segreteria di guerra, marina, commercio e affari esteri gli vietò categoricamente (e definitivamente) di tenere pubblica scuola.
Tornato a Teramo, Quartapelle si dedicò a tempo pieno alle sue indagini scientifiche. Con l’invasione della città da parte dell’esercito francese l’11 dicembre 1798, fu eletto membro della Municipalità, ma appena otto giorni dopo, una violenta insurrezione popolare di impronta filoborbonica riuscì, seppur temporaneamente, a scacciare il presidio francese. Nel corso di tale tumulto, la casa e il laboratorio scientifico di Quartapelle furono saccheggiati e distrutti, ed egli stesso scampò al linciaggio rifugiandosi in una casa vicina. Riparò in seguito ad Ancona, e quindi a Monte di Nove, vicino Ascoli. Con la prima restaurazione borbonica subì la confisca dei beni, ma la sua compromissione con il passato regime non sembra avergli procurato ulteriori guai giudiziari. Ciò parrebbe dedursi da alcuni incarichi pubblici quali, nel 1802, la partecipazione a una commissione che doveva distribuire sovvenzioni alla popolazione colpita dalla grave carestia di quell’anno e, nel 1803, l’incarico, ricevuto dal preside di Teramo, di raccogliere notizie sull’economia locale per la Gazzetta civica commerciale. Nel 1801-02, intanto, aveva dato alle stampe la sua opera maggiore, i Principi della vegetazione, reputati un contributo fondamentale nell’ambito della pubblicistica agronomica meridionale del primo Ottocento.
Morì a Teramo il 4 marzo 1804.
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