CARROZ (Carroç, Carrocius), Berengario
Primo di questo nome, era figlio secondogenito di Francesco, ammiraglio d'Aragona, e di Stefania di Lauria, che era figlia del noto ammiraglio calabrese passato al servizio di Pietro III d'Aragona; nacque in luogo e anno imprecisabili.
La sua famiglia faceva risalire le origini a un conte tedesco, un figlio del quale, di nome Carroz, messosi con una galea al servizio di Giacomo I d'Aragona, si era distinto nella conquista di Maiorca (1229), ottenendo in premio la signoria di Felanitx e la nomina a governatore generale del regno di Maiorca (1233). Cinque anni appresso aveva partecipato, da ammiraglio, alla conquista di Valenza, conseguendovi cospicui benefici feudali, tra i quali la signoria del castello di Rebollet, che divenne la sua residenza.
Il C. sposò in prime nozze Teresa Gonibau de Entenza, sorellastra della moglie dell'infante Alfonso, e alla sua morte, Geraldona de Ribelles, di antica famiglia valenzana, dalla quale ebbe l'unico figlio, Berengario (II). Non è possibile, allo stato attuale delle conoscenze, fare un quadro completo della sua vita: le lacune e i punti oscuri sono ancora molti. Niente si sa della sua età giovanile. Si può tuttavia ritenere che, seguendo la tradizione, si sia dedicato ad apprendere e praticare il mestiere delle armi in terra e in mare. In effetti, la prima notizia che ci soccorre lo mostra, nel 1314, al comando di quaranta galee di Roberto d'Angiò re di Napoli, incaricato di una missione contro l'isola di Gerba, durante la guerra con Federico d'Aragona re di Sicilia.
Ma il suo ricordo è legato essenzialmente alla conquista della Sardegna. La spedizione diretta contro i Pisani - gli unici degli antichi signori isolani che non avevano riconosciuto la nuova sovranità - fu caratterizzata dal grande concorso della nobiltà degli Stati della Corona d'Aragona mossa, oltre tutto, dalle allettanti prospettive dei feudi, delle cariche e delle altre ricompense con le quali il sovrano avrebbe rimunerato coloro che avessero contribuito al successo della difficile impresa. L'ammiraglio Francesco Carroz - che era stato nominato comandante della flotta e, poi, anche delle operazioni per l'assedio del castello di Cagliari - vi partecipò con tutti i figli maschi, Franceschino, Berengario, Giacomo e Nicola, e con un contingente di trenta uomini a cavallo che fu di gran lunga il più alto fra quelli offerti al re dai nobili di Valenza. Evidentemente - e lo prova anche la risolutezza, sfociata più volte in conflitti, con la quale si batté per non lasciarsi sopravanzare da altri - il suo preciso proposito fu di assicurare ad uno o più figli una posizione di assoluta preminenza nel nuovo regno. I beneficiari furono il C. e in misura minore il terzogenito Giacomo che divennero i capostipiti dei due rami sardi della famiglia. Dell'ammiraglio, indubbiamente la figura di maggior spicco dopo l'infante, Girolamo Zurita si occupa quasi di continuo, mettendo in evidenza l'intensa attività, il prestigio, la stima del re; niente dice invece della parte svolta dal C. durante la campagna. Ciò si deve, verisimilmente, al fatto che egli operò all'ombra del padre del quale, come del resto traluce dal contesto degli avvenimenti, fu braccio destro e sostituto, specialmente nel comando del castellodi Bonaria eretto dagli Aragonesi per assediare il castello di Cagliari. Certo è che quando, nel luglio 1324, l'infante se ne tornò in Catalogna con l'ammiraglio, nominò governatore generale Filippo de Saluces, un vecchio funzionario venuto poco prima dalla Sicilia, ma lasciò il C. quale capitano della gente d'arme di Bonaria, con giurisdizione su tutto il meridione dell'isola, e viceammiraglio, che era di fatto la seconda carica del regno; sì che, morto due mesi dopo il de Saluces, il C. assunse anche la carica di governatore generale, ottenendo subito dopo la conferma.
La rivolta già serpeggiava per l'isola. I Genovesi, espulsi da Sassari, avevano tentato di sollevare la città, con l'aiuto dei Doria; alcuni di questi erano stati catturati e sottoposti a processo dal de Saluces. I Malaspina si erano fatti diffidenti. I Pisani di Cagliari si lamentavano delle continue provocazioni. In questa situazione il C. operò con estrema severità e durezza: si portò a Sassari, concluse il processo mandando a morte Vinciguerra Doria e altri sei imputati, perseguitò gli indiziati e ne confiscò i beni. Poi cavalcò per le terre dei Doria e dei Malaspina, inquisì, impose il giuramento di fedeltà ad ogni villaggio, arrestò il marchese Federico Malaspina, gli tolse il castello di Osilo, eresse fortini e pose ovunque ufficiali aragonesi. Le conseguenze non si fecero attendere: nella primavera successiva, i Pisani di Cagliari, i Malaspina e poi Sassari si ribellarono; Pisa e Genova si prepararono ad intervenire. Il C. si recò in Catalogna per informare il re che ordinò all'ammiraglio Francesco Carroz di partire con tutta l'armata.
Alla fine di maggio questi era a Bonaria, con funzioni non solo di ammiraglio e capitano, ma anche di governatore generale. Sotto il suo comando la guerra aveva già registrato brillanti successi, quando nel dicembre 1326 giunse a Bonaria, con il grado di capitano generale, datogli dall'infante, Ramón de Peralta. L'ammiraglio considerò il fatto come un affronto personale e chiese al re il permesso di tornare in Catalogna. Ma il sovrano, che non voleva privarsi della sua opera, gli scrisse che lo avrebbe fatto nominare capitano di Bonaria e del meridione dell'isola. Se non che, prima che il Provvedimento potesse esser preso, i familiari e i seguaci dell'uno e dell'altro si diedero battaglia, mettendo addirittura in pericolo il castello di Bonaria. Il re, informato, privò entrambi di tutte le cariche e in tutta fretta spedì due riformatori con l'ordine, tra l'altro, di imbarcare immediatamente per la Catalogna l'ammiraglio, i figli Franceschino e Giacomo e il de Peralta. Il C., evidentemente non implicato nello scontro, rimase in Sardegna, ma non ebbe più carica alcuna. Tuttavia non gli mancarono i mezzi né la volontà per ribadire un predominio ormai saldamente affermato e lo fece con sicumera, mettendo in difficoltà governatori generali e riformatori. Nell'ordinamento instaurato dagli Aragonesi, il feudatario era organo di governo e di presidio del feudo ed era nella logica delle cose che la Corona chiudesse un occhio su certi abusi di coloro ai quali aveva affidato la difesa del nuovo regno. Stabilitosi nel castello di San Michele, situato in posizione dominante gli accessi del castello di Cagliari, il C. ne fece un fortilizio che, se da un lato tranquillizzava le autorità cagliaritane cui premeva la sicurezza della città, dall'altro determinò non poche preoccupazioni perché il castello era divenuto la sede di un dominio personale fatto di abusi, di spoliazioni, di prepotenze di ogni genere. I documenti riferiscono incidenti, lagnanze e misure prese contro il C.: il castello gli fu tolto e poi restituito, e in definitiva la situazione non mutò. Sono queste le ultime notizie che ne definiscono l'attività e il carattere. Morì prima del 1336, probabilmente in Valenza, lasciando il figlio Berengario (II) di pochi anni che gli successe, ricalcandone le orme nella vita pubblica e privata.
Fonti e Bibl.: J. Zurita, Anales de la Corona de Aragón, Zaragoza 1668-71, l. VI, capp. 54, 55, 56, 60, 68; l. VII, capp. 10, 13, 15; R. Muntaner, Cronaca, a cura di F. Moisè, Firenze 1844, cap. 259; H. Finke, Acta Aragonensia. Quellen… aus der diplomatischen Korrespondenz Jaime II. (1291-1327), Berlin-Leipzig 1909, II, pp. 627 ss.;A. Solmi, Nuovi docum. per la storia della conquista aragonese, in Arch. stor. sardo, V (1909), p. 147; F. C. Casula, Carte reali diplom. di Alfonso III il Benigno re d'Aragona riguardanti l'Italia, Padova 1970, docc. 69, 72, 79, 92, 144, 195, 381, 385, 404, 410, 487; L. D'Arienzo, Carte reali diplom. di Pietro IV il Cerimonioso re d'Aragona riguardanti l'Italia, Padova 1970, docc. 4, 10; G. F. Fara, De chorographia Sardiniae libri duo. De rebus Sardois libri quatuor, a cura di L. Cibrario, Aug. Taurinorum 1835, pp. 260-277; G. Casalis, Dizionario geografico,stor., stat., comm. degli Stati di S.M. il Re di Sardegna; XVIII, 3, Torino 1853, pp. 634 ss.; A. Solmi, Studistor. sulle istituzioni della Sardegna nel Medioevo, Cagliari 1917, pp. 370, 377; A. Arribas Palau, La conquista de Cerdeña por Jaime II de Aragón, Barcelona 1952, pp. 168, 288-96, 308, 327, 329, 334-35.