BERENICE (βερενίκη)
Città sul Mar Rosso, fondata, forse sul luogo d'un preesistente villaggio, da Tolomeo II Filadelfo (275 a. C.) e così denominata in onore della madre di lui.
Era situata a circa 23°50′ di lat. nord e 35°34′ di long. est, sullo stesso parallelo di Syene, in prossimità delle miniere di smeraldo nell'interno del cosiddetto golfo Akathartos (Immundus) a sud dell'attuale Capo Benas sulla costa della penisola che porta lo stesso nome. Poiché si trovava presso i confini tra l'Egitto e la regione dei Trogloditi, è conosciuta anche col nome di Berenice Trogloditica.
Il porto ben riparato dai venti di nord-est non era molto favorito dalle condizioni naturali, ma fu reso adeguato ai bisogni e sicuro, con opportuni lavori. La città sorgeva sopra una stretta zona costiera tra le colline ed il mare. Berenice godé presto il favore dei Tolomei, che a partire da Evergete I ne fecero, per lungo tempo, il centro per l'organizzazione delle cacce e del commercio degli elefanti. Berenice era con Myos Hormos uno dei principali emporî del commercio che si svolgeva tra l'Egitto, l'Etiopia, l'Arabia e l'India.
La città costituiva la stazione terminale della grande strada lunga 258 miglia romane, costruita da Filadelfo attraverso il deserto, dal Nilo (Coptos) alle miniere di smeraldo del monte Zubara e di là al Mar Rosso. Questa strada fu spesso preferita in confronto delle altre due più brevi, da Coptos a Myos Hormos e a Leukos Limēn, perché raccorciava notevolmente il pericoloso viaggio marittimo. Lungo la strada sorgevano molte stazioni con corpi di guardia o campi fortificati, di cui molte rovine sono tuttora visibili. Adriano costruì una nuova strada da Antinoe a Berenice; e una terza pure vi faceva capo da Contra-Apollonopolis (di fronte a Edfū).
Sotto l'impero, Berenice formava un distretto a sé con a capo un prefetto (praef. Bernicidis o praef. montis Bernicidis).
Berenice nei tempi moderni fu scoperta dal Belzoni che ne descrisse sommariamente le rovine, tra le quali un piccolo tempio di calcare in stile egiziano con iscrizioni geroglifiche del tempo di Tiberio e di taluno dei successori; la visitò poi il Wellsted che ne fece una particolareggiata descrizione. Più tardi, nel 1873, il colonnello Purdy vi fece scavi senza risultati notevoli; il Golenišev la studiò di nuovo nel 1880 e nel 1889. Le rovine della città sono ancora visibili. La dea dinnanzi a cui sta l'imperatore, su uno dei bassorilievi che decorano le pareti del tempio, è la "Dea del Monte Verde", cioè del monte Smeraldo. Infatti nelle vicinanze sono le cave di smeraldo, sfruttate fino al 1370.
Fonti: Strabone, XVI, p. 770; XVII, p. 815; Plinio, VI, 23, 26, 29, 33; Steph. Byz., s. v.; Pseudo-Arriano, Peripl. mar. ery Vhr., in Müller, Geogr. graeci min., I, p. 257 segg.; Itinerar. Antonin., p. 173 seg.; Epiphan., Haeres., LXVI, 1.
Bibl.: Belzoni, Narrative of the operations and recent Discoveries in Egypt and Nubia, Londra 1820, p. 332 seg.; Wellsted, Travels in Arabia, 1838, II, p. 336; Golenisceff, Un voyage à Bérénice 1880-1889, in Recueil des Travaux, ecc., a cura di G. Maspero, XIII, p. 75 segg.; Nicour Bey, Renseignements sur les parages de l'ancienne érénice, in Annales des Services des Antiquités de l'Égypte (1901), pp. 185-190; J. Couyat, Les ports gréco-romains de la mer Rouge, in Comptes-rendus de l'Acad. des inscr. et belles lettres, 1910, p. 525 seg.; J. Raimondi, Le Désert Oriental Égyptien. Du Nil à la Mer Rouge, in Mém. de la Soc. Royale de Géogr. d'Égypte, IV (1923), p. 61 seg.