BERILLIO (fr. glucinium berillyum; sp. berilio; ted. Beryllium; ingl. beryllium)
Metallo, con simbolo Be, numero atomico 4, peso atomico 9,02 (O = 16).
Vauquelin nel 1797 si accorse che nel berillo (v.) era contenuta una terra diversa dalla calce e dall'allumina benché ad esse molto simile. Wöhler e Bussy nel 1828 isolarono il metallo. Il nome ora più usato è quello di berillio ma s'usa talvolta anche quello di glucinio dal sapore dolce dei suoi sali.
I minerali di berillio sono numerosi benché si trovino in piccola quantità, e nella maggior parte di essi il berillio è associato all'alluminio e al silicio; i più importanti sono il berillo, silicato di alluminio e berillio della formula 3BeO • Al2O3 • 6SiO2, le cui varietà smeraldo e acquamarina vengono usate come gemme; e il crisoberillo Al2O3 • BeO o metaalluminato di berillio.
Fra i metodi id estrazione dal berillio accenneremo a quello che consiste nel disintegrare il minerale per fusione con carbonato potassico. Dopo una serie di operazioni, il cui scopo è l'allontanamento del silicio e dell'alluminio, si finisce per ottenere l'idrato di berillio dal quale per trattamento con gli acidi si preparano i sali. Benché il metallo si possa isolare riducendo il cloruro con sodio o l'ossido con magnesio, i metodi migliori di estrazione sono elettrolitici. Si può sottoporre a elettrolisi con elettrodi di grafite alla temperatura di 1350° un miscuglio fuso dei fluoruri di berillio e di bario, ottenendo così un regolo a struttura cristallina. Ovvero si decompone a temperatura più bassa un miscuglio fuso di BeF2 • NaF o BeF2 • NH4F con BaF2; il metallo si separa già molto puro e può essere ulteriormente purificato per fusione o sublimazione in un forno d'induzione ad alta frequenza.
Il berillio puro è di difficile preparazione e perciò i dati intolno alle sue proprietà fisiche sono discordanti ed incerti. Ha durezza considerevole, colore grigio acciaio, densità 1,842 a 18°, fonde a 1280° circa e cristallizza nel sistema esagonale. Benché il calore di formazione dell'ossido sia molto considerevole (137,4 Cal.), superiore a quello degli ossidi del sodio e del bario, la combinazione con l'ossigeno avviene difficilmente poiché lo strato continuo, aderente e poco volatile dell'ossido protegge il metallo. Compatto, il berillio non si altera all'aria nelle condizioni ordinarie, si ossida superficialmente a temperatura elevata, non decompone l'acqua nemmeno a caldo. Si discioglie facilmente nelle soluzioni acquose degl'idrati alcalini e negli acidi diluiti, difficilmente nel nitrico e nel solforico concentrati; tende a formare composti complessi.
Sulla valenza e quindi sul peso atomico del berillio regnarono da principio molti dubbî poiché la sua analogia sia col magnesio sia con l'alluminio non permetteva di decidere a quale delle due famiglie esso appartenesse: la questione fu risolta dalla determinazione della densità di vapore del cloruro che conduce alla formula BeCl2; il berillio è quindi bivalente e appartiene al gruppo dei metalli alcalino-terrosi, dello zinco e del cadmio. L'ione Be è incoloro.
Lo spettro a linee del berillio è povero di linee e poco studiato; si conosce anche uno spettro a bande, ma s'ignora se appartenga al metallo o all'ossido. Recentemente però vennero eseguite ricerche importanti sulle linee esistenti nell'estremo ultravioletto, dovute sia all'atomo neutro che all'ione monovalente e al bivalente. Secondo Bohr, deì quattro elettroni planetarî del berillio 2 si muoverebbero in un'orbita circolare 1, di raggio 0,14 Ångström, 2 in un'orbita ellittica 2. Qualora nei cristalli si rappresentino gli atomi o gli ioni come sfere che si tocchino, il raggio d'azione dell'ione berillio sarebbe di 0,34 Ångström. Il berillio sottoposto come ossido al bombardamento di particelle α provenienti dal radio C si disintegra con espulsione di ioni idrogeno.
Il cloruro BeCl2 si può ottenere anidro riscaldando il metallo in una corrente di cloro, o meglio di acido cloridrico, o riscaldando con cloro un miscuglio di ossido e di carbone. È incoloro, facilmente fusibile e volatile, fuma all'aria umida, è capace di formare idrati cristallini, le sue soluzioni acquose sono idrolizzate.
Il carburo Be2C si prepara riscaldando nel forno elettrico l'ossido con carbone, è cristallino, molto duro e come quello di alluminio, trattato con gli acidi o con le basi, dà metano.
L'idrato Be (OH)2 essendo insolubile nell'acqua, precipita dai sali per aggiunta di ammoniaca, è incoloro, ha pure deboli proprietà acide poiché si discioglie nelle basi forti con formazione dei berillati corrispondenti. Riscaldato dà l'ossido BeO il quale si trova, anche in natura, esagonale, è fusibile e volatilizzabile ad alta temperatura.
Il solfato BeSO4 e il nitrato Be(NO3)2 sono solubili in acqua e ad essi corrispondono idrati e sali basici.
Il silicato Be2SiO4 e parecchi silicati di berillio e di alluminio, di berillio e di metalli alcalini esistono come minerali.
Nel processo sistematico dell'analisi qualitativa il berillio viene precipitato come idrato dall'ammoniaca, insieme con l'alluminio; lo si riconosce per la forma cristallina del fosfato di berillio e ammonio BeNH4PO4. Un reattivo assai sensibile dell'ione berillio, anche in presenza d' alluminio, è una soluzione alcalina di chinalizarina la quale produce una colorazione azzurra. Poiché in natura il berillio è quasi sempre associato all'alluminio, il problema che più frequentemente si presenta è la loro separazione quantitativa. Un metodo che pare sorpassi in esattezza tutti gli alni è di aggiungere alla soluzione dei solfati una soluzione calda di acetato di ammonio e tannino; precipita soltanto la combinazione del tannino con l'allumina, si filtra e dalla soluzione liberata dal tannino mediante acido nitrico fumante si precipita con ammoniaca l'idrato il quale viene calcinato e pesato come ossido (Monatshefte fùr Chemie, 1927, p. 120).
Il berillio ha pochissimi usi industriali; aggiunto in piccola quantità ad altre leghe ne aumenta durezza e tenacia; alcuni sali vengono adoperatì nella tecnica delle reticelle Auer.
Bibl.: Abegg, Handbuch der anorganischen Chemie, II, ii, Lipsia 1905; Gmelin e Kraut, Handbuch der anorganischen Chemie, II, ii, 7ª ed., Heidelberg 1909; Molinari, Trattato di chimica generale ed applicata alla industria, I, ii, Milano 1925. Ullmann, Enzyklopädie der technischen Chemie, Berlino-Vienna 1928.