berlusconese
s. m. (iron.) Il linguaggio di Silvio Berlusconi.
• Lo scopo dell’articoletto che state eventualmente leggendo è rispondere ad alcune sobrie domande, in genere occultate: l’avvenire del berlusconismo è forse alle nostre spalle? come si definisce in berlusconese una «missione compiuta», un happy ending? quanto può durare in politica, sulla scena di una democrazia occidentale collegata agli establishment europei e americani, una anomalia sociale, culturale, civile e politica come quella rappresentata dal Cav. nella recente storia italiana? (Foglio, 14 novembre 2009, p. 1, Prima pagina) • E qui non si sa che pensare, e l’unica forse è rifarsi ai testi specialistici, come quel saggio «Parole in libertà», di [Sergio] Bolasco, [Luca] Giuliano e [Nora] Galli de Paratesi, analisi linguistica e statistica del «berlusconese», attraverso cui si capisce che si tratta di un prodotto quasi perfetto, breve, chiaro, efficace, teatrale e sentimentale, fantastico e perfino religioso con i suoi appelli ai «missionari della libertà». Ma anche e per questo «profondamente irrazionale e corrosivo», manicheo e così mistificatorio da «svilire le istituzioni». La lingua della crisi del potere e della guerra civile da acquistare nel supermarket della retorica. (Filippo Ceccarelli, Repubblica, 27 settembre 2013, p. 1, Prima pagina).
- Derivato dal nome proprio (Silvio) Berlusconi con l’aggiunta del suffisso -ese.
- Già attestato nell’Unità del 9 aprile 1988, p. 20, Cultura e Spettacoli (Maria Novella Oppo).