Scrittore, pensatore, medico (Dordrecht 1670 - Hackney 1733). Nella sua opera più famosa, The fable of bees, or private vices, publick benefits (1714) M. sostenne che gli impulsi derivanti dal naturale egoismo dell'uomo (la ricerca della ricchezza, del piacere, degli onori) non vanno repressi, perché è alla competizione per soddisfarli che si deve la prosperità sociale.
Figlio d'un medico che esercitava a Dordrecht, fu per qualche tempo a Rotterdam alla scuola di Erasmo. Passato all'università di Leida vi sostenne nel 1689 una tesi che prendeva spunto dalla teoria cartesiana dell'automatismo degli animali, e nel 1691 si laureò in medicina. Oriundo francese, per spirito e mentalità egli appartenne tuttavia all'Inghilterra dove si trasferì e dove pubblicò la maggior parte delle sue opere.
In The virgin unmasked, or female dialogues (1709), e A treatise of hypochondriack and hysterick passions (3 voll., 1711), in cui confutò la terapia puramente speculativa, appare palese anche l'intento di combattere le convinzioni morali e sociali del suo tempo. Ma tale intento è soprattutto manifesto nella sua opera più caratteristica, il poemetto The grumbling hive, or knaves turn'd honest, pubblicato anonimo nel 1705 e poi ristampato nel 1714 col titolo The fable of bees, or private vices, publick benefits, insieme al commento An inquiry into the origin of moral virtue e ampi Remarks a spiegazione di alcuni versi (tale ed. fu poi ampliata nel 1723; nel 1729 comparve un secondo volume The fable of the bees: part II, costituito da sei dialoghi su argomenti affini). Nel poema, attraverso la descrizione allegorica della vita d'un alveare, è esposta la concezione etico-politica (sviluppata nei vari saggi che accompagnano il poema) di M., che, combattendo specialmente Shaftesbury e la sua dottrina dell'innato senso morale, si riconnette a Th. Hobbes nel riconoscere il fondamentale egoismo dell'uomo e sostiene che tale egoismo non va represso e che ogni prosperità sociale deriva dalla violenta affermazione degli interessi individuali, riuscendo invece depressa dall'altruismo e dalla conseguente inerzia e rinuncia. Sulla sua concezione M. tornò nei Free thoughts on religion, the church, and national happiness (1720) e in A letter to Dion occasioned by his book called Alciphron (1732), in cui ribatteva le critiche rivoltegli da G. Berkeley nel 2º dialogo dell'Alciphron (1732).