ALIMENA, Bernardino
Nacque a Cosenza il 12 sett. 1861 da Francesco, insigne avvocato penalista e deputato per tre legislature. A Napoli, dal 1881 al 1884, frequentò i corsi di giurisprudenza, che completò a Roma, dove si laureò il 2 luglio 1885. L'anno dopo vedeva la luce Su la psicologia della premeditazione (in Arch. di psichiatria, scienze penali e antropologia, VII [1886], pp. 35-47), parte dell'opera -la tesi di laurea ampliata e rielaborata -che venne pubblicata a Torino nel 1887: La premeditazione in rapporto alla psicologia, al diritto, alla legislazione comparata. Ottenne la libera docenza nell'università di Napoli, in diritto penale nel 1889, in procedura penale nel 1890; ma solo nel 1894 iniziò i corsi, con la prolusione La scuola critica di diritto penale (Napoli 1894). Dopo la laurea aveva soggiornato per lunghi periodi nella città natale, di cui, oltre che consigliere comunale, era stato per breve tempo anche sindaco nel 1889. Aveva anche attivamente preso parte alla vita scientifica internazionale, intervenendo a vari congressi, a Parigi, a Pietroburgo, a Bruxelles; si era, soprattutto, dedicato alla preparazione della vasta opera I limiti e i modificatori dell'imputabilità, che apparve in tre volumi a Torino tra il 1894 e il 1898. Nel dicembre 1898 fu nominato professore straordinario di diritto e procedura penale nell'università di Cagliari; di qui passò, nel novembre 1899, a Modena, ove rimase sino alla morte. Era stato promosso ordinario nel 1902.
L'attività forense dell'A. fu piuttosto scarsa; quella politica lo vide, nel marzo 1909, deputato per il collegio di Cosenza in una elezione che fu annullata, e candidato nelle elezioni del 1913. Di idee conservatrici, di sentimenti umanitari, appartenne ad associazioni politiche moderate. Predominante fu l'attività scientifica, che si sviluppò, oltre che nell'università, in seno alle numerose accademie, società, istituti italiani e stranieri di cui era membro. Meno efficace appare il suo contributo all'elaborazione legislativa; va ricordata, peraltro, la partecipazione, nel 1910, ai lavori della commissione per lo studio dei provvedimenti contro la delinquenza minorile.
Morì il 30 luglio 1915 a Cosenza. Aveva sposato Maria Zumbini, nipote di Bonaventura; uno dei sette figli, Francesco (6 ott. 1898-15 marzo 1949), anch'egli giurista, insegnò nelle università di Cagliari, Trieste e Catania.
L'A. fu uno dei maggiori esponenti, insieme con G. B. Impallomeni ed E. Carnevale, della "terza scuola"del diritto penale, e forse il più rappresentativo. Il suo pensiero, maturato in seno a una multiforme cultura orientata in senso filosofico, si mostra ricco di validi spunti, anche se, nel suo insieme, non ha retto alle critiche provenienti dalle diverse correnti della scienza penalistica. L'A. parlò spesso, a proposito del suo indirizzo, di "scuola critica" e teorizzò, dopo accenni nei primi scritti, il cosidetto "naturalismo critico", nell'articolo Naturalismo critico e diritto penale, in Riv. di discipline carcerarie, XXI (1891), pp. 614-626, riprodotto poi quale introduzione all'opera sua maggiore sull'imputabilità. Nella prolusione napoletana, già citata, e in altri scritti con essa raccolti poi nel volume Note filosofiche di un criminalista (Modena 1911), l'A. ribadì e sviluppò le linee fondamentali del suo pensiero, in un audace tentativo di conciliazione tra i principi delle due grandi scuole, classica e positiva.
Anzitutto, qualificando critico il suo naturalismo, intendeva far posto a taluni rilievi mossi agli estremismi della scuola positiva della quale, tuttavia, molto accettava. Sul problema fondamentale, determinismo o libertà, l'A. si pronunciò, accogliendo sul piano della scienza parecchi postulati positivistici, riconoscendo, d'altra parte, un piano della coscienza in cui le esigenze del libero arbitrio vengono affermate come libertà di fare ciò che si vuole, non già di volere una cosa piuttosto che un'altra. La via del compromesso tra scienza e coscienza è trovata dall'A. in una distinzione tra l'essenza morale - conoscibile - dell'azione umana e il suo apprezzamento morale secondo la prassi sociale; a tale apprezzamento dovrebbe guardare la scienza del diritto penale. L'imputabilità ha per l'A. un fondamento psicologico: sono imputabili solo coloro che si possono determinare e perciò si possono dirigere secondo motivi; uno dei motivi è la pena. L'imputabilità è l'aspetto interno della responsabilità: sono responsabili coloro che possono esser diretti, i quali soltanto debbono essere puniti. Per gli irresponsabili l'A. propone largamente misure di sicurezza. Nella difesa sociale è la ragione della pena; questa è strumento di coazione psicologica, nel momento legislativo, di coazione psicologica individuale, nel momento giurisdizionale.
Su presupposti essenzialmente eclettici si svolge in ogni sua articolazione il sistema penale dell'A., i cui caposaldi, oltre al criterio d'imputabilità di cui si è detto, si possono riassumere nell'abbandono del tipo o dei tipi criminali antropologici, e nella distinzione tra sociologia e diritto penale. L'A. fu, inoltre, sostenitore convinto della pena indeterminata.
Un'ampia informazione letteraria e storica e una vastissima conoscenza del diritto comparato (al quale dedicò non pochi scritti), nonché delle discipline naturalistiche, ebbero nell'economia dei suoi lavori un peso decisivo. L'indagine storica e comparatistica, insieme con la preliminare trattazione sul piano filosofico, precedono ovunque nei suoi scritti lo svolgimento del tema sul terreno giuridico-positivo, sul quale l'A. si muove, rivelando un temperamento piuttosto analitico che sintetico, caratterizzato da una scarsa disposizione per la dogmatica e per il sistema. L'A., pertanto, nel suo sforzo costante, ma variamente riuscito, di fare cooperare alla soluzione dei problemi penalistici i settori più disparati diuna cultura enciclopedica, prestò il fianco alle critiche di quella autorevole corrente che esauriva la conoscenza scientifica del diritto penale nello studio tecnico delle norme positive. Il Rocco individuava nell'A. "la tendenza insistente a trasportare l'indagine scientifica dal terreno del diritto nel sottosuolo psicologico o sociologico ovvero nell'atmosfera filosofica o politica del diritto stesso" e lo definiva "soprattutto cultore di psicologia e sociologia criminale..., non giureconsulto in senso stretto". Anche dalla parte dei filosofi le critiche non mancarono, specie ad opera dei rappresentanti dell'idealismo.
Oltre alle opere già citate, meritano una speciale menzione Del concorso di reati e pene, in Encicl. del diritto penale italiano, V (1904), pp. 387-674; gli Studi di procedura penale, Torino 1906; Dei delitti contro la persona, in Encicl. del diritto penale italiano, IX (1909), pp. 373-972; i Principi di diritto penale, I-II, Napoli 1910-1912, rimasti incompiuti; parimenti incompiuti i Principi di procedura penale, I, Napoli 1914.
L'opera dell'A. fu ampiamente conosciuta, tradotta e discussa all'estero. Si hanno traduzioni di singoli lavori in lingua spagnola, romena, boema.
Bibl.: E. Pessina, in Enciclopedia del diritto penale italiano, II, Milano 1906, p. 729; B. Alimena, scritti di E. Altavilla, M. Angioni, G. Battaglini, E. Carnevale, U. Conti, A. De Marsico, G. B. De Mauro, E. Florian, V. Manzini, A. Negri, G. Paoli, A. Stoppato, in Riv. d. diritto e proced. penale, VI, 1 (1915), pp. 512-533, con bibl.; B. A. (necrologio), in Riv. penale, LXXXII (1915), pp. 366-367; G. Amellino, B. A. e la "terza scuola" di diritto penale, in Studio giuridico napoletano, I (1915), pp. 171-176; G. B. De Mauro, B. A., in La cronaca penale, III (1915), pp. 193-200, con bibl.; A. Rocco, B. A., in La giustizia penale, XXI (1915), coll. 1403-1407; P. Sabbatini, B. A., in Annali dell'Univ. di Modena, 1915-16,pp. 181-183; A. Santoro, B. A., in La scuola positiva, XXV (1915), pp. 728-729; A. Sermonti, La morte di B. A., in Riv. di discipline carcerarie e correttive, XL (1915), I, pp. 409-412; G. Arangio Ruiz, Commem. del socio prof. B. A., in Mem. d. R. Accad. d. Scienze, Lettere e Arti in Modena, Mem. della Sez. Scienze, s. 3, XII (1916), pp. 391-425, con bibl.; B. A. nel rimpianto degli italiani (a cura della vedova M. Alimena Zumbini), Cosenza 1916, con bibl. a pp. 199-208; F. Costa, Delitto e pena nella storia della filosofia, Milano 1924, pp. 335-343; D. A. Cardone, Filosofi calabresi, Palmi 1925, pp. 199-203; U. Spirito, Storia del diritto penale italiano, Torino 1932, pp. 161-165,259; P. Arena, B. A., Reggio Calabria 1934; C. G. Mor, Storia dell'Università di Modena, Modena 1952, pp. 200-201; B. Cassinelli, Prospetto storico del diritto penale, Milano 1954, pp. 111, 170, 175 n., 195.