POCCETTI, Bernardino Barbatelli
Pittore, nato a Firenze nel 1542, ivi morto il 10 novembre 1612. Allievo di Michele Tosini, ma seguace specialmente dei vasariani e dell'Allori che in quel tempo ornavano di grottesche Palazzo Vecchio e gli Uffizî, acquistò rapida fama dando a questo genere di decorazione uno stile peculiare detto in seguito poccettiano e applicandolo a numerose facciate di case oggi in gran parte consunte. Nella pittura, di contro all'accademismo e all'eclettismo allora dominante riprese la tradizione realistica fiorentina di Andrea del Sarto; poi a Roma s'impressionò particolarmente di Raffaello e dei suoi seguaci nella composizione e nella decorazione. Fondato e pronto nel disegno, efficace e variato nei concetti, dotato di spirito narrativo e di senso poetico, ricco d'invenzione decorativa avrebbe potuto toccare le vette più alte dell'arte, se fosse stato meno superficiale improvvisatore; ma mancando di sensibilità intima e di altezza d'ispirazione rimase un piacevole, copiosissimo illustratore freschista. Difatti le sue storie di S. Domenico nel chiostro di Santa Maria Novella (1569-82), di S. Bruno, ecc., nella Certosa di Val d'Ema (dopo il 1591), di S. Antonino nel chiostro di S. Marco, dei padri serviti in quello della SS. Annunziata (1604), di martiri e santi nell'Oratorio di S. Pietro martire, nel refettorio di Santo Spirito e altrove sono composizioni nobilmente disposte entro vaghi scenarî architettonici o attraenti paesi con belle figure e buoni ritratti e con vivaci dettagli realistici. Le cappelle Serragli in S. Marco, Pucci all'Annunziata, Neri in S. M. Maddalena de' Pazzi, ecc., sono mirabili esemplari d'invenzione e di eleganza decorativa. In questo genere il suo capolavoro è forse la vòlta sull'ingresso dello spedale degl'Innocenti, sua ultima opera (1612). Nel medesimo istituto, una Strage degli Innocenti (1610) e una Disputa di S. Caterina (1612). Nel genere profano frescò con solennità alquanto vacua ispirata al Vasari e al Salviati le glorie guerresche dei primi granduchi medicei nella sala detta per ciò di Bona in Palazzo Pitti; e con maggiore grazia e senso poetico i fasti delle famiglie Capponi e Usimbardi nei palazzi già di queste famiglie. Tralasciando le altre molte cappelline, cenacoli, quadri, ecc., che di lui rimangono in Firenze e dintorni, ricorderemo fuori Firenze il vasto ciclo di affreschi della Certosa di Pontignano nel Senese, il Cenacolo (1596) del cui refettorio si ammira nella pinacoteca di Siena, le storie di Santi (1602) nel chiostro di S. Maria dei Servi a Pistoia, la vòlta della cappella della villa Corsini a S. Casciano (1605-06). I quadri a olio del Poccetti sono invece rarissimi e di scarso pregio.
Bibl.: F. Baldinucci, Notizie de' professori, ecc., Firenze 1845-47, pp. 132-157; M. Tinti, B. P., in Dedalo, IX (1928-29), pp. 400-29; F. Baumgart, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXVII, Lipsia 1933 (con ampia bibl.); A. Venturi, Storia dell'arte ital., IX, vii, Milano 1934, pp. 597-633.