BARETTI, Bernardino
Originario di Favria nel Monferrato (ignota è la data di nascita), servì per qualche tempo, come diplomatico, Emanuele Filiberto di Savoia, ma non se ne conoscono le specifiche funzioni.Fu poi a lungo segretario di Stato del duca di Lorena, incaricato di varie missioni in Italia, Francia e Spagna. Entrato contemporaneamente in relazione a Madrid con la diplomazia sabauda, accettò nel 1587 l'ufficio di corrispondente da quella corte per conto dell'Infanta Caterina, al cui segretario marchese Pallavicino il B. inviava lettere in cifra di una qualche importanza, se poteva richiedere già nel settembre di quell'anno un aumento dei fondi per "sopperire al peso degli obblighi di cui V. S. Ill.ma mi va alla giornata addossando...".
Il passaggio al servizio stabile del duca di Savoia avvenne, tuttavia, solo nel 1608 quando, rinunziando alla "rappresentan-. za" del duca di Lorena in Roma, assunse la carica di consigliere di Stato e di primo segretario di Carlo Emanuele I, dei suoi figli e dei "comandamenti" di stato e della finanza, con una pensione annua di milleduecento scudi.
Nello svolgimento di queste funzioni, che comportavano il disbrigo degli affari di segreteria e di anuninistrazione, il B. ebbe affidate, in un periodo di prolungate assenze del sovrano dalla capitale, responsabilità discrezionali superiori a quelle consentite dalla prassi normale. Nei rapporti con le comunità locali parve inclinare verso forme di maggiore accentramento, attraverso procedure di controllo più regolari e meno contingenti. Nelle relazioni con i diplomatici accreditati a corte, oltre a farsi abile interprete delle direttive del duca, diede saggio di una certa sagacia personale e di discreta conoscenza degli uomini, assolvendo egli stesso ai preliminari dei pourparlers del 1608 circa una possibile alleanza con la Francia per la conquista di Ginevra e delle successive trattative del 1609 per un avvicinamento alla Spagna in vista di un matrimonio del principe di Piemonte con Anna d'Asburgo.
Nel 1610 il duca, su sua stessa richiesta, lo sollevò dagli impegni ordinari di segreteria, affiancandogli il nipote Gio. Pietro Baretti. Nel 1611 poi, in un momento particolarmente delicato della politica sabauda, coincidente con il fallimento della lega franco-piemontese di Bruzolo e l'intimazione di Filippo III al duca di inviare il figlio Emanuele Filiberto a Madrid, il B. venne designato dal sovrano, per la sua "esperienza et cognitione", a fungere da segretario particolare del principe in Spagna.
Oltre quattro anni durò la permanenza del B. a Madrid, nel corso dei quali egli si studiò di rendere possibile una normalizzazione delle relazioni fra le due corti, consapevole dell'isolamento in cui si era venuto a trovare il duca di Savoia dopo le difficoltà di un'intesa con la Francia e l'Inghilterra. A una rottura aperta con la Spagna egli era, del resto, sfavorevole: la reazione di Madrid all'occupazione sabauda dei principali centri del Monferrato nel 1613 lo schierò fra i diplomatici, che consigliarono al sovrano di accordarsi con Filippo III per cercare una qualche via d'uscita onorevole alla vertenza. In questo senso, le giornate risolutive del giugno di quell'anno lo trovavano diretto protagonista, presso la corte di Madrid e i circoli politici e diplomatici della capitale spagnola, nel tentativo di appoggiare efficacemente il preannunciato proposito di mediazione del principe Vittorio Amedeo, sull'eventuale base anche di una spartizione del Monferrato.
Le difficoltà che egli incontrò nei suoi buoni uffici e l'irrigidimento dei ministri spagnoli su posizioni un-iilianti per la casa sabauda non scoraggiarono il B. dal compiere pazientemente tutti i passi necessari, presso lo stesso sovrano e i singoli consiglieri di stato, affinché fosse infine concesso al principe di Piemonte di portarsi dal Montserrat a Madrid per trattare di persona le condizioni preliminari per una dignitosa composizione del dissidio. In estremo, il B. suggeriva al duca di scongiurare un intervento della Spagna contro lo stato sabaudo, inevitabile in caso di persistenza dei tentativi di assorbimento del Monferrato, non disarmando ma avvalendosi delle forze raccolte per impegnarsi in un'azione diversiva, avente per fine l'acquisto di Ginevra. In quest'ultima direzione il B. aveva del resto operato, sin dal febbraio 1611, per ottenere il consenso spagnolo con aperte pressioni sul confessore di Filippo III, personaggio influente, data l'impostazione di guerra religiosa cui il consigliere sabaudo si era richiamato per dare più forza alle sue argomentazioni, e sul segretario del sovrano, Andrés de Praga.
All'apertura delle ostilità, comunque, anche al B. venne intimato dal governo spagnolo di lasciare Madrid; il duca gli riconosceva di essersi segnalato in "negotii di ardua et moltissima consideratione" e lo inviava a Roma per assistere il figlio Emanuele Filiberto in alcuni affari "di portata" concernenti i priorati del principe. Di ritorno a Torino, il B. conservò la carica di consigliere di stato, ma non sembra prendesse più parte attiva alla politica del sovrano, mentre invece era in ascesa la fortuna di suo nipote Gio. Pietro, che, dopo aver occupato il posto di segretario del duca (già dello zio), sarà nominato nel 1628 segretario di stato e delle finanze.
A Torino il B. aveva acquistato nel 1609 una casa, pagandola 5200 ducatoni, e dal 1619 vi si stabilì definitivamente, dopo che il sovrano gli ebbe concesse le consuete lettere di naturalità. A quel tempo risultavano ormai sistemate anche le pendenze patrimoniali del B. in Lorena: egli si era lamentato nel 1610 che un certo Foleneri avesse "fatto naufragio delle cose sue" e "consumato circa 15.000 scudi delle sue sostanze", dicendosi "imbarazzato per diverse burle ai miei amici con estremo scorno e vergogna mia; anzi di più ha fatto scrittura di maritarsi con una donna, come credo, impudica, della città di Mes...". Il duca, nella circostanza, aveva provveduto a regolarizzare la situazione tramite un suo incaricato; più tardi riconosceva al B. un beneficio su S. Pietro di Favria, il cui lascito in favore dei successori era poi approvato nel febbraio del 1626, alla morte del Baretti.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Torino, Lettere particolari, B. mazzo 9, fasc. 1587-1611; Ducato di Monferrato, mazzo 34; Raccolta Mongardino, vol. 33, Discorso sopra la politica delle Potenze di Europa di fronte alla questione nel Monferrato; Sezioni Riunite, Patenti Piemonte, registri: 29, 1607 in 1610, p. 165 v; 30, 1610 in 1612, pp. 114-15; 35, 1618 in 1619,v. 90; Controllo Finanze, registri: 20, 1607 in 1608, p. 300; 22, 1610 in 1611, p. 129; Galli (della Loggia), Cariche del Piemonte, Torino 1798, III, p. 36; G. Claretta, Il Principe Emanuele Filiberto di Savoia alla corte di Spagna, Torino 1872, pp. 85, 91, 129 s., 133; A. Manno, Il Patriziato subalpino, Firenze 1906, II, p. 187; V. Di Tocco, Ideali di indipendenza in Italia durante la preponderanza spagnola, Messina Milano 1926, p. 83.