BENZI, Bernardino
Nacque a Venezia, da nobile famiglia originaria del Piemonte, il 16 luglio 1688. Prese l'abito della Compagnia di Gesù il 1° giugno 1705 nel noviziato di S. Ignazio a Bologna, continuando poi i suoi studi a Piacenza (1707-08) e ancora a Bologna (1709-1711). Da chierico insegnò per sei anni nelle scuole inferiori: grammatica a Modena (1712), umanità a Bergamo (1713), retorica nel Collegio delle Grazie di Brescia (1714-17). Ritornò a Bologna per completare i suoi studi teologici (1718-21) ed essere, quindi, ordinato sacerdote. Per sette anni, dal 1723 al 1730, rimase in questa città come lettore di filosofia, finché non gli fu affidata a Venezia la cattedra di teologia morale. In tale ufficio si dedicò specialmente alla direzione dei confessori, entrando nell'ambito di una materia, in quel momento, estremamente delicata. Ferveva allora, infatti, la polemica fra rigoristi e lassisti (o benignisti); e contro quest'ultima corrente, che era rappresentata per grande parte dalla Compagnia, si appuntava il tenace attacco degli avversari, favoriti anche, dal 1740, dal moderato rigorismo del nuovo papa Benedetto XIV. Il B. raccoglieva le sue lezioni sulla confessione in un grosso volume, che appariva a Bologna nel 1742, col titolo Praxis Tribunalis Conscientiae, seu Tractatus Theologicus Moralis de Sacramento Poenitentiae, senza destare un grande interesse. L'anno dopo pubblicava un suo lavoro concernente i casi riservati, i peccati cioè la cui assoluzione è demandata ai vescovi o al papa, Dissertatio in casus reservatos Venetae Dioceseos, Venetiis 1743.
L'operetta scatenava immediatamente un enorme scalpore: due rigoristi cappuccini, Girolamo da Castelfranco e Felice da Venezia, fecero notare al domenicano Daniello Concina, già noto per la sua avversione al probabilismo e al lassismo, che in essa erano delle proposizioni da condannarsi. Il pugnace domenicano stampò subito contro il B. un opuscolo anonimo contenente due lettere latine dal titolo Epistolae theologico-morales ad illustrissimum et reverendissimum Episcopum N. N. adversus librum inscriptum: Dissertatio…, Venetiis 1744, che ebbero ben presto vasta diffusione e diverse edizioni. In esse si attaccavano due casi proposti dal gesuita: nel primo il B. affermava che non sono peccati riservati alcuni "actus subimpudici de se veniales" come"genas vellicare, mamillas tangere [monialium], et solum ex pravo affecte, vel ex prava intentione mortales"; nel secondo negava la materia grave nella bestemmia, allorché è pronunziata per cattiva abitudine o in stato di non piena coscienza. Per dare più efficacia alla sua polemica, il Concina accusava l'avversario, per quanto riguardava il primo caso, di avere sostenuto la liceità di simili atti; c'è quindi una certa forzatura nell'atto di accusa del rigorista, in quanto il B. aveva inteso fare soltanto una sottile distinzione fra peccati pienamente coscienti, cioè mortali, e come tali soggetti a riserva e atti parzialmente involontari e, perciò, colpe veniali. Ma era proprio questo, secondo i rigoristi, il punto da colpire, in quanto i casisti, addentrandosi in un groviglio di distinzioni ed eccezioni, con sottili cavilli desunti dalla consuetudine giuridica, svuotavano di un serio contenuto morale la pratica del buon cristiano. L'attacco era diretto non tanto contro il B., quanto contro tutto lo schieramento lassista, in particolare contro la Compagnia di Gesù. Il Concina, dopo aver fatto infuocare la polemica (si coniò allora il termine di "teologia mamillare" per schernire la casistica gesuitica), ne denunciò l'opera al padre Orsi, allora consultore dell'Indice, che informò il papa; da questo la causa venne rimessa alla congregazione del S. Uffizio che pronunciò una condanna il 16 aprile 1744, perché l'opera conteneva proposizioni "respective falsas, male sonantes, scandalosas et piarum aurium offensivas". Il B., di fronte alla condanna, ritrattò con piena soddisfazione di Benedetto XIV, il quale avrebbe preferito che si fosse agito in modo da "proibire la proposizione senza nominare l'autore per colpire tutti quelli che l'hanno asserita, ancorché però per vero... non siasi ritrovato chi in terminis terminandis... l'abbia avanzata (Le lettere di Benedetto XIV, p. 178).
Il B. fu momentaneamente allontanato da Venezia a Padova, mentre la polemica era ben lungi dallo spegnersi, per l'intervento di alcuni gesuiti, che, nonostante il divieto pontificio, vollero difendere l'Ordine dalle accuse mossegli. Videro la luce, pertanto, alcuni libelli anonimi ad opera del p. Cocconato (Ritrattazione solenne di tutte l'ingiurie, bugie, falsificazioni, calunnie, contumelie, imposture, stampate in vari libri da Fra Daniello Concina Domenicano Gavotto contro la Venerabile Compagnia di Gesù, Napoli 1744), del p. J. B. Faure (All'autore delle due Epistole contro la Dissertazione de' Casi riservati, Avviso salutevole acciò conosca se stesso, Palermo 1744), del p. Turano (Iudicium cujusdam viri Theologiae Professoris ad amicum confessorem monialium, s. l. n. d., e Informazione sulla causa delp. B., Roma 1745), del p. Poli (Dottrina di S. Tommaso proposta alla considerazione de' saggi, e sinceri amatori della Verità, acciocché possano formare un retto giudizio sopra la prima lettera scritta dalp. Daniele Concina contro ilp. B. B..., s. l. n. d.), e di altri ancora. Frattanto anche l'altra opera del B., Praxii tribunalis conscientiae, veniva condannata e posta all'Indice con decreto dei 22 maggio 1745.
Il B. nel suo esilio padovano trovò la protezione del filogesuita card. Rezzonico, il futuro Clemente XIII, che si giovò della sua opera; ma invano chiese ripetutamente al patriarca di Venezia di poter ritornare nella sua città: trasferitosi a Belluno, fu necessario un intervento del nunzio apostolico perché tale grazia gli fosse concessa (1752). A Venezia ebbe la prefettura della casa professa ed esercitò anche la carica di procuratore delle missioni d'Oriente. La morte lo colse il 28 febbr. 1768. Fra le opere a lui attribuite vi è anche la Vita del padre Francesco Tamariz scritta in lingua spagnola dal padre Francesco di Azevedo, tradotta dallo spagnolo e pubblicata a Venezia nel 1730.
Fonti e Bibl.:Monumenti veneti intorno i Padri gesuiti, II, s. l. 1762, pp. 8-18 (tre lettere dei B. al patriarca di Venezia, 1744-45), 18-22, 24; D. Sandelli, De Danielis Concinae vita er scriptis commentarius, Brixiae 1767, pp. 58-67, 70 s., 74, 76. 78 s., 84-89, 91-94, 102, 109; Appendice, p. 20; Correspondance de Benoit XIV, a cura di E. de Heeckeren, I, Paris 1912, p. 143; Lettere di Giulio Cesare Cordara, a cura di G. Albertotti, Modena 1912, pp. 424 s.; Le lettere di Benedetto XIV al card. de Tencin, a cura di E. Morelli, Roma 1955, p. 178; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 899 s.; G. A. Moschini, Della letter. venez. dei sec. XVIII, Venezia 1806, III, pp. 147 s.; E. A. Cicogna, Saggio di bibl. venez., Venezia 1847, pp. 384, 398, 717; A. de Bakker, Bibliothèque des écrivains de la Compagnie de Jésus, s. 3, Liège 1856, pp. 136 s.; J. J. von Dollinger, Beiträge zur politischen, kirklichen und Kulturgeschichte der sechs Lerzen Jahrunderte, III, Wien 1882, pp. 10 ss.; F. H. Reusch, Der Index der verbotenen Bücher, Bonn 1885, pp. 816-820; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jesus, I, Bruxelles-Paris 1890, coll. 1315 s.; A. C. Jemolo, Il giansenismo in Italia prima della Rivoluzione, Bari 1928, pp. 189, 214; L. von Pastor, Storia dei papi, XVI, Roma 1933, p. 260; G. Casati, L'Indice dei libri proibiti, III, Milano-Roma 1939, p. 39; L. A. Hogue, The Direttorio mistico of J. B. Scaramelli S. I., in Archivum historicum Socieratis Iesu, IX (1940), pp. 1, 27 s., 30 s., 32-34; G. Ruffini, Studi sul giansenismo, Firenze 1947, pp. 200-203; Dici. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., VIII, col.295; Dict. de théol. cath., II, p. 719; Encicl. cart., II, col. 1364.